lunedì 18 dicembre 2017


bandito Giuliano


La strage di Portella della Ginestra

Documenti sulla strage
Documento 21
ATTI RELATIVI ALLA DENUNCIA DELL’ON.

GIUSEPPE MONTALBANO CONTRO L’ISPETTORE

DI POLIZIA ETTORE MESSANA
TRIBUNALE PENALE DI PALERMO

PROCURA DELLA REPUBBLICA
Atti relativi ad una denunzia presentata dall’on.le prof. Montalbano Giuseppe contro

il dr. Messana Ettore
n. 9830 del Reg. Gen. N.525/47 del Reg.


gen. Dell’Uff. del Proc. 47 dell’Uff. Istruzione
Doc. 1
ASSEMBLEA COSTITUENTE
Palermo, 25 giugno 1947

Al Procuratore Generale

presso la Corte d’Appello di Palermo.
Il sottoscritto, on. prof. avv. Giuseppe Montalbano, domiciliato in Palermo via Marchese Ugo 32,

denunzia quanto segue:

1) Alcuni giorni addietro il «Risorgimento Liberale» (quotidiano di Roma) e il «Mattino di Sicilia»

pubblicarono la notizia che il sottoscritto - citato come teste nel processo Miraglia - per due volte

non si era presentato, perché cercava di sottrarsi dal deporre innanzi alla Sezione Istruttoria presso

la Corte d’Appello di Palermo per paura di esser messo a confronto con un ufficiale della polizia

giudiziaria.

Essendo convinto che detta notizia fu rivelata dal Dr. Messana, Ispettore Generale di P.S. per

la Sicilia, o che comunque questi ne agevolò la conoscenza, il sottoscritto denunzia il Dr.

Messana quale responsabile del reato di rivelazione di segreti d’ufficio, ai sensi dell’art. 326 C. P.

Il sottoscritto indica come teste il Consigliere Istruttore Cav. Merenda, per deporre sulla

circostanza che egli aveva pregato il Dr. Messana di tenersi a sua disposizione per il giorno 19

maggio e successivamente per il 24 stesso mese (giorni in cui il sottoscritto era stato citato come

teste) , nell’eventualità che ci fosse bisogno di mettere a confronto il sottoscritto col Dr. Messana.

2) Domenica 22 giugno il «Giornale di Sicilia», sotto il titolo sensazionale «A Portella della

Ginestra ha sparato Giuliano», pubblicò notizie molto delicate e riservatissime sulle deposizioni

rese - nella fase istruttoria non ancora chiusa - dai testi: Riolo, Sirchia, Fusco e Cuccia. Lo stesso

«Giornale di Sicilia» di mercoledì 25, nell’articolo di fondo dal titolo «Ricerca della verità»

scrive «Avevamo (il 22 giugno) informato il pubblico della nuova svolta presa dalle indagini

sull’eccidio di Piana della Ginestra, sulla base di atti ufficiali riferentisi all’inchiesta». Trattandosi

di «atti ufficiali» della più assoluta segretezza (data l’istruttoria ancora in corso), il sottoscritto

denunzia il reato di cui all’art. 326 C.P. (rivelazione di segreti d’ufficio) e chiede che vengano

assicurati alla giustizia e puniti i colpevoli, da ricercare presumibilmente presso l’Ispettorato

Generale di P.S. per la Sicilia, di cui è a capo il Dr. Messana.

f.to: On. Giuseppe Montalbano
Doc. 2
PROCURA DELLA REPUBBLICA

presso Tribunale Civile e Penale di Palermo
Palermo, 2 luglio 1947

On. Prof. Giuseppe Montalbano,

via Marchese Ugo n. 32, Palermo
Onorevole Professore, ho bisogno di sentirla per affari di giustizia. La prego favorire in questo

Ufficio di Procura della Repubblica nel giorno in cui Le sarà possibile, purché infra questa

settimana. Io mi trattengo giornalmente in ufficio dalle ore 9 alle ore 14. Ma potrei essere assente in

qualche ora, sempre per ragioni di ufficio. Pertanto sarebbe utile che Ella telefonasse in anticipo. Il

numero del mio telefono di ufficio è 11969. Cordiali saluti.

Il Procuratore della Repubblica, Miceli.
Inviata il 2.07.1947 a mezzo dell’agente Caccamo Filippo. La famiglia ha comunicato a

quest’ultimo che l’on. Montalbano trovasi a Roma. 2.07.’47-
Miceli
Doc. 3
PROCURA DELLA REPUBBLICA DI PALERMO
Verbale di sommarie informazioni

L’anno millenovecentoquarantasette il giorno 10 del mese di luglio in Palermo.

Avanti a noi, dott. Comm. Rosario Miceli, Procuratore della Repubblica di Palermo,

assistito dall’infrascritto segretario, è comparso l’onorevole prof. Montalbano

Giuseppe fu Giuseppe, di anni 52, da S. Margherita Belice, domiciliato in Palermo,

via Marchese Ugo, n. 22

DR: A chiarimento della denunzia in data 25 giugno 1947, sporta al Procuratore

Generale, contro l’Ispettore Generale di P. S. Ettore Messana, specifica i seguenti

particolari:
«Sul fatto indicato col numero uno, narro quanto appresso.

Io ero stato citato quale teste dal Consigliere Istruttore, dott. Merenda, delegato della

Sezione Istruttoria del processo che si istruisce per l’omicidio di Accursio Miraglia,

avvenuto il 4 gennaio 1947 a Sciacca, segretario di quella Camera del Lavoro. La

citazione mi invitava a presentarmi il giorno 19 maggio, alle ore 9, negli uffici della

Sezione istruttoria. Mi recai colà alle 9 in punto, ma attesi invano fino alle ore 10 ed

un quarto l’arrivo del Magistrato arrivato a quell’ora, avendo altri impegni urgenti, mi

allontanai. Successivamente ho ricevuto un’altra citazione a comparire il giorno 24

maggio, sempre per le ore 9, ed alla detta ora precisa io fui alla Sezione istruttoria per

deporre. Tanto più che io desideravo deporre dinanzi alla Giustizia.

