venerdì 8 febbraio 2013

Per l'approfodimento della storia di Racalmuto: confronti arditi




Piero della Francesca a Federico da Montefeltro lo dipinge dal lato buono per non mostrare l'occhio nefandato. Pietro d'Asaro osa fare intravedere il suo occhio malandato. Reputo che il pittore non fu orbo di un occhio sin dall'infanzia perché potè entrare in seminario e se era storpio o guercio o con palesi difetti fisici non lo avrebbero fatto entrare per il già imperante codice canonico tridentino. Le carte della matrice ce lo mostrano più come imprenditore edile (e prestatore di denari) che come pittore, almento sino ai trentanni. Avanzai l'ipotesi che un qualche calcinaccio poteva averlo lesionato nell'ochio. Apriti cielo, i sapientoni oftalmici del luogo  osarono persino irridermi  pur ospiti in un QUADERNO edito a mie spese. Non avevan dubbi. bastava loro uno sguardo e diagnosticavano un calcinoma raro in quella tavola  non perpiscuomente dipinta.
Sciascia aveva affermato: " C'è da tener conto della cecità del suo occhio destro- 'monoculus racalmutensis' amava a volte firmare - che avrà compensata e risolta con un certo virtuosismo e con effetti che mi sembrano ravvisabili. Un mistero anche questo, in definitiva: da affidare ad un'oculista (sic), prima che a un critico d'arte."  
Passati al setaccio di validi esperti della pittura, quei quadri o firmati o attendibilmente attribuitigli queste asimmetrie oculari non sono state rinvenute. Il fatto di essere geni, non comporta sempre essere infallibili. Dopo tutto è ancora da dimostrare che quella nigra tavola (se ancora conservata in sagrestia) rifletta l'autoritratto del MONOCOLO RACALMUTESE.

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