domenica 28 giugno 2015

Anch'io ho fatto pressioni (inesaudite) a Tano Savatteri, ma non sono né politico né uomo di lettere, sono un semplice pensionato ottantunenne. Rientro anch'io nei recenti anatemi dell'autogiubilatosi presidente del Racalmare?


[Contra Omnia Racalmuto] Viva Rosso di San Secondo


 
 
09/03/2013
 

 
A: calogerotaverna@live.it


Lettera aperta a Tano Savatteri:

 paga il tuo fio, collabora con me per il recupero di Pier Maria Rosso di San Secondo a Caltanissetta,al teatro Regina Margherita di Racalmuto.

Se, quando deceduto, trovassero qualche mio scritto celiante la tua famiglia cosa diresti? Se lo facessi tu con me, mi incazzerei di brutto. Io inizierei con un prete squinternato da Sciascia l’arrendatario don Savatteri e Brutto. E magari ci metterei la diletta tua stazza fisica, richiamando qualche episodio di nonni maneschi. E ovviamente sarei lieve e quasi giocoso. Tu, metteresti in berlina la mia statura non eccelsa. Ma noi siamo uomini d’onore, disdegniamo entrambi i fanciulli discoli di una evanescente Regalpetra e passeremmo oltre. Non così fece un certo Orio Vergani  che a babbo morto , nel 1956 (Rosso di San Secondo  o era morto o stava per morire nel novembre del 1956) si mise a scorticare vivo il letterariamente già defunto suo vecchio direttore Rosso. Tu, caro Tano, nel 2005, quasi mezzo secolo dopo gli vai dietro e risillabi: piccolo, olivastro, il colletto duro stretto attorno al pomo di Adamo … con certi astratti furori, sguardi straniti, dolori cupi, e una specie di nera solitudine: Aggettivi a iosa insomma.  “Aveva conosciuto il dolore: un fratello morto suicida”. E non parli di Sciascia, ma di Rosso di San Secondo . Ancor oggi mi chiedo: chi scrisse per la tomba del diletto fratello quegli strazianti versi latini? Sciascia o la prof. Andronico?

 Ma noi non facciamo erudizione, vero Tano?

Ma emendiamoci. Quanto a Rosso di San Secondo io vetero comunista mi porto l’infamia rossa di un seppellimento di un grande genio siciliano sol perché fu un grande fascistone. Ma sempre genio resta, ad onta dell’estetica desunta da Gramsci ad onta del realismo lukacsiano, ma tu caro Tano pecchi in prima persona. Redimiamoci. Portiamo nel teatrino (che ormai così angusto niente altro è) col suo desueto  nome monarchico “Regina Margherita” (così vollero i racalmutesi)la rivisitazione di tanto grandissimo autore. Facciamo un’operazione culturale. Facciamo recitare a qualche giovane promessa del teatro, con ascendenze racalmutesi, passi sparsi della enorme produzione teatrale del Nisseno; costruiamo una sorta di antologia sulla gracilità dell’esser donna secondo Pier Maria nella Sicilia dell’inizio del secolo scorso. Penso ad eroine  strambe, vaghe, ingenue e peccatrici quali ad esempio la LOTTE del Segno Verde. Ho conosciuto ieri una catanese produttrice cinematografica e teatrale NELLA CONDORELLI che per pochi denari ben si presterebbe a iniziative del genere. A Catania c’e quel nume nascente che ti voleva fare questa estate Podestà di Racalmuto in taluni suoi spunti sul Foglio. Fascista lui, fascista Rosso di San Secondo … io non ho prevenzioni. Un teatrino come quello di Racalmuto a questo è deputato .. ad operazioni culturali senza ritorno economico. E’ il suo vanto, è il mio orgoglio.

Una attrice che scende piumata tra suoni e proiezioni allucinate, ricche di cromatiche sublimità quali ad esempio il mio amico Agato Bruno saprebbe ben dipingere, sepreché il nostro grande Nicolò Rizzo non voglia collaborare, e adeguatamente inquadrata da una scena estrapolata del testo e magari recitata da una filodrammatica quale io ravviso in quella diretta da Turiddu Bellavia di Grotte , avrebbe l’estro di diffondere ambigue domande quali “Chi mi cullava? Faceva il lago dondolare il battello? O c’era altro? come dire la gioia dell’amore, Il dolore della vita.

Racalmuto fa riscoprire Pier Maria Rosso di San Secondo, emulo di Pirandello, grande  “nella sua linea fantastica” … che si proietta e ci proietta “  nell’avventura colorata, nella dimensione onirico-metafisica, quella del delirio,  quella del mito” echeggiando lo scritto incisivo e sagace di Andrea Bisicchia. Altro che Orio Vergani e, permettimi, altro che il SICILIANO ad uso di Gaetano Savatteri.

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