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Pd, ecco il patto a tre: dopo l’assemblea la scissione sarà realtà
Emiliano, Speranza e Rossi lanciano un nuovo movimento: «Renzi non ci ha ascoltati». E aprono a Pisapia e Vendola
Il presidente della Regione Toscana Ettore Rossi, il governatore della Regione Puglia Michele Emiliano e l’ex capogruppo del Pd alla Camera Roberto Speranza
Pubblicato il 16/02/2017
roma
La scissione di via Barberini è stata decisa al numero civico 36, nella sede romana della Regione Puglia. Al primo piano, dove c’è l’ufficio di Michele Emiliano. Non c’è ancora un nome, non c’è un logo: è ancora presto. C’è però un patto a tre tra Emiliano, Roberto Speranza ed Enrico Rossi per fondare un movimento dando vita ad una «costituente» a sinistra del Pd. Un movimento, non un partito, in cui non c’è né un leader né un candidato premier che il sistema proporzionale non richiede. È la «costituente di centrosinistra» di cui parla pure D’Alema. Aperta alla società, alle associazioni, a coloro che sono delusi da Renzi e che hanno votato 5 Stelle. «Una separazione consensuale dal Pd e non conflittuale». Dopo le elezioni non è escluso che si possano mettere insieme le forze parlamentari per formare un governo e fermare i populisti.
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È la logica del proporzionale che spinge a valorizzare l’identità rispetto alle coalizioni. E allora ognuno faccia la sua battaglia, presenti il suo programma. Il partito di Renzi potrebbe fare il pieno di voti moderati e svuotare Forza Italia; il movimento nascente raccoglierà tutti i voti a sinistra e un pezzo del bacino elettorale pentastellato, fino al centro. Un nuovo Ulivo, un nuovo centrosinistra in cui non ci saranno in prima fila Bersani e D’Alema. Loro due si impegneranno in campagna elettorale ma faranno un passo di lato rispetto all’impegno e al lavoro diretto e organizzativo. A guidare il movimento saranno il governatore pugliese, il presidente toscano e il giovane ex capogruppo del Pd.
Rossi, Emiliano e Speranza si sono stretti la mano nel salotto di via Barberini 36. Erano emozionati, si sono detti che non ci sono più le condizioni per stare nel Pd, che la scissione l’ha voluta Renzi. «Io faccio questa cosa con voi perché vi considero delle persone perbene», ha detto Emiliano. «Non sarei qui se io non pensassi la stessa cosa», ha risposto Rossi. «A me costa moltissimo lasciare il partito, è un dolore personale indicibile, dovete credermi», ha fatto presente Speranza. «Io non ci dormo la notte», ha aggiunto il presidente della Regione Puglia. «Ma siamo costretti a fare questo passo - ha sostenuto Speranza - e nessuno può venirci a dire che lo abbiamo fatto per la data del congresso o per qualche capolista in più. Ci mettiamo la faccia e navighiamo in mare aperto».
Così i tre si sono messi a scrivere un documento che verrà letto all’assemblea nazionale del Pd domenica prossima. Un documento nel quale si dice che la direzione del partito è stata animata da «un dibattito ricco e plurale». Purtroppo le conclusioni del segretario non l’hanno rappresentato. Il Pd si sarebbe trasformato nel Partito di Renzi, personale e leaderistico. È stato chiesto di sostenere il governo fino al 2018, un congresso senza forzature e una conferenza programmatica nel quale trovare l’unità. «Ma siamo stati inascoltati». Per questa ragione «sabato mattina saremo tutti assieme al Teatro Vittoria di Roma, con l’obiettivo di costruire un’azione politica comune».
La costituente è aperta anche a Sinistra italiana in cui confluirà Sel di Vendola che domenica a Rimini celebrerà il congresso di scioglimento (ci andrà Emiliano). È aperta soprattutto a Giuliano Pisapia che lunedì a Venezia sarà protagonista, insieme a Speranza, di un incontro. L’ex sindaco di Milano guarda con grande interesse all’iniziativa dei tre di via Barberini: potrebbe partecipare alla costituente e anche al movimento per ora senza leader. «Non c’è questa ansia di chi deve fare il leader. L’ansia del leader uccide la politica», precisa Emiliano che ieri ha fatto la sua apparizione a Montecitorio. Poi è tornato a via Barberini e ha rilasciato un’intervista al settimanale francese L’Express al quale ha detto che un movimento di sinistra può arrivare al 14-15%, che il Pd di Renzi non andrà oltre il 17-18%. Ha parlato degli esclusi, di chi non conta nulla. Poi ha citato Papa Francesco e l’enciclica Laudato si’ per spiegare la sua visione ambientalista del creato.
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Rossi, Emiliano e Speranza si sono stretti la mano nel salotto di via Barberini 36. Erano emozionati, si sono detti che non ci sono più le condizioni per stare nel Pd, che la scissione l’ha voluta Renzi. «Io faccio questa cosa con voi perché vi considero delle persone perbene», ha detto Emiliano. «Non sarei qui se io non pensassi la stessa cosa», ha risposto Rossi. «A me costa moltissimo lasciare il partito, è un dolore personale indicibile, dovete credermi», ha fatto presente Speranza. «Io non ci dormo la notte», ha aggiunto il presidente della Regione Puglia. «Ma siamo costretti a fare questo passo - ha sostenuto Speranza - e nessuno può venirci a dire che lo abbiamo fatto per la data del congresso o per qualche capolista in più. Ci mettiamo la faccia e navighiamo in mare aperto».
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