martedì 10 dicembre 2013

Il solerte Sciascia . storie di acidia paesana

Lillo Taverna Era il 1956, Sciascia in quello che diverrà il Vangelo di Racalmuto scriveva: "il parroco del Carmine.... ha avuto venti milioni dal governo per restaurare la chiesa, buttarla giù e rifarla più brutta." Vero, verissimo. Certo manca qui una condanna, un monito a non più peccare. Ma i tempi non erano maturi. Poi divennero maturi. Sciascia coscienza civile ed estetica. Mi sarei aspettato fulmini e saette quando Madonna della Rocca, San Giuliano, campanile del Monte, San Pasuale, Matrice (varie volte): giù prima e su dopo "più brutte" sempre con milioni ed ora anche con qualche miliardo (di "vecchie lire” però) avuti dal governo. Certo sarebbe bastato un “alt! dove andate” di un guru di quel livello e tale scempio non più riparabile non si sarebbe avuto.
Si è fatta una mostra nel 1984. Quanto è costata? Spero che il mio amico on. Picciolo mi dia la possibilità di rivedere quel rendiconto. Mi guardo bene dal pensare che Sciascia si sia approfittato di una sola lira. Ma viva Dio!, quelle orribili foto, quanto sono costate? quei restauri furono almeno a costo calmierato? Tutti quei preti e monsignori quanti oboli pretesero per mettere disposizione pale e quadri? Mussomeli davvero era convinta che quel mediocre quadro con un improbabile fondo nero (bisogna arrivare a Cezane per convincersi che anche il "nero" è un colore, chissà magari a Burri)? Quando costò? Dopo tanti sprechi non ebbero manco voglia di fare dei poster decenti "a futura memoria". I quadri erano lì disponibili. Certo occorrevano professionisti della fotografia d'arte, non arrendevoli dilettanti, che so nulla sgraffignarono. Sciascia ha coscienza che non si tratta di "mostra decente". Parte da Guicciardini (chiamato in causa - senza “tenace concetto") per finire in  svicolamenti medici: "un mistero anche questo, in definitiva: da affidare ad un oculista, prima che a un critico d'arte".
 
 Arriva a Racalmuto una giornalista straniera accreditata al Comune da Sciascia. Quella incurante magari di mettere in mostra anche le mutande salendo su per malferme scale, scopre nel sottotetto del comune un preziosissimo vasto archivio che in parte si diceva dai soliti male intenzionati che era stato bruciato nel 1862. Apriti Cielo! Sciascia, col suo moscio dire scrive non più di una diecina di righe. Non volesse il cielo:  Diecine di milioni subito stanziati e presto male spesi. Il seguito lo dovei rappresentare in un intero libro: cosa che non mancherò di fare se campo. Certo Sciascia era morto quando dopo traversie i sacchi neri della monnezza ricolmi di quei faldoni della verità storica racalmutese del dopo lo sbarco di Garibaldi (e credo anche prima) sono finiti in una sotto terrazza a marcire per compenso di un parente dovuto giubbilare come assessore. Ma anche quando era vivo, non è che Sciascia se ne sia molto interessato. Figurati poi i Nocini e dintorni.
 
 Un impagabile catasto capitario che agrimensori solerti e bravi avevano redatto, era disponibile. Volumi alti larghi e grossi e rilegati a quel dio …..  erano serviti indebitamente ad uno sbriga faccende locale per sostituirsi all’assente notaio di fiducia. Finirono in un primo tempo al Cannone, quindi furono traghettati in pasto ai topi nell'androne del lascito Elettra Messana. Mi dicono ora trasferito non so dove. Chi mai ha protestato. E si tratta di cosa più pregevole di una brutta chiesuola di di inquietanti arrichiyi di fine Ottocento.
Caro Piero: rimbocchiamoci le maniche. Noi siamo pensatori liberi (senza essere massoni) e sicuramente amiamo questo paese, senza occulti interessi.

Nessun commento: