giovedì 11 febbraio 2016



  Ma in fin dei conti la strusciata dei piedi dinanzi a nuovo casino dei galantuomini dissidenti è stata poca cosa: ben più gravi furono le conseguenze di quella missiva del gesuita. Proprio nel 1875 vi fu una inchiesta parlamentare sulle condizioni sociali ed economiche della Sicilia che è rimasta celebre negli annali del nuovo Stato italiano. Da Racalmuto giungono echi allarmanti: l’ordine pubblico è dubbio; le elezioni sono sospette; il sindaco è circondato da bagarioti in odore di mafia, etc. Il gesuita Nalbone infiamma gli animino dei codini e questi sono diventati tanti; si annidano persino in casa Matrona con un prete don Calogero - un favorito del vescovo, un beneficiario delle terre del Crocifisso ... per una simoniaca concessione - che se ne infischia del liberalismo dei fratelli minori e milita tra i borbonici. Un guazzabuglio che appare a Roma inestricabile. Una sezione della Giunta viene allora inviata sul luogo, ad indagare. Abbiamo il resoconto che dovrebbe essere stenografico, ma che sa di postuma e compiacente rielaborazione. Don Gasparino ed i suoi hanno modo di fare una gran bella figura: gli avversari ridotti a voce meschinella e patetica, in pratica floscia ed insignificante.


Di quella prolissa inchiesta sono stati pubblicati gli atti; a dire il vero una sintesi poca esauriente. Sciascia la lesse: lì c’erano elogi sperticati di don Gasparino Matrona e dei suoi fratelli; traspare una sospetta intesa massonica; restano oscurati gli intrecci negativi che coinvolgono la potente satrapia racalmutese. Sciascia non lesse la lettera che abbiamo riportato e finisce con l’essere fazioso quando, nel 1982, si prese la briga di prefazionare il libro del Tinebra. Lì [cfr. pag. 11] ebbe a dire: «A loro, ai Matrona, si devono scuole, uffici comunali, strade selciate, fognature, macello, fontanelle rionali, teatro. [...] E non solo i Matrona si occuparono di sanare e abbellire urbanisticamente il paese, di dargli splendido teatro e di farlo attivamente funzionare, ma anche della sicurezza sociale. Dall’inchiesta sulle condizioni sociali ed economiche della Sicilia, del 1875-76, citiamo i passi che, nella deposizione del prefetto di Girgenti Rossi, riguardano Racalmuto ...  e della deposizione del colonnello comandante la zona militare di Girgenti ..» Il prefetto, invero, si guarda bene dall’esaltare i Matrona; questi invece vengono osannati da quel colonnello, che non ha davvero il senso della misura. «Ci sono esempi - dichiara - che dove hanno voluto estirpare il malandrinaggio ci sono riusciti, e ne abbiamo uno bello, lodevole, nel circondario di Girgenti. A Racalmuto ci sono cinque fratelli di cognome Matrona, possidenti di una certa istruzione. Racalmuto era un paese tristissimo dove tutti i giorni succedevano reati di sangue, furti e grassazioni. Questi cinque fratelli si sono messi d'ac’ordo e hanno detto - non vogliamo più questi delitti -; montavano a cavallo armati sino ai denti ed in pochissimo tempo hanno reso quel paese il modello non solo della Sicilia ma del continente. Sulla strada per andare a Canicattì o a Caltanissetta troveranno un bel palazzo dove ci sono scuole, locale per i carabinieri, telegrafo, teatro; insomma hanno fatto di quel paese qualcosa di buono, e sono cinque fratelli che lo hanno voluto ...» Certo Leonardo Sciascia - che delle cose di mafia se ne intendeva, avendo tra l’altro scritto Il Giorno della civetta -   avrebbe dovuto diffidare delle parole di quel colonnello che non trova nulla di male nel fatto di privati, armati fino ai denti, che se ne vanno a cavallo a sterminare malviventi e malandrini, come vigilantes all’americana. Le carte ufficiali - quelli dell’archivio di Stato di Agrigento e quelle comunali - testimoniano invero su tali arditezze dei Matrona; non c’è da rimanerne ammirati. Tutt’altro!


Il 20 dicembre 1975 era partita da Racalmuto questa lettera anonima:


«Racalmuto che in questi ultimi tempi dà lo spettacolo di un anormale stato, stava ansante aspettando una visita dalle Signorie loro ill.me per dare una forma di esistenza che fosse conforme a giustizia, alla riparazione e alla concordia secondo le promesse potenti inaugurate dal nostro Augusto Sovrano


«E’ però lo allarme si rincrudelisce nel venire a conoscenza che le loro Signorie hanno preso altra rotta, lasciando Racalmuto. [...] Sotto la vernice di un lusinghiero quadro, esistono piaghe cancerrose (sic) per Racalmuto che solo la loro sennata Autorità potrebbe sanare. Si chiede quindi che fossero chiamati cittadini di qualunque gradazione; meno fratelli Matrona, Cammillo sic Picataggi, Alfonso Farrauto, Giuseppe Grillo Cavallaro, Carlo Lupi, fratelli Salvatore e Michiele (sic) Mantia, Arciprete, Michiele (sic) Alaimo , Gioacchino Savatteri, ed impiegati tutti comunali, i quali hanno saputo collidersi e colludersi chi più chi meno; e formano i gaudenti dell’azienda Comunale.»


Sappiamo così da chi era formato il clan dei Matrona. Sorprende che anche l’arciprete Tirone si fosse accodato ai potenti cinque fratelli; Gioacchino Savatteri lascia il fratello Calogero con le sue manie mazziniane e si accoda ai liberal-massoni Matrona. Per ripicca il fratello Calogero accetta la tessera del Mutuo Soccorso, omai in mano ai Tulumello, e finge lì di essere un socialista ed un mazziniano, come abbiamo visto sopra. Un anno dopo la morte, il Mutuo Soccorso ne commemora l’anniversario, in pompa magna. Ora è divenuto sindaco Gioacchino Savatteri, ma questi rifiuta lo stendardo comunale nelle celebrazioni del fratello: è scandalo. Il Tulumello stila una lettera di fuoco. Sarebbe stato scandalo aggiunto a scandalo: chissà chi riesce a bloccare quella rovente accusa. Oggi gli eredi di Calogero Savatteri detengono quella lettera non firmata.


  All’archivio di stato di Agrigento permane il carteggio sull’eroicomico gesto dei Matrona su cui in definitiva quel colonnello citato da Sciascia poggia i grandi meriti di lotta alla mafia di quella celebrata famiglia. Siamo nel novembre del 1873. L’intera corte familiari di quegli ottimati se ne sta ancora in “campagna”, in quella villa cioè esaltata da Sciascia per almeno due volte: nella citata prefazione al libro del Tinebra e nella recente pubblicazione - a spese della comunità comunale provinciale e regionale - “gli amici della Noce”. Nella prefazione (pag. 13) abbiamo questa ammaliata descrizione «Mentre scrivo, nella mia casa di campagna di contrada Noce, ho di fronte - da una collina all’altra - la settecentesca casa di villeggiatura dei Matrona, grande ed armoniosa .. E ancora negli anni della mia infanzia era luogo di meraviglia, di delizia. C’erano palme e magnolie, siepi di rose e d’oleandro, alberi qui rari come i corbezzoli, i giuggioli; e giganteschi pini di fitta ombra e odorosi. C’era pure una grotta che nelle pareti e nella volta era stata rivestita di cristallini, splendenti schisti di zolfo e di salgemma, di stalattiti. C’erano le due fontane: una rettangolare, ad abbeverarvi  i cavalli; l’altra rotonda, grande, in mezzo una colonna con sopra un vaso traboccante di capelvenere - e il fresco suono dell’acqua.» E la suggestione si accende di erotismo - insolito in Sciascia - ne “Gli amici della Noce” [pag. 7]: «E delle villeggiature di quella grande famiglia è rimosto favoloso ricordo: delle feste; delle colazioni sull’erba in cui tra i lini e gli argenti, nel profumo delle magnolie, e luminose e profumate come magnolie, donne di mai più vista bellezza splendevano; delle carrozze dorate e stemmate; dei cavalli, dei cavalieri, dei lacché, degli stallieri, dei cuochi.» E l’Autore squarcia il suo usuale velo pudico [pag. 11]: «Dal punto in cui ho l’abitudine di sedere ogni sera, - confida - alla stessa ora, vedo un paesaggio in tutto simile a quello che fa da sfondo all’Amor sacro e all’Amor profano del Tiziano: e la sera trascorre in esso come una delle tizianesche donne serene e opulente. Poi di colpo, come un ventaglio, quella visione si chiude: ed è la notte col suo pergolato di stelle e con la luna così vicina che sembra la si possa colpire e far vibrare come un gong.»


 


Ma una cronaca meno ammaliante, anzi prosaicamente meschina, la possediamo e riguarda proprio quella grande famiglia. Citiamola, senza orpelli: «!3 dicembre 1873. Sin dal giorno 23 novembre ultimo scorso, la contrada della Noce veniva turbata dalla presenza di più malfattori. Il fatto che quattro persone armate, eransi rivolte giorni prima per la casina dei ricchi borgesi fratelli Brucculeri, che scamparono dalla rete dandosi alla fuga, e ricoverandosi nella casina del nominato Rosina Francesco, erasi pubblicato nel nostro comune, ed ogni cittadino si asteneva di portarsi in quelle campagne.


« ... il giorno 4 Dicembre, sei persone armate si presentarono nel fondo di proprietà dei sopradetti Sig.ri Matrona, e stabilendosi alla distanza di 100 metri dalla casina inviarono il giovane Luigi Mansella, uno dei famoli della casina Matrona a domandare il pane. Il sig. Matrona Gaspare, ben comprende la sfida, conoscendo essere quella la formola dei briganti che si presentano pel bottino. Comprese il pericolo nel quale si trovava l’intiera famiglia, mentre d’unità allo stesso e sua moglie, trovavasi anco il fratello Michele con una figlia a 13 anni, ed una bimba di anni 3, e l’altro fratello scapolo Napoleone [...] Chiamati a sé i due fratelli, il nominato Vinci Calogero suo affezionato sovraintendente, il castaldo Gagliardi Nicolò, Denaro Giuseppe, e lo stesso Mansella Luigi, ed uniti partono dalla casina, lasciando a guardia delle tremanti donne i tre contadini Mansella Giovanni, Letterio Gagliardi e Casa Tommaso. [Viene descritta qui prolissamente la caccia ai briganti, n.d.r.] [E sia come sia, accorre in aiuto] il comandante dei militi a cavallo sig. Leone Giuseppe. [In tal modo riescono ad arrestare 4 banditi: due però riescono a scappare, ma non vanno lontano visto visto che il fratello Napoleone con Tommasa Casa] valse a disarmarli ed arrestarli.


«E la giunta, compresa della valorosa  azione, sul riguardo:


«1° che il sig. Matrona Gaspare di anni 34, ammogliato senza prole, colla qualità di Sindaco, e in ottimo e sicuro stato di fortuna;


«2° che il sig. Michele Matrona di anni 36, ammogliato e padre di sette figli nello stato di fortuna come sopra;


«3° che il sig. Napoleone Matrona, scapolo di 31 anni ...


«tutti figli di Pietro di Racalmuto, arrischiarono evidentemente la propria vita, per arrestare n.° 6 malfattori, che infestarono la contrada Noce [...] determina di venire accordata, a ciascuno degli stessi, una medaglia d’oro del valore di L. 100; sopra un lato sarà effigiato lo stemma di Racalmuto con intorno il motto AL VALORE CIVILE, e nell’altro lato scolpito il nome del benemerito, col motto ARRESTO BANDA ARMATA 4 dicembre 1873. CONTRADA NOCE.


« ... Questa Amministrazione accorda le seguenti ricompense pecuniarie:


«1° L. 70 a Danaro Giuseppe da Bagaria, contadino:


«2° L. 70 a Casa Tommaso da Bagaria, contadino;


«3° L. 70 a Mansella Luigi da Racalmuto, contadino;


«4° L. 40 a Letterio Gagliardi da Bagaria, contadino;


«5° L. 40 a Mansella Giovanni da Racalmuto.»


