mercoledì 29 marzo 2017

lunedì 4 marzo 2013

Preti, scrittori e contee della Terra di Racalmuto

 
 
PADRE ARRIGO FU PRETE DELIZIOSO. Racalmutese da una quarantina di generazioni  almeno, anche se il mio dubbio rimane e cioè  quello che in antico si potesse chiamare Mastro Arrigo. Mistico persino nel predicare, tearale sino al delirio. Deposti i paramenti sacri un occhieggiare al sesso dal lato destro e al denaro dal lato sinistro. Scrisse un libro, Svolta Pericolosa: non volle adottare il titolo che gli suggerii: la Berretta del Prete. Mi pare che suoni ancora bene. Quanto a scene boccaccesche se ne raccontano. Ben Morreale se ne inventç una assai burlesca, consumata nella villa al di là di San Giuliano. Ma non è credbile. Qualche lieve piuma di recente ebbe a riesumarlo dalla tomba ove quietamente ormai drme da quasi un quarantennio. Dicevamo del denaro.
Aprì il grifagno sarcofago del Carmine. Vi era ancora un cartiglio ma settecentesco. Ecco una foto
di Peppe Troisi. Ne demmo notizia varie puntate fa. Qui ci piace ripresentare la parte terminale, perché vi annotò in pretenzioso latino lo spunto di una delle pagine meno scontate delle sue memorie il Tinebra.  
 
 
Nicolaus de Tinebra vidit et traduxit vulgari eloquio  hoc documentum 5 luglio 1896
 
 
Padre Arrigo fece aprire ancora una volta quel sarcofago per fare pagare un bigietto e ricavarci qualche spicciolo. Mi dicono che non ebbe molta fortuna. Siamo in esordio degli anni '60,
Carmelo Mulè ci assicura che il testo del Tinebra fu stampato nel 1897, dunque un anno dopo questa sua visura e traduzione.Non vide che Dorotea era al genitivo femminile? Come mai dopo tradusse "fu padre di due figli: l'illustrissimo barone Doroteo e Don Giovanni"? Testo latino qui controllabile: fuit pater duorum filiorum Illmae Dnae DOROTEAE et illmi Dni D. Joannis successoris.
Abbiamo poi capre che infilzano addomi di baroni maschietti, di un Doroteo mai esistito ed altre piacevolezze di cui a pag. 131. Il guaio è che siffatte panzane ci tocca leggerle ancora e scritte anche con sussiego. Aggiungo che per sua fortuna donna Dorotea figlia dello sfortunato Girolamo del Carretto ebbe lunga vita. Le nostre carte lo documentano. Ma pare che altri abbia cartigli e carte pecore che ci smentiscono: aspettiamo di vedere, con trepido accoramento. Ci va di mezzo la nostra credibilità, peraltro già messa in "scivoloni grotteschi" da tal Messana Montedorese. Al nostro Tibebra - defunto però quasi un secolo fa - vorremmo segnalare che è falso storicizzare che "Giovanni .. successe al padre nei domini e concluse la sua vita in età adulta". Fu invece miseramente giustiziato a Palermo nel 1650. Con buona pace di Sciascia che lo insegue negli abbagli. Ed a proposito di Sciascia e  Padre Arrigo ci va qui di raccontare che il vivace padre Arrigo credendo di avere scritto n capolavoro con la sua svolta pericolosa voleva quasi imporre a Sciascia una condegna prefazione. Sciascia il manoscritto lo prese con avidità credendo fi trovarvi il sincero racconto delle beghe amorose del prete - che a dire il vero si apevano, specie quelle favaresi - ma grande fu la sua delsione. Il tronfio libretto oltre che vacuo era persino casto. Sciascia deluso ridiede il manoscritto a padre Puma. " Alfo'. queste son cose vostre, io non ci voglio mettere mano." Padre Puma restituì il manoscritto ad un irritatissimo Padre Arrigo che non ebbe parole caste per lo scrittore suo compeasano. La prefazione se la fece scrivere allora addirittura da un gesuita che da famiglia povera assurse a succesore ed emulo del falso papa nero degli altezzosi  Nalbone

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