sabato 14 febbraio 2015

La Cernigoi la spara grossa: Messana Criminale di guerra.


Per la Cernigoi v’è certezza assoluta: il Messana è CRIMINALE di GUERRA. Il suo giudizio è inappellabile. Lei si arroga il diritto di giudicare e condannare. Con quale autorità, con quali prove, con quale istruttoria? Non ha titolo, non ha elementi, non può provare nulla. Per me diffamare qualcuno a mezzo stampa quale criminale di guerra sapendo che giammai costui era stato condannato per siffatto gravissimo crimine è materia da codice penale. Io l’art. 595 u.c. C.P. ce lo vedrei tutto ma non sono né pubblico ufficiale né magistrato, né istituzione pubblica (in questo caso il Viminale quale parte offesa). La Cernigoi non poteva non sapere che all’Archivio centrale di Stato vi sono faldoni e faldoni del SIS, seconda sezione ove il caso è ben sviscerato e l’adamantino comportamento del Messana vi riluce inconfutabile. Scrive la Cernigoi: Criminali di guerra Il nome di Messana risulta nell’elenco dei criminali di guerra denunciati dalla Jugoslavia alla Commissione delle Nazioni Unite per i crimini di guerra (United Nations War Crimes Commission). Il rapporto di denuncia, redatto in lingua inglese ed inviato dalla Commissione statale jugoslava in data 14/7/45 [7], lo accusa, sulla base di documentazione che era stata trovata in possesso della Divisione “Isonzo” dell’Esercito italiano di occupazione, di crimini vari: “assassinio e massacri; terrorismo sistematico; torture ai civili; violenza carnale; deportazioni di civili; detenzione di civili in condizioni disumane; tentativo di denazionalizzare gli abitanti dei territori occupati; violazione degli articoli 4, 5, 45 e 46 della Convenzione dell’Aja del 1907 e dell’articolo 13 del Codice militare jugoslavo del 1944”. Nello specifico viene addebitata a Messana (in concorso con il commissario di PS Pellegrino e col giudice del Tribunale militare di Lubiana dott. Macis) la costruzione di false prove che servirono a condannare diversi imputati (tra i quali Anton Tomsič alla pena capitale, eseguita in data 21/5/42) per dei reati che non avevano commesso. La responsabilità di Messana e Pellegrino in questo fatto è confermata da documenti dell’archivio della questura di Lubiana [8], che fanno riferimento ad una “operazione di polizia politica” condotte dal vicequestore Mario Ferrante e dal vicecommissario Antonio Pellegrina sotto la direzione personale di Messana, contro una “cellula sovversiva di Lubiana” della quale facevano parte, oltre al Tomsič prima citato, anche Michele Marinko (condannato a 30 anni di reclusione), Vida Bernot (a 25 anni), Giuseppina Maček (a 18 anni) ed altri tre a pene minori. Messana e gli altri furono anche accusati di avere creato false prove nel corso di una indagine da loro condotta, in conseguenza della quale 16 persone innocenti furono fucilate dopo la condanna comminata dal giudice Macis. Si tratta dell’indagine per l’attentato al ponte ferroviario di Prešerje del 15/12/41, per la quale indagine, come risulta da altri documenti della questura di Lubiana dell’epoca, Messana, il suo vice Ferrante, l’ufficiale dei Carabinieri Raffaele Lombardi ed altri agenti e militi furono proposti per onorificenze e premi in denaro per la buona riuscita delle indagini relative all’attentato di Preserje. Nello specifico Messana ricevette come riconoscimento per il suo operato la “commenda dell’Ordine di S. Maurizio e Lazzaro”. Ettore Messana fu anche segnalato con nota del 21/9/45 dall’Alto Commissario Aggiunto per l’Epurazione di Roma al Prefetto di Trieste, che richiese un’indagine alla Polizia Civile del GMA [9]. Il risultato di questa indagine è contenuto in una relazione datata 6/10/45 e firmata dall’ispettore Feliciano Ricciardelli della Divisione Criminale Investigativa [10], dalla quale citiamo alcuni passaggi. “… il Messana era preceduto da pessima fama per le sue malefatte quale Questore di Lubiana. Si vociferava infatti che in quella città aveva infierito contro i perseguitati politici permettendo di usare dei mezzi brutali e inumani nei confronti di essi per indurli a fare delle rivelazioni (…) vi era anche (la voce, n.d.r.) che ordinava arresti di persone facoltose contro cui venivano mossi addebiti infondati al solo scopo di conseguire profitti personali. Difatti si diceva che tali detenuti venivano poi avvicinati in carcere da un poliziotto sloveno, compare del Messana, che prometteva loro la liberazione mediante il pagamento di ingenti importi di denaro. Inoltre gli si faceva carico che a Lubiana si era dedicato al commercio in pellami da cui aveva ricavato lauti profitti. Durante la sua permanenza a Trieste, ove rimase fino al giugno 1943, per la creazione in questa città del famigerato e tristemente noto Ispettorato Speciale di polizia diretto dal comm. Giuseppe Gueli, amico del Messana, costui non riuscì ad effettuare operazioni di polizia politica degne di particolare rilievo. Ma anche qui, così come a Lubiana, egli si volle distinguere per la mancanza assoluta di ogni senso di umanità e di giustizia, che dimostrò chiaramente nella trattazione di pratiche