Quella storiella che puzza di ipocrisia e di peculato per retribuzioni improprie dei propri scherani a spese del Comune - altro che un don Gasparino che ci rimetteva di tasca sua! - ha convinto solo il colonnello di Sciascia, che ancora un paio d’anni dopo la ammanniva ai commissari dell’inchiesta parlamentare. Già il prefetto si era proprio indispettito per tutte quelle manfrine dei Matrona che cercavano di fare apparire atti eroici mere espressioni della loro prepotenza, del loro contorno di bagarioti, di quel sovrastante a nome Vinci che abbiamo visto ben tratteggiato nella lettera anonima  che racconta della strusciata di piedi avverso il nuovo casino del barone Tulumello. Va notato che il prefetto stizzosamente boccia quella impudente delibera della giunta comunale di Racalmuto con queste eloquenti parole: «le insegne e medaglie dei quali possono fregiarsi i cittadini sono quelle concesse dal governo.» (nota del 25 marzo 1875). Più che un sindaco repressore della mafia, don Gasparino  emerge dai vecchi documenti come un uomo al top della cupola cui non si può impunemente far torto alcuno. Un incidente come quello del 1873 - in effetti dei poveracci affamati e latitanti pietivano un po’ di pane e non c’era nessun messaggio occulto - si ripeté qualche tempo dopo. Riferisce il procuratore del re [28] alla Commissione d’inchiesta del 1875: «Quando poi ci inoltriamo verso Palma, naro, Favara, Castrofilippo, Racalmuto questi reati pigliano proporzioni più serie. Vi è la banda Sajeva, capitanata dal Sajeva, che va commettendo grassazioni in un punto e in un altro. [....] Molte volte sono gli stessi contadini che noi vediamo lavorando che hanno commesso delle grassazioni, come accadde a pochi passi dal Comune di Grotte, dove si presentarono alla vettura pubblica dove vi erano sei o sette signori fra cui il sindaco di Racalmuto, hanno intimato al cocchiere di scendere, hanno fatto uscire tutti dalla vettura, li hanno fatto mettere bocconi per terra, e li hanno depredati di 700 o 800 lire, e poi tranquillamente hanno imposto di andare avanti. Fuvvi chi disse che erano quei lavoranti delle campagne, accorse la forza pubblica ... si sono già fatti sette arresti.» Noi siamo certi che quell’affronto do Gasparino  non lo subì passivamente: poi gli amici degli amici di Grotte furono sicuramente solerti nel recuperare il maltolto e nel punire gli insolenti.


Eugenio Napoleone Messana ha pagine piene di spunti storici pregevoli su questo periodo: egli tratteggia la figura di Gaspare Matrona (pag. 265-273) con qualche faziosità plaudente - forse per compiacere Sciascia, che però gli fu ingrato - ma tutto sommato con sufficiente attendibilità e con dovizia di documenti inediti.


Un quadro disarmante viene però dal testo delle deposizioni che don Gasparino Matrona ed altri furono costretti a fare al distaccamento della giunta d’inchiesta. Le lettere anonime sortino il loro buon effetto e così il 21 dicembre del 1875 un senatore, un consigliere di stato, un deputato e tanto di segretario ufficiale si insediano nel comune per indagare sui massimi esponenti della politica locale e della pubblica amministrazione sedente in Racalmuto.  Trascriviamo dal fascicolo 11, sott. 8  [29]gli «Appunti degli interrogatori tenuti dalla sottocommissione nella città di Racalmuto nel giorno 21 Dicembre 1875 - Sezione della Giunta Comm. Verga Sen. ff. da presidente, Alasia, Consigliere di Stato, Cav. Luigi Gravina Deputato - Testimoni uditi:


1) Gaspare Matrona - Sindaco


2) Enrico Micali-Freri Pretore


3) Delegato di Pubblica Sicurezza


4) Bonfanti Antonio Maresciallo Carab.


5) Dr. Diego Scibetti Troise


6) Carlo Lupi


7) Giuseppe Grillo.»


Il fascicolo n.° 66 contiene la seguente trascrizione stenografica:


«Racalmuto 21 Dicembre 1875.


Comm. Verga


Comm. Alasia


Deputato Gravina


                 ------


Gaspare Matrona - Sindaco di Racalmuto.


= S.P.?


“Ottime le condizioni di S.P. qui si è dato sempre il buon esempio a reprimere i birbanti. Le autorità hanno coadiuvato.


= Ammonizioni?


“Molti e bene ammonimenti. Si è visto tornare dal domicilio coatto Caloggero [sic] Morello di Canicattì. E’ ritornato prima che finisse la pena. La voce pubblica dice che la prefettura l’ha fatto tornare prima per servirsene.


= Sono sorvegliati gli ammoniti?


“Non abbiamo che i Carabinieri ed a questi è affidato il servizio.


= Le autorità disimpegnano il loro ufficio?


“Sì, succede qualche cosa ma non è scossa la S.P.


= Ma la S.P. anche in campagna?


“ Parlare di Racalmuto nelle campagne non ci può essere sicurezza. C’è ancora il Sajeva di Favara, un altro di Girgenti e qualche altro. Per Racalmuto non c’è che la classe dei solfatari che è a tenersi in guardia. Però la cittadinanza ha sempre dato braccio forte alle Autorità.


= Attriti ce ne sono?


“ Da qualche tempo in qua c’èstato qualcosa, per quistione municipale. La reale causa è la presenza di un Gesuita Padre Nalbone il quale ha suscitato degli attriti; si è messo a capo di un partito elettorale.


= Ci è partito clericale?


“E sì, ci è.


= Le Autorità si sono immischiate?


“ No ... Io come sindaco non mi sono immischiato, ma quando si è trattato di questione elettorale ho dovuto prendere parte ... Qui i carabinieri hanno poco da fare, qui li chiamano Canonici.


= L’amministrazione comunale?


“E’ in buone condizioni, debiti non ne abbiamo. Non abbiamo altra imposta che il dazio di consumo.


= Scuole?


Le scuole elementari, e le scuole facoltative le abbiamo avute nel passato e le scuole serali.


= Asili?


“ Niente.


= La sovrimposta?


“ La sovrimposta l’abbiamo per la costruzione delle vie.


= Opere Pie?


“ L?antico monte frumentario, oggi tradotto in Monte di pegnorazione. Vi sono poi le congreghe che sono ricche, ho fatto di tutto per farle tradurre in opere di beneficenza, ma non ci sono riuscito.


= Amm.ne Giustizia?


“ Non ho che osservare. E’ in regola mentreché è importantissima questa Pretura.


= E l’affare fanciulli nelle zolfare?


“E’ questione grave, ci è l’umanità da una parte e l’interesse economico dall’altro.


= Produce danni fisici e morali?


“ Non quanto si crede. Per le zolfare credo che ci vorrebbe una specie di consorzio. Qui la proprietà è divisa. Tutti siamo nella commodità generale. Per togliere l’acqua occorrerebbe potersi avvalere della costruzione di acquedotto dei terreni sottostanti; una specie di servitù di acquedotto o meglio consorzio.


