mercoledì 23 marzo 2016


Ricevuto il dottor Cantarella, la placida, materna, parruccata e pia dottoressa TARANTOLA non si sarà potuta grattar la testa per non guastarsi la recente sistemazione capelluta. Si sarà domandata: ma cosa è questo secondo pilastro? Qui la lingua è italica, ma il senso è oscuro, più di quanto avrebbe ammesso il competente filosofo greco circa il dovere dell’intellettuale di non essere di facile percettibilità.

Ancora non avevo pubblicato il magistrale trattato del dottor Grossi. Perché allora sì che la dottoressa Tarantola non avrebbe avuto ambasce di sorta.

Il secondo PILASTRO di basilisca confettura eccolo:

 

 

 

 

 

 

1)            Primo pilastro:

richiesta di un capitale minimo  in funzione  del tipo di rischio.

2)            Secondo pilastro:

supervisione.

3)            Terzo pilastro:

Trasparenza informativa.

 

Ma perché doveva tanto affliggersi la signora Vice Direttrice Generale (prima e credo ultima donna che sia potuta accedere al Direttorio di palazzo Koch) con ‘ste faccende muratorie?

Perché questo aveva il Cantarella eccepito sul MPS:

«… tali politiche – associate a una dinamica commerciale che, nel primo semestre del 2010, ha generato fabbisogni in eccesso al budget – hanno impattato sulla situazione di liquidità, con effetti significativi sul livello delle attività disponibili e del funding gap. Solo negli ultimi mesi sono stati avviati interventi volti a correggere tali tendenze e a riallineare agli obiettivi l’evoluzione di impieghi e raccolta diretta.

I rischi finanziari di secondo pilastro così assunti non hanno trovato adeguata evidenza nel recente resoconto ICAAP (dove, ad es., sono state giudicate di grado basso le alee di tasso) e nelle stime dei fabbisogni di capitale interno)

 

Diciamo una cosa: dormo o son sveglio? Preliminarmente, per capirci un po’,  prendiamo il dizionario inglese. Budget è termine frusto e tutti crediamo di sapere cosa significhi; ma da sacco, fascio e bilancio dell’origine linguistica anglosassone e il significato eleusino di questa modernissima vigilanza econometrica ce ne corre. Solo che l’ispettore Cantarella mica tanto chiaro ci appare qui. Occorre conoscere la retrostante disciplina di settore. Io ad esempio, vecchia vecchissima scuola, non la conosco e non ho voglia alcuna di conoscerla. Ma son sicuro manco la Tarantola vi ha dimestichezza. Quando la incrociai nel 1980 in quel di Milano balbettava sì e no quegli schemi ispettivi alla cui conformazione ebbi ruoli non proprio secondari. Tutto al macero: ora o parli inglese e sei addentro al testo della francese sposata marocchina di cui parla il mio carissimo Lillo di Racalmuto pure in questo blog CONTRA OMNIA RACALMUTO o la dimensione e i trabocchetti di codesto budget non li afferri. Non credo che nell’ottobre del 2010 la Tarantola si fosse tanto profondamente convertita alla nuova mistica ispettiva di quasi terza generazione basilisca. 

Di cosa ciancia quindi il signor Rizzo quando fa scrivere ai giornali:

«Non sono io il supertestimone ma la dottoressa Tarantola» - dice Rizzo -, l'ex vicedirettore generale della Banca d'Italia che nel novembre 2010 lesse la relazione dei propri ispettori su Mps non trovando nulla da eccepire. Di diverso avviso sembra essere la Procura di Trani, orientata all'archiviazione della posizione dell'attuale presidente Rai.

Rizzo attacca anche il ministro delle Finanze, Vittorio Grilli, per non avere saputo spiegare le responsabilità politiche e istituzionali sui buchi nei conti Mps. Riserva infine due siluri all'operazione Casaforte - approvata dalla Vigilanza - e secondo lui volutamente tenuta sotto traccia, e ai Monti bonds, operazione di «trasferimento di ingenti capitali dall'economia reale e dallo Stato alle banche con la complicità dei loro amici» e il più grande derivato stipulato a danno del contribuente italiano.»

Una cosa è certa: la Tarantola, candida, può presentare queste sette paginette ai giudici e dir loro. Questo mi è stato riferito e di conseguenza ho agito. Il sig. Rizzo parla di cose che non sa ovviamente. E’ consapevole della mia assoluta estraneità ai fatti per pensare a delitti calunniosi?  Roba da ultrasofistici legulei.

Altro inghippo anglosassone: funding gap. GAP, il mio dizionario mi dice: breccia, apertura, fenditura. Credo che debba passare oltre. Allora forse: lacuna, divergenza. Dobbiamo forse andare oltre per interpretazioni derivate, analogiche, astratte. I miei studi danteschi del liceo classico di sicuro una mano di aiuto me la danno. Ma sia chiaro: la prima interpretazione è quella letteraria.

Accoppiamo e ci saranno molte più probabilità  per capire. Funding: forse dovrei derivarlo da to fund come dire “consolidare, investire in titoli di stato”. Mi sa che non ci azzecca proprio. Dal contesto forse (e sottolineo FORSE) l’ermeneutica ardua ed ondivaga ci porta a seguire il Cantarella, in uso pendulo,  giudizi sugli equilibri nelle occorrenze di liquide di quel colosso che è il monte dei paschi di Siena. Avrei voglia di gridargli Ragazzino, ne ultra crepitam.

 

 

Ricevuta una siffatta dissolvente censura cosa restava da fare alla Tarantola? Dobbiamo rispondere?

 

No!, riprendiamo il filo del discorso non sul nominalismo – che pure era branca non spregevole dei corsi liceali di filosofia – ma sulla praxis, sulle cose. Il buon Cantarella, traghettato il periglioso pelago del sostegno dei titoli pubblici che crede di esorcizzare con denominazioni sfuggenti come “titoli gavernativi nazionali” e dimentico forse che la BI sempre banca di stato è e quindi un invito alle banche coassiali a non permettere il tracollo delle quotazioni del debito pubblico, scivola e di brutto in una smemoratezza istituzionale. Qualcuno - e costui di legami al suo istituto ce ne aveva tanti come tanti ne aveva con i suoi conterranei  -  non poteva essere immune da “pressioni” nel 2008 quando vigente l’art.   57 del nuovo TULB qualche operazione di imperio l’ebbe ad orchestrarla. E via nazionale 91 e il direttore generale e tutta la vigilanza amministrativa non potevano non avere fatto bordone. Dirottare all’estero 9 miliardi di euro non era una bazzecola. I contraccolpi su tutti i funding gap e su ogni budget di questo mondo sono onde che non si esauriscono nel poetico spazio di un mattino. Chi fa kamasutra senza mai aver visto quella cosa può andare a raccontare e censurare tutte le scemenze di questo mondo, ma chi da vice direttore generale con delega alla vigilanza dopo la dipartita del compianto onnisciente Desario (il difensore in parlamento dei derivati, anche sottoscritti dagli enti pubblici territoriali anche quelli appioppati  dall’euforia tremontiana persino al periferico Grotte della periferica Sicilia) sa bene le cose, cosa le resta da fare? Fare applicare una sanzione amministrativa, un pizzicotto cioè o tre pater ave e gloria per il confessato peccatuzzo a nome atto impuro da parte di un giovinottello. Ed infatti supponiamo che una sanzione è scattata a seguito di questa mirabolante colpa: “ omessa adeguata evidenza nell’ICAAP”. La Tarantola dovrà andare dal giudice e dire che Lei il suo dovere l’ha fatto; ha imposto (si fa per dire) ai competenti uffici amministrativi  dell’ex feudo di Pietrafesa, le “sanzioni amministrative”. Secondo Rizzo e dintorni cosa doveva fare di più per sciocchezzuole del genere? Doveva chiamare i carabinieri? Non la mandavano in manicomio (oltre a rimetterci pure il posto per incapacità di intendere e di volere?

Calogero Taverna

[segue]

 

 

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