relative a perseguitati politici (…)”. :::::::::::::::::: Ma al Ministero degl’Interni, al SIS si sa bene che trattasi di tentativo titino di criminalizzare l’intera Italia. Siamo nel 1945-46. Orde di ex partigiani titini scendono persino col paracadute in Italia a tentare vendette, a commettere atti di giustizia sommaria, a macchiarsi di infami delitti. Le carte del SIS sono molteplici e inequivocabili. Non punge vaghezza alla Cernigoi di contestualizzare le effervescenze punitive slave con questo clima terroristico che disseminano in Italia? In Jugoslavia da parte dei Partigiani Titini si confezionano reboanti capi di accusa contro i nostri concittadini rei soltanto di esservi stati comandati in tempi di guerra magari con incarichi polizieschi; si mandano granguignoleschi papielli accusatori. Ma sono le stesse commissioni di guerra estere che rimettono, dopo una prima sbozzata, le accuse alle competenti autorità italiane. E in Italia queste più ponderate carte arrivano e queste carte si trovano a Roma, al SIS ed ora in ACS. Ebbene di tutta quella paccottiglia della Cernigoi relativa al Messana, al Ministero giunge il foglietto che noi pubblichiamo. Trattasi dello “STRALCIO RELAZIONE 12”: L’accusa titina infierisce contro magistrati italiani, funzionari di P.S. e soprattutto contro Grazioli che fu un personaggio non del tutto negativo stando agli studi di Sala. Il MESSANA vi viene fatto entrare per il rotto della cuffia: non c’è nulla di specifico contro di lui. Pretestuoso, prevenuto e diffamatorio è volere a tutti i costi il questore come colui “che esortava personalmente gli aguzzini ad infierire contro le proprie vittime”. Quali prove? Nessuna, quali testimonianze? Nessuna, come si poteva affermare. e dalla parte lesa, qualcosa del genere? Fandonia: un questore se ne sta nei suoi uffici, non scende negli scantinati ad incitare scherani ai suoi ordini a violentare innocenti vittime. Fantasie da menti malate o si vede che non si è mai stati in questura a rispondere ad interrogatori sia pure serrati ma per la cultura giuridica italiana sempre con il senso del limite. Tanto è vero che in Italia il SIS neppure prende in considerazione questa calunniosa accusa titina contro il Messana. Anzi il Messana viene inviato persino in Sicilia nell’aspra lotta al banditismo filoamericano del fuori legge Giuliano di Montelepre. E il Questore Ettore Messana viene promosso Ispettore generale di P.S., insignito di onorificenze di altissimo livello e viene nominato Grande Ufficiale; e guarda caso ottiene l’esclusiva commenda dell’Ordine di San Maurizio e Lazzaro, roba sabauda insomma. La ruggine slava, che si può comprendere ma giammai condividere, è solo appiglio per postumi scoop giornalistici che francamente sono disgustosi. La Cernigoi sa che il Messana neppure fu scalfito da quelle infamanti farneticazioni slave. Non c’era materia alcuna. Eppure quando gli slavi accennarono a fatti e vicende che potevano destare sospetto, l’istruttoria scattò accurata, precisa, inflessibile. Le carte del SIS lo dimostrano. Consultarle per credere. Singolare la chiusa degli accusatori slavi: “secondo le istruzioni di GRAZIOLI operavano anche i suoi organi civili e principalmente il questore di Lubiana Ettore Messana, uno dei maggiori carnefici” Ma di grazia quale furono queste “carneficine del Messana? Nulla di nulla. Vi fu l’esecuzione di Tone TOMISIC che invero mi lascia perplesso. Ma quella nacque da una sentenza “del tribunale di guerra di Lubiana preseduto dal dr. MACIS”. Il Sis fece, dopo, una accurata inchiesta. Al SIS si ebbe modo di appurare quale fu il ruolo del Messana. Il Messana aveva minuziosamente ragguagliato la magistratura su l’operato della questura di Libiana. All’ Acs abbiamo trovato il fascicolo. Trattasi della denuncia del 4 aprile del 1942 n. 05698/1942 Gab, di Prot. Il Messana è esaustivo, preciso, formale. Ne riportiamo qui sotto alcune fotocopie. Basta darvi uno sguardo per sbugiardare la Cernigoi e i titini circa l’inventata accusa che il processo era stato intentato “in base a false testimonianze del commissario di P.S. PELLEGRINI e di altre persone al servizio di Grazioli”. No! Invero erano stati i tedeschi che avevano scoperto il covo dei partigiani slavi e avevano costretto la questura ad irruzioni, interrogatori ed arresti0. Noi pensiamo che la stessa sentenza del MACIS sia stata imposta dalla Ghestapo. Ma qui il Messana non c’entrava più. Anzi tutto lascia capire che il Messana fosse tanto poco gradito ai tedeschi da giubilarlo subito dopo quella esecuzione che tantò impressionò; le SS non furono certamente estranei allo sbolognamento del Questore. Appare infatti non gradito ai falchi del Viminale per cui ritirarsi come in subordine a Trieste. Il suo ruolo fu così defilato da fare poi scrivere ai suoi denigratori che ”costui non riuscì ad effettuare operazioni di polizia politica degne di particolare rilievo”. L’addebito dispregiativo negli intenti di allora, oggi suona come epitaffio laudativo del Messana: questi non fu 0 quindi per nulla complice delle famose Foibe che oggi si sono riesumate per doverose condanne.