= Ferrovie?


“ Insiste per la linea Caldaje dicendo essere utile all’industria per lo zolfo e le saline. Dice che la strada di Racalmuto è stata dichiarata comunale. Si sono fatte due strade intercomunali.


= Pel servizio delle imposte?


Ci sono sempre reclami, ci è deèerimento sempre e variazioni continuee nelle miniere.


= Ricchezza Mobile, ci è vessazione?


“ Si lamenta la lungheria nella via dei reclami, a me non consta che ci siano lagnanze per arbitrio dell’Agente. Io credo che il lamento non è di pagare la tassa, è di avere i vantaggi che ha il resto d’Italia, manchiamo di strade.


= Macinato?


“ Procede bene. Racalmuto è molto ossequiente alla legge. Raccomanda la ferrovia e l’affare della strada provinciale.


 


Pretore Enrico Micali-Freni


= S.P.?


“ S.P. non lascia nulla a desiderare. I cittadini si prestano grandemente in favore della S.P. per la scoverta dei reati. Giorni addietro per uno scrocco mercè il Sindaco si seppe tutto e si procedette all’arresto.


= Ammonizioni?


“ Ce ne sono molte. Quelli per i quali finisce il biennio saranno rammoniti. In quanto a sorveglianza è difficile perché il numero è esuberante.


= Quell’individuo Caloggero Morelli ritornato dal domicilio coatto prima del tempo?


“ Non lo so. In quanto ad ammonizioni io credo che bisognerebbe amminire meno.


= Partiti?


“ Ci è un partito che cerca spiantare l’attuale Amministrazione. Io credo che il partito attuale stia bene al potere.


= Chi è capo del partito contrario?


“ Il fratello dell’attuale Sindaco il quale per non comparire mette avanti il barone Tulumello.


= Altri servizi? Imposte?


“ Procedono regolarmente; le Autorità non sono ostacolate.


= Ma le campagne sono sicure?


“ Ci sono piccole grassazioni. Io feci fare degli arresti dei sospetti ed ora stiamo bene. Sono giovanotti che lavorano molto, guadagnano, giocano e bevono. I carabinieri sono ottimi.


Delegato di S.P.


[E’ in missione di delegato da due mesi. La S.P. è migliorata. Parla delle piccole grassazioni e degli arresti fatti e dell’arresto fatto per lettera di scrocco di un tale di Bagheria. La classe intelligente aiuta le autorità. E’ tornato qualcuno dal domicilio coatto.]


= Se con condotta regolare dal loro ritorno? E Calloggero Morelli?


“ L’adopero qualche volta come confidente, perché mi fu raccomandato dal mio predeccesore. Sino ad ora un bel servizio non l’ha ancora reso.


= Partiti?


“ Matrona attuale sindaco e l’altro Tulumello.


= E lei cosa crede?


“ Credo che se trionfa l’altro il bene del paese non ci guadagnerebbe certo.


= Amministrazione della giustizia?


“ Nessun reclamo.


Bonfanti Antonio - Maresciallo dei Carabinieri


 = S.P.?


“ Non è cattiva. Vi è stata qualche cosa perché ora giocano molto. Io credo che tra gli arrestati vi siano i rei delle grassazioni. Io questi li ho visti sempre giocare, con delle donne, anche nelle bettole.


= Ma non ci sono ammoniti?


“ Come si può? Gli ammoniti sono 61 e noi siamo pochi. Qui l’opera della forza pubblica è facile, ci è un sindaco ottimo ed ha un partito di ottima gente.


Dott. Diego Scibetti-Troise - Consigliere Comunale


“ Raccomando le ferrovie delle Caldaje per Canicattì. Vorrebbero che più sorvegliata la classe dei forestieri che vengono a lavorare in Racalmuto. Aumentare la forza per sorvegliarli e mettere le librette.


= Crede nocivo ai fanciulli il lavoro delle miniere?


“ Non soffrono molto. Si sa che il peso che portano sempre loro nuoce. Il paese reclama che non si pensi all’Amministrazione comunale, all’Istruzione Pubblica, non vi sono che scuole elementari, il Comune ha invece voluto spendere a cose di lusso e fare il palazzo.


= Ma le poteva fare, non vi sono debiti?


“ Debiti non appariscono ma ci sono. Di 100.000 lire che furono stanziate per spese se ne sono spese 87.000 per la sola casa comunale, circa 40.000 per la casa dei carabinieri; quindi i debiti ci sono. [Dice che sarebbe inutile la via di Favara].


= Ma le elezioni si fanno regolarmente, le liste sono ben fatte? Che cosa può fare in questo la Commissione d’inchiesta? Si sa che il sindaco deve avere la maggioranza; prendete voi il di sopra!


In fatti di S.P. si aiuta l’Autorità?


“ Siamo tutti uniti nell’ajutare l’Autorità, in quel caso termina ogni idea di partito. Ma nel Consiglio ci vorrebbe altri.


= Che?


“ Io ritengo di sì. La pretura, il delegato, i carabinieri fanno il loro dovere.


= Imposte?


“ Niente ... Abbiamo ottimo esattore.


= Macinato?


“ Niente.


Carlo Lupi


= L’Amministrazione comunale?


“ Va benissimo l’amministrazione comunale perché il sindaco è ottimo.


= S.P.?


“ Nell’interno è ottima ma nelle campagne ci è qualcosa.


= Le ammonizioni procedono bene?


“ Sì.


= I carabinieri?


“ Ottimi.


= Elezioni, imposte?


“ Niente


= A’ altro da dire?


“ [Parla del Matrona fratello del sindaco che è un clericale, nemico di ogni progresso.


= Ma per la casa ci è debito?


“ No.


= E’ forte il partito Matrona?


“ Non tanto ... Il Matrona ed il gesuita che venne qui, hanno cercato minare il paese. Il Matrona accusa il Municipio di aver fatta la strada comunale per andare commodamente al suo podere.


= Ma si lagna il partito contrario per la mancanza di scuola tecnica?


“ La scuola tecnica non avrebbe che un solo allievo. L’avevamo e la togliemmo per mancanza di allievi.


= La scuola elementare quanti allivi ha?


“ Oggi sono dodici.


 


Giuseppe Grillo Cavallaro


 S.P.?


“ Qualche cosa succede raramente.


= Imposte?


“ Niente a deplorare.


= Partiti?


“ Sì per ambizione.»


