martedì 21 aprile 2015

Montedoro e padre Bufalino


La mia notoria imperizia in queste diavolerie informatiche è la colpevole della volatizzazione di un commento anonimo - ma credo che sia del dottore Messana di Montedoro. L’autore crederà che abbia voluto censurarlo perché il post conteneva un appuntino un po’ critico. Manco per niente. Anzi lo prego di rinviarmi il post così lo faccio pubblicare come merita, contenendo note ed osservazioni pregevolissime. Mi chiama storico; mi sento solo microstorico di Racalmuto. Aggiungo che non ho esaltato la figura del “montedorese” padre Giuseppe Bufalino Maranella, ex francescano secolarizzato. Anzi l’ho chiamato “prete quasi durduni”, una categoria quelle dei preti burduna prosperosa in senso negativo tra il 1820 e il 193° a Racalmuto. Un campione fu padre Burruano, i cui figli (persino dotati) gli gridano vicino l’ite missa est: papà chi cciamma ddiri a la mamma: ditici ca cala la pasta ca ora viegnu.

 

 

Il padre Giuseppe Bufalino Maranella, nato in quel di Montedoro e stanziatosi a Racalmuto dopo aver lasciato il convento francescano di Girgenti non lasciò nè scrusciu né sciauru: solo parenti stretti che oggi onorano Racalmuto.

 

 

La Caico in vena di sensazionalismo scrisse quello che scrisse. Non credo che sia stato lo stalliere di lady Chatterley – che ora mi si dice chiamarsi prosaicamente Augello – a parlare male di padre Bufalino. Quello che scrive la Caico di certo ebbe a stizzire Sciascia. Leggere quello che commenta Nanà chiosando il non pregevole testo storico del Tinebra Martorana. Ho allegato la fotocopia del lungo (per Sciascia) acidulo commento, sottilmente sfottente Montedoro (che io adoro). Dissento totalmente da Sciascia. Debbo però giustificare Sciascia: questi di Montedoro lo avevano preso per un chiosatore di piccole paesane cose. Sciascia fu un grande (il mio disprezzo va per i nocini, come dire quelli della noce). Gli volevano presuntuosamente quelli di Montedoro (e questo vizietto ce l’hanno: mancano di autocritica, figurarsi poi l’autoironia!), fagli fare prefazioni a parti o storici o letterari di non eccelsi maestri elementari del loro paese o di codesta sosia anzitempo di Lady Chatterley. Sciascia dribblò e poi infierì. Ho letto qualche altra deliziosa cosa in parodia di una commentatrice della Caico. A Montedoro aveva comunque già dato in Galleria negli anni ’50.

 

 

Quanto ai preti di Racalmuto, aggiungo che uso per celia definirmi CATTOLICO, CLERICALE ma fervente NON CREDENTE (in toto). Si dà il caso che sono nel cuore e nella mente un ghiottissimo mangiapreti. L’altro giorno mi raccontavano che un prete ancora non morto ma manco vegeto nei confessionali è un tantinello sporcaccione. Ad una quasi bambina domanda: ma ti spuntà l’orticello? La quasi bambina non capì e chiese spiegazioni alla famiglia. Aveva padre e fratelli nerboruti; andarono in case del prete vivo ma non vegeto e lo riempirono di botte. Il prete dovette ricorrere alle cure dell’ospedale. Versione dei fatti: dei ladri non solo mi rubarono, ma anche mi picchiarono. Andrà all’inferno per avere detto una bugia grave o perché peccò de sexto et de nono;  qui ci vuole Pietro l’Aretino per avere il verdetto d’insegnamento per i confessori. Solo che non siamo più in quei secoli ove si invocava: sudate o fuochi a preparar metalli.

 

 

SEMPRE A  PROPOSITO DELLA CAICO ED ANCHE PER DIMOSTRARE AL DOTTOR MESSANA DI MONTEDORO E AL DOTTOR LIOTTA CHE SONO PROPRIO DI "TENACE CONCETTO" CHE VUOL DIRE INVECE "TESTARDO COME UN MULU CALAVRISI",  RITRASCRIVO:

 

Della signora Caico, che mi richiama un celeberrimo romanzo inglese con signora insoddisfatta e stalliere pronto a tutto, una cosa apprezzo: le fotografie. Senza la signora Caico non avremmo più alcuna memoria della chiesa accanto al Castelluccio.Una chiesa di grande importanza storica per Racalmuto. Distrutta, pressochè rasa al suolo. Signori che pur vogliono passare per illuminati cultori delle cose della religione a Racalmutohanno colpe imperdonabili. Qiella chiesa la potremo ricostruire, ne faremo una restitutio in pristinum. Cosa centrale per il turismo a Racalmuto, s'intende il turisno d'élitte, e non quello paninaro sporca strade che ci vogliono propinare.

 

 Quelli che dovessero avere foto di quella storica pieve di li castiddara ne facciano pubblicazione, a futura memoria, perché appunto la memoria ha un futuro; è il futuro. Nessun ispse dixit può dissolverlo nelle brume del suo occiduo pessimismo. Noi siamo per la vita, per una ridente Racalmuto. La lugubre REGALPEPRA la laciamo a chi la vuole ed ai contigui pennivendoli.

 

 

 

 E tanto per essere ligio alla trasparenza la più totale, trascrivo anche il dialogo riservato con mio cugino Nicolò Falci da Montedoro.

 

 

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