sabato 8 giugno 2013

Sofocle Edipo Re

Povero me, io mi dannerò. Non c'è rimedio. Edipo Re mi condanna. E Sofocle non erra.

CORO
Mi sia dato serbare reverente purezza,
di atti e di parole,
secondo le leggi che vigono eccelse,
nell'alto cielo generate.

L'Olimpo soltanto ne è padre
non le produsse
parole di uomini effimeri, né mai
oblio le assopirà.
Vive in esse un dio possente
che non invecchia.

La dismisura genera il tiranno,
la dismisura, se ciecamente
in eccesso si sazia
senza cura del bene e dell'utile,
una volta ascesa agli spalti supremi,
precita in un fato scosceso,
doveappoggio no ha di valido piede.
La lotta che giova alla città
prego il dio
che mai vogli sopprimere;
e il dio non cesserò
di avere a mio patrono.

Chi a vie di superbia
con parole con gesti si volge,
e Dike non teme
e non venera i simulacri degli dei,
destino sinistro lo colga,
per il suo fasto miserabile.
se guadagno, non guadagnerà
secondo giustizia,
se da sacrilegi non si asterrà
o se vaneggiando
toccherà l'intagibile.
Chi allora vantarsi porà
di stornare dalla sua vita
gli strali degli dei?
Se questo agire è in auge,
perché ancora danzare dovrei?

Mai più, devoto pellegrino,
andrò all'ombelico inviolabile del mondo,
né al tempio di Abe,
né ad Olimpia,
se queste cose
tutti gli uomini concordi
non mostreranno a dito.
Ma tu, dominatore,
se rettamente così sei chiamato
o Zeus signore del mondo,
non sfugga questo a te
e al tuo potere sempiterno.
Dispregiate ormai sbiadiscono
le antiche profezie d Laio,
Nè in alcun luogoalcuno di onori è insigne
Apolo.
Muore il culto degli dei.

Nessun commento: