Io sono con D'Alema
Pd, ecco la lista D'Alema. Ma Bersani si sfila
L'ex premier rilancia in tv: "Se non fa il congresso, è Renzi che spaccherà tutto". La rete del nuovo partito: Emiliano, prof del No, ex Ds. Corte a Bassolino
di TOMMASO CIRIACO
Pd, ecco la lista D'Alema. Ma Bersani si sfila
Massimo D'Alema (ansa)
ROMA - La scissione è adesso. O meglio, arriverà quando Matteo Renzi chiederà elezioni senza cambiare prima la legge elettorale: "La reazione - promette Massimo D'Alema - dovrebbe essere quella di preparare un'altra lista a sinistra, che supererà sicuramente il 10% dei voti. Senza un congresso, sarà lui a rompere". Un nuovo passo verso la frattura è compiuto. Proprio nel giorno in cui Francesco Boccia, a nome di Michele Emiliano, lancia un referendum tra gli iscritti per un'assise anticipata e pianifica una consultazione parallela sui social con un quesito fotocopia: "Non è meglio scegliere prima il segretario e poi tornare al voto?". I puntini della strategia della minoranza, insomma, iniziano a unirsi. E disegnano un big bang che minaccia il segretario dem, convinto però di poter recuperare l'ala bersaniana alla causa. "Io sto girando l'Italia per la mia candidatura alla guida del Pd - si mantiene cauto Roberto Speranza - E sto combattendo la mia battaglia dentro il partito".
Alla vigilia del raduno al centro Frentani, un sms di un professore universitario fa sorridere D'Alema. "Ecco - lo mostra agli amici - se anche personalità moderate sono così arrabbiate con Renzi, vuol dire che la scissione dobbiamo farla per davvero". E in effetti il PdD - il partito di D'Alema - è qualcosa più di una bozza. Uno spazio a sinistra, ha verificato Ipr-Tecné, può puntare all'11%. Se fosse guidato da Emiliano, è opinione dell'ex premier, potrebbe addirittura puntare più in alto: "Michele ha tanti difetti e magari non sarà il leader ideale della sinistra per atteggiamenti e convincimenti, ma è una brava persona e può recuperare molto nel confronto con i cinquestelle".
Tutto nasce con la stagione dei comitati per il No al referendum. "E però - ricorda l'eurodeputato Massimo Paolucci, mentre recluta truppe - quando abbiamo iniziato quella campagna sembravamo dei pazzi, mentre adesso il clima è cambiato". Di ceto politico al fianco del leader ne è rimasto pochino. Oltre a Paolucci, il parlamentare europeo Antonio Panzeri e il senatore Paolo Corsini. Agli ultimi summit si sono visti Pietro Folena, Valdo Spini, il professor Guido Calvi e Cesare Salvi. Antonio Bassolino no, mentre sono stati avvistati due storici bassoliniani come Michele Caiazzo e il sindacalista Cgil Michele Gravano. Un segnale, utile a colorare la mappa d'Italia con qualche puntino rosso.
In cima alle speranze di consenso c'è naturalmente il Sud. "In alcune regioni - ragiona D'Alema - possiamo prendere più di Renzi. Anche perché nel Mezzogiorno il Pd ha raccolto il peggio degli ex cuffariani e cosentiniani, mentre la gente per bene se ne va". Non solo Meridione, però: i dalemiani indicano sacche rosse in Lombardia e Veneto. In quest'ultima regione, in particolare, si prova a convincere Flavio Zanonato a partecipare all'avventura. Ma è la Puglia il cuore pulsante della scissione. L'assalto alla segreteria da parte di Emiliano è in corso, le firme per un referendum interno saranno raccolte nelle prossime ore. "E Renzi non riuscirà a reggere pubblicamente un rifiuto - confida ai colleghi Francesco Boccia - Mica siamo la Casaleggio associati...".
Molto si muove, dalle parti del Pd. Nessuno sottovaluta il segnale che arriva dalla Francia, dove la scalata dell'outsider socialista fa sognare D'Alema e gli avversari dell'ex premier. Chi però preferirebbe affrontarlo restando nel partito sono soprattutto i bersaniani, consapevoli dei rischi della concorrenza interna delle altre sinistre dem. "Hamon è un altro Davide contro Golia che ce la fa - giura Speranza - E io penso che serva un congresso e un momento di chiarezza prima delle elezioni". Si vedrà. Di certo l'ex capogruppo ha ripreso a sentirsi con il Nazareno. E Pierluigi Bersani continua a frenare i suoi. Non minaccia scissioni, pur invocando una profonda
discontinuità. L'importante, ha spiegato ai fedelissimi, è non restare vittima del "divide et impera" di Renzi nei confronti della minoranza. Una tecnica già sperimenta in passato dal leader, ha ricorDato l'ex segretario, "con ottimi risultati".
