venerdì 13 marzo 2015

Questo era il mio inziale punto di vista, economicistico. Mi hanno portato fuori tema.


Credo di avere competenze e conoscenze tali da potere affermare in tutta coscienza che siamo la settima se non sesta potenza del mondo, portatavi da grandi uomini di stato, e da ammirevoli ingegneri finanziari della pubblica gestione dell'economia alla Guido Carli nel volgere di manco mezzo secolo, tratta da una Italietta postfascista meschinella e derelitta con oltre il 60% della popolazione attiva addetta all'agricoltura.

Conosco anche le realtà etiche di altri grandi e conclamati Stati e francamente, pur non essendo patriottico, ho voglia di gridare Viva l’Italia.

Non capisco allora questa dilagante tabe dell’autodenigrazione. Ed è perniciosa: potrebbe corrodere la immensa fiducia che i mercati finanziari esteri nutrono per l’Italia e davvero allora il nostro DEBITO PUBBLICO, che tutti ignorano essere una posta patrimoniale sopra la linea e non una componente del conto economico se non per l’incidenza dei tassi rastremati quasi sino allo zero, appetito proprio dai capitali esteri, andrebbe allo sbando con spread insostenibili e di conseguenza miseria per tutti.

Quale bizzarria psicanalitica collettiva spinge l’Italia ad un siffatta follia comportamentale? Il passaggio da uno stato assistenziale ricolmo di miseri privilegi  per i poveri, allo stato della razionalità capitalistica mittel europea sta creando la psicosi del disfattismo. Tanti, vedendo pregiudicata la propria posizione saprofita si danno al tranfert e addossano apocalittiche colpe alla inesistente classe politica.

Se una contro classe di intellettuali impegnati esiste, si mobilitino per una redenzione sociale: smentiscano questi moralisti dell’undicesima ora che apocalitticamente ci disseminano il terrore, e ci spingono a credere che sta arrivando il tempo della fine.

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