25 luglio 14.57.46

signorina Cornigoi risponda a queste note Quando leggeremo quello che leggeremo non avremo dubbi nel ritenere codesto questurino a nome Feliciano Ricciardelli un malevolo detrattore, in anonimato, del grande Ettore Messana che dovrebbe essere stato suo superiore e che certamente non ebbe ad apprezzarlo. Al suo paese irpino si fu di manica larga: gli si dedicò una via e si cercò di santificarlo. Abbiamo un tempo riportato locandine manifesti e dicerie elogiative ma non c'era molto da addurre a lode omaggiante. Si disse "uomo giusto". Un epiteto alquanto singolare per uno che di mestiere aveva fatto il poliziotto di un reparto politico decisamente fascista. E redigeva rapporti infamanti di sospetti e dispetti a base di "corre voce", "si dice", "non poteva non sapere", " era suo subordinato il vero malfattore (se poi tale era)" "lo spalleggiava" "forse ne fu compare" e niente più. Ma proprio niente di più sul suo grande superiore l'Ispettore generale della PS il Gr.Uff. Dottore Ettore Messana. E quando le scrive queste cose? Quando ancora modesto funzionarietto di questura, relegato ad una insignificante periferia. Nell'ottobre del 1945, crede che è giunto il momento di togliersi un sassolino dalla scarpa contro l'invidiato suo ex Superiore che invece di carriera ne ha già fatta e con onore e per la stima di un superbo uomo di Stato, nientemeno l'on. Alcide De Gasperi. E quel insignificante rapportino finisce obliato e trascurato in mano non autorevole e ci vuole tutta la malafede di rampanti speculatori dell'antitalianità per riesumarlo e farne fonte di autorevolissima fede quando scricchiola da tutte le parti. E ciò è tanto vero che Roma repubblicana e democratica e indubitabilmente antifascista non vi diede peso alcuno. Del resto non ne aveva: non un fatto, non una prova, non una certezza. Solo pettegolezzi astiosi di bassa caserma poliziesca. lunedì 12 settembre 2011 L’Ufficio di Presidenza dell’Associazione Amo Montemarano, in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia, organizza il convegno dal titolo: “Servire la Patria. L’Esempio di un Compaesano, un Questore, un uomo Giusto: dott. Feliciano Ricciardelli”. L’appuntamento è per sabato 17 settembre alle ore 18:00 presso l’Auditorium dell’Edificio Scolastico di Montemarano. Ma ecco cosa scriveva ancora il Ricciardelli: “Fra le insistenti voci che allora circolavano vi era anche quella che egli ordinava arresti di persone facoltose, contro cui venivano mossi addebiti infondati al solo scopo di conseguire profitti personali. Difatti si diceva che tali detenuti venivano poi avvicinati in carcere da un poliziotto sloveno, compare del Messana, che prometteva loro la liberazione mediante il pagamento di ingenti importi di denaro.” Inoltre gli si faceva carico che a Lubiana si era dedicato al commercio in pellami, da cui aveva ricavato lauti profitti.” Qui siamo nell’esilarante: il Mesana arriva in esordio a metà del 1941 a Lubiana. Incontra subito difficoltà inaudite. Come scrive in una lettera riportata dal grande studioso Sala, viene subito esautorato di fatto dall’esercito. Mussolini voleva una “guerra parallela” ma solo per dimostrare ai tedeschi come può esserci una “occupazione umanitaria”. Del resto a Lubiana vi esano molti coloni italiani e questi Mussolini voleva anche proteggere dalle barbarie teutoniche che erano ben note. In un primo momento, dicono gli stocici seri, si cercò a Lubiana di impiantare industrie e attività economiche secondo le concezioni coloniali fasciste. Forse qualche apporto vi fu da parte del Messana. Ma è da escludere. Ove si eccettui forse l’avere comprato del legnami per farsi fare una “camera” per la quale nella famiglia Messana si vagheggia ancora, di quello che insinua il Ricciardelli non resta altro che il sospetto di una malevolenza di bassa cucina burocratica. E la Cernigoi vi corre dietro: “Durante la sua permanenza a Trieste, per la creazione in questa città del famigerato e tristemente noto ispettorato speciale di polizia diretto dal comm. Giuseppe Gueli, amico del Messana, costui non riuscì ad effettuare operazioni di polizia politica degne di particolare rilievo.” Insomma qui la colpa del Messana è solo quella di essere “amico” del commendatore Gueli ma il Messana “non riuscì ad effettuare operazioni di polizia degne di particolre rielievo”. Onore al merito ma no!? Ecco invece come pasticcia il Ricciardelli, se l’anomalo rapporto è suo: “Ma anche qui come a Lubiana, egli si volle distinguere per la mancanza assoluta di ogni senso di umanità e di giustizia che dimostrò chiaramente nella trattazione di pratiche relative a perseguitati politici, responsabili di attività antifascista molto limitata. In proposito” Quali elementi ha il Ricciardelli per stabilire “la mancanza assoluta di ogni senso di umanità ” del Messana’? Nessuno. Un ppoliziotto che misura la latitudine del “senso di umanità” è singolare. Siamo dunque a quelle infanganti veline che riempiono i dossier degli archivi di Uffici di polizia, più o meno segreti. Mi si dirà: vuoi dei fatti? Eccoteli! “Si ritiene opportuno segnalare un episodio che dimostra la sua malvagità d’animo una notte del gennaio 1943 senza alcun addebito specifico ed all’insaputa dello stesso Ufficio Politico della Questura, ordinò l’arresto di oltre venti ebrei fra cui si ricordano i nomi dei fratelli Kostoris Marco e Leone, Romano Davide, Israele Felice e l’avvocato Volli Ugo che vennero proposti al Ministero per l’internamento, perché ritenuti politicamente pericolosi. E che il Messana avesse agito per pura malvagità e, probabilmente, per cercare di accattivarsi la benevolenza della locale federazione fascista, con la quale non intercorrevano cordiali rapporti, lo dimostra il fatto che lo stesso Ministero respinse la proposta. Ordinando la scarcerazione dei predetti che furono rilasciati dopo oltre un mese di carcere (per più dettagliati particolari e per conoscere tutti i nomi degli arrestati, esaminare i precedenti al Ministero, poiché gli atti dell’Ufficio Politico della locale Questura, furono asportati o distrutti dalle truppe jugoslave di occupazione della città ai primi di maggio u. s.) Che possiamo obiettare? Come fa il R icciardelli ad affermare che “non c’era addebito specifico” e che tutto avvenne all’insaputa dello stesso ufficio politico della Questura (ove pare che militasse proprio il Ricciardelli e quell’ufficio fascista, deleterio e terrificante, era appunto ”politico”). Lui stesso aggiunge che per “più dettagliati particolari e per i precedenti” occorreva esaminare gli atti del Ministero. Quindi lui non ce l’ha. Noi ancora al ministero non abbiamo trovato nulla, ovviamente tra le carte riversate all’ACS. E furbacchione soggiunge che “gli atti dell’Ufficio Politico della Questura furono asportati o distrutti dalle truppe jugoslave di occupazione ,, ai primi di maggio u.s. Peccato! chissà quanti malefizi della politica ove dimorava il Ricciardelli avremmo trovato. E tutto ci fa pensare che fosse alquanto pressato da quelle “truppe jugoslave” per scrivere sotto ricatto quelle amenità da bassa cucina poliziesca di forte olezzo fascista. Ma il fatto si riduce ad un denegato internamento di ebrei. Il ministero non avrebbe sicuramente avuto tanta indulgenza in epoca di forte persecuzione razziale se il Messana nel rappresentare la faccenda non si fosse sapientemente, come sapeva fare, adoperato per propiziare il provvedimento assolutorio. Ma giratela come volete, li Ricciardelli nulla prova di di censurabile contro il Messana e tutto sa di meschineria diffamatoria, la classica ripicca del subordinato. Da qui a fare del Messana un Criminale di guerra dedito ai crimini contro l’umanità ce ne corre. Nessun tribunale straniero o italico osò tanto. Procediamo nelle accuse del Ricciardelli. “Risulta in modo indubbio che il Messana, quale componente la locale commissione provinciale per i provvedimenti di polizia, infierì in modo particolare contro i denunziati. Difatti egli, anche per colpe di lieve entità per quanto riguardava i denunziati per il confino chiedeva sempre il massimo della pena. Tale comportamento veniva aspramente criticato dagli altri componenti la commissione e finanche dal Prefetto fascista Tullio Tamburini, presidente della commissione stessa.[3]” Il Messana era certo un duro, ma ciò costituisce colpa? Colpa grave? Vogliamo metterci allora ad osannare il Prefetto fascista Tullio Tamburini? E per chiusura il denigratore subalterno, a forca di volere diffamare, finisce con testimoniare a favore proprio del Messana. “Destituito Mussolini, nonostante avesse eletto domicilio a Trieste, se ne allontanò ben presto facendo perdere di fatto le sue tracce. Alla data del 2 novembre era ancora irreperibile e in tale veste fu dichiarato dimissionario d’ufficio”. [4] Che un forsennato poliziotto s’induca a tale sortita che lo copre di ridicolo, si può tollerate ma che la Cernigoi vi si accodi è faccenda incomprensibile. Dunque, quanto sopra che vuol dire? Il Messana, dopo l’8 settembre, si guarda bene dall’aderire alla RSI, si rende irreperibile a Trieste, ci rimette anche lo stipendio, e certi suoi colleghi e subordinati quali il Ricciardelli si affrettano a dichiararlo “dimissionario di ufficio” incappando in un abuso in atti pubblici che a guerra finita doveva essere perseguito. Ed è certo che per Trieste il periodo repubblichino fu il più tragico: in quel biennio Messana non c’era alla questura di Trieste, Ricciardelli, invece, sì. E addirittura nel criminale ufficio fascista della “politica”. E’ l’accusatore che a questo punto è oggetto di censura non il Messana che se ne torna a Roma pur di non collaborare con fascisti repubblichini e tedeschi dalla doppia esse. Ammirevole! Ecco perché tempo fa avevamo scritto: Di tutta questa accozzaglia di dicerie, presunzioni, maldicenze, sospetti, anonime delazioni nessun fatto, lo affermiamo senza tema di smentita, fu mai provato, nessun misfatto fu mai addebitato all'Ispettore Generale di PS gr.uff. Ettore Messana. Tutto finito nel nulla dell'ARCHIVIATO. Non luogo a procedere. Chi rispolvera questo documento che per di più potrebbe risultare persino apocrifo si macchia a mio avviso di diffamazione calunniatrice. Certamente non fa storia. signorina Cornigoi risponda a queste note Quando leggeremo quello che leggeremo non avremo dubbi nel ritenere codesto questurino a nome Feliciano Ricciardelli un malevolo detrattore, in anonimato, del grande Ettore Messana che dovrebbe essere stato suo superiore e che certamente non ebbe ad apprezzarlo. Al suo paese irpino si fu di manica larga: gli si dedicò una via e si cercò di santificarlo. Abbiamo un tempo riportato locandine manifesti e dicerie elogiative ma non c'era molto da addurre a lode omaggiante. Si disse "uomo giusto". Un epiteto alquanto singolare per uno che di mestiere aveva fatto il poliziotto di un reparto politico decisamente fascista. E redigeva rapporti infamanti di sospetti e dispetti a base di "corre voce", "si dice", "non poteva non sapere", " era suo subordinato il vero malfattore (se poi tale era)" "lo spalleggiava" "forse ne fu compare" e niente più. Ma proprio niente di più sul suo grande superiore l'Ispettore generale della PS il Gr.Uff. Dottore Ettore Messana. E quando le scrive queste cose? Quando ancora modesto funzionarietto di questura, relegato ad una insignificante periferia. Nell'ottobre del 1945, crede che è giunto il momento di togliersi un sassolino dalla scarpa contro l'invidiato suo ex Superiore che invece di carriera ne ha già fatta e con onore e per la stima di un superbo uomo di Stato, nientemeno l'on. Alcide De Gasperi. E quel insignificante rapportino finisce obliato e trascurato in mano non autorevole e ci vuole tutta la malafede di rampanti speculatori dell'antitalianità per riesumarlo e farne fonte di autorevolissima fede quando scricchiola da tutte le parti. E ciò è tanto vero che Roma repubblicana e democratica e indubitabilmente antifascista non vi diede peso alcuno. Del resto non ne aveva: non un fatto, non una prova, non una certezza. Solo pettegolezzi astiosi di bassa caserma poliziesca. lunedì 12 settembre 2011 L’Ufficio di Presidenza dell’Associazione Amo Montemarano, in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia, organizza il convegno dal titolo: “Servire la Patria. L’Esempio di un Compaesano, un Questore, un uomo Giusto: dott. Feliciano Ricciardelli”. L’appuntamento è per sabato 17 settembre alle ore 18:00 presso l’Auditorium dell’Edificio Scolastico di Montemarano. Ma ecco cosa scriveva ancora il Ricciardelli: “Fra le insistenti voci che allora circolavano vi era anche quella che egli ordinava arresti di persone facoltose, contro cui venivano mossi addebiti infondati al solo scopo di conseguire profitti personali. Difatti si diceva che tali detenuti venivano poi avvicinati in carcere da un poliziotto sloveno, compare del Messana, che prometteva loro la liberazione mediante il pagamento di ingenti importi di denaro.” Inoltre gli si faceva carico che a Lubiana si era dedicato al commercio in pellami, da cui aveva ricavato lauti profitti.” Qui siamo nell’esilarante: il Mesana arriva in esordio a metà del 1941 a Lubiana. Incontra subito difficoltà inaudite. Come scrive in una lettera riportata dal grande studioso Sala, viene subito esautorato di fatto dall’esercito. Mussolini voleva una “guerra parallela” ma solo per dimostrare ai tedeschi come può esserci una “occupazione umanitaria”. Del resto a Lubiana vi esano molti coloni italiani e questi Mussolini voleva anche proteggere dalle barbarie teutoniche che erano ben note. In un primo momento, dicono gli stocici seri, si cercò a Lubiana di impiantare industrie e attività economiche secondo le concezioni coloniali fasciste. Forse qualche apporto vi fu da parte del Messana. Ma è da escludere. Ove si eccettui forse l’avere comprato del legnami per farsi fare una “camera” per la quale nella famiglia Messana si vagheggia ancora, di quello che insinua il Ricciardelli non resta altro che il sospetto di una malevolenza di bassa cucina burocratica. E la Cernigoi vi corre dietro: “Durante la sua permanenza a Trieste, per la creazione in questa città del famigerato e tristemente noto ispettorato speciale di polizia diretto dal comm. Giuseppe Gueli, amico del Messana, costui non riuscì ad effettuare operazioni di polizia politica degne di particolare rilievo.” Insomma qui la colpa del Messana è solo quella di essere “amico” del commendatore Gueli ma il Messana “non riuscì ad effettuare operazioni di polizia degne di particolre rielievo”. Onore al merito ma no!? Ecco invece come pasticcia il Ricciardelli, se l’anomalo rapporto è suo: “Ma anche qui come a Lubiana, egli si volle distinguere per la mancanza assoluta di ogni senso di umanità e di giustizia che dimostrò chiaramente nella trattazione di pratiche relative a perseguitati politici, responsabili di attività antifascista molto limitata. In proposito” Quali elementi ha il Ricciardelli per stabilire “la mancanza assoluta di ogni senso di umanità ” del Messana’? Nessuno. Un ppoliziotto che misura la latitudine del “senso di umanità” è singolare. Siamo dunque a quelle infanganti veline che riempiono i dossier degli archivi di Uffici di polizia, più o meno segreti. Mi si dirà: vuoi dei fatti? Eccoteli! “Si ritiene opportuno segnalare un episodio che dimostra la sua malvagità d’animo una notte del gennaio 1943 senza alcun addebito specifico ed all’insaputa dello stesso Ufficio Politico della Questura, ordinò l’arresto di oltre venti ebrei fra cui si ricordano i nomi dei fratelli Kostoris Marco e Leone, Romano Davide, Israele Felice e l’avvocato Volli Ugo che vennero proposti al Ministero per l’internamento, perché ritenuti politicamente pericolosi. E che il Messana avesse agito per pura malvagità e, probabilmente, per cercare di accattivarsi la benevolenza della locale federazione fascista, con la quale non intercorrevano cordiali rapporti, lo dimostra il fatto che lo stesso Ministero respinse la proposta. Ordinando la scarcerazione dei predetti che furono rilasciati dopo oltre un mese di carcere (per più dettagliati particolari e per conoscere tutti i nomi degli arrestati, esaminare i precedenti al Ministero, poiché gli atti dell’Ufficio Politico della locale Questura, furono asportati o distrutti dalle truppe jugoslave di occupazione della città ai primi di maggio u. s.) Che possiamo obiettare? Come fa il R icciardelli ad affermare che “non c’era addebito specifico” e che tutto avvenne all’insaputa dello stesso ufficio politico della Questura (ove pare che militasse proprio il Ricciardelli e quell’ufficio fascista, deleterio e terrificante, era appunto ”politico”). Lui stesso aggiunge che per “più dettagliati particolari e per i precedenti” occorreva esaminare gli atti del Ministero. Quindi lui non ce l’ha. Noi ancora al ministero non abbiamo trovato nulla, ovviamente tra le carte riversate all’ACS. E furbacchione soggiunge che “gli atti dell’Ufficio Politico della Questura furono asportati o distrutti dalle truppe jugoslave di occupazione ,, ai primi di maggio u.s. Peccato! chissà quanti malefizi della politica ove dimorava il Ricciardelli avremmo trovato. E tutto ci fa pensare che fosse alquanto pressato da quelle “truppe jugoslave” per scrivere sotto ricatto quelle amenità da bassa cucina poliziesca di forte olezzo fascista. Ma il fatto si riduce ad un denegato internamento di ebrei. Il ministero non avrebbe sicuramente avuto tanta indulgenza in epoca di forte persecuzione razziale se il Messana nel rappresentare la faccenda non si fosse sapientemente, come sapeva fare, adoperato per propiziare il provvedimento assolutorio. Ma giratela come volete, li Ricciardelli nulla prova di di censurabile contro il Messana e tutto sa di meschineria diffamatoria, la classica ripicca del subordinato. Da qui a fare del Messana un Criminale di guerra dedito ai crimini contro l’umanità ce ne corre. Nessun tribunale straniero o italico osò tanto. Procediamo nelle accuse del Ricciardelli. “Risulta in modo indubbio che il Messana, quale componente la locale commissione provinciale per i provvedimenti di polizia, infierì in modo particolare contro i denunziati. Difatti egli, anche per colpe di lieve entità per quanto riguardava i denunziati per il confino chiedeva sempre il massimo della pena. Tale comportamento veniva aspramente criticato dagli altri componenti la commissione e finanche dal Prefetto fascista Tullio Tamburini, presidente della commissione stessa.[3]” Il Messana era certo un duro, ma ciò costituisce colpa? Colpa grave? Vogliamo metterci allora ad osannare il Prefetto fascista Tullio Tamburini? E per chiusura il denigratore subalterno, a forca di volere diffamare, finisce con testimoniare a favore proprio del Messana. “Destituito Mussolini, nonostante avesse eletto domicilio a Trieste, se ne allontanò ben presto facendo perdere di fatto le sue tracce. Alla data del 2 novembre era ancora irreperibile e in tale veste fu dichiarato dimissionario d’ufficio”. [4] Che un forsennato poliziotto s’induca a tale sortita che lo copre di ridicolo, si può tollerate ma che la Cernigoi vi si accodi è faccenda incomprensibile. Dunque, quanto sopra che vuol dire? Il Messana, dopo l’8 settembre, si guarda bene dall’aderire alla RSI, si rende irreperibile a Trieste, ci rimette anche lo stipendio, e certi suoi colleghi e subordinati quali il Ricciardelli si affrettano a dichiararlo “dimissionario di ufficio” incappando in un abuso in atti pubblici che a guerra finita doveva essere perseguito. Ed è certo che per Trieste il periodo repubblichino fu il più tragico: in quel biennio Messana non c’era alla questura di Trieste, Ricciardelli, invece, sì. E addirittura nel criminale ufficio fascista della “politica”. E’ l’accusatore che a questo punto è oggetto di censura non il Messana che se ne torna a Roma pur di non collaborare con fascisti repubblichini e tedeschi dalla doppia esse. Ammirevole! Ecco perché tempo fa avevamo scritto: Di tutta questa accozzaglia di dicerie, presunzioni, maldicenze, sospetti, anonime delazioni nessun fatto, lo affermiamo senza tema di smentita, fu mai provato, nessun misfatto fu mai addebitato all'Ispettore Generale di PS gr.uff. Ettore Messana. Tutto finito nel nulla dell'ARCHIVIATO. Non luogo a procedere. Chi rispolvera questo documento che per di più potrebbe risultare persino apocrifo si macchia a mio avviso di diffamazione calunniatrice. Certamente non fa storia.

