martedì 3 maggio 2016

Premetto che la mia "ciavatta" è traduzione in vulgo sciocco del nobile latino Crepida, ae (sf.), pianella, sandalo (sutor - alias Della Valle - ne ultra crepidam). - Quanto sopra? C.V.D. come volevasi dimostrare. Ovviamente la serie di miei assiomi imbattibili, da giudizio universale sia pure senza le famose braghette. Ma tralascio. Cito beffardo per le cultrici dei fiori spontanei o dei fiorellin del prato, vecchio mio ardire sbeffeggiante: " Il parco non ci accoglie. Anzi. Eden degl'indifferenti [notare questo aulico apostrofo, ndr] , catalago in bianco e nero per avventori botanici senz'anima [azzeccato, ndr] è lì, distante dalla sua identità originale, fisso e ostile nella propria imitazione [il mistero del chiaro capovolto, ndr]. / Gli alberi si allungano sottili come lische infinite, ordinati in file doppie verso il cielo mono tono. [labirinto dell'immaginifico femminilmente asessuato, ndr] Rare panchine in ghisa disposte simmetricamente sul prato di moquette grigia, raccontano l'assenza [coincidentia oppositorumm ndr]./ Interrompiamo i riti scaramantici ......" [Ornella Pennacchioni - Il Dispiacere Solitario ... pag. 34] GONGOLO, ho ragione!

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