domenica 8 giugno 2014

solo per ribadire

Ci sono molti poeti "vulgo-sciocchi" in vernacolo racalmutese in rima alternata, un po' da ridere, ma c'è pure Giovanni Salvo che quando ci si mette mi incanta davvero con le sue rime baciate intrise anche in una vena melanconica che fa poesia vera. Io però sto a Roma e propendo diciamo  per un Belli. Chi non ha visto Piazza Navona? Mi piace oggi rivederla ma con la sornioneria poetica appunto del Belli.



Piazza Navona
detta CIRCO AGONALE
Osserviamo che la denominazione di Circo è errata: 1° Lo Stadio non è un Circo. 2° Nel Circo non si davan giochi Agonali. (dalla voce greca agòn = certame o gara così di corpo come d'ingegno). Infatti qui, ove era lo Stadio di Domiziano, nell'antichità si celebravano, fino dai tempi repubblicani, i giochi; e qui sorse Il grande Gymnasium costruito da Nerone, insieme con le sue Terme, destinato ai ludi quinquennali, e che Tacito ci dice incendiato dal fulmine nell'anno 62. Domiziano volle riprendere l'uso delle Olimpiadi Romane, che erano state abolite dopo la morte di Nerone, ma ne fece un'istituzione propria, e le intitolò a Giove Capitolino, e con nome greco le chiamò Agoni (Rivista "Roma", gennaio 1926). Le rovine dello Stadio, del quale l'odierna piazza disegna l'arena, erano ancora visibili nel 1500. Nel medioevo il nome di Campus Agonis si trasformò in Agone, Navone, Navona, appellativo che il popolino sempre mantenne e che ora è stato ufficialmente riconosciuto. Col Rinascimento sorse a vita novella ed infatti vi si tennero feste carnevalesche, tornei, e le così dette feste del lago, che in antecedenza venivano fatte a piazza Farnese e via Giulia. Ogni sabato sera di agosto chiudevasi il fognone situato presso la fontana del Moro, e così la parte centrale della piazza, allora concava, rimaneva in due ore completamente inondata. L'allagamento durava fino all'una di notte della seguente domenica Cominciò quest'uso ai tempi di Innocenzo X nel 1653; vietato poi per ragioni d'igiene fu ripristinato da Clemente XI nel 1675. (Baracconi):
"Carrozze in forma di gondole giravano per la piazza inondata e la caduta dei cavalli, il gettito a ragazzi di monete nell'acqua, fuochi di bengala la sera, serenate ecc., erano tali divertimenti che al giorno d'oggi, pieno di musoneria noi quasi non sappiamo concepire".
Nella piazza sono ancora molte case antiche, che hanno un secondo portone d'uscita nelle vie adiacenti, per comodità di praticarvi nei giorni di festa. Nel 1477, dal Campidoglio venne qui trasferito il mercato delle derrate, e vi durò fino al 1870, per passare a Campo di Fiori, dove è tenuto attualmente.
Il 15 agosto 1810 solennizzandosi l'onomastico di Napoleone I, per farvi le corse, fu trasformata la piazza in circo posticcio a 3 ordini di gradinate, la spina centrale del quale era segnata dalle 3 fontane. Nel 1578 Gregorio XIII vi fece incavare 3 grandi vasche che, più che fontane, erano abbeveratoi per cavalli; fu nel seicento che si trasformò e si abbellì con le 3 monumentali fontane.
Fra gli eventi grandiosi di questa piazza il Cancellieri ricorda, anche questo curioso, verificatosi la sera tardi dei 30 maggio 1652: Furono trovate in piazza Navona una gran quantità di monete d'oro da un fanciullo, che giocando con altri compagni a boccia, mandò casualmente la palla in un buco, che corrispondeva in una chiavica a piedi della fontana, che sta verso l'Apollinare; e mentre cercava di ripigliarla cominciò a tirar fuori terra e denari.
Sul finire del sec. XVIII le marionette agivano nel palazzo De Cupis, (ove ora è il negozio di ferramenta Monami) poi passato in proprietà del marchese Ornani onde il teatrino si chiamò Teatro Ornani. Verso il 1890 ai burattini successero gli uomini, e divenne (1850) il teatro Emiliani, che nel 1855 fu illuminato a gas, ove pontificava il celebre Gobbo Tacconi e prese nome di Teatro al Foro Agonale.
Quando il mercato era in questa piazza, fu nominato un Commissario di Piazza Navona, che a questo sopraintendesse, al quale spettavano ogni anno: "Lib. 10 di cera, 3 di pepe, 6 para guanti, una scatola di confetti di lib. 3, nochiata lib. 2, 2 fiaschi di vino, una scatola bianca di pignolati".
Così ne scrisse il Belli:
Er mercato de Piazza Navona
Ch’er mercordí a mmercato, ggente mie,
sce siino ferravecchi e scatolari,
rigattieri, spazzini, bbicchierari,
stracciaroli e ttant’antre marcanzie,
nun c’è ggnente da dí. Ma ste scanzìe
da libbri, e sti libbracci, e sti libbrari,
che cce vienghen’a ffà? ccosa sc’impari
da tanti libbri e ttante libbrarie?
Tu ppijja un libbro a ppanza vòta, e ddoppo
che ll’hai tienuto pe cquarc’ora in mano,
dimme s’hai fame o ss’hai maggnato troppo.
Che ppredicava a la Missione er prete?
"Li libbri nun zò rrobba da cristiano:
fijji, pe ccarità, nnu li leggete".
 
Non si può parlare di questa piazza senza ricordare la gazzarra dell'Epifania, che vi si fa la sera 5 gennaio. Così ne scrisse il Belli:
Piazza Navona
Se pò ffregà Ppiazza Navona mia
e dde San Pietro e dde piazza de Spagna!
cuesta non è una piazza, è una campagna,
un teatro, una fiera, un allegria.
Va dd'a la Pulina ra a la Corzia,
curri da la Corzia a la Cuccagna:
pe' tutto trovi robba che sse maggna,
pe' tutto ggente che la porta via.
Cqua cce so ttre ffuntane inarberate:
cqua una gujja che ppare una sentenza:
cqua se fa er lago cuanno torna istate.
Cqua ss’arza er cavalletto che ddispenza
sur culo a cchi le vò ttrenta nerbate,
e ccinque poi pe la bbonifiscenza.

- Sopra questa grandissima piazza era anticamente il famoso Circo Agonale, fatto, secondo alcuni, e secondo altri restaurato da Alessandro Severo, che quivi presso avea le sue terme. La forma del medesimo circo è la stessa, che ora conserva, per essere le case, che in oggi la circondano erette sopra le fondamenta delle gradinate dello stesso circo. Fu chiamato circo agonale a cagione delle feste agonali, che vi si celebravano, e così chiamati dalla voce greca agone che significa combattimento: ma essendo tale denominazione comune ad ogni circo, può essere invece che il nome di agone, dato alla piazza nel medio evo, porgesse origine a così fatta opinione.
Gregorio XIII adornò questa piazza di due fontane, alle due estremità: quella dinanzi al palazzo Pamphily (n. 13.) è composta di due gran bacini di marmo, nel cui centro vedesi un bellissimo Tritone che stringe per la Coda un delfino, (chiamato volgarmente il Moro) che getta acqua a ventaglio, ed è lavoro di Bernini. Sul labbro del bacino vi sono quattro maschere, ed altrettanti tritoni, che soffiando ne' corni marini, gettano acqua.
Innocenzo X, Pamphily, fece erigere la magnifica fontana, che osservasi nel centro della piazza, col disegno del medesimo Bernini, la quale si compone di un ampio bacino avente 107 palmi di diametro. In mezzo ad essa sorge un grande scoglio, forato in quattro lati, a foggia di grotta, da dove, da un canto, si avanza fra copiose acque un cavallo marino, e dall'altra un leone che lambisce il liquido elemento. Sopra alla cima di cotesto scoglio, alto circa 60 palmi, ergesi un piedistallo di granito alto palmi 23, su cui s'innalza un obelisco in granito rosso ornato di geroglifici, dell'altezza di palmi 72, che si rinvenne fuori la porta di s. Sebastiano entro il circo di Romolo, figlio di Massenzio, detto volgarmente circo di Caracalla. Lo stile dei geroglifici, ed i nomi di Vespasiano, di Tito, e di Domiziano, che vi si leggono, danno a conoscere che fu tagliato e scolpito sotto l'ultimo di questi imperatori. Ai lati del suddetto scoglio siedono quattro statue colossali, che rappresentano altrettanti fiumi principali del mondo, cioè: il Gange, espresso col remo in mano, il Nilo, il Rio della Plata, ed il Danubio. Ogni diversa parte è lavoro degli scolari del Bernini, il quale, autore del tutto, riserbò a se l'esecuzione più dura dello scoglio. Oltre le descritte fontane, altra ve n'è pregevole per la gran vasca di marmo di un sol pezzo, che fu trovata presso il palazzo della Cancelleria.
In questa piazza ha luogo ogni giorno il mercato di erbaggi e frutti, come pure ogni mercoledì vi si tiene il gran mercato di Roma; e tutti i sabati e le domeniche di agosto si suole inondare a guisa di lago, per divertimento del popolo che vi concorre e vi passeggia entro con carrozze ed altre sorta di legni, per refrigerio contro il caldo della stagione

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