25 luglio 18.19.12

Reitero una mia lettera all’avvocato mio cigino Gigi Restivo Uno storico davvero professionale e serio quale il prof. Sala, deceduto, ha pubblicato volumi sulla vicenda della "guerra parallela" che consentì al Duce di istituire questa cosiddetta provincia di Lubiana per insegnare ai tedeschi come occupare un territorio straniero e gestirlo "umanitariamente". Emerge che il Messana cercò nel primo anno della "provincia" di attuare quella politica "umanitaria e civile" ma non poté fare molto perché "esautorato dall'esercito". Questo emerge da una probante corrispondenza che naturalmente la Cernigoi o ignora o intenzionalmente oblitera. Per il resto la Cernigoi si avvale della "postuma" farneticazione del Ricciardelli, la quale credo di avere disinnescato in miei post che mi pare hai letto (magari - scusami - molto superficialmente). Ad ogni buon conto sto reiterandoli. Altre pagine di tre testi della Bompiani si ostinano a martellare per infamare indegnamente il Messana e cioè quelle che attengono alla faccenda di Riesi del 1919 e alla pretesa correità con fra Diavolo nell'ambito della tragica storia del bandito Giuliano; mi dicevi ieri che anche a te apparivano "cazzate". Non so se confermi o hai dei ripensamenti. Io resto maggiormente confermato in favore del Messana ------------------------------- bandito Giuliano ---------------------- La strage di Portella della Ginestra/ Documenti sulla strage/Documento 13 VERBALE INTERROGATORIO DELL’ISPETTORE VITO MESSANA [rectius ETTORE] Verbale di continuazione di dibattimento del 20 luglio 1951 [cartella 4, vol. V, n. 5] D’ordine del Presidente, introdotto il testimone Messana Ettore fu Clemente di anni 66, nato a Racalmuto (Agrigento) e domiciliato in Roma, Ispettore di Ps. [Ettore Messana non nacque a Racalmuto, bens^ a Gela da Clemente Messana. Nato nel 1988, per avere 66 anni dobbiamo essere nel 1956, n.d.r.] Interrogato in merito ai fatti della causa, risponde: «Fui mandato in Sicilia a capo dell’Ispettorato Generale di P.S. per la Sicilia nel maggio 1945 e vi rimasi fino a tutto luglio 1947. Il decreto che istituì l’Ispettorato è dell’aprile 1945 e funzione di tale organo fu quella di integrare l’opera repressiva e preventiva nell’eliminazione del banditismo ed in genere della delinquenza associata in Sicilia». D. R. «Io ebbi a mia disposizione 750 carabinieri, 350 agenti e 14 funzionari, che distribuii in tutte le province della Sicilia da Messina a Trapani. Fui io che istituii i nuclei di carabinieri e polizia nei centri dove a me sembrò che dovessero essere istituiti. Le mie prime operazioni feci nelle province di Agrigento e di Catania. Verso la fine del 1945 incominciò ad affiorare l’attività della banda Giuliano. Tale fatto fece aumentare la mia attività tanto più che la banda Giuliano e quella di Avila si erano poste al servizio dell’Evis». D. R. «Ebbi notizia dei fatti di Portella nelle ore pomeridiane del 1° maggio 1947. Mi recai ad una riunione indetta dal prefetto Vittorelli, dove si stabilì una certa azione da svolgersi. L’indomani mi recai a Piana degli Albanesi ed a San Giuseppe Jato, ove già si era proceduto all’arresto di quattro persone ad opera di un nucleo dipendente dall’Ispettorato e dove si era proceduto a largo rastrellamento arrestando centinaia di persone sospette, le quali però furono quasi tutte rimesse in libertà. Non essendo emersa a loro carico alcuna responsabilità». D. R. «Tutto ciò venne fatto ad opera della questura che si limitò poi a denunciare solo i quattro arrestati». D. R. «In una riunione tenuta anche alla presenza dell’Ispettore Generale di P. S. Rosselli, inviato a Palermo dal Ministero, fu deciso da quest’ultimo che la direzione delle indagini dovesse essere affidata al questore Giammorcaro e fu così che io passai alle dipendenze di costui» D. R. «Si venne frattanto a conoscenza che il 1° maggio era stato sequestrato, dopo la sparatoria, un campiere, certo Busellini, del quale non si seppe nulla per tanti giorni e che poi fu trovato ucciso in un fossato da un nucleo alle mie dipendenze». D. R. «Non so se il ritrovamento del cadavere del Busellini avvenne a mezzo di cani poliziotti od a mezzo solo di ricerche». D. R. «Mi sembra di ricordare che sul petto del cadavere del Busellini fu trovato un cartello con la scritta «questa è la fine dei traditori», la qualcosa ci convinse che il delitto era stato consumato dalla banda Giuliano. Tale convinzione ci facemmo anche per il delitto di Portella poiché ci convincemmo che colui che aveva ucciso Busellini era uno di quelli che aveva sparato a Portella». D.R. «Noi dell’Ispettorato, fin dal primo momento, pensammo che la strage di Portella era da attribuirsi alla banda Giuliano, perché il fatto era avvenuto nella zona così detta d’imperio della banda stessa, mentre l’Angrisani ed il Guarino avevano orientamento diverso». D. R. «Tale convincimento da parte dell’Ispettorato fu però rafforzato dal rinvenimento del cadavere del Busellini». Contestatogli che nel verbale di rinvenimento del cadavere del Busellini non vi è traccia del cartello rinvenuto sul suo cadavere, risponde: «Può darsi che io abbia un cattivo ricordo di tale fatto, ma pure mi sembra di ricordare così». D. R. «Le indagini continuarono e solo nel giugno avvennero i primi fermi effettuati dal nucleo centrale comandato dal colonnello Paolantonio, il quale mi riferiva lo sviluppo di esse». D. R. «Il rapporto n. 37 fu redatto quando io non ero più Ispettore Generale in Sicilia, essendo stato sostituito il 1.8.47 dal questore di Napoli Coglitori». D. R. «Quasi tutti i fermi avvennero durante la mia permanenza in Sicilia ed io, giorno per giorno, venivo informato di quanto si riusciva a sapere dai fermati». D. R. «L’Ispettorato aveva dei confidenti ed inoltre era in contatto con alcuni elementi che ci ponevano in comunicazione con il bandito Ferreri Salvatore». D. R. «Io nessun contatto diretto ebbi col Ferreri, solo