Purtroppo, però, avvenne che anche in tale giorno il Consigliere istruttore sino alle ore

dieci non era venuto in ufficio, ed anche questa volta, dati i miei impegni, dovetti

allontanarmi senza deporre. Non ricevetti altre citazioni. Intanto nel «Risorgimento

Liberale» del 12 giugno 1947, giornale che esibisco e che lascio nelle mani di V. S.,

lessi un articolo in 4a pagina dal titolo «Lo scandalo di Sciacca» e dal sottotitolo

«Come fu estorta la confessione di un innocente. L’inesplicabile atteggiamento di un

deputato comunista e l’acquiescenza di alcuni funzionari».

In esso era un riferimento alla mia persona indicato precisamente con queste parole:

«L’inesplicabile ecclissamento di un teste molto importante, l’on. Giuseppe

Montalbano, citato a comparire dinanzi la Sezione istruttoria e non ancora comparso,

probabilmente per sottrassi ad un confronto pericoloso con qualche ufficiale di polizia

giudiziaria».

Svolsi allora una interrogazione alla Camera diretta al Ministro di Grazia e Giustizia,

per chiarire che non si doveva imputare a me, la mancata mia deposizione. Di accordo

col Ministro si fece noto a Palermo che, dati i lavori parlamentari e gli affari urgenti

che si discutevano alla Costituente, io avrei potuto essere inteso il 27 giugno e così fu

stabilito. Infatti, mi pervenne la cedola della citazione per il 27.

Però, per certi affari sopraggiunti, io chiesi di essere sentito il 25 anziché il 27, ed

infatti il giorno 25 giugno fui sentito dal Consigliere Merenda, prima che si iniziasse

la mia dichiarazione. Fu in questa occasione che il Consigliere Merenda, prima che si

iniziasse la mia dichiarazione, volle chiarire che egli per il giorno 19 maggio aveva

effettivamente ritardato per circostanze non dipendenti dalla propria volontà, ma che

si trattò di un quarto d’ora perché riteneva di aver disposto che la citazione avesse

luogo per le ore dieci; per quanto riguarda il giorno 24 maggio, mi mostrò l’ordine che

aveva scritto di suo pugno affinché la citazione fosse disposta per le ore dieci e che era

stato l’Ufficiale giudiziario ad indicare le ore nove, seguendo una consuetudine per

cui tutti i testimoni vengono citati per le ore nove. Mostrò così il suo disappunto per

quello che era avvenuto e gli dichiarai che non ci tenevo tanto. Aggiunse il

Consigliere Merenda che tanto per il 19, quanto per il 24, egli aveva fatto una

telefonata all’Ispettore Generale di PS. Messana Ettore, invitandolo a tenersi a

disposizione nell’eventualità che durante la mia deposizione fosse occorso di metterlo

a confronto con me. Soggiunse che dato che la mia deposizione non aveva avuto

luogo e supponendo egli che io non mi fossi presentato, aveva telefonato a Messana

dicendogli che poteva ritenersi libero inquantoché io non ero andato a deporre. Or,

poiché io ritengo che effettivamente il Consigliere Merenda non abbia comunicato a

nessuno questi particolari relativi a un predisposto confronto fra me e Messana,

deduco con piena convinzione che l’unico a sapere questa circostanza oltre al

Merenda fosse il Messana e che fosse stato questi a darne notizia ai giornali

propagando un segreto di ufficio.

Su questo primo punto non ho altro da aggiungere. Esibisco anche su questo riguardo

il numero del «Giornale di Sicilia» del 18 giugno 1947 in cui è riportata sotto il titolo

«Lo scandalo di Sciacca portato alla Costituente» notizia della mia interrogazione.

Sul secondo punto è evidente che tanto nello articolo uscito nel «Giornale di Sicilia»

del 22 giugno 1947 sotto il titolo «Colpo di scena. A Portella della Ginestra ha sparato

Giuliano» quanto nell’altro inserito nel «Giornale di Sicilia» del 23 giugno sotto il

titolo «Soppresso a Portella della Ginestra perché testimone della strage» sono stati

divulgati fatti e circostanze che non potevano essere di dominio pubblico e quindi

oggetto di cronaca, bensì notizie acquisite dall’Autorità giudiziaria e dalla polizia

giudiziaria durante le indagini e la istruzione del processo per l’eccidio del primo

maggio 1947 a Portella della Ginestra, le quali non potevano essere note né

pubblicate; e che si trattasse di divulgazione di atti ufficiali, lo conferma lo stesso

giornale nell’articolo di fondo dal titolo «Ricerca della verità», inserito nel numero

149 del 25 giugno 1947, nel quale fra l’altro si legge che «avevamo informato il

pubblico della nuova svolta presa dalle indagini sull’eccidio di Piana della Ginestra

sulla base di atti ufficiali riferentisi alla inchiesta» e più sotto nello stesso articolo

ribatte con le seguenti frasi: «La nostra pubblicazione di domenica mattina che

riproduce, lo ripetiamo, le conclusioni ufficiali di una inchiesta accertante la

responsabilità di Giuliano». Io non so se effettivamente, i quattro individui e cioè

Riolo, Sirchia, Fusco e Cuccia avessero riconosciuto per Giuliano alcuna delle

fotografie mostrate e se qualcheduno di quelli fotografati sia stato da loro riconosciuto

come appartenente agli autori della strage. Ma se il giornale pubblica che questi

individui avevano riconosciuto tra i banditi Giuliano, chi poté fornire ad esso la

notizia, specie se è vera? Per mia convinzione è stato il dottor Messana a propalare la

notizia e suffraga questo mio convincimento la seguente circostanza.

Sin dalla consumazione della strage e prima ancora che le indagini avessero preso una

consistenza qualsiasi, già il due maggio il Messana informava il Ministro dell’Interno,

on.le Scelba, che autore della strage era stato Giuliano con la sua banda, notizia che il

Ministro comunicò all’Assemblea e che senza dubbio fu la base della sua

dichiarazione in proposito, quindi era suo interesse dimostrare al pubblico che egli

non si era sbagliato.

Sulla mia denunzia del 25 giugno c.a. non ho altro da aggiungere».
A domanda risponde:
«L’articolo di fondo, pubblicato nel n. 152 del primo luglio 1947 nel giornale «La

Voce della Sicilia» dal titolo «L’Ispettore di PS. in Sicilia, comm. Messana, correo dei

delitti di Fra’ Diavolo?» e che reca la mia firma, è stato scritto da me. Quello che mi




ha colpito dell’agire del Messana è stato il fatto che egli, immediatamente dopo il


conflitto avvenuto ad Alcamo, mandò un suo funzionario colà per ritirare il porto

d’armi che era stato concesso al padre del Ferreri e che era stato ritrovato addosso al

morto. Questa notizia mi è stata riferita da persone, che per ora non nomino, le quali

aggiunsero che quel permesso l’aveva in potere il commissario Drago il quale lo

consegnò al richiedente. So però, che questo porto d’armi è stato rimesso all’autorità

giudiziaria di Trapani.

È vero che le mie accuse contro il Messana sono poste in quell’articolo sotto forma

ipotetica e cioè dipendenti dall’acclaramento della verità della dichiarazione del

giovane Ferreri, inteso Fra’ Diavolo, il quale ebbe ad affermare che era un confidente




del Messana. Ma in questa dichiarazione, qualche cosa di serio mi è sembrato di


riconoscere, riconnettendola con la circostanza che il padre del Ferreri era munito di

porto d’armi e che di questo documento ebbe premura il Messana di venirne in

possesso. Comunque, come risulta dal resoconto sommario stampato dei lavori

dell’Assemblea Costituente del 3 luglio 1947, a firma mia e di altri deputati, è stata

presentata una interpellanza su tutto questo affare.

Esibisco il detto resoconto.

L’opera nostra mira ad ottenere una inchiesta parlamentare, che se verrà, si occuperà

di tutta la materia. Se non verrà, provvederò a far conoscere quello che potrà risultare.

Per ora non ho altro da aggiungere.

Esibisco un altro resoconto del 14 giugno 1947 nel quale è riportata una

interrogazione rivolta al Ministro dell’Interno, a firma Li Causi e Montalbano, la quale

mira a far conoscere se sia vero che gli organi di polizia di Palermo sono in possesso

di elementi, secondo i quali, la vita dei sottoscrittori della interrogazione sarebbe

minacciata dagli organizzatori della infame strage di Portella della Ginestra.

Esibisco tale documento solo perché esso ha rapporti con tutte le quistioni.

Effettivamente da circa quindici o venti giorni intorno alla persona mia e

dell’onorevole Li Causi si esercita una particolare protezione da parte della polizia, la

quale asserisce di avere elementi concreti per temere che noi due possiamo essere

oggetto di attentati da parte degli affiliati alla banda Giuliano.

A conclusione di questa mia deposizione desidero esibire un numero del giornale

«Buonsenso» del 2 luglio 1947, nel quale sotto il titolo «Giuliano ce l’ha con i

giornalisti che lo trattano da delinquente» pubblica una lettera che a firma di Salvatore

Giuliano era pervenuta al giornale «L’Ora» e che l’aveva pubblicata. Lo scopo della

mia esibizione si riconnette al commento che il giornale fa alla pubblicazione della

lettera.

Infatti, in detto commento, l’autore di esso riferendosi evidentemente al mio articolo

pubblicato sulla «Voce della Sicilia», del quale si è testé parlato, mira a diminuirne

l’importanza ed a far credere che le cose da pubblicate non siano cose serie».
Letto, confermato e firmato.

F.to: Giuseppe Montalbano
Doc. 4



Testimonianze di:

Merenda Roberto,

Piazza Umberto,

Pirri Ardizzone Piero,

Melati Ercole,

Petrucci Antonino
PROCURA DELLA REPUBBLICA DI PALERMO
Verbale di sommarie informazioni
L’anno minovecentoquarantasette il giorno 19 del mese di luglio in Palermo. Avanti a

noi, dott. Comm. Rosario Miceli, Procuratore della Repubblica di Palermo, assistito

dall’infrascritto segretario, è comparso il dott. Merenda Roberto di Pietro, di anni





58, Consigliere della Sezione Istruttoria presso la Corte di Appello di Palermo

A domanda risponde:
«Il comm. Messana fu citato il 17 maggio ed in tale data fu sentito nel processo per l’omicidio in

persona del rag. Accursio Miraglia, consumato in Sciacca il 4 gennaio scorso, ed io gli dissi che, se

ne fosse risultata la utilità ai fini processuali, sarebbe stato eseguito un confronto tra lui e l’onorevole

Montalbano.

Si rimase d’intesa che il giorno in cui l’on. Montalbano si fosse presentato, io l’avrei fatto avvertire

per tenersi pronto nel suo ufficio, e favorire quindi nel mio ad eventuale successivo avviso.

L’on. Montalbano fu citato pel 29 maggio, ed egli, per un disguido dovuto ad una svista

dell’ufficiale giudiziario sull’ora di comparizione si presentò alla Sezione istruttoria alle ore 9,15

circa, prima che vi giungessi io, che avevo disposto la citazione per le ore dieci. Il cancelliere Piazza

si premurò di avvertire il commendatore Messana di tenersi pronto nel suo ufficio in attesa di altro

eventuale avviso, il che fece dietro disposizione da me precedentemente datagli in seguito

all’avvertimento fatto al Messana il giorno 17.

L’on. Montalbano, prima che io fossi giunto alla Sezione istruttoria, si allontanò. Io attesi fino alle

ore 13 e poiché l’onorevole Montalbano più non tornò, io feci telefonare dal cancelliere al

commendatore Messana, che poteva restare libero. Nessun altro avviso fu dato al commendatore

Messana successivamente. Il confronto fra il comm. Messana e l’on. Montalbano non ebbe più luogo

perché, dato lo svolgimento della istruzione, non ne fu poi ravvisata la utilità ai fini processuali. Non

ho dato notizia ad alcuno di quanto sopra ed escludo che abbiano potuto darne il cancelliere Piazza

ed il Sostituto Sesti, presenti a quegli atti in rappresentanza del Pubblico Ministero».
L’ufficio dà atto che la dichiarazione è stata dettata dal teste Merenda. Letto, confermato e

sottoscritto.

F.to: Merenda.
PROCURA DELLA REPUBBLICA DI PALERMO

Verbale di sommarie informazioni
L’anno millenovecentoquarantasette il giorno 19 del mese di luglio in Palermo,

avanti a noi, dott. Comm. Rosario Miceli Procuratore della Repubblica di Palermo,
assistito dall’infrascritto segretario, è comparso Piazza Umberto, cancelliere presso



la Sezione Istruttoria Corte di Appello di Palermo
A domanda risponde:
«Ho assistito, nella qualità di Cancelliere, il Sig. Consigliere Istruttore dott. Merenda nella

istruzione del processo per l’omicidio di Miraglia Accursio. Nel maggio scorso ho sentito l’Ispettore

Generale di PS., Messana, al quale il Consigliere comunicò che dovendo egli sentire l’on.

Montalbano Giuseppe e nel dubbio che potesse occorrere un confronto, l’avrebbe fatto avvertire nel

momento in cui il Montalbano fosse venuto in ufficio a deporre, affinché il Messana, a sua volta, non

s’allontanasse dal suo ufficio in guisa tale che se fosse occorso di procedere a confronto egli

l’avrebbe chiamato ed il Messana sarebbe venuto.

Così essendo, incaricò me di telefonare al Messana di trattenersi in ufficio quando l’on.

Montalbano fosse venuto a deporre in seguito a citazione. Il Montalbano fu citato pel 19, ma ci fu un

errore per l’ora di presentazione inquantoché, mentre il Consigliere aveva disposto la citazione per le

ore 10, il commesso dell’ufficiale giudiziario segnò le ore nove. Io sconoscevo questo equivoco

sull’orario ed avendo appreso dal collega Pinello che già l’on. Montalbano si trovava nella sua

stanza, mi affrettai a comunicare al dottor Messana, col quale parlai direttamente, che l’on.

Montalbano era in ufficio e che perciò si trattenesse in attesa di una eventuale chiamata dal

Consigliere Istruttore giusta la precedente intesa.

Il dott. Messana mi rispose che egli si sarebbe trattenuto, ma se il confronto non fosse stato

necessario, desiderava essere avvertito per considerarsi in libertà.

Dato il noto equivoco di orari, l’on. Montalbano andò via prima che il Consigliere Istruttore fosse

venuto in ufficio e cioè verso le ore 9,30. Il Consigliere lo attese fino alle ore 13 ed a questo punto

sicuri che non sarebbe venuto il Consigliere Istruttore m’incaricò di telefonare al dott. Messana per

dirgli che era libero. Non ricordo se anche questa volta conferii personalmente col comm. Messana,

ma mi pare di si. Non ho comunicato a nessuno questi particolari e ciò sia per la mia abituale

riservatezza e sia ancora perché trattandosi di un processo di particolare riservatezza, ogni riserva

non è mai troppa».
F.to: UmbertoPiazza, Miceli.
PROCURA DELLA REPUBBLICA DI PALERMO
Verbale di sommarie informazioni
L’anno millenovecentoquarantasette il giorno 26 del mese di luglio in Palermo,

avanti a noi dott. Comm. Rosario Miceli Procuratore della Repubblica di Palermo,

assistito dall’infrascritto segretario, è comparso il dott. Pirri Ardizzone Piero di





Vito, di anni 25, da Roma, domiciliato a Palermo, vicedirettore del Giornale di Sicilia

A domanda risponde:
«L’articolo inserito nel «Giornale di Sicilia», n. 147 del 22 Giugno 1947, che reca il titolo «Colpo di

scena: a Portella della Ginestra ha sparato Giuliano» è stato scritto e portato in redazione dal signor

Seminara Giuseppe, reporter del giornale, per quanto riguarda la cronaca nera, quindi è lui che può

dire da chi abbia appreso che l’organizzatore e l’autore della strage fosse stato Giuliano.

L’altro articolo inserito nel «Giornale di Sicilia» del lunedì n. 25 del 23 Giugno 1947, è pure del

detto signor Seminara e costui potrà dire, se crede, quali siano stati le fonti delle informazioni.

L’articolo di fondo dal titolo «Ricerca della verità», inserito nel Giornale di Sicilia n. 149 del 25



giugno 1947, è un articolo redazionale cioè composto in collaborazione fra i redattori politici del


giornale e cioè me, dott. Marino Giuseppe, dott. Melati Ercole, dott. Gagliano Giacomo ed avvocato

Petrucci Antonino. In esso fra l’altro è detto che le nostre informazioni erano «sulla base di atti

ufficiali riferentisi alla inchiesta» e si soggiunge «La nostra pubblicazione di domenica mattina che

riproduce, lo ripetiamo, le conclusioni ufficiali di una inchiesta attestante la responsabilità del

Giuliano». Confermo quanto è scritto ma non posso indicare come e da chi io abbia appreso questa

notizia ufficiale, perché trattasi di un segreto professionale e credo di dovere essere legato a questo».
A domanda risponde:
«Gli altri che collaborarono nella compilazione dello articolo e che ho superiormente indicato

avevano pur essi conoscenza della fonte alla quale erano state attinte le nostre informazioni. Per la

ragione testé addotta, io non posso rispondere alle domande di V. S. che mi chiede se nostri

informatori fossero persone private o appartenenti a pubbliche amministrazioni».
Letto, confermato e sottoscritto.

F.to: Piero Ardizzone, Miceli.
PROCURA DELLA REPUBBLICA DI PALERMO
Verbale di sommarie informazioni
L’anno millenovecentoquarantasette il giorno 9 del mese di agosto in Palermo, avanti

a noi, dott. Comm. Rosario Miceli Procuratore della Repubblica di Palermo, assistito

dall’infrascritto segretario, è comparso il dott. Melati Ercole di Pietro, di anni 33, da





Palermo, abitante qui, via Tripoli n. 11.

