AMMATULA TI SPICCI
E FA’ CANNOLA/CA LU SANTU Eì DI MARMARU E NUN SUDA.
Detto sentito sin
da bambino in quel di Racalmuto: Sciascia me lo illustra così: «Inutilmente ti
pettini e ti arricci (cannola = boccoli) / perché il santo è di marmo e non
suda. E’ tutta in due versi - una canzone
di sdegno, cantata cioè a disdegno di una donna prima amata. Si poteva sino a
vent’anni fa, sentirla nella campagna
solitaria, di sera: gridata più che cantata. Ma più spesso la si diceva a
modo di proverbio, di sentenza: a figurare una situazione in cui, a chi vuol
tornare all’amore, all’amicizia, alla fiducia di prima, si oppone gelida
indifferenza. Si noti anche come nel
nominare la materia di cui è fatta la statua del santo venga ad affermarsi
scettico pregiudizio nei riguardi dei
miracoli: il marmo che non suda, che non può sudare; da non credere, dunque, ai
tanti conclamati prodigi di simulacri
che sudano, che lacrimano, che sanguinano.
Nell’ordine di un tale materialismo
è il mimo del contadino che sradica un pero che non dà frutto e lo vende
a uno scultore che ne cava la statua di un santo; sicché quando il contadino va
in chiesa e la vede sull’altare, intorno i fedeli in preghiera, sa dell’inutilità
di pregarlo: “Piru ca mai a lu munnu ha’ fattu pira/ pira ‘un ha’ fattu e
miraculi vo’ fari? (pero che mai al mondo hai fatto pere/ pere non hai fatto e
miracoli vuoi fare?»
Noi la sapevamo on
una variante: ammatula a t’annachi e fa cannola, lu santu è di marmaru e nun
suda. Quell’annacarsi (dndolarsi, sculettare)
ci tormna più gradito. Diciamo che framcamente tutto quel rivestimento laico,
scettico, non mi preche i contadinio chi come me contadino non era eppure la
strfetta la diceva., non ci era abituale. Scremato il tutto, il detto valeva
per dire è intuile che ti dai da fare, il santo è di marmo e non suda, non si
commuove. E cosìcoglio rivolgermo ai miei cari redattori (o redttore-avvocao)
di Malgrado Tutto. E inutle che si ANNACA e fa boccoli tererai, la facenda
Messamaè comeho investigato e quindi il volerlo dannare senza sapere è di
isipeza apocalisstca (bestemmiano ciò
che ignorano) che poi frase giovanninea non è essnomi stmane stagliato) ma un
di tale SAN GIUDA che ebbe a scriverla verso il 65°anno.
Partì a razzo il
compagno Li Causi:
-
Messana “stragista
di Stato” il 9 ottobre a Riesi;
-
Messana “criminale
di guerra” a Lubiana tra l’aprile del 1941 e il maggio del ’42;
-
Messana “capo del
banditismo ‘politico’ dal 1945 al luglio del 1947 ai tempi del bandito
Giuliano.
I nostri studi, le
nostre ricerche hanno appurato che a Riesi Messana se ci fu, fu un modesto
esecutore di ordini e non certo uno stragista. Proprio qui cerchiamo di essere
in proposito il più esaurinti possibile su questa prima calunnia licausiana, tTargata PCI.
Caro Malgrado Tutto
è inutile che ti annachi a fai cannola, Messana non poté essere lo stragista di
Stato che per accaparrarsi fondi comunitari Riesi cercò di accreditare, trovando
assenso nel foglio sciasciano e
addirittura credendo che qualche professore poté avere accesso in Viminale e consultare il “fascicolo personale” del
Nostro Ettore Messana. Niente da fare. Il fascicolo per ora – fino a quando non
lo depositeranno all’Archivio Centrale
dello Stato all’EUR- è top secret per tutti. Figurarsi per i denigratori di Messana-
MI SCRIVONO e
reitero qui sotto che di una calunniosa
campagna di stampa e cinematografica è stato vittima il gr.uff. comm. dell’ordine
dei Santi Maurizio e Lazzaro, l’Ispettore Generale di PS, dottore Ettore
Messana da Racalmuto.
Non credo che dopo
la gran mole di documenti e ricerche che con qualche merito ho acquisito e
pubblicato, possano avere diritto di asilo tante calunniose insinuazioni.
Reputo che il prof. Casarrubea me ne abbia dato atto.
Non così la Cernigoi, una testarda goriziana, che persiste nelle sue
denigrazioni dell’intemerato Messana. Credo che abbia voglia di subire querele
penali e soprattutto citazioni civili per risarcimento adnni. Quanto al
Lucarelli non abbiamo avuto modo, né io né la famiglia di contattarlo. Si
vedrà. •
IL QUESTORE MESSANA
E I FATTI DI RIESI
Il crucifige di
Ettore Mesana si consuma il 15 luglio del 1947. Il gran sacerdote che ne vuole
la fine è l’on. Li Causi: tre i capi d’accusa (politica). Desumiamoli dallo
stesso Li Causi, da un suo arrabbiatissimo discorso all’Assemblea Costituente,
pronunciato nella Seduta del 15 luglio del 1947.
Per il sanguigno
grande esponente del comunismo siciliano del dopoguerra, Messana andava
giubilato:
A) Perché c’era da
domandarsi: «Scelba come può ignorare che Messana ha iniziato la sua carriera
facendo massacrare dei contadini siciliani? Il 9 ottobre del 1919, infatti,
cadevano a Riesi più di sessanta contadini, di cui tredici morti: trucidati a
freddo, sulla piazza, dove si svolgeva un comizio. I vecchi di quest'Aula
ricorderanno come in quell'occasione il Ministero Nitti ordinò un'inchiesta
mandando sul posto il generale dei carabinieri Densa, mentre la Magistratura
iniziò un'inchiesta giudiziaria soprattutto per accertare le cause della morte
misteriosa di un tenente di fanteria, che si rifiutò di eseguire l'ordine di
far fuoco del Messana, che ne disapprovò apertamente la condotta, e che il
giorno dopo fu assassinato …»
B) « Messana è
nell'elenco dei criminali di guerra di una nazione vicina; questo può far
piacere ad una parte della Camera, la quale pensa: "Va bene, è un
massacratore; però, di stranieri!"…»
C) «Si ha, [ …] ,
questa precisa situazione, che il banditismo politico in Sicilia è diretto
proprio dall'ispettore Messana: e l'ispettore di pubblica sicurezza, il quale
dovrebbe avere per compito quello di sconfiggere il banditismo -- il suo
compito veramente sarebbe quello di sconfiggere il banditismo comune e non già
quello politico -- l'Ispettore di pubblica sicurezza, dicevo, diventa invece
addirittura il dirigente del banditismo politico.»
Ecco qui i tre capi
di accusa: Riesi del 1919;
Lubiana del 1941
(maggio)-giugno 1942;
banditismo
siciliano dal maggio 1945 al giugno del 1947.
Sono mesi che
scartabelliamo faldoni, giornali, documenti vari, pubblicazioni vecchie.
Ebbene: non ci possono essere dubbi. Nessuno può dimostrare che davvero in quel
terribile 9 ottobre del 1919 ci fosse addirittura un giovane agente di polizia
che prese la “mitraglia” in mano nel campanile della chiesa prospiciente piazza
Garibaldi e falcidiò sei, si disse in un primo momento, contadini rivoltosi;
poi si disse dieci, poi invece si salì a quindici (qui sopra) e, di recente,
dovendo sperperare soldi comunitari, sempre a Riesi, addirittura 20.
Ci dispiace per Li
Causi: non si può condannare alla damnatio memoriae un glorioso ispettore
generale di Stato sulla base di quello che avrebbero dovuto ricordare a
distanza di quasi trent’anni ‘vecchi padri costituenti’. Vi poté pur essere
stata una inchiesta del generale dei carabinieri Densa ma questa ammesso che si
sia mai conclusa nessun addebito poté formulare e formulò contro il giovane
trentunenne commissario Messana, che, anzi, a fascismo consolidato e con
Calogero Vizzini confinato, spiccò salti da gigante nei gradi della polizia e
proprio perché senza macchia alcuna, lui figlio di un modesto e dissennato
redditiere racalmutese, sperperatore del proprio patrimonio, lo sfaccendato
Clemente Messana, diviene – giovanissimo - questore ed ebbe affidate questure
strategiche del Nord. Ad onore e vanto della sua patria natia, Racalmuto.
Analogo discorso per quell’inchiesta giudiziaria: noi abbiamo reperito una
relazione del Prefetto di Caltanissetta del successivo natale. Altri sono i
colpevoli, i fatti avvennero in termini ben diversi dal facile populismo cui si
abbandona, comprensibilmente , il Li Causi.
MESSANA, il grande
assente. NON COLPEVOLE. Nel 1934 dopo 15 anni – troppi o pochi a seconda delle
tesi che si vogliono formulare – un quasi pastore valdese scrive una storia di
Riesi. Quei truculenti fatti vengono rievocati. Sì, è vero: nella memoria della
gente è scolpito che una mitraglia militare sparò e uccise tanta gente. Enfasi
della memoria tanta. Si parla di un “commissario di Pubblica Sicurezza”, si
dice che insieme ad altri due un ufficiale dell’esercito ed un semplice
soldato, in tre, tutti insieme eccoli a premere il grilletto del mitra.
Fantasia. Improbabile. Ma a tutto concedere: il nome del Messana non c’è.
Davvero Li Causi nella foga ciceroniana finisce con l’inventare e quindi
diffamare e direi calunniare. Erano tempi incandescenti. Portella della
Ginestra fu più di una sventura nazionale e - se le carte della N.A.R.A. già
consultate dal prof. Casarrubea verranno tutte alla luce -sarà da parlare di
crimine americano. Finalmente. Altro che insana criminalità di un ex giovane
commissario di polizia in vena di scimmiottamenti dell’esecrando generale
Bava-Beccaris fatto dal Re senatore del Regno.
Ma noi abbiamo
cercato notizie vere, coeve, indubitabili. Abbiamo consultato i microfilm del
giornale L’Ora di Palermo e il Giornale di Sicilia dell’epoca. Messana non ci
sta. I fatti son diversi da come amò trasfigurarli il Li Causi per sue
polemiche politiche di stampo rosso scarlatto. Da vecchio comunista, per il
quale la verità storica va piegata alla grande lotta di classe. Noi siamo per
la lotta di classe ma di quelli che reputano che la VERITA’ E’ SEMPRE
RIVOLUZIONARIA.
Ma passiamo ora al
giornale principe di Sicilia. Nella stessa notte in cui avvennero i fatti
delittuosi il cronista nisseno ecco come compendia l’impressionante tumulto di
Riesi. Subito dopo invierà un altro messaggio un po’più esaustivo. GIORNALE di
SICILIA: 9/10 Ottobre 1919 (foglio interno) I gravi fatti di Riesi Conflitto
fra dimostranti e forza pubblica. Sette morti e numerosi feriti Caltanissetta:
8, notte. «Pervengono da Riesi notizie incerte e contraddittorie riguardanti
fatti colà avvenuti e che sarebbero di una gravità eccezionale. Pare che le
locali agitazioni d’indole più politica che economica siano degenerate in veri
e propri tumulti e che sarebbero anche avvenuti conflitti in cui i dimostranti
ne avrebbero avuto la peggio. Da persona scappata dal luogo riesco a sapere che
stamane quasi improvvisamene parecchi nuclei di zolfatari e contadini si siano
ribellati alla forza che tentarono di disarmare, ma i carabinieri e i
pochissimi soldati quando la loro pazienza fu al minimo fecero fuoco in piazza
Garibaldi di pieno giorno e che vi sia o una mezza dozzina di morti e parecchi
feriti. La notizia divulgatasi in un baleno ha destato enorme impressione e
tosto con una vettura automobile sono partiti per Riesi il Procuratore del Re,
il Giudice Istruttore capo cav. Terenzio il maggiore dei carabinieri comandante
la nostra divisione cav. Tartari . Sono altresì partiti per ordine del Prefetto
comm. Guadagnini e del questore cav. Presti ragguardevoli rinforzi con il
commissario cav. Caruso capo di Gabinetto del Prefetto. Appena potrò avere
precisi particolari mi affretterò a comunicarveli. » ^ ^ ^ Abbiamo visto come è
sintetico il cronista, ma abbiamo dovuto notare l’esaustività e la precisione
del periferico giornalista del Giornale di Sicilia. La dinamica dei fatti viene
così rappresentata. Agitazioni più politiche che economiche – siamo già in
pieno clima elettorale e il trapasso dalla prima grande guerra al quasi
immediato avvento del Fascismo fu torbido specie per il ribollire dei delusi
Reduci; fu trapasso che spiega furori popolari e mene partitiche. Tanti
dimostranti, apparentemente zolfatari e contadini, ma anche mestatori, teste
calde che ancora vestivano la divisa militare si agitano scompostamente ed
entrano “in conflitto” con le forze dell’ordine. Il corrispondente ci dice che
si tratta di “carabinieri” (ai quali un giovane commissario è arduo pendare che
possa dare ordini; e aquell’epoca il Messana era solo questo) e “pochissimi
soldati” non certamente comandabili da un civile (e un commissario qiesto è; un
civile che può concertare ma non dare ordini a dei militari). Per me si deve
escludere anche qui un qualche atto inconsulto del Mesana. La furia di un
popolo in rivolta desta paura. Vi sono facinorosi che si “ribelano alla Forca”
e cerano persino di “disarmarla”. Crepita, sì crepita, è ipotizzabile, la
mitraglia dell’esercito: una strage. Ma il Messana, non citato che presumo
persino assente, a tutto concedere non aveva né l‘autorità né l’autorevolezza
in quei concitati momenti di mettere da parte il giovane ufficiale, che
sappiamo aliunde essere di Villarosa e chiamarsi Michele Di Caro, e addirittura
- nolente l’ufficiale dell’esercito - sparare lui e fare lui una carneficina di
un popolo di lavoratori. Eppure questa forsennata ipotesi è stata avanzata e
addotta persino come verità indiscutibile. Trattasi di infamia, di postuma
denigrazione (ci riferiamo all’intervento presso la Costituente dell’impetuoso
Li Causi). Ecco una frottola che non ha riscontro documentale e storico di
sorta e che una diecina di anni fa, magari per esigenze cinematografiche,
divenire indiscussa ricostruzione per raffigurare un Messana Stragista di
Stato. Non si infama così un integerrimo Gran-Commis di Stato. Il Messana non
fu, non poteva essere, si guardò bene dall’essere il COLPEVOLE artefice di
quella infame strage. I denigratori dovrebbero fare resipiscenza, almeno a
mezzo stampa. E corregere i loro calunniosi e infondati assunti. LE CRONACHE
DEL GIORNALE “L’ORA” SUI FATTI DI RIESI DELL’OTTOBRE DEL 1919. Data la mia deformazione
professionale, mi sono accostato al caso Messana come se dovessi esperire in
tre-quattro mesi un’ispezione bancaria approfondita ed essenziale per farne
rapporto al signor Governatore, come fui uso in vent’anni di sudditanza
ispettiva presso l’0rgano di Vigilanza della Banca d’Italia. Così parto
dall’esordio, come dire dai verbali del Consiglio di amministrazione,
acquisendo i bilanci annuali del passato. Per il gr. uff. comm. Ordine dei SS.
Maurizio e Lazzaro dottore Ettore Messana cerco di trovare le propaggini da cui
è partito il Li Causi trent’anni dopo per crucifiggerlo come sanguinario
stragista di Stato nella pur sepolta memoria dei fatti di Riesi risalenti
all’ottobre del 1919. Tutti parlano del 10 dell’11 Ottobre e il validissimo
professore Casarrubea, forse vittima di un lapsus, sale addirittura al novembre
del 1919. Accedo alla Biblioteca Nazionale di Roma a Castro Pretorio e mi
ingolfo nella consultazione di illeggibili bobine dei microfilm dei due
giornali importanti siciliani dell’epoca: l’Ora e il giornale di Sicilia. Con
strumenti che dovrebbero essere modernissimi e che intanto occorre far
funzionare manualmente metto alla fine le mani sulle cronache di quell’esecrato
eccidio. Mi accorgo che tra l’Ora e il Giornale di Sicilia non vi sono
differenze sostanziali nei riferimenti degli episodi che fecero onestamente
molta sensazione. Iniziamo dall’ORA che invero ho consultato dopo. Sapendo
quello che aveva pubblicato il Giornale di Sicilia mi limito a questi brevi
appunti: «L’ORA – 9 ottobre 1919. “Grave conflitto a Riesi – 7 morti e venti
feriti. [….] Dopo l’arresto del noto agitatore socialista Barberi Giuseppe ---
L’esigua forza impotente a fronteggiare la grandissima moltitudine…”» Quindi
trascrivo: «L’ORA di Palermo – prima pagina del 12 ottobre 1919. - A Riesi
torna la calma, Caltanissetta 10 notte. - - All’alba di stamani truppe con
agenti al comando del Commissario di P.S. Cav. Caruso e del maggiore dei
carabinieri Tartari sono entrati a Riesi senza incontrare resistenza alcuna. -
Nel conflitto 10 dimostranti rimasero uccisi e circa 50 feriti . - Della truppa
è stato ucciso anche il sottotenente del 76° Fanteria DI CARO MICHELE di
Villarosa e due soldati sono stati feriti. - Aperta una inchiesta dal
Procuratore del Re e il Giudice Istruttore. - Venne trattenuto soltanto
l’avvocato Carmelo Calì di Mazzarino.» Come primo assaggio non c’è molto quanto
a contorno. Certo 10 lavoratori uccisi e 50 feriti nel mondo del lavoro gridano
vendetta al cospetto di Dio. Ma come e perché doveva essere artefice malefico
il Messana resta un mistero. Quello che in queste mie ricerche mi colpisce e mi
addolora di più è il fatto che in tante postume celebrazioni, rievocazioni,
truculenti filmati e paludati testi di storia siciliana, non ho ancora trovato
una nota di commemorazione e di omaggio a questo figlio di Villarosa, il
sottotenente del 76° Fanteria il giovane MICHELE DI CARO a cui la vita cui fu
troncata crudelmente. Con un colpo di pistola, quindi intenzionalmente. Caduto
davvero nel compimento del suo dovere che era quello di mantenere l’ordine
pubblico – chiunque governasse, in quel tempo NITTI. Non so se gli fu conferita
una qualche medaglia, non so se Villarosa ha reputato di onorarlo e ricordarlo
come eroe. La cinica cronaca di quell’epoca non ritiene poi di fare i nomi di
quei modesti militi che furono feriti. In modo grave? Guarirono? Nessuno ha
fatto ricerche. Erano semplici militari. Possibilmente parenti di quei
rivoltosi, zolfatai e contadini che trucidavano e venivano trucidati. Fratelli
che uccidevano, ferivano fratelli Noi diremmo “compagni”. Fiumi di inchiostro
sono stati versati per queste vicende. Ma nessuna attenzione, nessun riguardo
per questi soldati che per un magro soldo mettevano a repentaglio la loro vita.
Non si ha tempo per loro: a distanza prima d mezzo secolo e dopo quasi un
secolo si sprecano soldi, si sperperano fondi pubblici, si fanno trasmissioni
televisive, si scrivono testi di presunta storia solo per esecrare, condannare,
crucifiggere il meritevole, il servitore della Patria, l’eroe dell’ordine
pubblico Ettore Messana. E ironia della sorte, né nei resoconti dell’Ora di
Palermo, né in quelli del Giornale di Sicilia, né nelle carte che si
custodiscono nell’ACS di Roma relativamente alle faccende del Ministero degli
Interni di quel periodo, né in successive storie paesane, né in sentenze
passate in giudicato troveremo mai il rispettabile nome di Ettore Messana, in
damnatio memoriae sol perchè il Li Causi lo ebbe in odio, ingiuriandolo quale
capo banda POLITICO (attenzione solo POLITICO) dei tempi tristi del banditismo
siciliano capeggiato dal celeberrimo Giuliano da Montelepre. Ma passiamo ora al
giornale principe di Sicilia. Nella stessa notte in cui avvennero i fatti
delittuosi il cronista nisseno ecco come compendia l’impressionante tumulto di
Riesi. Subito dopo invierà un altro messaggio un po’più esaustivo. GIORNALE di
SICILIA: 9/10 Ottobre 1919 (foglio interno) I gravi fatti di Riesi Conflitto
fra dimostranti e forza pubblica. Sette morti e numerosi feriti Caltanissetta:
8, notte. «Pervengono da Riesi notizie incerte e contraddittorie riguardanti
fatti colà avvenuti e che sarebbero di una gravità eccezionale. Pare che le
locali agitazioni d’indole più politica che economica siano degenerate in veri
e propri tumulti e che sarebbero anche avvenuti conflitti in cui i dimostranti
ne avrebbero avuto la peggio. Da persona scappata dal luogo riesco a sapere che
stamane quasi improvvisamene parecchi nuclei di zolfatari e contadini si siano
ribellati alla forza che tentarono di disarmare, ma i carabinieri e i
pochissimi soldati quando la loro pazienza fu al minimo fecero fuoco in piazza
Garibaldi di pieno giorno e che vi sia o una mezza dozzina di morti e parecchi
feriti. La notizia divulgatasi in un baleno ha destato enorme impressione e
tosto con una vettura automobile sono partiti per Riesi il Procuratore del Re,
il Giudice Istruttore capo cav. Terenzio il maggiore dei carabinieri comandante
la nostra divisione cav. Tartari . Sono altresì partiti per ordine del Prefetto
comm. Guadagnini e del questore cav. Presti ragguardevoli rinforzi con il
commissario cav. Caruso capo di Gabinetto del Prefetto. Appena potrò avere
precisi particolari mi affretterò a comunicarveli. »
Abbiamo visto come
è sintetico il cronista, ma abbiamo dovuto notare l’esaustività e la precisione
del periferico giornalista del Giornale di Sicilia. La dinamica dei fatti viene
così rappresentata. Agitazioni più politiche che economiche – siamo già in
pieno clima elettorale e il trapasso dalla prima grande guerra al quasi
immediato avvento del Fascismo fu torbido specie per il ribollire dei delusi
Reduci; fu trapasso che spiega furori popolari e mene partitiche. Tanti
dimostranti, apparentemente zolfatari e contadini, ma anche mestatori, teste
calde che ancora vestivano la divisa militare si agitano scompostamente ed
entrano “in conflitto” con le forze dell’ordine. Il corrispondente ci dice che
si tratta di “carabinieri” (ai quali un giovane commissario è arduo pendare che
possa dare ordini; e aquell’epoca il Messana era solo questo) e “pochissimi
soldati” non certamente comandabili da un civile (e un commissario qiesto è; un
civile che può concertare ma non dare ordini a dei militari). Per me si deve
escludere anche qui un qualche atto inconsulto del Mesana. La furia di un
popolo in rivolta desta paura. Vi sono facinorosi che si “ribelano alla Forca”
e cerano persino di “disarmarla”. Crepita, sì crepita, è ipotizzabile, la
mitraglia dell’esercito: una strage. Ma il Messana, non citato che presumo
persino assente, a tutto concedere non aveva né l‘autorità né l’autorevolezza
in quei concitati momenti di mettere da parte il giovane ufficiale, che
sappiamo aliunde essere di Villarosa e chiamarsi Michele Di Caro, e addirittura
- nolente l’ufficiale dell’esercito - sparare lui e fare lui una carneficina di
un popolo di lavoratori. Eppure questa forsennata ipotesi è stata avanzata e
addotta persino come verità indiscutibile. Trattasi di infamia, di postuma
denigrazione (ci riferiamo all’intervento presso la Costituente dell’impetuoso
Li Causi). Ecco una frottola che non ha riscontro documentale e storico di
sorta e che una diecina di anni fa, magari per esigenze cinematografiche,
divenire indiscussa ricostruzione per raffigurare un Messana Stragista di
Stato. Non si infama così un integerrimo Gran-Commis di Stato. Il Messana non
fu, non poteva essere, si guardò bene dall’essere il COLPEVOLE artefice di
quella infame strage. I denigratori dovrebbero fare resipiscenza, almeno a
mezzo stampa. E corregere i loro calunniosi e infondati assunti.
LE CRONACHE DEL
GIORNALE “L’ORA” SUI FATTI DI RIESI DELL’OTTOBRE DEL 1919. Data la mia
deformazione professionale, mi sono accostato al caso Messana come se dovessi
esperire in tre-quattro mesi un’ispezione bancaria approfondita ed essenziale
per farne rapporto al signor Governatore, come fui uso in vent’anni di
sudditanza ispettiva presso l’0rgano di Vigilanza della Banca d’Italia. Così
parto dall’esordio, come dire dai verbali del Consiglio di amministrazione,
acquisendo i bilanci annuali del passato. Per il gr. uff. comm. Ordine dei SS.
Maurizio e Lazzaro dottore Ettore Messana cerco di trovare le propaggini da cui
è partito il Li Causi trent’anni dopo per crucifiggerlo come sanguinario
stragista di Stato nella pur sepolta memoria dei fatti di Riesi risalenti
all’ottobre del 1919. Tutti parlano del 10 dell’11 Ottobre e il validissimo
professore Casarrubea, forse vittima di un lapsus, sale addirittura al novembre
del 1919. Accedo alla Biblioteca Nazionale di Roma a Castro Pretorio e mi ingolfo
nella consultazione di illeggibili bobine dei microfilm dei due giornali
importanti siciliani dell’epoca: l’Ora e il giornale di Sicilia. Con strumenti
che dovrebbero essere modernissimi e che intanto occorre far funzionare
manualmente metto alla fine le mani sulle cronache di quell’esecrato eccidio.
Mi accorgo che tra l’Ora e il Giornale di Sicilia non vi sono differenze
sostanziali nei riferimenti degli episodi che fecero onestamente molta
sensazione. Iniziamo dall’ORA che invero ho consultato dopo.
Sapendo quello che
aveva pubblicato il Giornale di Sicilia mi limito a questi brevi appunti:
«L’ORA – 9 ottobre 1919. “Grave conflitto a Riesi – 7 morti e venti feriti.
[….] Dopo l’arresto del noto agitatore socialista Barberi Giuseppe --- L’esigua
forza impotente a fronteggiare la grandissima moltitudine…”» Quindi trascrivo:
«L’ORA di Palermo – prima pagina del 12 ottobre 1919. - A Riesi torna la calma,
Caltanissetta 10 notte. - - All’alba di stamani truppe con agenti al comando
del Commissario di P.S. Cav. Caruso e del maggiore dei carabinieri Tartari sono
entrati a Riesi senza incontrare resistenza alcuna. - Nel conflitto 10
dimostranti rimasero uccisi e circa 50 feriti . - Della truppa è stato ucciso
anche il sottotenente del 76° Fanteria DI CARO MICHELE di Villarosa e due
soldati sono stati feriti. - Aperta una inchiesta dal Procuratore del Re e il
Giudice Istruttore. - Venne trattenuto soltanto l’avvocato Carmelo Calì di
Mazzarino.» Come primo assaggio non c’è molto quanto a contorno. Certo 10
lavoratori uccisi e 50 feriti nel mondo del lavoro gridano vendetta al cospetto
di Dio. Ma come e perché doveva essere artefice malefico il Messana resta un
mistero. Quello che in queste mie ricerche mi colpisce e mi addolora di più è
il fatto che in tante postume celebrazioni, rievocazioni, truculenti filmati e
paludati testi di storia siciliana, non ho ancora trovato una nota di
commemorazione e di omaggio a questo figlio di Villarosa, il sottotenente del
76° Fanteria il giovane MICHELE DI CARO a cui la vita cui fu troncata
crudelmente. Con un colpo di pistola, quindi intenzionalmente. Caduto davvero
nel compimento del suo dovere che era quello di mantenere l’ordine pubblico –
chiunque governasse, in quel tempo NITTI. Non so se gli fu conferita una
qualche medaglia, non so se Villarosa ha reputato di onorarlo e ricordarlo come
eroe. La cinica cronaca di quell’epoca non ritiene poi di fare i nomi di quei
modesti militi che furono feriti. In modo grave? Guarirono? Nessuno ha fatto
ricerche. Erano semplici militari. Possibilmente parenti di quei rivoltosi,
zolfatai e contadini che trucidavano e venivano trucidati. Fratelli che
uccidevano, ferivano fratelli Noi diremmo “compagni”. Fiumi di inchiostro sono
stati versati per queste vicende. Ma nessuna attenzione, nessun riguardo per
questi soldati che per un magro soldo mettevano a repentaglio la loro vita. Non
si ha tempo per loro: a distanza prima d mezzo secolo e dopo quasi un secolo si
sprecano soldi, si sperperano fondi pubblici, si fanno trasmissioni televisive,
si scrivono testi di presunta storia solo per esecrare, condannare,
crucifiggere il meritevole, il servitore della Patria, l’eroe dell’ordine
pubblico Ettore Messana. E ironia della sorte, né nei resoconti dell’Ora di
Palermo, né in quelli del Giornale di Sicilia, né nelle carte che si
custodiscono nell’ACS di Roma relativamente alle faccende del Ministero degli
Interni di quel periodo, né in successive storie paesane, né in sentenze
passate in giudicato troveremo mai il rispettabile nome di Ettore Messana, in damnatio
memoriae sol perchè il Li Causi lo ebbe in odio, ingiuriandolo quale capo banda
POLITICO (attenzione solo POLITICO) dei tempi tristi del banditismo siciliano
capeggiato dal celeberrimo Giuliano da Montelepre.
Non trascorrono
molte ore e il cronista nisseno cerca di completare i riferimenti al Giornale
di Sicilia sui fatti di Riesi occorsi alle ore 11 del giorno precedente: è il 9
ottobre del 1919. Faticando molto, siamo riusciti a trascrivere il fotogramma
del microfilm del giornale siciliano. Vorremmo che foste voi, senza
intermediazione alcuna, a trarre il succo da una siffatta concisa ma lucida
corrispondenza. Noi ci siamo molto soffermati sul particolare che artefici del
bene e del male di quel giorno furono i Carabinieri, coadiuvati da un nucleo
sparuto di inesperti soldati. Emerge charissimamente che ad iniziare a sparare
contro la folla furono loro: i carabinieri. Stranissimo, in cronache
successive, in rievocazioni paesane, nel veemente attacco del Li Causi, nelle
celebrazioni di Riesi dei primi anni 2000, negli studi seri del Casarrubea, in
quelli pasticciati della Cernigoi, nelle esaltazioni cinematografiche, nelle
lugubri messe in scena del Lucarelli televisivo, in tante corrispondenze di
aspiranti giornalisti, questo particolare viene del tutto pretermesso. Nessuno
infatti può pensare che un giovane commissario si possa permettere di dare
ordini alla benemerita arma di aprire il fuoco contro una inerme folla sia pure
tumultuante. Non è elemento questo da rendere inaccettabile che ad essere
responsabile di quell'esecrabile eccidio fosse il giovanissimo ed imberbe
commissario Ettore Messana? Come dire Ettore Messana non c'entrò. Solenne
infamia quella di volerlo a tutti i costi calunniarlo. Non è giunto il momento
di fare ammenda di tutta la diffamazione a mezzo stampa, blog, cinematografo e
lugubri aggettivazioni del Lucarelli (sarà un caso, quella trasmissione del
2005 non ci sta più in You Tube o aggeggi analoghi)? La famiglia Messana ha
subìto, sta ancora subendo, danni, disagi, colpevolizzazioni, denigrazioni per
una così concertata e martellata diffamazione. Nessuno deve pagare? manco il
periferico e pur edotto dei fatti, il giornaletto racalmutese di Sciascia
MALGRADO TUTTO? Per aggiunta e suggello, ecco che veniamo a sapere che le
mitragliatrici vengono dopo, ad eccidio consumato: nessun ordine poté dare al
sottotenentino Di Caro il nostro gr. uff. comm. dell'ordine dei santi Maurizio
e Lazzaro, ispettore generale di P.S., dottore Ettore Messana. Carta canta!!!
------------- Caltanissetta 9, giorno "I fatti i Riesi per quanto su essi
siano sulle prime notizie alquanto esagerate pure rivestono una gravità non
comune. Ve ne mando i particolari nel modo più succinto. Riesi è stato sempre
uno dei centri di questa provincia che ha dato non poche volte da dire alle
autorità politiche e di pubblica sicurezza dando sovente campo a noi cronisti
di intrattenerci delle condizioni poco tranquille della pubblica sicurezza:
difatti reati audacemente rari nella storia criminale sono colà avvenuti e non
è la prima volta che dimostrazioni ed agitazioni sono degenerate in conflitto.
Le agitazioni minerarie poi hanno sempre trovato modo di allignare e di
prosperare anche perché la politica di Riesi deve far capolino in tutto. Tra i
maggiorenti anche il disaccordo è regnato sovrano per quanto il deputato del
collegio, on. Pasqualino, abbia sempre messo in opera tutti i mezzi perché il
pubblico interesse negli uomini pubblici fosse sempre l’ideale da raggiungere.
Parecchi anni fa tal Giuseppe Butera, una specie di mattoide, messosi a capo di
alquanti incoscienti provocò dei moti gravissimi e si arrivò persino alla
proclamazione della repubblica Riesina! Poi venne la guerra e gli odii
restarono sopiti mentre Riesi dava un contingente altissimo alla diserzione
dando i Tofalo, i Carlino e compagnia bella; bisogna però riconoscere che la
maggioranza di quella cittadina è composta di gente per bene, ma intanto basta
qualche centinaio di illusi e di sconsigliati perché un intero centro resti in
convulsione. Da qualche settimana a Riesi dunque spirava vento di fronda, e ciò
nonostante per volere di chi sta in alto tutta la forza disponibile della
Provincia di Caltanissetta e el capoluogo era stata distaccata a Roma – a
quanto se ne dice – perché l’ordine pubblico della capitale così esigeva. Di
modo che i tumulti di ieri hanno trovata la cittadina sguarnita di forza in
modo quasi assoluto giacché la forza non si improvvisa specie quando niente
affatto tranquilla era la situazione a Caltanissetta, a Terranova, a Castrogiovanni
e in molti altri paesi dove l’agitazione agraria è assai intensa e gravida di
pericoli. Anzi su proposta del Prefetto pochi giorni fa il Ministero ha mandato
qui il comm. Lonardone ispettore generale del Ministero della Agricoltura per
la composizione delle vertenze agrarie in Provincia. Intanto così l’on.
Pasqualino come l’on. Colaianni e l’on. Lo Piano non avevano taciuto assieme al
Prefetto la situazione della Provincia, che ha finalmente bisogno dopo tanti
anni di incuria e di indifferenza ogni provvida cura giacché le nostre
popolazioni sono assetate di giustizia e di equità. Fatto sta che nelle scorse
settimane la situazione a Riesi parve – lo era effettivamente – peggiorata,
avvennero degli incidenti gravi la cui trasmissione non ci fu permessa e si
procedette all’arresto del Giuseppe Butera e di altri capoccia del socialismo
cosi detto ufficiale. Come vi dissi, la politica ha fatto il resto di tal che
si è andata rapidamente in questi ultimi giorni creata a Riesi una posizione
veramente eccezionale e da destare l’allarme nella cittadinanza e da
preoccupare le autorità. L’on. Pasqualino proprio oggi doveva recarsi a Riesi
dove egli è tanto benvoluto e stimato, appunto per mettere in opera il suo
ascendente presso quella popolazione onde indurla alla quiete ed alla
tranquillità. Ma aveva preferito fare prima una corsa a Castrogiovanni per
abbracciarsi con l’on. Colaianni che intanto non lascia mezzi intentati per
comporre le vertenze di indole economica nei paesi del suo collegio. Dimenticavo
dirvi che a Riesi da tempo per dimissioni di parecchi dei suoi membri quel
Consiglio Comunale è stato sciolto e l‘amministrazione della cosa pubblica è
deposta nelle mani di un R. Commissario, il cav. Scicolone, coadiuvato dal
signor Grasso. Si è cercato di togliere ogni pretesto a quelle masse illuse e
fuorviate e financo l’approvvigionamento del grano è proceduto in modo
assolutamente eccezionale, un vero e proprio trattamento di favore. Ma il
pretesto è stato trovato lo stesso e ieri di giorno verso le 11 si iniziarono
le prime dimostrazioni che assunsero ben presto il carattere di una violenta
ribellione. La pazienza dei pochi carabinieri fu messa a dura prova; qualche
soldato fu sputato e preso a sassate e quando fu tentato di disarmarli e quando
di certo avrebbero avuto la peggio fecero fuoco e caddero mezza dozzina e forse
più di morti. Grida e lamenti dimostrarono che c’erano anche dei feriti e non
pochi. La esasperazione della folla inviperita e delle donne raggiunse presto
il colmo e la forza impotente dovette ritirarsi lasciando la cittadinanza in
balia dei rivoltosi. Sono partiti da qui camions con mitragliatrici e forza in
gran numero e si conta di sapere la vera ragione o meglio la causa occasionale
della rivolta sanguinosa. Domani e forse oggi stesso l’on. Pasqualino sarà sul
posto per spiegare tutta la sua opera autorevole per il ritorno alla
tranquillità. Intanto l’autorità giudiziaria ha aperto una inchiesta per
accertare le singole responsabilità; parecchi arresti sono stati già operati e
pare che moltissimi altri ne seguiranno. Appena noti i nomi dei morti e dei
feriti ve ne informerò e vi invierò altri particolari. 0ve sarà il caso. Si sa
che i rivoltosi furono poche centinaia di contadini che sono rimasti padroni
della città; tutte le comunicazioni, anche quelle telegrafiche, sono
interrotte; da Palermo sono stati inviati considerevoli rinforzi La impressione
per i fatti avvenuti è delle più dolorose e si spera che l’ordine e la calma
possano presto tornare. "
Nessun commento:
Posta un commento