sabato 25 febbraio 2017

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Scissione Pd, scelto il nome del nuovo partito: Movimento Democratico e Progressista. Location freak per il lancio


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DP

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Il nome della Cosa è stato scelto, anche se non c’è ancora il simbolo: Movimento dei Democratici e progressisti. La sigla Mdp, aggiungendo la parola Movimento, per evitare l'effetto Dp (come Democrazia proletaria). Il motivo della scelta, politico, prima ancora dei “sondaggi”, è costruire un ponte verso Pisapia, e il suo “Campo progressista”.
Gli scissionisti, la sinistra che nasce dalla rottura a sinistra del Pd e a destra di Sel, annunceranno il nuovo nome in un set molto particolare, “fricchettone”, e non solo. Ancora a Testaccio, core di Roma, sabato mattina, alla città dell’altra Economia. Posto molte de sinistra, alternativo, dove fece un polveroso debutto a Roma qualche anno fa Beppe Grillo, tra cavalli, animali e cibo alternativo. “Fuori dal Palazzo”, il messaggio simbolico di un’operazione che ha occupato i giornali dell’ultima settimana con la storia dei gruppi, dei pezzi persi e dei tormenti dei singoli: “Vanno divisi i due momenti – dice uno stratega dell’operazione – nel senso che prima facciamo l’iniziativa pubblica a Testaccio, poi all’inizio della prossima settimana i gruppi, perché la politica non è solo Parlamento. E si parte dalla politica, non dai gruppi parlamentari”.
A due passi dal centro sociale “villaggio globale”, Rossi, Speranza e Scotto parleranno del “nuovo inizio”, che però non terremoterà il Palazzo dentro, inteso come governo Gentiloni. Insomma, comunicare, comunicare, comunicare all’esterno il messaggio di un nuovo soggetto politico, una “costituente”, “aperta e plurale”, che rappresenti quella scissione sociale avvenuta tra popolo e Pd prima ancora di quella politica. I “democratici e progressisti” sono in cammino, è il senso dell’iniziativa. La meta dipende molto da quel che accade nel Pd. “Con Orlando si riapre il dialogo” dice D’Alema. Con Emiliano, aveva già detto, pure. Con Renzi ognuno per la sua strada.
Democratici e progressisti, dunque. Nome che non entusiasma, scelto soprattutto dalla Ditta bersaniana. Anche un uomo del Novecento come Massimo D’Alema aveva suggerito una botta di vita, chiamandolo “Articolo 1”, nel senso di articolo 1 della Costituzione: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”. E qui torna la cultura comunista della Costituzione come programma fondamentale da attuare”. Ad Arturo Scotto era piaciuto, tanto che a qualche compagno ha spiegato che democratici e progressisti è il nome dei gruppi, ma quello del partito va ancora definito.
E non solo quello, perché anche la storia dei gruppi è ancora tutta da definire. Spiegano che una ratio c’è: occorreva dare il week ai parlamentari dubbiosi, tipo Enzo Lattuca e Andrea Giorgis, per tornare a casa e confrontarsi coi territori. In verità qualche problema c’è. Il gruppo, al Senato, rivendica autonomia di scelta, senza farla calare dall’alto. Ed è così che è entrata in forse la nomina di Cecilia Guerra, perché un pezzo del gruppo vuole Doris Lo Moro. E non si può correre il rischio che salti “quota 13”, tanti sono i senatori bersaniani. Martedì mattina si decide in autonomia.
Alla Camera, è tramontato il nome suggerito da Massimo D’Alema, il milanese Francesco Laforgia. E, al momento, l’ipotesi più probabile è che si dovrà sacrificare Speranza: “Roberto – dice una fonte molto interna – dovrebbe andare in giro a costruire il partito, ma almeno all’inizio sarà necessario che guidi i gruppi perché l’equilibrio politico è delicato”. Tanto che qualcuno sta valutando un’ipotesi ad affetto, quella di chiederlo a Pier Luigi Bersani. In questa legislatura, mai il Pd gli ha chiesto di intervenire in Aula. Sarebbe una scelta ad alto impatto simbolico, nel paese ma anche in Parlamento soprattutto su un pezzo di Pd.
Equilibrio delicato, il nuovo partito, perché mezzo gruppo non ha mai votato i provvedimenti del governo – i 17 di Scotto – gli altri li hanno votati pressoché tutti. Minimizza Alfredo D’Attorre: “Se riusciamo a spostare a sinistra l’asse del Pd, la base parlamentare del governo si allarga”. Presto arriverà il decreto sicurezza, quello dei “sindaci sceriffi”, contro cui Sinistra Italiana ha fatto le barricate, poi il decreto missioni (il rifinanziamento missioni militari all’esterno), poi a metà aprile il Def. Non sono dettagli, ma provvedimenti che investono il profilo politico e culturale del nuovo soggetto.
Governo, opposizione, spostamento a sinistra, ma fino a che punto si può tirare la corda: “Calma – ripetono – domani è solo il lancio, col tempo si scioglieranno questi nodi”. All’ex Mattatoio domenica, giorno dopo il battesimo dei Democratici e Progressisti, inizia il Carnevale sostenibile, con teatro di strada, laboratori di travestimento e fotografie.

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