A domanda risponde:
«Sono redattore del Giornale di Sicilia. L’articolo «Ricerca della verità» pubblicato nell’edizione

straordinaria del Giornale di Sicilia pubblicata nel numero del 25 Giugno 1947, è stato

effettivamente composto in collaborazione fra i redattori politici del Giornale. Se in esso si dice che

le informazioni precedenti erano state fornite al pubblico sulla base degli atti ufficiali e si soggiunge

che la pubblicazione della domenica precedente riproduceva le conclusioni ufficiali di una inchiesta

accertante la responsabilità di Giuliano, non deve intendersi con quelle espressioni che noi avessimo

ricevute le informazioni da qualche organo inquirente o in genere da impiegati che avessero tradito il

segreto.

L’espressione è giornalistica ed intendevamo dire che essa era conforme al risultato della inchiesta

ufficiale. Come potevamo asserire ciò? È facile spiegarlo. Le inchieste degli organi ufficiali si

fondano sulle dichiarazioni di parti offese e di testimoni, e presso di queste noi avevamo condotto la

inchiesta privata. Era facile concludere che la nostra inchiesta era conforme a quella ufficiale. Del

resto, fin da principio se si seguono le notizie, fornite dal giornale in materia, si vedrà che la

redazione del giornale fu sempre proclive a ritenere che l’eccidio del primo maggio fosse stata

manifestazione di banditismo comune e non già estrinsecazione di malvagità politica. E pertanto,

quando da parte di coloro che deponevano innanzi gli organi ufficiali, noi apprendemmo che la

nostra tesi era confortata, potevamo bene asserire che le notizie erano conformi alle inchieste

ufficiali. Sulle informazioni pubblicate nei numeri precedenti può dare chiarimenti il reporter

Seminara Giuseppe».
Letto, confermato e sottoscritto.

F,to: Ercole Melati, Miceli.
PROCURA DELLA REPUBBLICA DI PALERMO
Verbale di sommarie informazioni
L’anno millenovecentoquarantasette il giorno 16 del mese di agosto in Palermo,

avanti a noi, dott. comm. Rosario Miceli Procuratore della Repubblica di Palermo,

assistito dall’infrascritto segretario, è comparso il dott. Petrucci Antonino fu Nicolò,





di anni 52, da Palermo, abitante in via Oreto n. 65

A domanda risponde:
«Nella mia qualità di redattore del Giornale di Sicilia, partecipai alla discussione intorno all’articolo

pubblicato su detto giornale il giorno 25 giugno 1947 dal titolo «Ricerca della verità». La trama



dell’articolo fu redatta da uno dei redattori e dico così perché quando io intervenni nella discussione


trovai già riuniti l’avv. Ardizzone Girolamo junior, che è direttore amministrativo, il dott. Melati e

probabilmente un altro redattore e se ricordo bene il dott. Marino.

Ritengo, ma non posso assicurarlo, l’autore dell’articolo fosse stato il dott. Melati. Comunque esso

fu discusso in collaborazione. Intorno alla frase usata e cioè che la pubblicazione della domenica

precedente riproduceva le conclusioni ufficiali di una inchiesta accertante la responsabilità di

Giuliano, e all’altra frase «sulla base di atti ufficiali riferentisi all’inchiesta» assicuro che nessuno di

noi intendeva riferirsi ad indiscrezioni ottenute per mezzo di impiegati dei vari uffici. E non poteva

essere ciò perché non abbiamo avuto mai rapporti con impiegati di uffici.

Quando si disse «notizie ufficiali» si intendeva dire notizie certe e sicure già di domino pubblico e

rese notorie da quelli stessi che avevano deposto ed assunti per mezzo dei nostri informatori.

Almeno così, io la compresi. Null’altro posso dire».
Letto, confermato e sottoscritto.

F.to: Antonio Petrucci, Miceli.
PROCURA DELLA REPUBBLICA DI PALERMO
Verbale di sommarie informazioni
L’anno millenovecentoquarantasette il giorno 19 del mese di agosto in Palermo,

avanti a noi, dott. Comm. Rosario Miceli Procuratore della Repubblica di Palermo,
assistito dall’infrascritto segretario, è comparso Seminara Giuseppe di Filippo di



anni 53, da Palermo, qui abitante in via Re Federico n. 23.
A domanda risponde:
«Sono redattore del Giornale di Sicilia per quanto riguarda la cronaca nera. L’articolo, pubblicato nel

Giornale di Sicilia del lunedì n. 25 del 23 giugno 1947 e che reca il titolo «Soppresso a Portella della

Ginestra perché testimone della strage», è stato redatto da me e passato al giornale, o per meglio

dire, io ho portato in redazione la notizia che un certo Busellini Emanuele da Altofonte, guardia

giurata, era stato soppresso ed il cadavere era stato rinvenuto dopo 53 giorni. Tale notizia a me era

stata fornita dall’Ispettorato Generale di PS. per la Sicilia, per mezzo del notiziario che verso sera il

detto ufficio trasmette a tutti i giornali. Però queste notizie vengono poi elaborate in redazione e si

stende il testo dell’articolo, compreso il titolo che viene passato in tipografia. Il testo dell’articolo

suddetto non è stato scritto da me, ma non so chi tra i vari redattori del giornale l’abbia scritto. Per

quanto riguarda l’altro articolo, pubblicato nel Giornale di Sicilia il giorno di domenica [ndc: si

legga lunedì] 23 giugno 1947 n. 147 che reca il titolo «Colpo di scena: a Portella della Ginestra ha



sparato Giuliano», non è stato redatto me. Nessuna notizia ho fornito io in proposito.


Dei fatti riguardanti l’eccidio di Portella della Ginestra si sono occupati il vice direttore Pirri ed i

redattori Melati ed altri di cui non so indicare i nomi. Sentivo dire in redazione che c’erano redattori

che erano partiti per Piana degli Albanesi, ma non mi curavo d’apprendere chi fossero.

È vero che il primo giorno, cioè il primo maggio corrente anno, con Pirri, Melati ed il fotografo, fui

a Piana, ma da quel giorno non mi sono più occupato di detto eccidio. V.S. mi comunica che il vice

direttore Pirri ha dichiarato che questo articolo fu redatto da me, ma ciò non è vero. Del resto se la

minuta ancora esiste può vedersi la calligrafia dell’autore.

Secondo me, la notizia non poté venire dall’Ispettorato di PS., perché i funzionari di detto ufficio

hanno consuetudine di rapporti, nei riguardi dei redattori del Giornale di Sicilia soltanto con me ed a

me nulla fu comunicato al riguardo».
Letto, confermato e sottoscritto.

F.to: Giuseppe Seminara, Miceli.
PROCURA DELLA REPUBBLICA DI PALERMO
Verbale di sommarie informazioni
L’anno millenovecentoquarantasette il giorno 19 del mese di agosto in Palermo,

avanti a noi, dott. Comm. Rosario Miceli Procuratore della Repubblica di Palermo,

assistito dall’infrascritto segretario, è comparso il dott. Marino Giuseppe di





Tommaso, di anni 40, da Salemi, abitante in Palermo, via Quintino Sella 31.

A domanda risponde:
«Sono redattore del Giornale di Sicilia ed anche redattore parlamentare. Per la edizione straordinaria

del Giornale di Sicilia n. 149 del 25 giugno 1947, io avevo già redatto e passato in tipografia il

resoconto della seduta dell’Assemblea Regionale che iniziatasi la sera del 24 giugno si era protratta

sino alle ore una del mattino del 25 giugno. In essa io avevo riportato sotto il paragrafo «La prognosi

di Li Causi» riassumendo le dichiarazioni del deputato comunista e precisamente avevo riportato

testualmente, ricavandolo dal resoconto stenografico, le sue parole le quali si possono leggere sul

numero di detto giornale in prima pagina nell’ultima colonna a destra e precisamente in quel periodo

che comincia con le parole «Ma col 25 giugno c’era il governo ecc... ». In questo periodo le parole di

Li Causi sono riportate tra virgolette e s’iniziano così: «L’anno scorso egli dice fu data la bandiera

del separatismo a Giuliano ecc...». Con questo suo dire il Li Causi, riferendosi alla pubblicazione di

un manifesto di Giuliano eseguita nel «Giornale di Sicilia» del lunedì del 23 giugno 1947 nonché

all’altro articolo pubblicato il 22 giugno 1947, dal titolo «A Portella della Ginestra ha sparato

Giuliano» veniva quasi a concludere che fra il bandito Giuliano ed il Giornale di Sicilia ci fosse stata

della corrispondenza.

La mattina del 25, quando la edizione straordinaria stava per essere impaginata, fui chiamato

d’urgenza in redazione perché era stata rilevata la contraddizione esistente tra la dichiarazione di Li

Causi all’Assemblea regionale il quale parlava di lettere dirette al nostro giornale ed il fatto che

invece il nostro giornale aveva pubblicato soltanto il testo di un manifesto stampato a firma Giuliano

e rinvenuto nei paesi ove c’era stata l’aggressione alle camere del lavoro.

Avendo io assicurato che il Li Causi aveva pronunziato le parole inserite nella mia pubblicazione ed

avendo fatto controllare questa circostanza mercé il testo stenografico della seduta, si pensò di

aggiungere all’articolo di fondo che era già preparato e che portava il titolo «Ricerca della verità» la

parte riguardante il chiarimento della confusione fatta dal Li Causi, tra pubblicazione di manifesto e

lettera diretta al giornale. E fu precisamente detto che l’articolo riguardante la notizia che a Portella

della Ginestra aveva sparato Giuliano non aveva nulla a che vedere con quanto Giuliano aveva

scritto e che esso rispecchiava notizie correnti in pubblico.

Io non so chi abbia redatto materialmente l’articolo, ma sono pienamente convinto che chi lo redasse

usò impropriamente le parole «inchiesta ufficiale» e simili; ritengo che voleva invece riferirsi a

notizie già acquisite dal pubblico dominio e raccolte dai reporter. Credo di potere escludere, per mia

convinzione, che le notizie siano state assunte presso funzionari della polizia giudiziaria o di altra

autorità.

Ritengo che le minute di quell’articolo possano ancora trovarsi, perché di ordinario si conservano

per un mese. Per essere più precisi siccome il mese è trascorso forse non esiste più, ed è questo il

caso più probabile, ma si potrebbe tentare una ricerca e per questo V.S. si potrebbe rivolgere al

direttore amministrativo avvocato Ardizzone Girolamo o addirittura al sig. Antonino Geraci».
Letto, confermato e sottoscritto.

F.to Giuseppe Marino, Miceli.





PROCURA DELLA REPUBBLICA DI PALERMO

Verbale di sommarie informazioni
L’anno millenovecentoquarantasette il giorno 20 del mese di agosto in Palermo,

avanti a noi, dott. Comm. Rosario Miceli Procuratore della Repubblica di Palermo,

assistito dall’infrascritto segretario, è comparso Gagliano Giacomo di Antonino, di





anni 43, da Leonforte, abitante a Palermo, via Marco Polo 53.

A domanda risponde:
«Sono redattore del Giornale di Sicilia. Prima della pubblicazione dell’articolo «Ricerca della

verità», apparso nell’edizione straordinaria del Giornale di Sicilia del 25 giugno 1947 n. 149, ci fu

una riunione dei redattori del Giornale di Sicilia, compreso il vice direttore Piero Pirri, perché si

voleva ribattere le asserzioni fatte da Li Causi all’Assemblea regionale secondo le quali il giornale

aveva rapporti con Giuliano. Egli aveva pronunziato quelle frasi nella seduta tenuta la sera del 24

giugno. Ed allora in detto articolo «Ricerca della verità» si volle chiarire che la pubblicazione del

manifesto del Giuliano riguardava un manifesto che era stato lanciato a Carini e che invece le

informazioni contenute nell’articolo «A Portella della Ginestra ha sparato Giuliano» pubblicato nel

numero del 22 giugno, erano informazioni assunte dalla voce pubblica. Se l’estensore dell’articolo

usò le parole «inchieste ufficiali, atti ufficiali» ritengo che l’espressione abbia tradito il suo pensiero,

in quanto voleva dire che quanto avevamo scritto, non poteva essere affatto smentito, né discusso.

Chiusa la discussione fra i redattori, io andai in tipografia avendo io l’incarico di impaginatore

quindi non so chi abbia materialmente steso l’articolo.

In genere questi articoli di fondo li scriviamo un po’ tutti i redattori, secondo le esigenze del

servizio. Le minute si conservano, ma fino ad un certo tempo. Quindi non so se la minuta tuttora si

conservi in tipografia. Escludo recisamente che la informazione riguardante Giuliano possa essere

stata fornita da qualche funzionario addetto ad uffici pubblici».
Letto, firmato e sottoscritto.

F.to: Giacomo Gagliano.





PROCURA DELLA REPUBBLICA DI PALERMO

Verbale di sommarie informazioni
L’anno millenovecentoquarantasette il giorno 21 del mese di agosto in Palermo,

avanti a noi, dott. Comm. Rosario Miceli Procuratore della Repubblica di Palermo,

assistito dall’infrascritto segretario, è comparso Ardizzone Girolamo, di anni 51,





dottore in legge, direttore amministrativo del Giornale di Sicilia, abitante qui, Piazza


Giulio Cesare.
A domanda risponde:
«Le minute degli articoli che pubblica il giornale si conservano in un armadio che è in tipografia,

regolarmente impacchettate e per un periodo di tempo che non supera il mese, dopo di che vengono

eliminate e vendute come carta straccia per dare posto alle nuove minute sopravvenute. Escludo

quindi, che si possa più trovare in tipografia la minuta dell’articolo di fondo che reca il titolo

«Ricerca della verità» pubblicato nell’edizione straordinaria del 25 giugno 1947.

Le minute sono redatte in dattilografia, rarissimamente e per un caso eccezionale può essere passata

in tipografia una minuta scritta a penna.

Mi preme far presente che il giornale non attinge mai presso uffici pubblici notizie segrete. È mia

convinzione (per quanto io mi limiti all’opera di direttore amministrativo e non mi occupo della

redazione) che il redattore di cui all’articolo, volendo controbattere le asserzioni fatte dall’onorevole

Li Causi all’Assemblea regionale, per le quali si veniva quasi a coinvolgere il giornale nell’attività di

Giuliano, usò le parole «atti ufficiali, inchiesta ufficiale, ecc.», impropriamente. Egli in conclusione

voleva affermare questo concetto che le notizie pubblicate in precedenza erano sicure perché

provenivano da affermazioni concrete e circolanti nel pubblico, onde doveva concludersi che esse

corrispondevano alle indagini che conducevano da tempo, sia la polizia giudiziaria, che l’Autorità

giudiziaria.
Letto, confermato e firmato.

Girolamo Ardizzone, Miceli
PROCURA DELLA REPUBBLICA

PRESSO IL

TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI PALERMO

IL P. M.
osserva che con denunzia del 25 giugno 1947, indirizzata al Procuratore Generale di Palermo,

ripetuta il 30 stesso mese, l’on. prof. avv. Montalbano Giuseppe, deputato alla Costituente,

lamentava che il «Risorgimento Liberale», quotidiano di Roma, ed «Il Mattino di Sicilia»,

quotidiano di Palermo, alcuni giorni prima avevano pubblicato la notizia che egli, citato

dall’Autorità Giudiziaria come teste nel processo Miraglia, per due volte non si era presentato

«perché cercava di sottrarsi dal deporre per paura di essere messo a confronto con un Ufficiale di

Polizia Giudiziale».

Nella persuasione che tale notizia fosse stata rivelata dal dr. Messana Ettore, Ispettore Generale di

PS. per la Sicilia, denunziava costui quale responsabile del reato di rivelazione di segreto di ufficio,

previsto e punito dall’art. 326 C.P. Lamentava altresì che il «Giornale di Sicilia» del 22 giugno u.s.,

aveva pubblicato notizie molto delicate e riservatissime in merito alle indagini in corso sul selvaggio

eccidio di Portella della Ginestra, riportando il tenore delle deposizioni rese nella fase istruttoria, non

ancora chiusa, dai testi Riolo, Sirchia, Fusco e Cuccia, e che lo stesso giornale, del successivo giorno

25, precisava che le notizie pubblicate nel numero del 22 giugno erano state desunte da «atti ufficiali

riferentisi all’inchiesta in corso». Ravvisava in tali pubblicazioni la prova che funzionari addetti alle

indagini avessero rivelato segreti d’ufficio e denunziava gli ignoti informatori da ricercarsi

presumibilmente [presso] l’Ispettorato Generale di P. S., diretto dal dr. Messana.

D’altro lato quest’ultimo, venuto a conoscenza della denunzia sporta a suo carico, indirizzava, in

data 16 luglio u.s., a questa Procura un esposto col quale chiedeva il procedimento d’ufficio per

calunnia contro il prof. Montalbano, anche in relazione ad un articolo pubblicato nel n. 152 de «La

Voce della Sicilia» del 1° luglio, a firma del Montalbano, nel quale egli viene fatto apparire come

correo dei numerosi delitti consumati dal bandito Ferreri inteso Fra’ Diavolo, ucciso poi in conflitto



in territorio di Alcamo. Ciò posto, va subito rilevato che la doglianza del prof. Montalbano per la


notizia pubblicata dal «Risorgimento Liberale» e dal «Mattino di Sicilia» è pienamente fondata per

quanto ottiene l’offesa recata alla sua personalità morale, essendo chiaro che l’autore dell’articolo

scrivendo ch’egli, sebbene due volte citato dal magistrato istruttore, non si era presentato a deporre

come teste «per paura di essere messo a confronto con un funzionario di polizia» si proponeva di

presentare il Montalbano sotto una luce poco onorevole al pubblico dei lettori: è risultato, invece,

dalla esauriente istruttoria compiuta da quest’Ufficio che il prof. Montalbano si presentò

regolarmente tutte e due le volte alla Sezione istruttoria e che per la mancata presenza del giudice

non fu messo in grado – sia la prima che la seconda volta – di rendere la sua deposizione. Intanto il

magistrato inquirente dispose la nuova citazione del prof. Montalbano per il giorno 25 luglio e,

nell’eventualità di dovere eseguire un confronto tra lui ed il dr. Messana, telefonò a quest’ultimo

invitandolo a tenersi per quel giorno a sua disposizione nel proprio ufficio onde assicurarsene,

occorrendo, la comparizione.

Tosto che il prof. Montalbano poté rendere la sua dichiarazione, il giudice non ritenne di far luogo al

confronto ed il dr. Messana fu sciolto dall’obbligo di tenersi a disposizione. Or poiché la notizia del

predisposto confronto era nota soltanto al magistrato ed al dr. Messana, è sembrato logico al prof.

Montalbano ritenere che il Messana ne avesse informato i giornali, rivelando così un segreto

d’ufficio.

Nel fatto lamentato non riscontra però il requirente gli estremi del reato p. ep. dall’art. 326 C. P. e

ciò a prescindere da qualsiasi esame di merito sulla consistenza dell’addebito. Perché la citazione

non è un atto interno del processo, non è, cioè, un atto segreto posseduto e custodito dal pubblico

ufficiale: bensì è un atto esterno del processo, la cui funzione si esaurisce all’esterno, concretantesi

nella chiamata del giudice, pel tramite dell’ufficiale giudiziario.

Le notizie d’ufficio sono quelle che debbono rimanere segrete, come le dichiarazioni testimoniali, i

verbali di confronto, gli atti generici ecc. Sicché la loro rivelazione da parte del pubblico ufficiale si

risolve in una violazione dei doveri inerenti alla sua funzione. Come non costituisce segreto d’ufficio

la citazione, a maggior ragione non può costituire segreto d’ufficio un semplice avvertimento fatto

per telefono a persona ancora da citare pel caso di un eventuale confronto. Il reato di violazione di

segreti d’ufficio è, invece, manifestamente configurabile nei due articoli pubblicati sul Giornale di

Sicilia, rispettivamente sotto il titolo «Colpo di scena: a Portella della Ginestra ha sparato Giuliano»

e «Soppresso a Portella della Ginestra perché testimone della strage», perché in entrambi gli articoli

appaiono palesati fatti e circostanze che non potevano essere di dominio pubblico, e, quindi, oggetto

di cronaca, siccome acquisite dall’Autorità giudiziaria e dalla Polizia giudiziaria durante le indagini

tuttora in corso. Per di più lo stesso giornale nel n. 149 del 25 giugno 1947, riportava un articolo in

cui si ribadiva che le notizie precedentemente pubblicate erano state desunte da atti ufficiali e da

conclusioni ufficiali di una inchiesta accertante la responsabilità del bandito Giuliano. Nulla,

tuttavia, autorizza a ritenere che il dr. Messana abbia dato ai giornali le informazioni in discorso.

Ben vero il prof. Montalbano ha manifestato il convincimento che tali notizie fossero state propalate

dall’Ispettore Generale di PS. nella considerazione che ancora prima che le indagini avessero preso

una consistenza qualsiasi, il Messana si era affrettato a comunicare al Ministro dell’Interno che

autore della strage era stato Giuliano con la sua banda, per cui avvenne che il Ministro ne informò

l’Assemblea Costituente: da qui l’interesse del Messana di dimostrare al pubblico che egli non si era

sbagliato. È evidente la buona fede dell’on.le Montalbano nella incolpazione fatta al Messana, ma,

alla stregua delle risultanze istruttorie, l’addebito deve dirsi del tutto infondato. Parrebbe, infatti,

accertato che i redattori degli articoli incriminati trassero le notizie, in discorso, da indagini

direttamente fatte dai cronisti dei giornali, che abilmente seguivano quelle che si svolgevano

nell’ambito della polizia giudiziaria e dell’Autorità giudiziaria (ff. 19 - 22 - 23 - 26, testi Pirri,

Melati, Petrucci, Seminara, e Marino), ma anche se ciò non fosse vero, nessuna prova sussiste, atta a

far ritenere che fosse stato proprio il Messana a rivelare le risultanze delle indagini ufficiali, specie

se si consideri che i motivi posti a base dell’incolpazione contro il Messana valgono anche per tutti i

funzionari e gli agenti dell’Ispettorato di PS. che collaborarono col loro Capo nelle operazioni di

polizia, sicché per tutti poteva essere di soddisfazione far sapere che l’Ispettorato non aveva

sbagliato nell’individuazione dei responsabili dell’efferato delitto. Non sono altresì da escludere altre

ipotesi circa la fonte alla quale le notizie poterono essere attinte. Stando così le cose non si vede

perché si debbano inseguire delle ombre, quando si ha la prova di un’attività giornalistica, abilmente,

ma anche imprudentemente manovrata ai margini di uffici giudiziarii e di polizia. Il che non è reato.

Non essendo penalmente punibili pel titolo di violazione di segreti di ufficio i fatti lamentati dal

prof. Montalbano, discende la conseguenza logica e giuridica che non possono riscontrarsi gli

estremi della calunnia nella incolpazione di fatti non costituenti reato. Parimenti non incriminabile

pel titolo di calunnia è l’articolo pubblicato nel n. 152 de «La voce di Sicilia» sotto il titolo

«Messana correo dei delitti di Fra-diavolo?». Il contenuto dell’articolo è diffamatorio, ma di ciò non

si è doluto il dr. Messana, mancando in atti la prescritta querela. Va appena rilevato che non può

farsi luogo a procedimento per calunnia contro il Montalbano, autore dell’articolo, non avendo egli

presentato a carico del dr. Messana alcuna denunzia all’Autorità giudiziaria o ad altra Autorità

designata dalla legge circa la pretesa – quanto mai assurda – di costui correità nei delitti commessi

dal bandito Ferreri. La pubblicità col mezzo della stampa di una falsa incolpazione di reato, fatta sia

pure con l’intento di provocare un procedimento penale di ufficio, non ha nulla di comune con la

denunzia che la legge richiede per la sussistenza della calunnia. Per l’anzidetto essendo il caso di

provvedere ai sensi dell’art. 74 C. P. P. e succ. mod.

CHIEDE



Che il Giudice Istruttore voglia ordinare la archiviazione degli atti.

Palermo 2.10.1947.

Il Procuratore della Repubblica.

Barone.

Nessun commento: