domenica 1 marzo 2015

Retrodatazioni come l'ufficio tributi di Racalmuto con la Tarsu


Calogero Taverna ha aggiunto 6 foto.


Si dà il caso che scartabellando tra i mucchi di fotocopie di casa mia a Roma trovo questa impresentabile riproduzione dell’ormai lady Chatterley di Montedoro: il mondo di Louise . L’originale resta a Racalmuto e quindi le foto che qui riproduco non fanno giustizia alla indubbia abilità fotografica di questa fragile creatura d’Inghilterra.
E’ inutile negarlo: scrive soavemente; ha periodo lucido, ha aggettivazione accattivante, la sua paratassi non è di fattura scolastica. Certo, l’animo è femmineo, esile, e l’immagine è talora sdolcinata. Ma i luoghi sono resi per la loro avvenenza. E quel che mi appassiona è una Racalmuto solare, mediterranea, persino possente con i suoi due torrioni di piazza Castello.
La Louise incontra un prete: padre Giuseppe. Saprà dopo (o crederà di sapere) che da giovane fu brigante e chiamava “crocifisso il suo coltello”. Ma sono due villici montedoresi a cimentarsi a chi la sparava più grossa contro l’invidiato e più evoluto paese contiguo, il mio Racalmuto. Uno si chiamava Alessandro che a Montedoro credo si dica Lisciannaru e l’altro Turiddu (l’inglesina non lo italianizza). Come vede Louise quei due rozzi montedoresi?  con tocco di romantico travisamento, in un misto tra l’armonia dell’aprico monte Castelluccio ed il pittoresco dell’afrore contadino di questi due selvaggi compagni di viaggio.
A guardarli questi due villici accompagnatori della diafana Louise non saprei a chi dare lo scettro dello stalliere di lady Chatterley, ma nessuno dei due mi appare con le phisique du role di David Herbert Lawrence (1885-1930);  e l’arditezza del peccaminoso “strusciamento” a chi toccasse credo che manco l’onnisciente Messana di Montedoro saprebbe dirlo.
Va anche aggiunto che Sciascia non è perspicuo nel sintetizzare queste pagine di Louise, l’inglesina sposatasi a Montedoro: la sua consecutio temporum (storica e logica) mi pare inquinata da un lapsus memoriae come anche la vedova non ebbe ritegno ad ammettere per una mia cosa. Anche Sciascia, quando andava a memoria, cadeva nei “lapsi mamoriae” come ogni comune mortale. E siccome questo è un mio difetto che con il passare degli anni si aggrava , non sarò io a contestarlo. Certo, dimentico quanto volete ma non credo che dopo attente consultazioni possa davvero cascare in scivoloni grotteschi come il motedorese Messana impudentemente mi rinfaccia.
Sciascia invero s’indusse in errore perché indusse in errore l’arciprete Casuccio con quel magro e fuorviante padre Giuseppe della Caico. Forse l’attenzione andava spostata dall’ex francescano all’altro tonacato a cognome Romano, che mi risulta piuttosto discolo. Ma comunque non tale da potere dire di lui (e men che meno di padre Giuseppe Bufalino Maranella): un prete molto “originale … perché nonostante la sua tonaca, viveva da feroce bandito. Chiamava crocifisso il suo coltello, ed era fedele amico e compagno di autentici briganti; arrestato più di una volta come ladro e assassino, è stato condannato a molti anni di esilio, e persino ora da vecchio, non se ne sta tranquillo come dovrebbe, dato che il vescovo gli ha ridato il permesso di dire messa”.
