mercoledì 19 ottobre 2016

Vedove derubate: la Facciponti et eziandio la contessa Beatrice Del Carretto et principessa di Ventimiglia

Vedove derubate: la Facciponti et eziandio la contessa Beatrice Del Carretto et principessa di Ventimiglia

 
Sciascia pensa che più che nei "libri e manoscritti" la vera storia di Racalmuto sta "nei sottili e lunghi tentacoli ... della memoria. [Nella] galassia della memoria". E forse ha ragione. E in quanto idealista hegeliano (ma di sinistra) dovrei accedere a tesi cosiffatte di singolare nichilismo narrativo.
Ho sotto mano 'libri e manoscritti'. Raccontano "notizie su Racalmuto". Ci stanno in codesta empirea galassia? Mah! Intanto trascrivo. Chissà!
 
Archivio vescovile di Agrigento - Reg. 1622-1623.. F. 230, f. 231 . Die 24 Januarii 1623
 
eodem - examinis  dirette  Rev. do Arhipresbitero Terre Racalmuti.
In X.sto dilecto.
Semo stati significati da parte di Francisca FACCIPONTI come tutrici delli figli et heredi del quondam Antonino Facciponti suo marito qualmenti li sonno stati arobati un boi et  formentino nello fegho delli Gibillini in questo presenti anno; lo fui arrobato in un ajra nello fegho di Racalmuto multa quantità di formento et anco in d.to fegho li fui arrobbato certi vaxelli di api e nello fegho di Laicolia due arati et arnesi pi maisi e zapati; li fui arrobato nella casa di detta tutrici molta quantità di filato, robbi di lana, robbi bianchi; li hanno stato denegato debiti et nomine debituri et in tempo dello detto q. suo marito. In quest'anno presenti portato certa quantità di formento a conservarlo in casa di amici soi et li hanno denegato. Ci sonno anco denegati et arobati denari et altre robbe, stigli di casa et di massaria. In questo grave danno. In forma  comune ...
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Die 3 settembre VII ind. 1622 [412 v]
 
Rev. Arciprete terre Racalmuti  ....
 
semo stati significati da parte di Donna BEATRICE DEL CARRETTO et VENTIMIGLIA contissa di detta Terra nec non da parti di don VINCENZO LO CARRETTO tutori et tutrici di li figli et heredi del quondam don GER.MO LO CARRETTO olim conti di detta Terra qualmenti li hanno stato robbati occupati ed defraudati molta quantità di oro argento ramo e stagni et metallo, robi bianchi , tila, lana, lino. sita, cosi lavorati, come senza et occupati scritturi publici et privati;  denegati debiti et nome debitori, rubato vino di li dispensi ... (animali grossi  .. ) stigli con arnesi, cosi di casa come arbitrii di fori. In so grave danno prejuditio et .... In forma comuni...
 
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Più che dalla galassia della memoria, da certi pruriti erotici,  distillò poi il Tinebra Martorana, tanto caro a Sciascia, fandonie persino di sapore incestuoso. A pag. 125 del testo di cui disponiamo leggo:"Successe al padre Giovanni nella contea di Racalmuto l'anno 1608 ['Il conte Girolamo II del Carretto'] . Elesse per sua dimora  il nostro Comune e sposò una certa Beatrice. di cui s'ignora il cognome, e da cui  ebbe due figli: Giovanni e Doroteo."
 
Due grosse topiche: come abbiamo visto, della vedova di quel Girolamo "occisus a servo" (?) abbiamo nome e cognome: BEATRICE del CARRETTO principessa di VENTIMIGLIA.  
 
E poi non Doroteo ma Dorotea, una longeva femminuccia di cui abbiamo tante ghiotte notizie.
 
E questi sono i due bei bambini che apprezziamo in un quadro che dicono di Pietro D'Asaro.
 
Quanto alla svista sul cognome della vedova, pensiamo che il giovane medico, famiglio dei Tulumello ed avversario di quel Matrona idolatrato da Sciascia , l'abbia fatta piuttosto intenzionalmente dovendo quadrare i conti con questo suo esilarante passo (pag. 132): "A Girolamo II successe nel 1623 il figlio Giovanni, che contrasse parentado con Beatrice Ventimiglia, figlia di Giovanni I principe di Castelnuono."
 
Manco per niente Beatrice del Carretto principessa di Ventimiglia era la madre di codesto scervellato Giovanni che non mi risulta abbia mai preso moglie, essendogli stata "mozzata la testa" nel 1650 in quel di Palermo per la sua spavalderia di non essere scappato via appena scoperta la congiura del conte di Mazzarino, manco a dirlo per la delazione di un padre gesuita,  peraltro infrangendo un segreto confessionale.
 
Quindi nessun  coniugio tra madre e figlio, nessuna tragedia greca tra le truci mura del castello chiaramontano di Racalmuto e il palazzo carrettesco di Palermo osannato dal di Vincenzo nella 'Palermo ristorata'.
 
E lasciamo al loro destino gli intrugli del Tinebra attorno alle pagine 132 e seguenti.
Intrugli però che coinvolsero e travolsero sino a tarda età il glorioso nostro adorato Leonardo Sciascia.
 
Ho cercato di redimere le topiche dello Sciascia ma la mia gracile e modesta penna nulla può a fronte del robusto pontificare storico del Nanà racalmutenis. 

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