lunedì 4 gennaio 2016


Questa foto storica mi fa molto pensare, molto dice a quel microstorico di Racalmuto quale orgogliosamente mi sento (e nient'altro). Il vestiario è molto emblematico e i pantaloni alla zuava sembrano ancora quelli che facevano inorridire il bisnonno di Tanu Savatteri al Mutuo Soccorso (non aveva altro di meglio da dire?). I taschi poi e soprattutto certi birritta mi richiamano una pagina di Pirandello che qui ho segnalato. Era sicuramente di domenica: il negozio di mio padre in fondo alla piazzetta è chiuso. Vi è poi nel lato dei galantuomini una baracchetta che credo il fascismo imponesse ma nessun bivaccatore: i galantuomini dell'epoca si potevano ancora permettere di vietare il passeggio ai poveri plebei. Di nobile, oltre a un bassotto che credo abbia il paltò, vi è parcheggiata in divieto di sosta (diremmo oggi) la celeberrima balilla dei due o tre che allora potevano permettersela (Matina, donn'Agreliu e penso Giudice, se l'agghiacciante tragedia di quella famiglia non si era ancora consumata). L'abbigliamento e i sorprendenti divari di statura fisica mostrano surfatara e salinara che la domenica pomeriggio (peraltro piovosa come testimonia uno dei primi e solitari soggetti che si vede nel pianerottolo da cui discendere a lu chianu castieddu) fotografano una antropologica realtà racalmutese di gente o in corte giacchette o in strani pastrani o mantelli. Grande patetica realtà della nostra genuina ed ancestrale umanità racalmutese. Viva Racalmuto tutta schietta senza parrocchie e senza soprannomi devianti.

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