Ciarla di Alessandro da Montedoro, che il Messana mi pare cognomina come Augello. Lasciamolo stare come “grottesco microstorico ecclesiastico di Racalmuto”; ma neppure come loico mi pare che brilli. Se il vescovo a questo innominato padre Giuseppe “ridà il permesso di dire messa” (meglio leva la suspensio a divinis) vuol dire che il vecchio brigante si era ravveduto e che quindi da “vecchio se ne sta tranquillo come dovrebbe”. Il Messana lo “scivolone grottesco” dovrebbe appiopparlo al suo prediletto compaesano.
Ma dove casca ancor più l’asino è in questo passo della deliziosa Louise: “L’ho mandato a chiamare, rispose Alessandro (alias Lisciannaru), perché sapevo che ci voleva una persona intelligente per parlare con Voscenza, e padre Giuseppe è l’unica persona intelligente a Racalmuto!”.
Non è del tutto fedele Sciascia quando fa dire alla “guida: E’ il solo uomo intelligente che c’è a Racalmuto; purtuttavia cade in uno intenzionale scivolone grottesco il Messana di Montedoro quando vuol tutto attenuare trasformando l’apodittico anatema di Liscianaru Augello in un passabile “ padre Giuseppe è tra le persone PIU’ INTELLIGENTI di Racalmuto”. Et de hoc satis.
L’abbiamo scritto quando eravamo innamorati di Montedoro (e su via! Lo siamo ancora ed anzi ancor di più; se una persona degna, intelligente e positiva incappa in una cazzata, poco male: succede a tutti .. il grave sarebbe per qualche carnalivari ca ‘cci va appriessu) dichiaravamo di grande importanza archeologica lo scritto di Louise e soprattutto le foto di Louise. Ci ha tramandato squarci di Racalmuto unici e preziosissimi. Innanzi tutto, sul Castello: hanno avuto di che fracassare padre Cipolla e certi santoni della Soprintendenza (e persino il genio militare nella guerra del 40-43 – per noi di Racalmuto). Louise ci ha tramandato una serie di foto di lu Cannuni (Cannuni, perché i militari del ’40 avevano piazzato un cannone sopra la torre di Nord-est; così almeno noi la sappiamo e potremmo venire documentalmente smentiti  - ma non per sentito dire), che mi consentiranno quando sarò sindaco di fare sagace e sapiente restitutio in integrum, depurando ogni tintura al ducotone, e recuperando i reperti archeologi del sotto-castello che so esservi a completamento del sarcofago romano di patri Cipudda e delle ceramiche che una ragazzuola protetta ha dichiarato del quattrocento saccense.
Louise incontra padre Giuseppe che ci appare molto agguerrito in microstoria Racalmutese (altro che incallito brigante in senescente ladroneria); dice all’inglesina cose di recente apprese e piuttosto corrette (qualche sbavatura è perdonabile). Si vede che codesto padre Giuseppe ha letto le memorie del Tinebra; e le ha lette per il verso giusto, senza bizzarrie fantasmatiche.
Padre Giuseppe affascina l’inglesina; Lisciannaru ne è geloso: non può competere sul piano dell’erudizione da ostentare a Voscenza. Si sbizzarrisce in “grottechi scivoloni” microstorici tanto da fare “inorridire” la lady e le donne son volubili ma non come le vorrebbe Verdi; sempre pronte a mutare “d’accento e di pensiero”.
Lisciannaru credo che tutto sommato confondesse e l’ex padre francescano e il non santo padre Giuseppe Romano con qualcuno che, non la condanna al carcere ebbe, ma processi civili sì e sospensioni a divinis tante: il padre Burruano.

Questi però a tempo della gita a Racalmuto della lady Chatterley di Montendoro era morto da una quindicina di anni. Ne ho scritto, su codesto davvero singolare prete capostipite della gloriosa (almeno per tanti) famiglia Burruano (quella del feci quod potui, faciant meliora potentes): mi si è rotto il computer ed ho perso le ricerche. Ne ha una copia quasi integrale l’avvocato Burruano: spero che ne faccia tesoro.


Interessante è soprattutto la descrizione del Castelluccio. Molto più veritiere delle notizie del Tinebra, quelle di carattere storico anche se non del tutto corrette; sono però, le foto, davvero di somma importanza. Quella chiesa là è cimelio storico da recuperare. Vi era un vero e proprio villaggio attorno a quel Castrum, fortezza militare comunque imprescrittibile, inalienabile, inusucapibile.

 Non semplice “piccola cappella ora abbandonata” che un tempo fu rifugio, non di “pacifici abitanti” assaltati da” pirati , sbarcati nelle baie ridenti” (farneticazioni di inglesine in fregola romantica) ma da veri e propri coloni dell’altro feudo “quello di Gibillini” in mano a varie nobili famiglie sino alla decadenza dei Tulumello; e questi coloni in quella chiesa, che piccola non era, andavano ogni domenica a sentir messa. Erano i castidddruzzara – ed un sopravvissuto diede uva e ristoro alla triade della lady – che in una numerazione delle anime del 1828 sono in Matrice segnati per nome , cognome, età e consistenza familiare.
Seguiamo con voluttà la ormai diruta conformazione archeologica: “ la vista di una misteriosa scala ricavata nello spessore delle mura, che conduceva chissà dove, evocava alla mia mente ogni sorta di romantiche avventure medioevali, e intanto gli uomini, che avevano condotto i cavalli nelle stesse stalle del castello, così ampie da poter accogliere ottanta cavalli, tornavano a disperdere crudelmente il mio fantasticare su quelle misteriose rampe di scale, domandandomi se non avessi fame, etc. etc.”


Preziosità da potere persino sfruttare per un turismo d’élite, scomunicando i nostri contigui nemici architetti di Grotte che penserebbero invece a fare di quel romantico castello una bolgia peccaminosa per ruffianerie e gozzoviglie di depravato turismo.



 
 

 

 
 
 

A Salvatore Petrotto piace questo elemento.

Nicolò Falci Lillo, mi pare che tu te la stia prendendo con il Messana, quasi ti avesse offeso mortalmente, e non per aver scritto cose (addirittura riportato cose scritte 100 anni fa da altri) che, può darsi a ragione, non da te condivise. Dico questo a meno che mi siano sfuggite parole offensive nei tuoi confronti. Se così fosse ti prego di segnalarmele. Se poi il tutto avesse avuto origine da canzonature che paesi limitrofi erano e sono soliti scambiarsi ("muntidurisi panzuti" "safarchisi fanatici e fissa" "sancatallisi foddri" "racarmutisi salinara"), nel nostro caso l'intelligenza dei racalmutesi, mi pare che, a questo punto la polemica sia superata e pertanto da chiudere.


Calogero Taverna Premetto che mi ci sto divertendo un sacco. Chi manco mi conosce dovrebbe essere un po’ più cauto ad insolentirmi, e ad insolentirmi in sedi aliene approfittando della probabile invidiuzza di qualche meschinello nei miei confronti. Se ci si sbilancia in derisioni offensive, ci si attenda la replica e salace. Figurati poi da uno come me che quanto a polemica scarnificante ci va a nozze.
Non capendo neppure quello che scrivevo mi si controbatte che sarei caduto più da babbeo che da microstorico in una esaltazione (appassionata) di un pretonzolo racalmutese (che invece sarebbe originario montedorese, ma per l’onore di entrambi i due paesi non era né brigante né il solo intelligente della Racalmuto del primo Novecento).


Senza un minimo di accortezza Costui (montedorese e mi dispiace essendo Montedoro un paese che adoro e che continuo ad adorare) mi rimprovera “scivoloni” storici. Certo tutti scivoliamo; ma Costui non in scivoloni incappa ma in tonfi di intelligenza oltre che di informazione storica. E fin qui transeat. Solo che ha bisogno di aggettivare e scrive testualmente “scivoloni GROTTESCHI”. E qui siamo nell’offesa, nella denigrazione. Imperdonabile!
Dicevo che per di più ricorre all’ospitalità di chi non gliela doveva dare. Ora quest’altro fa il pentito.
Con te dico: de hoc satis. Non prendertela più di tanto. Ma lasciami a me intero il sardonico divertimento.

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