sabato 20 febbraio 2016

rima baciata o meno, quaestio diabolica. Dante Alighieri apre il venticinquesimo canto della Divina Commedia (Inferno, versi 1-3[6]) così:
« Al fine de le sue parole il ladro / le mani alzò con amendue le fiche, gridando: "Togli, Dio, ch'a te le squadro!". »
Cito Dante Alighieri e mi salvo il collo, la giro al femminile del fico e non temo di quella pira l'orrendo fuoco essendo molto caustica quella via che porta a Sant’Erasmo come successe nell'invenzione tutta sciasciana a fra' Diego La Matina.
Caro Antonio , sto scoprendo che sia che sia cunnu che sia sticchiu, stu pirripipacchiu - iu lu scrivu. con due erre come lo si dice in quel del mio paese, tu lieve e vezzoso per essere alla pari del Barone caro a Carmelo - mi pari sulu cosa nostra di Racarmutu
specie ora che avendo perso voi la Fratellanza siamo noi fradigati ad avere il sacro romano impero di cosa nostra: piripacchiu o come dico io così come diceva ma zzi Vicienzu non lo trovo o non la trovo in nessun dizionario vernacolo e in nessuna wikipedia e simili.
Noi che il maschile lo diciamo per vanteria al femminile (minchia) e il femminile al maschile – sticchiu - ma offendiamo aggettivando "ddra sticchiuta di so ma" non potevamo che inventarci un onomatopeico pirripipacchiu tutto al maschile non per accordo con minchia, ma perché sempri cosa da masculu è, senza pudori e di norma senza voler provare ciò che la donna prova ( chiddri nantri li chiamammu 'arrusi).
A tia mi sapi ca ssi versi quarchi racarmutisi ti li'nsignà.
E non fare come i miei paesani che senza nulla sapere mi devono pure insegnare cosa è la Centrale dei Rischi cui ho prestato i miei servizi in via Venti Settembre qui a Roma costeggiando il Quirinale.

Nessun commento: