sabato 14 febbraio 2015

La nostra massima virtù è l'accidia

 
 
LETTERA A MIO NIPOTE CHRISTIAN
 
 
Caro Christian tu sei l'omega di questo ramo dei Taverna, discendenti dal nostro catabisnonno MICHELE a fine Seicento traslatosi da Grotte a Racalmuto, io sono l'alfa pronto all'eterna dipartita. Ti lascio un paese che tutto intero vuol consegnarsi alla cultura TASCIA, tanto opposta alla nostra. Noi spendaccioni ed allegrotti, vernacoli verseggiatori in rima, che il flagello ce lo lo battiamo addosso sarcastico dissennato disincantato; loro, i nostri vicini sempre intenti al guadagno, all'utile, all'insaziabile arricchimento e Cristo! se ci riescono. Per mia fortuna ho troppi anni addosso come mi strilla la scomprsa SU SAN per dover subire l'ignominia di tale incestuoso obbrobrio. A me va di essere solo Paraccaro fiero di sé fors'anche MUCCARUSU come ora va poetando l'abile e sardonico Jhonni. Un suo catabisnonno nel secolo cinquecetesco aveva scelto dimora superiore al Monte, era soldato e faceva talora da vigile sentinella. Lui e i suoi discendenti divennero intisi SINTINEDDRA. E questo salace pronipote, ora SINTINEDDRA nostrano a rime vernacole colte e dissacranti ci punge e ci sprona. Ma inutilmente. La nostra massima virtù è l'accidia.Non svegliateci mentre assoporiamo i nostri saporiferi sonni politici. Ci basta riddiliare tra l'AGORA' e BS. Emilio fingenso sussiego, prono a CONTI panormitani, sperando nella ciucesca provvidenza ci traghetterà, a noi "erba abbaricata alle rocce" come il nostro più grande aedo della disperazione cantava.

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