Chi è Angelo De Mattia,
ieri il mio caro amico Angelo è finito in prima pagina di LIBERO e fotogenicamente come non mai in quinta tra due signori pur non essendo il Cristo sul Golgota. Che il mio amico finisca elogiato sotto un titolo a caratteri cubitali saturo di terrore per il paventato ritorno del PCI, lui che vecchio comunista lo è stato, anche se ora ravveduto ma non rinnegato, sa di grande beffa; che lo si consideri portavoce occulto di Visco, dopo le grandi baruffe con l'altro Visco, è persino sollazzevole. Egrergio Belpietro, dica tutto ma non dica che “taglia la testa al toro … il silenzio di Angelo De Mattia, il funzionario oggetto dell'intervento a gamba tesa di Monti, il quale non ha smentito una riga di quanto Libero ha scritto”. Angelo De Mattia non aveva nulla da smentire perché giammai gli era passato per la testa di attaccare Monti. Glielo dico io (anche se non sono il portavoce di nessuno), Angelo De Mattia ha colto l'occasione per togliersi dalle scarpe un sassolino ( e ce ne ha tanti) contro il suo acerrimo nemico, l'ex ministro dell'economia, quel suo affossatore in nome di un viscerale anticomunismo.
Quella faccenduola del 2005 che cosa fu se non una bordata infame per affossare la “comunista” bankitalia , assoggettarla al Tesoro e mettere uomini del bleso ministro al vertice dell'istituto. La legge passò ma l'assalto alla diligenza fallì almeno fino a quando ebbe successo la via giudiziaria tanto avversata per Berlusconi ma tanto comoda per defenestrare l'innocente e tanto abile Fazio (e l'odiato “comunista” De Mattia con lui) e così insediare l'americano Draghi e l'innocua Tarantola – dato che in mezzo l'evanescente De Sario non dava fastidio. Berlusconi in tutto ciò non ha colpa veruna? Non ha oggi qualche resipiscenza? Fu davvero saggio il suo per allora delfino Tremonti? Davvero credeva che i rossi sovietizzanti si erano insediati a Palazzo Koch? Non capì che Fazio vedeva lontano avversando un'immatura moneta unica? Che senza banche “nazionali” specie di diritto pubblico o di interesse nazionale andava a catafascio – così come andò – la finanza nazionale e con essa lo stesso premier, a prescindere delle risibili vicende del bunga-bunga. Una pasticciera a Milano inventa una “norma” che non esiste, congettura un “fatto” che era tutt'altro, e fa locupletare una banchetta spagnola che ardisce accalappiare niente meno che una sovrabbontassima BNL, banca appunto di diritto pubblico. Si condanna un signor governatore di altissimo prestigio internazionale, previdente, dotto, educato alla grande scuola di Menichella, Carli, Baffi – e qui mi fermo per carità di patria. Angelo De Mattia ne seguiva le tristi sorti. Il delfino – pro tempore – di Berlusconi, poteva gioire. Ora però mi pare che tace. E sì il silenzio si addice ad Elettra!
Se Angelo apre lo scrigno della sua memoria ne ha di roba da far tremare tanti smemorati. Mi divertiva l'altro giorno quando mi raccontava di certe beghe d'oltre tevere per mettere le mani addirittura sullo scranno governatoriale di palazzo Koch. La figlia di Reichlin fallì. Dopo Napolitano seppe tappare il volo alla vincente di allora. Che in cambio ebbe altra prestigiosa poltrona. Ora un cognome a raggi infrarossi ci governa (quanto a politica monetaria e creditizia, per quel poco che resta in Italia).
Non so perché Panerai (quello del caso Sindona dei miei tempi) abbia voluto distorcere quello che Angelo ha scritto. Capisco Bechis che ci è cascato (o ci è voluto cascare): è abile giornalista, perché non indaga, non appura, non ricostruisce? La verità ascosa è così ghiotta, così intrigante, così piena di possibili scoop che, via, potrebbe farci una fortuna.
In una cosa dissento da Angelo De Mattia: non era un bene che l'organo di vigilanza bancaria fosse in mano di un gruppo di banchieri – pubblici o privati, poco importa – che così da “controllati” erano al contempo proprietari, come dire “padroni” dei controllori che da loro dipendevano quanto a retribuzioni, carriere, incarichi, lucrosi “distacchi”.
E allora? Quella di asservire l'istituto di emissione, la banca centrale, l'organo di controllo di vigilanza bancaria addirittura al Tesoro (ai miei tempi, molto si parlò di un certo divorzio) fu davvero una idea folle quanto imbecille. Quindi, occorreva (ed occorre) una terza via: costituzionalizzare la Banca dItalia, autonoma e dotata di autogoverno. Gli appetiti di un Andreotti di un tempo, di un Tremonti del passato prossimo, di una BCE di oggi dovrebbero rendere tutti avvertiti che non si tratta di una diligenza da assaltare ma di una indispensabile struttura per il saggio governo del credito e del risparmio, per l'illuminato sviluppo economico del Paese. Come encomiabilmente, sapientemente è stato per il passato (almeno sino a Fazio) e come ci auguriamo possa essere con Visco.
Calogero Taverna
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