giovedì 25 febbraio 2016

Calogero Taverna
Il mio LA DONNA DEL MOSSAD non ha finale. La vicenda dura ancora. Credo che si concluderà il giorno della mia morte. Ma una chiusa ce l'ha già, eccola:

Il prosieguo dopo, a suo tempo e luogo …. Se dio ed i troppi miei anni me lo consentiranno.

Grazie comunque!

“Fa alta letteratura di certo Sciascia quando scrive in Occhio di Capra:
«Isola nell’isola, ...la mia terra, la mia Sicilia, è Racalmut...o.. E si può fare un lungo discorso su questa specie di sistema di isole nell’isola: l’isola-vallo .. dentro l’isola Sicilia, l’isola-provincia dentro l’isola-vallo, l’isola paese, dentro l’isola-provincia, l’isola-famiglia dentro l’isola-paese, l’isola-individuo dentro l’isola-famiglia ...». Un discorso questo che oggi si può leggere persino nelle banali riviste patinate del tipo “Meridiani”. Se il passo ha un valore metafisico, filosofico, di incomunicabilità esistenzialistica, non oso addentrarmici, ma se vuol essere nota storica su Racalmuto, ebbene mi pare proprio inattendibile.
La Racalmuto - quella del Cinquecento, quella di prima e quella di dopo - è solo uno scisto della storia ma tutta quanta vi si riverbera. Se leggo il magistrale libro di Fernando Braudel su “Civiltà e Imperi del Mediterraneo nell’età di Filippo II” e nel frattempo trascrivo carte, diplomi, atti notarili, ‘riveli’ e simili del Cinquecento racalmutese, scatta un’assonanza sorprendente: le linee e le scansioni della storia mediterranea trovano eco, conferma, oppure una riprova o un completamento o una specificazione proprio nel nostro paese, nelle appannate note delle sue vicende.”
Da “QUESTIONI E PROBLEMI DELLO SVILUPPO DEMOGRAFICO DI RACALMUTO NEL XVI SECOLO” di Calogero Taverna : conferenza del 18 giugno 1995alla Fondazione Sciascia, l’unica consentiagli dai maggiorenti sciasciani, racalmutesi e non].

Postfazione finale

Uomini, cose, vicende, racconti omonimie sono tutti totalmente immaginari: sogni di un vecchio demente. Mica lo si può scomunicare per questo. Le vicende più oscene rassomigliano più a sogni erotici, delizia di ermeneutica esistenziale di psicanalisti di Vienna e dintorni, che davvero confessioni criminali. Se risorge questo o quello, potrebbe ravvisarvi la parodia di qualche suo gongolante racconto. Ma per quanto ne so, tutti costoro sono morti e sepolti da tempo: come possono reagire? Ma quando lassù (molto improbabile) o laggiù (probabilissimo) mi quereleranno presso il padre eterno, o mi giubileranno vieppiù (bello ‘sto termine vetero-burocratico) presso Lucifero o Mammona (molto più pertinente alla retribuzione del mio lavoro) o Mefisto (demone a me caro per quella faccenda del Faust, dato l’approssimarsi del mio ottantesimo anno di vita), oppure un demone blasfemo (corteggiavo mia moglie sussurrando con Heine: è il giorno del giudizio, i morti risorgono all’eterna gioia o all’eterno dolore: Abbracciati insieme non ci curiamo di nula, né di inferno, né di paradiso).

Suppongo che le disincantate Mariucce del mio paese non rimarrebbero insensibili a siffatti afflati romantici. Certo non detti da un vetero-vecchietto, quale oggi io sono. Non temo Eros: io e Desario eravano considerati due monogami irriducibili dell’ Ispettorato Vigilanza di Bankit. Quanto agli altri, beh! Lasciamo perdere: l’ora erotica in fin dei conti l’ha inventata un capitano di lungo corso, finito a capo dell’istituto ispettivo.

Se continuo, va a finire che disvelo il vero che ho tentano di dissimulare. Se qualcuno è ancora vivo e si riconosce (cosa impossibile) in qualcuno dei sopra estesi apologhi allusivi particolarmente sfottenti, per cortesia, non si inalberi troppo. Tutto quanto è scritto qui è solo frutto di fantasia. Tutto è assolutamente immaginario (volevo dire irrealissimo e uomini e cose e fatti sono del tutto immaginari: Se qualcosa di vero dovesse emergere è per mera e semplice coincidenza e da parte mia sottoscrivo le più ampie scuse). Ma non esagero? Quello che è indubitabile è il fatto che inizio, prosieguo e fine di questo ampolloso, insenso, vacuo raccontino, si esauriscono oltre un settennio fa. Come si dice sono cose datate e superate dallo sconvolgente decorso di quest’ultimo decennio. Berlusconi se ‘nnè ghiuto. V… aspetta la rivincita. Grassone suona la grancassa a Londra. Qualche arcivescovo è sepolto. Qualche cardinale resiste ma non conta più niente. Un paio di banchieri si sono fatti suicidare. I cambi ora non sono né fissi né flessibili. Quattro o cinque Governatori sono ruotati, taluni melanconicamente, tal’altri gloriosamente, tal’altri ancora senza infamia e senza lode, uno scandalosamente infilzato dai poteri forti – adirati per il suo lungimirante vade retro satana rivolto alla moneta unica, un signorino non autoctono è passato a miglior vita all’estero.

Ed allora perché questo racconto? Perché non è consentito ad un vecchietto, privo di lussuriose rimembranze, di raccontarsi immaginarie oscenità finanziarie a suo uso e consumo? O orecchie di caste fanciulle non leggetemi: vi annoiereste e forse un tantinello arrossireste. O voi preti, spesso birichini, leggetemi, divertitevi e poi anche scomunicatemi: per la bruciatura però non c’è più il braccio secolare cui consegnarmi.

Ogni riferimento a fatti e persone reali è meramente casuale. Questo è sicuro.



INDICE

Prefazione (quattro righe, tanto per dire).

CONCOMITANZE

Capitolo secondo - L’osceno collega di Aurelio

Capitolo III - Cavatieddi cu sucu di cuniggliu sirbaggiu, ficatieddi e sanzizza agliannariata ed antri cosi bboni

Capitolo IV - I QUAQUARAQUA’
CAPITOLO QUINTO - Incupito, Meluccio

Postfazione finale


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