giovedì 13 ottobre 2016

L’imprudenza di Colajanni che parla e non dice


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Il presidente di Libero futuro molla l'imprenditrice antiracket che non le sta simpatica. E forse non dice tutto quello che sa
Ci deve essere qualcosa che Addiopizzo, Libero Futuro, Enrico Colajanni e compagni sanno su Valeria Grasso e non dicono.
Dopo le accuse lanciate su diPalermo dall’imprenditrice antiracket – che ritiene di essere stata isolata per ragioni politiche – ci si sarebbe aspettata una reazione più composta e ragionata da parte delle associazioni chiamate in causa.  Invece, intervistato da LiveSicilia, il presidente di Libero Futuro, Enrico Colajanni, parte alla carica.
“Valeria Grasso fa un uso spregiudicato della sua immagine”, dice lasciando intendere chissà cosa. In realtà non risulta che l’imprenditrice abbia fatto nulla che una persona disperata, spaventata e spossata possa fare senza dover chiedere il permesso a Colajanni.
In cosa consiste la spregiudicatezza della Grasso? Non è dato sapere.
Ma Colajanni va oltre e chiude la sua dichiarazione con una frase che dovrebbe finire nei manuali (!!!) dell’antimafia alla voce “errori imperdonabili”: “Non credo ci sia nemmeno motivo di sollevare un polverone, perché sarebbe inutile e dannoso, soprattutto per l’immagine della signora”.
Traducendo: è meglio che la signora stia zitta perché altrimenti…
Ecco il punto. Colajanni probabilmente sa qualcosa che noi non sappiamo e anziché parlare apertamente, manda a dire.
No, una persona col suo carico di responsabilità non può comportarsi così. Le mezze parole, le allusioni a denti stretti fanno parte di un mondo che ontologicamente non può essere di Colajanni.
Noi tutti vogliamo sapere cosa effettivamente sa il presidente di Libero Futuro su Valeria Grasso. Perché se la signora è in realtà un’imbrogliona, una mitomane, una delinquente è giusto che si dica chiaramente.
Non si può invece accettare un comportamento che gronda presunzione, soprattutto quando ci si muove in ambiti così delicati.
Mollare al suo destino una donna minacciata dai boss (anche se c’è un abbozzo di tutela fisica) è fuori dalle leggi della buona creanza. La solitudine non è il prezzo che Valeria Grasso può pagare per un dissapore coi guru dell’antiracket. Non possono esistere la vittima simpatica e quella antipatica. Non possono esistere la vittima buona e quella discola.
Non siamo a scuola, caro Colajanni, e lei non è un maestrino che bacchetta o promuove, dispensa patenti o toglie credibilità. Lei ha il dovere di essere un simbolo di legalità, per l’onestà che le viene riconosciuta. Abbandonare, come ha fatto lei, una vittima del racket è un atto inaccettabile.

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