Pd, ecco la lista D'Alema. Ma Bersani si sfila
L'ex premier rilancia in tv: "Se non fa il congresso, è Renzi che spaccherà tutto". La rete del nuovo partito: Emiliano, prof del No, ex Ds. Corte a Bassolino
di TOMMASO CIRIACO
Pd, ecco la lista D'Alema. Ma Bersani si sfila
Massimo D'Alema (ansa)
ROMA - La scissione è adesso. O meglio, arriverà quando Matteo Renzi chiederà elezioni senza cambiare prima la legge elettorale: "La reazione - promette Massimo D'Alema - dovrebbe essere quella di preparare un'altra lista a sinistra, che supererà sicuramente il 10% dei voti. Senza un congresso, sarà lui a rompere". Un nuovo passo verso la frattura è compiuto. Proprio nel giorno in cui Francesco Boccia, a nome di Michele Emiliano, lancia un referendum tra gli iscritti per un'assise anticipata e pianifica una consultazione parallela sui social con un quesito fotocopia: "Non è meglio scegliere prima il segretario e poi tornare al voto?". I puntini della strategia della minoranza, insomma, iniziano a unirsi. E disegnano un big bang che minaccia il segretario dem, convinto però di poter recuperare l'ala bersaniana alla causa. "Io sto girando l'Italia per la mia candidatura alla guida del Pd - si mantiene cauto Roberto Speranza - E sto combattendo la mia battaglia dentro il partito".
Alla vigilia del raduno al centro Frentani, un sms di un professore universitario fa sorridere D'Alema. "Ecco - lo mostra agli amici - se anche personalità moderate sono così arrabbiate con Renzi, vuol dire che la scissione dobbiamo farla per davvero". E in effetti il PdD - il partito di D'Alema - è qualcosa più di una bozza. Uno spazio a sinistra, ha verificato Ipr-Tecné, può puntare all'11%. Se fosse guidato da Emiliano, è opinione dell'ex premier, potrebbe addirittura puntare più in alto: "Michele ha tanti difetti e magari non sarà il leader ideale della sinistra per atteggiamenti e convincimenti, ma è una brava persona e può recuperare molto nel confronto con i cinquestelle".
Tutto nasce con la stagione dei comitati per il No al referendum. "E però - ricorda l'eurodeputato Massimo Paolucci, mentre recluta truppe - quando abbiamo iniziato quella campagna sembravamo dei pazzi, mentre adesso il clima è cambiato". Di ceto politico al fianco del leader ne è rimasto pochino. Oltre a Paolucci, il parlamentare europeo Antonio Panzeri e il senatore Paolo Corsini. Agli ultimi summit si sono visti Pietro Folena, Valdo Spini, il professor Guido Calvi e Cesare Salvi. Antonio Bassolino no, mentre sono stati avvistati due storici bassoliniani come Michele Caiazzo e il sindacalista Cgil Michele Gravano. Un segnale, utile a colorare la mappa d'Italia con qualche puntino rosso.
In cima alle speranze di consenso c'è naturalmente il Sud. "In alcune regioni - ragiona D'Alema - possiamo prendere più di Renzi. Anche perché nel Mezzogiorno il Pd ha raccolto il peggio degli ex cuffariani e cosentiniani, mentre la gente per bene se ne va". Non solo Meridione, però: i dalemiani indicano sacche rosse in Lombardia e Veneto. In quest'ultima regione, in particolare, si prova a convincere Flavio Zanonato a partecipare all'avventura. Ma è la Puglia il cuore pulsante della scissione. L'assalto alla segreteria da parte di Emiliano è in corso, le firme per un referendum interno saranno raccolte nelle prossime ore. "E Renzi non riuscirà a reggere pubblicamente un rifiuto - confida ai colleghi Francesco Boccia - Mica siamo la Casaleggio associati...".
Molto si muove, dalle parti del Pd. Nessuno sottovaluta il segnale che arriva dalla Francia, dove la scalata dell'outsider socialista fa sognare D'Alema e gli avversari dell'ex premier. Chi però preferirebbe affrontarlo restando nel partito sono soprattutto i bersaniani, consapevoli dei rischi della concorrenza interna delle altre sinistre dem. "Hamon è un altro Davide contro Golia che ce la fa - giura Speranza - E io penso che serva un congresso e un momento di chiarezza prima delle elezioni". Si vedrà. Di certo l'ex capogruppo ha ripreso a sentirsi con il Nazareno. E Pierluigi Bersani continua a frenare i suoi. Non minaccia scissioni, pur invocando una profonda
discontinuità. L'importante, ha spiegato ai fedelissimi, è non restare vittima del "divide et impera" di Renzi nei confronti della minoranza. Una tecnica già sperimenta in passato dal leader, ha ricorDato l'ex segretario, "con ottimi risultati".
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