martedì 10 marzo 2015

Sciascia e il fratello

Andando a cercare elementi sul suicidio del fratello di Leonardo Sciascia, mi imbatto in questa pagina autbiografica di Fuoco all’Anima. Sciascia è cattolicamente agnostico sin dall’infanzia. Denuncia di avere avuto nell’infanzia “una educazione assolutamente laica.” Assolutamente. Madre e zie – tutte le donne della sua infanzia – separano “l’esistenza di Dio dalla Chiesa e dai preti”. Anticlericalismo e agnosticismo quasi sin dalle pappe materne. Del padre non si parla. Del resto non è il mondo contadino di un paese particolare come Racalmuto, il suo - ma “quello della zolfara”.  I measmi di Gibillini, Quattro Finaiti, Pernice, Cozzo Tondo – citandone solo alcune delle miniere – inducono a ripugnanze infernali, non sono i fiori che sbocciano a primavera, al massimo consentono allo zafferano di colorarsi di giallo (ma questo è dettaglio ignoto tutt’ora a più,anche colti.)
Il contadino è avaro, gretto, industrioso; lo zolfataio è “scilacquone” vive la sua “tragedia” nelle viscere della terra; c’è l’antimonio: mortale. Spinge la miniera al suicidio. Non azzarda di negare Dio, lo zolfataio; ma preti, chiesa e chiese, bizzocche e benedizioni sono più fastidiosi dei fumi dello zolfo nei calcheroni. Alla larga. E le famiglie degli zolfatai – e a Racalmuto sono (o meglio erano) tante – così pensano, senza religione esterna (ma con tanta religiosità interna, pensiamo noi).
Ma davvero una donna siciliana, una zia di Sciascia poteva essere ostile al fascismo? Cautela: “avversione al sopruso, alla violenza”. Aveva scosso il delitto Matteotti. Solo che i Racalmutesi non potevano “essere fascisti sino al midollo”.  Non erano manco praticanti nelle cose di Dio . Io sono sicuro: erano (o divennero) fascisti ed anche convinti e persino fedeli. Dissento da Sciascia. D’accordo, quanto al rifiuto di compromettere l’anima nelle cose di fede. Refrattari alla Chiesa - questi racalmutesi – osservanti nei riti ; la domenica a mezzogiono si può anche andare a messa, perché le regole è meglio rispettarle (se con compromettono troppo). Noi racalmutesi siamo rivoluzionari a metà e a metà siamo rispettosi della legge, consuetdinari, meglio il quieto vivere, chiunque comandi, vengan pure commissari romani. Ma a tanto Sciascia non arriva. Mie libertà.   
Siciliani diversi fra loro? Sì, e la scienza sta dimostrando che il DNA che è diffuso in questa plaga della Sicilia Meridionale è incredibilmente atipico, unico. Sì, noi racalmutesi siamo presicani se per Sicani si intendono quelli che descrive Tucidde, quelli scacciati dall’Etna mille anni prima della guerra di Troia. A Racalmuto si prosperava (relativamente, in armonia con i tempi) già da altro paio di migliaia di anni: i reperti fittili sotto la grotta di Fra Diego lo comprovano. Ma la Soprintendenza non si accorge ancora che il suo vincolo è stato mistificato e lascia che impunemente quelle testimonianze archeologicjhe irripetibili vengano disperse e i tombaroli possono fare affari (magri) anche sotto e nella parete della grotta del falso fra Diego La Matina.

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