Da annotare. Colpisce il fatto che proprio il fratello del sindaco stia dalla parte avversa, con il gesuita Nalbone. Don Giuseppe Matrona - su cui abbiamo dato prima ragguagli - quella faccendo di essere finito in galera per la iattanza del prefetto Falconcini non ebbe mai a digerirla. Rimase ostile ai savoiardi ed a quali li rappresentassero, fosse anche il giovane e rampante fratello don Gasparino, che evidentemente per bramosia di potere fu disposto a tenere in poco conto i torti subiti dalla sua prestigiosa famiglia ed a dimenticare quegli abbracci umilianti in presenza del sindaco Mirabile di Agrigento. Più indaghi e più la figura di don Gasparino si deteriora, a scorno dell’esaltazione sciasciana.


Nelle poche battute riportate nel resoconto stenografico della Commissione d’inchiesta, don Gasparino appare arrogante, incolto, ma particolarmente cinico quando accenna alla sorte dei “carusi” delle miniere di zolfo. Anche in questa occasione don Gasparino emerge come uomo che domina la mafia: una lettera di scrocco? Arriva lui e tutto va a posto.


Vi è un codazzo di corifei attorno a don Gasparino: pretore, maresciallo dei carabinieri, il lacchè Carlo Lupi, l’evanescente Giuseppe Grillo Cavallaro, non hanno pudori, non hanno ritegno quando si tratta di esaltare il loro protettore, il sindaco don Gasparino. Nelle brume della memoria, dopo, quegli opportunismi divennero esaltante mito che perdura sino ai nostri giorni, con il suggello di tanto nome: Leonardo Sciascia. Una sola voce discorde: quella del dott. Diego Scibetti-Troise; ma ci pensano addirittura i commissari a redarguirlo. E via l’obiettività di quell’organo inquirente. L’Italietta sabauda scendeva a valle per difendere, massonicamente, l’irrequieto giovanotto racalmutese di buona famiglia, don Gasparino Matrona.


Frattanto a Racalmuto abbiamo ben 61 ammoniti, un solo allievo alle scuole tecniche - che il provvido don Gasparino si affretta a chiudere per risparmiare e costruire la faraonica casa comunale - e solo 12 alunni alla scuole elementari, una popolazione scolastica inconsistente  in un comune che quasi fiorava i venti mila abitanti. E la tragica situazione del lavoro minorile nelle miniere, che metteva in apprensione i galantuomini racalmutesi solo per il fatto che qualche riflesso si aveva sulla pubblica sicurezza; per il resto c’era solo da storcere il muso per i troppi soldi guadagnati da quei traviati minori, e per il loro vezzo di spenderli  al gioco e con le donne. La cifra morale degli ottimati racalmutesi non è elevata. E don Gasparino non fa eccezione, anzi!


Di fronte a Sciascia scrittore, noi restiamo ammaliati; la sua prosa è musica, la sua visionarietà è sublime, il suo moralismo sconcertante, la sua ironia corrosiva, il suo periodare pieno d’inventiva inusitata ed avvolgente. Non era tenuto alla verità storica ed infatti non l’amò. A noi  - che molto più sommessamente - andiamo in cerca del vero storico del locale arrovellarsi umano, resta l’intralcio di un grande scrittore che ha voglia di stravolgere il banale avvenimento, il prosaico ruolo degli ottimati racalmutesi, l’affaccendarsi ingenuo, ma non perverso, di preti e frati del minuscolo proscenio nostrano. Nella prefazione al libro del Tinebra, Sciascia si lascia andare a tutta una serie di giudizi storici su figure ed avvenimenti della Racalmuto dell’Ottocento: ebbene quelle valutazioni ci paiono decisamente cervellotiche. Dice Sciascia: «La richiesta e la ricerca del libro [del Tinebra] divenne tanto intensa quanto vana. E non la spense la pubblicazione  .. della storia del paese di E.N. Messana, voluminosa, fitta di notizie.» [pag. 8]; ma dopo, alla fine [pag. 15], «limitato è il numero delle notizie che su Racalmuto si possono estrarre da libri e da manoscritti, moltissime e di sottili e lunghi tentacoli sono quelle che si possono estrarre dalla memoria. Dalla galassia della memoria.» Ci pare uno Sciascia o in vena di contraddizioni o di sardoniche, eppure sotterranee, stroncature degli insaccati cronachistici del Messana. In ogni caso della “galassia della memoria” sciasciana, da punto di vista storico, c’è molto da diffidare. I Matrona non possono davvero essere definiti: «una famiglia che per amministrare il comune disamministrava il proprio patrimonio o, più esattamente, andava travasando nel patrimonio pubblico.» Abbiamo visto invece come quei matrona tendessero a farsi assegnare medaglie d’oro ultracostose e come tendessero a dar dare soldi pubblici ai propri famigli bagarioti, e come facessero finanziare strade comode che comodamente collegassero il paese ai loro poderi, alla Noce, a pro’ di loro e dei soliti “amici della Noce”, allora come adesso. Certo, se non si trattasse di Sciascia, sarebbe da sghignazzo un’elucubrazione così ingenua come la seguente: «Naturalmente, - vedi pag. 12 - i Matrona dei nemici: ma si scoprirono più tardi, aggregandosi alla famiglia Tulumello. Intanto, nel 1875-76, si limitavano a denuncie [sic] anonime: e la commissione d’inchiesta (si chiamava propriamente giunta), ne riceve tre: contro l’amministrazione comunale, contro il sindaco Gaspare Matrona. Ma si infrangevano contro l’evidenza di quel comune  amministrato con tanta dedizione, coraggio e generosità che il colonnello propone a modello non solo della Sicilia ma dell’Italia intera. E si capisce che nel giro di mezzo secolo i Matrona furono poveri, sicché fu facile ai loro avversari batterli: col conseguente effetto di un ritorno al malandrinaggio, della mafia, delle usurpazioni e prevaricazioni. [Corsivo ns.]» Spropositi del genere vanno solo negletti. A dire il vero i Tulumello non abbatterono don Gasparino Matrona. Questi cedé la sindacatura al suo correligionario don Gioacchino Savatteri, nel 1875 per le vicende che abbiamo adombrato. Don Gioacchino Savatteri dovette abbandonare la sindacatura per un sospetto peculato di L. 7.535. Le carte dell’archivio di stato di Agrigento del 1890 insolentiscono quella nefanda gestione: «Nel comune di Racalmuto - sbraitano - l’inchiesta a carico della precedente amministrazione non è ancora compiuta e già abbe a risultare un’appropriazione indebita di L. 7.535 a carico dell’ex sindaco Savatteri che fu denunziato all’autorità giudiziaria.» Sciascia aveva ataviche subalternità verso i Matrona. Confessa [pag. 13] «tutto sommato, devo ai Matrona questo mio rifugio in campagna: perché mio nonno loro fedelissimo elettore, volle anche lui, da capomastro di zolfara, avere un pezzetto di terra nella stessa contrada, edificandovi una casetta: ora è un secolo).» Noi non abbiamo di siffatte gratitudini: anzi ribolle la rivolta ancestrale dei miei poveri antenati zolfatai, sfruttati da tali arroganti “civili”, galantuomini, ottimati, signorotti o come diavolo si chiamano; sfruttati anche per «non sapere scrivere né sottoscrivere per non averlo mai appreso.»[30] E gli zolfatai non sapevano leggere e scrivere perché facevano comodo da “carusi” andare nelle miniere dei Matrona (e di altri ottimati), come arrogantemente don Gasparino dichiara ai membri della Giunta. E si è visto come don Gasparino risparmiasse sull’istruzione dei figli del popolo, avendo più a cuore gli spettacoli lirici, propoziatrici di tresce con attrici, cantanti e ballerine. Eh! Sciascia, Sciascia! Lascia perdere i Matrona tutti presi a far [pag. 11] «scuole, uffici comunali, strade selciate, fognature, macello, fontanelle rionali, teatro.» Ed in men di cinque anni (la sindatura di don Gasparino dura secondo il Messana , appendice 29a, dal 1872 al 1876): non ci crede neppure il prof. Salvatore restivo che pu sappiamo quanto sia devoto alla memoria di Sciascia. Giustamente annota, ad esempio, che il teatro di Racalmuto fu inaugurato il 9.11.1880, come dire quattro anni dopo la defenestrazione dei matrona per un duello mancato. L’avversato Messana comprova che nel 1874, in pieno regime di don Gasparino, 32 erano i racalmutesi “aderenti alla mafia” secondo la segnalazione del delagato di P.S. Annibale Macaluso (cfr. appendice XVII, pag. 493). Il sottotenente comandante la sezione dei carabinieri di Racalmuto, G. Bianchi, ha un concetto tutto personale, ottocentesco, della legge se scrive: «l’attuale sindaco di quel paese sig. Matrona Cav. Gaspare è l’unico cittadino capace di mantenere obbedienti alle Leggi dello Stato una massa di uomini oltremodo ignorante e proclivi a qualunque reato». [31] Oggi - molto più civilmente - quel sindaco finirebbe nelle grinfie dell’Antimafia, proprio quella che Sciascia non amò tanto.