ebbi rapporti con lui tramite i suddetti elementi di collegamento». D. R. «Escludo che Ferreri mi abbia fatto sapere i nomi di coloro che avevano partecipato all’azione di Portella; può darsi che qualche indicazione l’abbia data al colonnello Paolantonio oppure ad un altro funzionario di P.S., certo Zappone, che io avevo dislocato nella zona di Partinico e che fu ucciso a Borgetto in un agguato». D. R. «Il nostro convincimento che l’azione di Portella era dovuta alla banda Giuliano fu maggiormente rafforzato dal riconoscimento effettuato da quattro cacciatori sequestrati in quella mattina del 1° maggio, i quali in una fotografia di persona a cavallo riconobbero proprio colui che ritenevano fosse il capo del gruppo che li aveva sequestrati». D. R. «Il colonnello Paolantonio, fin quando io restai in Sicilia, non mi parlò mai del fermo di alcuno ritenuto partecipe della strage di Portella per confidenze avute dal Ferreri». D. R. «Escludo di aver avuto mai rapporti con Pisciotta Gaspare, come escludo di avergli rilasciato un tesserino di riconoscimento sia al suo nome che a quello di Faraci Giuseppe». Co0ntestatogli che il Pisciotta ha affermato invece di aver avuto rilasciato un tesserino proprio da lui che glielo fece recapitare tramite Ferreri, risponde: «Escludo nel modo più reciso che ciò sia avvenuto». Richiamato l’imputato Gaspare Pisciotta e contestatagli la dichiarazione resa dall’Ispettore Messana a proposito del tesserino, risponde: «Il tesserino lo ebbi tramite Ferreri, portava la firma Messana, aveva i timbri dell’Ispettorato, fu strappato ed io spero che colui che lo ha strappato, se ha coscienza, lo dirà». D. R. «Luca potrà dire qualcosa in merito, può darsi che il tesserino esista ancora, ma a me risulta che fu stracciato». Il teste Messana: D. R. «Io facevo da organo propulsore nell’attività dei miei funzionari; dissi loro di indagare anche sulla ragione per cui Giuliano fece l’azione di Portella ma nessuno di essi mi parlò mai su tale fatto». D. R. «Andai via dalla Sicilia il 31.7.1947 e quindi non mi occupai più della cosa». A domanda dell’Avv. Sotgiu, risponde: «Non ricordo di aver rilasciato al Ferreri un tesserino di libera circolazione, ma non escludo che esso possa essere stato rilasciato da altri sotto il mio nome, essendo io il capo dell’Ispettorato. Devo dire per altro che la mia firma ufficiale è quasi inintellegibile come Messana, anzi ritengo che sia del tutto inintellegibile». D.R. «Non rilasciai tesserini di libera circolazione ai confidenti, non so se ne furono rilasciati a mio nome dai miei dipendenti che nulla mi riferivano intorno al rilascio di essi poiché ognuno ha i propri confidenti ed intorno a noi si mantiene il più stretto riserbo anche con i superiori». D.R. «Io fornivo il danaro che mi richiedevano per i confidenti ai miei dipendenti, i quali mi rilasciavano ricevuta sulla quale si limitavano a dire. -- per un confidente- senza indicarne le generalità». D.R. «Certamente i rapporti col Ferreri iniziarono prima della strage di Portella. Ricordo di aver saputo, attraverso la fonte Ferreri, che Giuliano voleva attentare alla vita dei dirigenti del Partito Comunista di Palermo, fra i quali il Li Causi. Informai per la opportuna vigilanza il questore e fu il colonnello Paolantonio che avvisò direttamente il Li Causi». D.R. «Al padre del Ferreri feci dare un porto d’armi, ma ciò rientrava nel progetto di venire all’arresto di Giuliano. Sentii parlare del rinvenimento del predetto porto d’armi sul cadavere del Ferreri, ma ciò non constatai personalmente». D.R. «Escludo che il padre del Ferreri facesse parte della banda Giuliano». D.R. «Non mi risulta che dopo l’amnistia dell’Evis Giuliano abbia mantenuto rapporti con persone insospettabili». D.R. «Dopo di me all’Ispettorato ci fu Coglitore, poi Modica, poi Spanò, poi Verdiani» D.R. «Non ricordo i nominativi dei componenti la banda Giuliano». D.R. «Esiste un rapporto intorno alle bande armate dell’Evis ed all’attività da esse spiegate, rapporto redatto dal nucleo centrale alle mie dipendenze». D.R. «Sono a conoscenza dei nomi in esso compresi, può darsi che l’elenco contenuto in detto rapporto non sia completo e non comprenda tutta la materia, essendo potuta qualcosa essere sfuggita e qualcosa sopraggiungere». D.R. «Non ricordo il nome di Genovesi Giovanni tra i confidenti della polizia, né so se egli sia stato interrogato dal colonnello Denti». A domanda dell’avv. Crisafulli, risponde: «Per il fatto di Portella venne in Sicilia un Ispettore generale del Ministero, come di solito avviene quando succedono fatti di una certa rilevanza». D.R. «Detto Ispettore riunì tutti gli organi di polizia in questura e poiché ogni organo comunicò i risultati delle indagini svolte, l’Ispettore volle che le varie attività fossero coordinate e quindi, senza esautorare e sostituire alcuno, dette la direzione al questore Giammorcaro al quale doveva essere comunicata ogni attività degli organi di polizia. Tutto ciò per quanto riguarda i fatti di Portella». D.R. «Mi fu detto che il Ferreri fu operato di appendicite». A domanda dell’avv. Sotgiu, risponde: «Non mi risulta che al Ferreri sia stata rilasciata una tessera intestata a Salvo Rossi, autista del colonnello Paolantonio». A domanda dell’avv. Crisafulli, risponde: «Parlando di un rapporto Coglitore mi riferivo solo al rapporto firmato dal maresciallo Lo Bianco relativo ai fatti di Portella» A domanda del Pisciotta Gaspare, risponde: «Escludo di essere stato io a consegnare i mitra al Ferreri, né mi risulta che ciò sia stato fatto da qualcuno dell’Ispettorato. A quell’epoca avevamo penuria di armi». Il Pisciotta aggiunge: «I cinque mitra servirono per l’azione di Portella, secondo quanto mi disse Ferreri». Dopo di che il Presidente rinvia la prosecuzione del dibattimento all’udienza del 23.7.1951 ore 9,30. Calogero Taverna a 21:57 Link a questo post

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