Un episodio del locale consiglio comunale desta l’ilare ironia di Leonardo
Sciascia e la corrusca pedanteria di Eugenio Napoleone Messana: l’attribuzione
della cittadinanza onoraria nel 1923 a S. E. Benito Mussolini. Annotata
Sciasca: (20 )
«Dopo il declino dei Lascuda [vale
a dire dei Tulumello, n.d.r.] si formarono due fazioni guidate da
professionisti, dominavano i medici, ché allora diversa era la professione del
medico, a Regalpetra [alias Racalmuto, n.d.r.] dico; [...] Le due fazioni elettorali
non si distinguevano tra loro né per colore politico né per programmi; l’unica
distinzione stava nel fatto che una fazione lottava senza la mafia el’altra
alla mafia si appoggiava, le possibilità di vittoria stavano dalla parte dei
mafiosi, ma un risultato imprevisto poteva avvenire che scattasse, sicché i
mafiosi non giuocavano aperto pur gettando tutto il loro peso su una parte. I
socialisti, come si dice delle puntate a cavallo nel baccarà, quando il banco né tira né paga, non facevano giouco;
l’avvocato [Vincenzo Vella, n.d.r] che al tempo dei Fasci Siciliani aveva
coraggio e speranza, mugugnava amarezza e delusione.
«Questa arcadia da cui ogni tanto
scappava fuori l’ammazzato prosperò fino al 1923, degnamente chiuse la sua vita
con questa deliberazione del Consiglio Cominale:
«”L’anno millenoventoventitre nel
giorno quattordici del mese di dicembre alle ore diciotto. Il Consiglio
Comunale di Regalpetra [Racalmuto, n.d.r.] in seguito ad avvisi di seconda
convocazione, diramati e consegnati ai sensi degli articoli 119, 120 e 125
della legge, si è riunito in adunanza straordinaria nella solita sala
municipale con l’intervento dei signori ..., ed all’appello nominale risultarono assenti gli altri diciannove
consiglieri di cui uno morto, ed essendo in numero legale per validità della
deliberazione ... PROPOSTA -
Conferimento della cittadinanza onoraria a S.E. Benito Mussolini - Il
presidente rammenta all’onorevole consesso la viva lotta che molti Comuni
Siciliani, compreso il nostro, hanno sostenuto presso i passati governi per la
soluzione dell’annoso problema idrico. Finalmente, soggiunge, solo il Governo
Fascista ha saputo sollecitamente e pienamente accontentare i voti di quanti di
quel dono della natura vanno privi. Di fronte a sì alto beneficio, questo
Consiglio Comunale, interprete dei sentimenti di tutto il popolo di Regalpetra,
non potrà diversamente esprimere la sua riconoscenza e devozione al Governo
Fascista che conferendo la cittadinanza onoraria al suo Capo Supremo S.E.
Benito Mussolini - IL CONSIGLIO - a voti unanimie con entusiastiche
acclamazioni, ripetute dal pubblico assistente, ha conferito la cittadinanza
onoraria a S.E. Benito Mussolini.”
«Così sollecitamente e pienamente
il governo fascista risolse il problema idrico che i tubi che dovevano portare
l’acqua a Regalpetra giunsero a questo scalo ferroviario nel 1938, furono
ammucchiati dietro i magazzini, da principio se ne interessarono i ragazzi, per
giuoco vi si inconigliavano dentro, poi l’erba li coprì, restarono dimenticati
nell’erba alta. L’acqua arrivò nel 1950, fu festa grande per il paese. In
quanto agli undici consiglieri che avevano deliberato per la cittadinanza a
Mussolini, un paio restarono nella rete di Mori, gli altri non si iscrissero
mai al fascio, masticarono amaro per vent’anni. In compenso furono fascisti
quei diciotto (facevano diciannove col morto) che risultarono assenti, e si
erano evidentemente assentati per protesta, il giorno della deliberazione.
«Il sindaco quella proposta aveva
fatto per guardarsi le spalle, così si illudeva; dopo il telegramma che
annunciava a Mussolini la deliberata cittadinanza onoraria, un altro ne fece
che denunciava il prefetto come protettore della delinquenza, voleva dire della
delinquenza dei fascisti non di quella della mafia: come un fulmine giunse
l’ordine di scioglimento del Consiglio comunale, fu nominato commissario il
capo dei fascisti regalpetresi. [...]
«Dopo il 23, il diagramma degli
omicidi si avalla; poi Mori, con metodi già noti, ramazzò mafiosi e
favoreggiatori, ma non si creda riuscisse ad estirparli definitivamente,
soltanto nella nostalgia per il fascismo si può credere una simile cosa. Per
quel che io ricorso, e più indietro i miei ricordi non vanno, negli anni più
euforici del fascismo c’era a Regalpetra, nelle campagne intorno, un latitante
cui per comodo tutti i furti e gli incendi di case di campagna, che in quel
tempo furono numerosissimi, venivano attribuiti. Fu messa una taglia sul bandito
(che era un proveruomo che doveva
scontare una condanna per furto, e a costituirsi non si decideva; viveva con le
magre tassazioniche ai galantuomini imponeva); e per la taglia lo ammazzarono,
gli diedero alloggio e poi l’ammazzarono: e il fratello del bandito sparò poi, in piazza e a mezzogiorno,
all’uomo che quel servigio aveva reso alla società, nell’opinione dei
regalpetresi fece giusta vendetta. »
Il Messana (21) spoglia del velo della
fantasia l’episodio ed il contesto storico della pagina sciasciana, e con il
suo solito approccio politicamente fin troppo scoperto, così ricostruisce la
vicenda:
«Il Commendatore Bartolotta, ad un
certo punto, cominciò a sentirsi in pericolo personale e sentì bisogno di
difesa. Era lui il capo gruppo di maggioranza, l’uomo che aveva da tempo un
seguito nel paese e che era riuscito a conquistare il comune nel 1920. I
capipopolo erano il bersaglio preferito dei gregari del fascismo. Da ciò la
persecuzione a Racalmuto e lo sgomento del commendatore. C’era da cercare un
pretesto per allontanare l’occhio grifagno dei fascisti dalla compagine consiliare
del paese. L’occasione sembrò trovarsi allorchè Mussolini, già nelle sue
qualità di capo del Governo del regno d’Italia, s’interessò del problema idrico
della Sicilia. Prima del fascismo erano nati, noi l’abbiamo già visto per il
paese che trattiamo, molti consorzi fra comuni per l’approvvigionamento idrico
delle popolazioni. Tali consorzi però non avevano potuto iniziare la
costruzione degli acquedotti, se non tutti, parte di essi, per mancanza di
anticipazione di fondi della cassa Depositi e prestiti e per le remore
burocratiche nella approvazione dei progetti. A un certo punto Mussolini
promosse una legge che snelliva l’iter per lo sviluppo dei consorzi e ne
semplificava le operazioni di finanziamento e quindi di realizzazione delle
opere. Siccome Racalmuto era un paese già consorziato nelle ‘Tre Sorgenti’,
venne ad essere beneficiato da tale provvedimento legislativo. Il commendatore
Bartolotta, prese la palla al balzo e chiese al sindaco Scimè di conferire la
cittadinanza onoraria del paese a Benito Mussolini. Egli pensava che ciò
avrebbe fatto desistere il prefetto dal perseguitare il consiglio ed avrebbe
anche allontanato le insidie che si tendevano contro la sua persona. Il sindaco
Scimè convocò il consiglio per il 13 dicembre 1923 alle ore 18 con un solo
argomento all’ordine del giorno: Conferimento della cittadinanza onoraria a
S.E. Benito Mussolini per avere risolto l’annoso problema idrico della Sicilia.
«Malgrado le pressioni e le
preghiere di Bartolotta, il 13 dicembre di quell’anno la seduta rimase deserta.
non si potè in modo assoluto raggiungere il numero legale di consiglieri
presente. Il 14 dicembre alla stessa ora ebbe luogo la seconda convocazione.
Non c’era più bisogno delle presenze della metà più uno dei consiglieri in
carica per essere valida l’adunanza, per cui ai sensi degli articoli 119,120,
125 della legge comunale allora vigente, essa ebbe luogo. Il commendatore
Bartolotta aveva personalmente pregato tutti i consiglieri di essere presenti,
molti avevano promesso di accontentarlo, ma all’appello risultarono presenti
solo dieci e precisamente, lui, che venne il primo, il sindaco Nicolò Scimè,
Giovanni Macaluso, Nestore Falletti, Salvatore Falcone, Carmelo Licata, Enrico
Grisafi, Calogero Scimè, Calogero Bellavia e Luigi Messana. Nelle more per
l’inizio della discussione si sguinzagliarono alla caccia di consiglieri tutti
gli amici di Bartolotta, non trovarono nessuno, solo Messana Pio, che faceva la
siesta a casa nella sua poltrona. Invano tentò di evitare con pretesti di
recarsi al consiglio, l’insistenza fi tale che dovette andarci. Quando giunse
in aula la votazione era già avvenuta, ma invitato dal Sindaco dovette
associarsi, sicché Mussolini diventò cittadino onorario di Racalmuto con undici
voti su undici consiglieri presenti e contro diciannove assenti. Le cose sono
andate poi in modo alquanto strano: gli undici che votarono sì per la
cittadinanza onoraria a Mussolini non divennero mai fascisti, anzi molti di
essi rimasero i depositari dell’antifascismo locale, i protestatari, i nostalgici
della libertà e furono definiti borbonici, si estraniarono completamente dalla
vita pubblica, rimasero a maledire e ad attendere la caduta dell’avventuriero,
rinunziando a possibili sistemazioni, non pochi dei diciannove assenti invece
si accodarono e scesero in piazza in “giummo” e stivali.
«Il problema idrico Mussolini lo
risolvette solo a parole, l’acqua delle Tre Sorgenti, ripetiamo, giunse in
paese ben sette anni dopo la caduta del suo governo e cinque anni dopo la sua
fucilazione. Non avrebbe potuto impiegare certamente di più se il suo avvento
al potere non ci fosse mai stato. Egli si limitò a mandare a Sciacca a spese
dei vari comuni S.E. Teruzzi, ministro del suo governo, nel 1925, per mettere
la prima pietra dei costruendi acquedotti, in parata tanto solenne che solo a
Racalmuto costò L. 1000 di allora. Dopo, vennero le lungaggini, le difficoltà
senza possibilità di ricorrere o di parlare.
«Il commendatore Bartolotta,
rassicurato dagli applausi dei fascisti presenti in aula allorchè si proclamò
in consiglio l’esito della votazione per il conferimento della cittadinanza a
Mussolini, tentò anche di costituire lui un fascio di combattimento, sperando
di abbattere i fascisti locali.
«Nello stesso tempo indusse il
Sindaco Scimè a ricorrere al Ministero contro il prefetto per certe
irregolarità commesse in provincia. L’esito di tale azione fu drastico. Il
consiglio comunale fu sciolto appena tre settimane dopo il conferimento della
cittadinanza al Capo del Governo. Il 7 gennaio si insediò il commissario
prefettizio ragionere [sic] Angelo Zambuto. Il commendatore finì in carcere la
sua attività politica.»
Tra la versione dei fatti dello Sciascia e quella del Messana vi sono
piccole divergenze: certo Messana è più informato, ma la sua prosa e troppo
barcollante per effere più efficace. La realtà storica appare, però, più intricante di quella resa dai due
intellettuali antifascisti di Racalmuto. Gli archivi di Stato forniscono ai
volenterosi fonti informative puntuali e oltremodo precise. Le carte dell’archivio
centrale romano (22) , da noi consultate,
consentono questa ricostruzione:
«R. Prefettura di Girgenti -
Gabinetto n.° 1266 del 19. 12. 1923. -
L’amministrazione comunale di Racalmuto sorta dalle elezioni generali del 1920
con carattere prettamente demosociale, per mancanza di una vigile ed attiva
opposizione, si abbandonò ben presto alla inerzia più assoluta, sicura di poter
vivere tranquillamente per le condizioni della politica locale e per la
protezione che alla stessa veniva accordata dagli esponenti della democrazia in
Provincia. Sindaco del Comune fu eletto il Dr. Scimè, ma anima
dell’Amministrazione è stato sempre il Dr. Bartolotta Giuseppe, che ha assunto
la carica di assessore anziano, e che rappresenta in Provincia uno dei campioni
più forti e fedeli della democrazia sociale.
«Con l’avvento del Fascismo al
potere cominciarono a muoversi delle timidi e lievi lagnanze contro la detta
amministrazione, ma finora ho creduto opportuno di soprassedere dall’adottare
alcun provvedimento, stimando doveroso procedere prima alla liquidazione delle
amministrazioni a carattere socialista ed anticostituzionale, che non
funzionavano o funzionavano male. Esaurito questo compito, credetti di
rivolgere il mio pensiero al Comune di Racalmuto e disposi un’inchiesta a
carico [.... E’ emerso:]
«- Scarsissima attività del
Consiglio: 15 sedute nel 1921; 10 nel 1922 e 7 nell’anno in cors;
«Quasi abbandonato l’ufficio di
polizia rurale, lasciando piena libertà alla maffia di scorazzare ed agire
impunemente per le campagne, perché le guardie rurali sono adibite ad altro.
[...]
«A tutto questo è da aggiungere che
la parte migliore della cittadinanza ed il Fascio locale ha sempre
intensificato la campagna contro l’attuale Amministrazione della quale sono
pure noti i rapporti sia pure indiretti con la maffia, la quale viene se non
protetta apertamente, certo lasciata indisturbata a compiere le sue gesta.
Tant’è vero che le guardie campestri, anzichè prestare servizio in campagna
come dovrebbero, vengono adibite a servizi interni. Trattandosi di un
importante comune, sarebbe opportuno che venisse designata come R. Commissario
persona capace ed energica, estranea all’ambiente locale [..] Il Prefetto:
Reale.
«10 gennaio 1924: Appunto per S.E.
il Ministro: Comune di Racalmuto.- Proposta scioglimento Consiglio comunale;
popolazione 15.000 - motivi della proposta: ragioni d’ordine pubblico per il
pericoloso malcontento della popolazione contro gli amministratori. Numerose
irregolarità e deficienze accertate da una recente inchiesta. Non risultano
interessamentei.
«Il Prefetto della Provincia di
Girgenti, veduto il R.D. 24 gennaio 1924 col quale venne sciolto il Consiglio
Comunale di Racalmuto [...] Ritenuto che il Commissario non ha potuto
completare la sistemazione della Finanza comunale e dei pubblici servizi e che
la situazione dei partiti locali non consente d’altro lato, d’indire subito le
elezioni [..] decreta: il termine per la ricostituzione del Consiglio Comunale
di Racalmuto è prorogato di tre mesi. Girgenti 16 maggio 1924. Per il Prefetto:
F.to Giordano.
« 19 marzo 1924: Indennità al Commissario straordinario: L. 50 - Il Cav.
Enrico Sindico, ex colonnello nel R. Esercito, si è appositamente trasferito da
Spezia a Racalmuto [...]
«Gazzetta Ufficiale del Regno
d’Italia n. 73 del 26 marzo 1924.
«”Relazione di S.E. il Ministro
Segretario di Stato per gli affari dell’Interno, Presidente del Consiglio dei
Ministri, a S.M. il Re, in udienza del 24 gennaio 1924, sul decreto che
scioglie il Consiglio comunale di Racalmuto, in provincia di Girgenti, MAESTA’,
sul funzionamento dell’amministrazione comunale di Racalmuto, sorta dalle
elezioni generali del 1920, è stata recentemente eseguita un’inchiesta che ha
accertato numerose irregolarità. L’Ufficio comunale è disorganizzato, privo
d’inventario e con scritture contabili deficienti, la situazione finanziaria
non è esattamente accertabile, per la trascurata esecuzione delle verifiche di
cassa, e per il mancato esame dei conti, non è stato effettuato il passaggio
dei fondi dal cessato al nuovo tesoriere. Le tasse, applicate con criteri
partigiani, danno un gettito notevolmente inferiore alle previsioni del
bilancio, mentre le spese vengono erogate in eccedenza agli stanziamenti e
talora senz’alcuna autorizzazione; il dazio è concesso in appalto a condizioni
onerose, è stato omesso il reimpiego di somme provenienti da alienazione di
patrimonio; lavori e forniture sono state eseguite irregolarmente in economia
ed in esse hanno spesso avuto interesse gli stessi amministratori.
«Tra i pubblici servizi sono assai
trascurati la nettezza urbana, la pubblica illuminazione, la vigilanza
annonaria e la polizia rurale. La disordinata gestione della civica azienda ha
provocato nella popolazione un vivissimo malcontento e l’eccitazione degli
animi è tale da far temere turbamenti per la pubblica quiete.
«Anche ragioni di ordine pubblico,
oltre che la necessità di provvedere senza indugio al riordinamento
amministrativo e finanziario della civica azienda, rendono quindi
indispensabile lo scioglimento del Consiglio comunale con la conseguente nomina
di un Regio commissario, ed a ciò provvede lo schema di decreto che ho l’onore
di sottoporre all’Augusta firma della Maestà Vostra.
«Vitt. Emanuele III [..] visti gli
articoli 323 e 324 del t.u. della legge comunale e provinciale, approvato con
R. d. 4.2.1915 n. 148, nonchè il R.d. 24.9.1923, n. 2074: il consiglio è
sciolto [...] il sig. cav. Enrico Sindico è nominato Commissario straordinario
con i poteri del R. d. 24.9.1923, n. 2074. Dato a Roma il 24.3.1924. V.E. III
re d’Italia- Mussoluni.»
Il
colonnello Sindico non diede buona prova: nel dicembre di quell’anno veniva
destituito:
«26.12.1924, risposta a 26.11.1924.
- Prefettura diGirgenti n. 600 Gab. - [...] dimissioni presentate dal
Colonnello Enrico Sindico [..] la relazione non rappresenta nulla di notevole,
anzi [..] non ha provveduto alla formazione del bilancio [..] Giudizio:
mediocre.»
20 ) Leonardo Sciascia - Le parrocchie di Regapetra - in Opere vol I Bompiani Editore, Milano, IV Edizione giugno 1990, pag. 29 e segg.
21 ) Eugenio Napoleone Messana - Racalmuto nella storia della
Sicilia - Canicattì 1969, pag. 364 e segg.
22
) Archivio Centrale dello Stato - Ministero Interno - Amministrazione Civile -
Comuni - - Busta n.° 2069.
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