 


 


Archivio  Centrale di Stato  - Roma - "Commissione Parlamentare d'inchiesta - 1875-76"


 


«Vi è una lettera di Nalbone Francesco di Racalmuto - rimessa al Prefetto di Girgenti e quindi non figutante agli atti - contro il Sindaco di Racalmuto - cfr. Fascicolo 5 - sf. 3 lettera N - n. 1»


 


«Fascicolo 11 sott. 8 -


[V. acclusa fotocopia]


[Cfr. Fascicolo 66 per la trascrizione del resoconto stenografico]


 


 


 


 


[Archivio Centrale dello Stato - Giunta per l'inchiesta sulle condizioni sociali ed economiche della Sicilia 1875, SCATOLA 7 FASCICOLO 5 - sf. 2 LETTERA  "A" n. 15]


 


da Racalmuto, 20 dicembre 1875 (anonimo)


«Illustrissimi Signori Onorevoli


Componenti la Commissione


d'inchiesta parlamentare


Canicattì


 


«Illustrissimi Signori,


«Racalmuto, che in questi ultimi tempi dà lo spettacolo di un anormale stato, stava ansante appettando una visita delle Signorie loro ill.mi per dare una forma  di esistenza che fosse conforme a giustizia, alla riparazione ed alla concordia secondo le promesse potenti inaugurate dal nostro Augusto Sovrano .


«E però l'allarme si rincrudelisce nel venire a conoscenza che le loro Signorie hanno preso altra rotta, lasciando Racalmuto. S'addolora dippiù sentendo che ga chiamato una Commissione scelta dal seno d'un partito che vuole a forza imporsi con violenze, con prepotenze e con illegalità e ch'è in urto alle ispirazioni pubbliche. L'ultima cronaca del paese è bastante delineata dalla stampa, che per ultimo risultato pose al silenzio i nemici pubblici.


«Dei reclami si sono presentati alle Autorità superiori della Provincia, senza risultati. Signori Onorevoli! Racalmuto per più versi non è paese che merita essere abbandonato! ...E' perciò pubblica anzia [sic] di far sentire i proprii lamenti alla Commissione d'inchiesta Dalle Signorie loro bene rappresentata; e si è sicuri che si convincerebbero che sotto la vernice di un lusinghiero quadro, esistono piaghe cancerrose per Racalmuto che solo la loro sennata Autorità potrebbe sanare.


«Si chiede quindi che fossero chiamati cittadini di qualunque gradazione; meno  fratelli Matrona, Cammillo Picataggi, Alfonso Farrauto, Giuseppe Grillo Cavallaro, Carlo Lupi, fratelli Salvatore e Michiele Mantia, Arciprete, Michiele Alaimo, Gioachino Savatteri, ed impiegati tutti comunali, i quali hanno saputo collidersi e colludersi in più o in meno; e formano i gaudenti dell'azienda Comunale.


«Con ogni sicurezza allora le SS.LL.II. si potrebbero fare giusta es adequata [sic] immagine delle condizioni attuali lacrimevoli del paese, per promuoversi gli opportuni e giusti provvedimenti.


«Si spera giustizia.


«Racalmuto 20 Dicembre 1875»


 


Nella "Rubricella" contenuta nella Scatola 7[Renato GRISPO- L'Archivio della Giunta per l'inchiesta sulle condizioni sociali ed economiche della Sicilia - Inventario - Cappelli Editore 1969 porta [5] - L'archivio usa questo testo per inventario, ma la numerazione non corrisponde alle scatole] e che riguarda le "petizioni", alla lettera  N risulta la seguente annotazione che ci porta se non all'autore, almeno all'ispiratore delle precedenti lettere non firmate:


«                                                                N.ro ordine


«Nalbone Francesco                       1             "al prefetto di Girgenti"


 


e nell' «Elenco dei Reclami e petizioni» [Stessa scatola 7, stesso fascicolo 5, ma sottofascicolo 3, elenco ben diverso dalla Rubrucella p.c.] vine meglio precisato come così di seguito:


1 Nalbone Francesco di Racalmuto      «Reclamo contro il Sindaco di Racalmuto»


 


 


* * * * * * 


Archivio di Stato di Agrigento


Da Inventario n. 32


 


Conto di Racalmuto del 1878 presentato da Nalbone Luigi.


 


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 Fascicolo n. 403 (Inventario n. 32)


 - Conti Racalmuto 1869-1887


«Conto entrata ed uscita per l'esercizio 1886.


reso dal Tesoriere Comunale Nalbone Giuseppe.»


 


- Anno 1885


 


reso dal Tesoriere Comunale Nalbone Giuseppe.


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


[Archivio Centrale dello Stato - Roma - Ministero Interno - Pubblica Sicurezza (P.S.) - Busta 80 sf. C 1]


Archivio Centrale dello Stato - Roma - Ministero Interno - Pubblica Sicurezza (P.S.)  1925 - Busta 80 sf. C 1]


Espresso del 30 luglio 1925.


«il 15 andante circa 120 operai della miniera di zolfo Terrana di racalmuto e Grotte si astennero dal lavoro pretendendo l'aumento del salario in seguito dell'avvenuto aumento del prezzo dello zolfo. Alle ore 9,30 dello stesso giorno operai predetti recaronsi quello scalo ferroviario assistere passaggio On. Farinacci, che fermatosi pochi minuti promise suo intervento favore operai stessi. Però giorno 20 successivo tutti zolfatai bacino minerario Racalmuto e Grotte, segno solidarietà e per analogo scopo si astennero pure lavoro. Di seguito laboriose trattative .... fu raggiunto accordo sulla base  ... dell'aumento del 10 % sui salari attuali a decorrere dal 1° Agosto p.v. ..»


Testo accordo:


«L'anno 1925 addì 28 luglio nell'Ufficio di P.S. di racalmuto alle ore 12.


 «Sono presenti i sigg: Comm. Angelo Nalbone esercente miniera Cozzotondo, Cav. Rosario Falzone esercente miniera Giona G. e P. Galleria, Mattina Salvatore di Gaetano in rappresentanza degli esercenti della miniera Giona-Salinella N.°3-6; il cav. Baldassare Terrana esercente della miniera Dammuso, il Cav. Vassallo Ernesto esercente miniera Quattrofinaiti  Vassallo, il sig. Ricottone Giuseppe fu Giuseppe in rappresentanza  per la  sua parte della miniera Gubellina  ... e dall'altra parte il sig. Lo Sardo Giuseppe fu Nicolònella qualità di presidente del locale Sindacato Fascista Zolfatai, Piazza Salvatore di Salvatore nella qualità di Vice Presidente, il sig. La Mastra Giuseppe di Nicolò nella qualità di Segretario, i sigg. Guastella Vincenzo fu Antonino, Taibi Salvatore fu Giovanni, Mattina Giuseppe di Nicolò, Bartolotta Michelangelo fu Raffaele, Arturo Gioacchino fu Gioacchino nella qualità di consiglieri di detto Sindacato, i quali per non prolungare uno stato di cose nocivo ai reciproci interessi e anche alla Economia Nazionale sono di pieno accordo addivenenti mercè l'opera del locale funzionario di P.S. con l'ausilio dell'Avv. Burruano Salvatore membro del Direttorio Provinciale fascista alle seguenti convenzioni da avere vigore in tutte le forme di legge a datare dal 1° Agosto 1925.


«Gli esercenti tenuto conto presente l'ultimo listino del Consorzio zolfifero siciliano n. 118 ove è segnato un aumento del prezzo di vendita in ragione di L. 5 a quintale, concedono alle maestranze, che accettano, un aumento del 10% sul prezzo base pagato sin oggi.


«Tale aumento unito ai precedenti aumenti dell'8 e del 6 per centosommano un totale del 24% sul prezzo base.


«[.......]


«I rappresentanti delle maestranze si impegnano a fare riprendere il lavoro a cominciare da domani 29 andante.»


 


 


Archivio Centrale dello Stato - Roma - Ministero Interno - Pubblica Sicurezza (P.S.)  1932 - Busta 41 sf. C 1]


 


 


30.6.1932


«29 corrente Racalmuto - Nalbone Luigi proprietario esercente miniera Cozzotondo - per nota crisi industria zolfifera - ha sospeso estrazione minerale lasciando disoccupati 74 operai Racalmuto - Comandante Tenenza Ten. Lo Monaco.»


 


 


* * * * * * *


 


Da una lista a stampa dell'Archivio di Stato di Agrigento


«Lista della sezione elettorale di Racalmuto.


«N.ro d'ordine  - Elettori Cognomi e nomi - PATERNITA' - data nascita - titolo o qualità che gli


lista   lista                                                                                                                        conferisce il diritto  


com  politica                                                                                                                  elettorale commer-


mer   comuna                                                                                                                le


ciia    le


le    


--------------


181     316       - Nalbone Giuseppe      di Luigi     - 28 marzo 1857 - negoziante di zolfo.


182     317       - Nalbone Angelo          di Luigi      - 2 giugno 1863




[1] ) Enrico Falconcini, Cinque mesi di prefettura in Sicilia, Firenze 1863, pag. 49.
[2] ) Massimo Gangi, La Sicilia contemporanea - pag. 117.
[3] ) Domenico De Gregorio - Ottocento Ecclesiastico Agrigentino - vol. II, La sede vacante - Agrigento 1968, pag.32 e 33.
[4] ) Giovanni Spadolini tesse uno sperticato elogio di questo napoletano, esponente della Destra, nel libro su Gli Uomini che fecero l’Italia - L’Ottocento -  Longanesi  1972 . pag. 174 e ss.
[5] ) Leonardo Sciascia - Le parrocchie di Regalpetra - Bari 1982, pag. 24
[6]) Mons. Domenico De Gregorio, Ottocento ..., op. cit. pag. 52.
[7] ) Invero un don Luigi Tulumello di un otaio defunto, don Gaspare, era pu vivente a Racalmuto; ma non crediamo che avesse cultura ed interesse alle questioni di diritto canonico, a meno che non scrivesse d’ordine e per conto di chissà chi. In matrice abbiamo rivenuto quest’atto di matrimonio:
 
1825
11/6/1825
TULUMELLO Dn LUIGI FU Nr D. IGNAZIO
MATTINA D. ROSALIA
TULUMELLO D. ROSA DEL BARONE D. LUIGI E
GRILLO D. MARIA
 
[8]) Luigi Pirandello - I vecchi e i giovani - Oscar Mondadori 1973 - pag. 142-143
[9]) Nino Savarese - La Sicilia nei suoi aspetti poco noti od ignoti - in Delle cose di Sicilia - vol. IV - Sellerio editore Palermo 1986, pag. 254 e segg.
[10]) Cfr. Atti della Giunta per l’Inchiesa Agraria sulle condizioni della classe agricola, vol. XIII, tomo I, fasc. III, Relazione generale, Roma 1885, pp.  661-662.
[11]) Cfr. L. Hamilton Caico, Vicende e costumi siciliani, Epos, Palermo 1983, pp. 118-121.
[12]) Archivio Centrale dello Stato - Ministero Interno - Pubblica Sicurezza - 1930, busta 310 fasc. C1 - Relazione del prefetto Miglio del 16 luglio 1931.
[13]) Cit. in  S. Bosco, Il proletariato a Favara. Lotte scioperi ed altre manifestazioni dal 1860 al 1960, Sicilia Punto L Edizioni, Ragusa. S.d., p. 75.
[14]) Archivio Centrale dello Stato - Giunta per l’inchiesta sulla Sicilia - Fascicolo 66.
[15]) Elaborazione dai dati riportati dallo studio di Mario Cassetti - Fascismo e crollo operaio. I villaggi minerari (1937-1942) in Economia e società nell’area dello zolfo - secoli XIX-XX  - Sciascia Caltanissetta editore 1989 - pag. 456.
[16]) Eugenio Napoleone Messana - Racalmuto nella storia della Sicilia - Canicattì 1969 - pag. 443.
[17] ) Camera dei Deputati - Discussioni - 6° Periodo, pag. 6341 e segg.; ibidem, tornata del 12 giugno 1863, pag. 237  e segg.
[18] ) Archivio di Stato di Agrigento - Inventario n.° 18 - fascicolo n.° 23 (1869-70)
[19] ) Archivio di Stato di Agrigento - Inventario n.° 18 - fascicolo n.° 23 (1869-70)
[20] ) Eugenio Napoleone Messana - Racalmuto nella storia della Sicilia - Canicattì 1969 - pag. 279.
[21] ) Archivio Stato Agrigento - Inventario 18 - Atti prefettura - voll. 43-43bis.
[22] ) Calogero Savatteri. Pensieri .. Favara 1879, pag. 63
[23] ) ARCHIVIO DI STATO DI AGRIGENTO  - Inventario n. 18 - fascicolo n. 42
[24] ) Angelo Sferrazza Papa, S.J. - Francesco di Paola Nalbone, S.J. - L’uomo - il sacerdote - il gesuita - Istituto “Ignatianum” - Messina 1995 - passim, ma in particolare pagg. 17-22.
[25] ) Archivio Centrale dello Stato - Giunta per l'inchiesta sulle condizioni sociali ed economiche della Sicilia 1875, Scatola 7 fascicolo 5 - sf. 2 [sottofascicolo 2] lettera A   n. 13 -  "inchiesta - Lettera Anonima [n. 13] 1875 [Fascicolo 5- sf. 2- 13]. In effetti la lettera non era anonima: a firmarla era stato tal Francesco Nalbone come emerge  dal Fascicolo 5 - sf. 3 lettera N - n. 1 ove si annota che  una lettera di Nalbone Francesco di Racalmuto era stata rimessa al Prefetto di Girgenti e quindi non figurava agli atti: la lettera era contro il Sindaco di Racalmuto .
 
[26] ) In matrice il Busuito è così segnato: « Collegiale, Missionario, predicatore, quaresimalista, consultore del S. Officio, Parroco di Comitini, Maestro di Spirito sotto Mons. Gioeni alla casa degli oblati e sotto Mons. Lucchesi successivamente - M. di Lettere, di teologia Morale, Prefetto di Studii, Direttore - Rettore del Seminario di Girgenti - Vicario Foraneo - Beneficiale del SS. Crocifisso - Economo - Obiit 29 Januari 1802 - d’anni 74.
[27] ) Salvatore Cucinotta - Sicilia e siciliani, dalle riforme borboniche al “rivolgimento” piemontese - Soppressioni - Ed. Siciliane Messina, 1996 - pag. 483 n.° 441. Invero, quell’esimio studioso mal trascrive vari dati: bisogna infatti leggere “L. Nabbone” per “L. Nalbone”, “c. Bruscamente” per “contrada Sacramento”. Il Nalbone ebbe ad offrire L. 655 maggiorando sensibilmente il prezzo base dell’asta fissato in L. 423, maggiorandolo del 54,85%: ovviamente vi teneva proprio: ma 655 lire di allora erano davvero una bella sommetta. Si trattava di quattro ettari di terre seminativi in una contrada che crediamo essere quella di Racalmuto: non ho conoscenze di contrade con tal nome in quel di Grotte, come i dati riportati dal Cucinotta potrebbero far credere. L’aggiudicazione di quei beni ecclesiastici - con comminazione di scomunica ipso facto - avvenne nel 1879. In quell’anno due gesuiti vantava proprio don Luigi Nalbone nella sua famiglia: p. Giuseppe che doveva essere a Noto essendovi stato chiamato nel 1878 da Mons. Giovanni Blandini come Rettore, Prefetto degli studi e Amministratore del Seminario (cfr. P. Sferrazza, op. cit. pag. 33); ed il futuro papa nero, anche se a quel tempo era solo sul punto di andare novizio dai gesuiti. Non certo dal figlio che era solo un adolescente, ma dall’intrigante fratello ebbe il benestare ad imbarcarsi in un’asta sacrilega?
[28] ) Archivio centrale di Stato - Roma - resoconto stenografico degli interrogatori in Girgenti nella tornata del 16-12-1875 pag. 123 e ss.
[29] ) Archivio centrale di Stato - Roma - Commissione Inchiesta Sicilia 1875-1876.
[30] ) da un atto del notaio Grillo Borgese del 1860, rog.to un Racalmuto 18 ottobre 1860 li. 1 col. 19 f  98 n.° 1794 c.a 5, ricevuti grana venti - D. 20. - Il ricevitore : P. Alfano.
[31]) Eugenio Napoleone Messana - Racalmuto nella storia della Sicilia - Canicattì 1969 - pag. 492.

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