domenica 21 gennaio 2018

Sciascia, invero, un altro rovello microstorico me l'aveva inflitto quando nel suo Le Parrocchie di Regalpetra, in esordio, osanna i 'marchesi di Sant'Elia'. Ricordate? "Con lui (per Nanà, il terzo Girolamo, aggiungiamo noi: Del Carretto) si estingueva la famiglia, l'investitura  passava ai marchesi di Sant'Elia, ancor oggi i borgesi di Regalpetra  pagano il censo agli eredi dei Sant'Elia;. ma certo fu una grande riforma quella che i Sant'Elia fecero centocinquanta anni  addietro, divisero il feudo in lotti, stabilirono un censo  non gravoso, la piccola proprietà nacque litigiosa e feroce; una lite per confini o trazzere fa presto a passare dal perito catastale a quello balistico, i borgesi hanno fame di terra come di pane, e ciascuno cerca di mangiare la terra del vicino, come una talpa va rodendo i confini, impercettibilmente ogni anno li sposta: finché la contesa civile non scoppia, e spesso si rovescia nel penale. Per un albero che veniva su dal limite  di due proprietà  c'è stata una vicenda giudiziaria che si è trascinata per quarant'anni, quello che aveva più fiato la vinse quando dell'albero non restava che un tronco scheggiato".

Sulla pretesa riforma agraria dei Sant'Elia non ci pare che dopo Sciascia ci sia più tornato. Quanto agli usi e costumi dei villici racalmutesi possiamo affermare tutto vero sino ad una trentina di anni fa. Oggi vi è troppo abbandono delle terre per far nascere di simili testarde contese, oltretutto molto dispendiose.

Oltre ai nostri dubbi catastali, a non credere alla riforna di Sant'Elia è stato un libello che si trovava nella sagrestia della Matrice. Ve lo teneva mons. Casuccio nel dossier di controversie minerarie di suo padre.

Il libello relativo s'intitola: DIFESA  - CALOGERO CASUCCIO & C.  - CONTRO - I PRINCIPI TRIGONA DI S. ELIA.   - Girgenti - Stamperia Montes.

Questi i fatti secondo quella memoria difensiva: " I Principi Trigona di S. Elia da Palermo, dicendosi rappresentanti di D. Giulio Antonio Giardina e Grimaldi, Principe di Ficarazzi  e Barone di Gibellini, con atti del 26 luglio e 13 agosto 1892 tradussero in giudizio gli eredi di un contadino, Giuseppe Casuccio da Racalmuto, chiedendo il rilascio  di una solfara esistente in certe terre dell'ex-feudo Gibellini possedute a titolo di enfiteusi. Allegarono a fondamento di codesta domanda che il principe di Ficarazzi, per atto del 30 gennaio 1798, aveva concesso  in enfiteusi al reverendo D. Nicolò Tulumello l'allora feudo di Gibellini, con riserva però del sottosuolo; che il Casuccio, avente causa dal Tulumello per atto del 25 luglio 1844 aveva stipulato il rogatorio riportandosi a tutte le considerazioni scritte nella concessione originaria del 1798; e che gli eredi  di lui, dimenticando la riserva del dominio, avevano aperta  una zolfara nel sottosuolo delle loro terre enfiteutiche. Indi la rivendica.
"In verità i Casuccio non possiedono, nell'ex-feudo Gibellini, che due tumoli di terra: e l'ex-feudo  è in parte grandissima coltivato a zolfara dai vai possessori delle singole partite, I signori di S, Elia non limitano ai Casuccio le loro pretese. Hanno tradotti in giudizio parecchi altri enfiteuti che si trovano nelle medesime condizioni. E questo ancora non è che una avvisaglia. Le mire dei signori di S. Elia si rivolgono al sottosuolo dell'intero feudo; vale a dire più  che 900 salme di terre dell'antica misura, tutte zolfifere, che corrisponderebbero nientemeno a 1572 Ettare!
"La causa del Casuccio, prima in ordine di tempo, sarà la prima decisa, e servirà di norma per la discussione delle altre. Onde il Tribunale vede l'importanza  veramente straordinaria della causa presente. Dicesi con insistenza che i signori di S. Elia, già magnati ricchissimi, ridotti indi a mal partito per le sconfinate spese di una vita più che principesca, vogliano oggi tentare una risorsa estrema per rinsanguare lo esausto patrimonio. Si sarebbero perciò affidati alla sagacia di sottilissimi amministratori, i quali, rovistando gli archivi di famiglia, specularono di lanciare una prima domanda di rivendica contro contadini ignari e sprovvisti di documenti, per isbigottirli e conculcarli. e trarne poi partito per le domande avvenire. Sarà vero? Una sola cosa si può affermare che, cioè, la fortuna non arrise gran fatto ai desiderii dei principi di S. Elia, perché l'antica bontà dei Baroni Tulumello di Racalmuto. non ismentendosi ne meno questa volta, fu pronta a soccorrere in quel che poté  questi poveri contadini Casuccio; ed in grazia delle informazioni e dei documenti da quei signori apprestati, i Casuccio sono oggi in grado di respingere vittoriosamente le pretese . così riboccanti d'ingiustizia, dei signori Trigona di S. Elia-"
   Calogero Taverna

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