28 luglio 2014
La rngrazio proprio per queste Sue graditissime parole. Mi è
rincresciuto che la Cernigoi mi abbia frainteso ed sia partita alquano, mi
consenta, istericamente. Avendo tutta la vita fatte ispezioni bancarie e
tributarie la mia propensione è solo quella di cercare di intessere un diaologo
col dio - di solito. il emone ascpso nel problufi di care e documenti e
contabilità e pezze d'appoggio e contraffatte dichiarazioni. Proprio oggimi
sono recat alla Biblioteca Nazionale qui a Roma e ho consultato il 1919 del
Giornale di sicilia. Ho troato corripondenze sul celebre caso di Riesi. Sfido
chiunque a dormi che vi si parla di un certo commissario Messana. Se penso ai
film, ai convegni all'ANPI di Palermo mi disoriento. Sono sincero: Lei cade nel
trebocchett teso da Li Causi. per ragioni che non so e in tempi molto sospetti,
quando forse voleva far carriere nel PCI (e il carrierismo là fu feroce. ne so
qualcosa di molto riservato) volle fare apparire il giubilato Ispettore
Generale di P.S. gr.uff. cpmm. dell'Ordine di S,. Maurizio e Lazzaro dottore
Ettore Messana la reincarnazione di Bava Beccaris per la faccenda di Riesi, il
negriero di Lubiana per l'istruttoria al processo Tomsic e il
"compare" di Ferrei alis fra Diavolo. In base alla mole di documenti
e di ricostruzioni storiche che ho potutto condurre soprattuttoper l'ausilio
(magari non volonyatio) che Ella con i sui tre preziositesti publicati da Bompiani.
sono giunyo alla conclusione che a Riesi Messana non c'era o se c'ra i suo
ruolo f marginale e nessun tribunale abbe mai adinquisirlo; che la feccanda di
Lubiana è uno dei tanto aspettidell'insana guerra che Volle Mussolini e che il
Messana, quale subalterno del Mimistero degli interni, non durò a Lubiana più
di un annoper non essere in grado di quelle ferocie che i fascisti militani
esevano. Ne ebbe conseguegue che rasentano la retrocessione fininedno come in
subordine a Triene dove ad avvso degli stuiisuoi denigratori non commesie
azioni di rilievo. Quindi non aderì alla RSI, fu destituio, privato di
stipendio e scappò a Roma nascondendosi sino alla liberazione degli Americani
quando poè tornare al Viminalee per la sua fede monarchoca e forse pe le sue
protezioni masoniche ritòrnò in auge, destinazione Palermo. Qui visse suoi
brutti momnti. Lei dilintemente scrive che ebbe a denunciare i criminali
finanziamenti degli Ameicani all'EVIS. Fatto questo, che con più ampienza e con
maggio igificato e merge dalle relaioni autogradfe del messana al suo Ministro,
quali ho rinvenuto in ACS (e mi pare che si tratti di ponderose relazioni non
pubblicate da lcuno. Il collegamento con ferrei fu un atto imposto. Lei stess
parla ell'incontro a Roma tra il padre del ferreri, Aldisio e in subordine il
messana. Quale lo snodo di tale collegamento, io npn ho dubbi di sorta ad
accedere alla verità processuale di Viterbo e cioè alla deposizione esaistiva
del Messana la cui prima interpretazioneè quella letterale e le superdfetazioni
analogiche e dietristiche iìo le ripudierei anche per l'obbligo della
"avalutatività" che bisgna seguire nelle sceinzze sociale. per questo
iseento dalla siua tesi del Stato connivente, qusi prefigurazione dell'attale
processo di palermo.
Un lugo discorso che debbo correggere ssendomo scappato per
la mia solita imperizie informatica, per insinuare una mia proposta. Racalmuto
è la patria di Sciascia, una Fondazione si ege a suo nome.Mi piaerebbe che Lei
potessepresiedere un incontro d per la chiarificazione dle ruolo e se vi sono
delle colpe del compaesano racalmutese Ettore Messana, agari per sabilire se
gli deve dedicare una strada in commemorazione oppure no, per comprovaa
indegnità. E mi piCEREBBE CHE NELLA fondazione DI SI ISTITUISSE UNA SOTA DI
SEMINARIO PER RICERCHE STORICHE NON PRECONCETTE DA LEI PRESIEDUTO. pENSO A
GIOVANI CHE POTREBBERO ANDARE A STUFìDIARE LE CARTE ELLA nara quali lei
meritevolmente illustra nel suo LUPARA NERA (e credo altrove). E non mi
dispiacerebbe che vi partecipasse anche la Cerrigoi, sempreché desista dalle
non provate accuse contro il Messana.
28 luglio 2014
Nel caso tagli prima di leggere. Ma questo è un mio post
pubblico che in qualche modo intendo segnalarle: E’ la seconda volta che mi
capita nella mia ormai purtroppo lunga vita. La prima volta avvenne nel lontano
ultimo quarto degli anni Settanta. Tra il luglio e il settembre del 1974 fui
inviato dalla Banca d’Italia a giubilare la Bana Privata Finanziaria che tutti
ancora si ostinano a chiamare la banca di Sindona. Falso. La Privata, contro
tutti e contro tutto, invocando le dieci righe l’art. 64 della vecchia legge
bancaria, riuscii a giubilarla. Nonostante Andreotti Macchiarella il Banco di
Roma tutta la finanza meneghina e mettiamoci per contorno l’arcivescovo
Marcinkus, l’orso americano del mio Soldi Truccati. Ma Sindona era ancora in
auge nonostante profugo negli USA di Cosa Nostra. Scrisse e tutta la stampa
pubblicò: “pare che un certo Calogero Taverna le abbia chiarito le cose”. Si
rivolgeva allo scattoso Guido Carli. Il Baffi mi sbeffeggiò in un convivio
aziendale quale un quivis de polulo . Ora è la Cernigoi che fa il bis. Le avevo
scritto: 6 giugno 18.17.40
lei dovrebbe essere l'autrice di foglietti infamanti il
dottore Ettore Messana già ispettore generale di pubblica sicurezza. In
contatto con la nipote di tanto grande personaggio della storia di Italia ho
fatto e continuo a fare ricerche che la smentiscono in pieno Non so se reputa
di procedere ad una sorta di resipiscenza operosa. Sappia che la signora
Giovanna Messana non è persona da oppiare. Certo non ha avuto tempo per
inseguire e perseguire codesti sedicenti storici fabbricanti di calunnie nei
confronti del suo grande avo. Ma ora ha deciso.
Le avevo scritto molto riservatamente e a ben vedere in
termini molto educati, ad onta del mio caratteraccio. Ma la Cernigoi
sfacciatamente, in pubblico, dopo 14 giorni così osa irridermi (e
contraddirmi):
La Nuova Alabarda 20 giugno • APPUNTI SU ETTORE MESSANA.
Ho ricevuto negli ultimi tempi alcuni messaggi da tale Lillo
Taverna, che mi "accusa" di "essere l'autrice di foglietti
infamanti il dottore Ettore Messana", del quale Taverna starebbe
ricostruendo una biografia. In effetti ho avuto modo di scrivere alcune note su
questa persona, denunciata come criminale di guerra alle Nazioni unite,
basandomi su documenti ufficiali dei quali ho indicato anche la collocazione
archivistica. Pertanto ritengo opportuno rinfrescare la memoria su questa
persona.
Com’è noto, il 6/4/41 l’Italia fascista invase la
Jugoslavia, in perfetto accordo con l’esercito di Hitler, creando la “Provincia
italiana di Lubiana” e mettendo ai posti di comando dei propri funzionari.
Così, a dirigere la questura di Lubiana fu posto il commissario Ettore Messana,
che resse l’incarico fino a giugno 1942, e successivamente fu a Trieste fino a
giugno 1943. Il nome di Messana risulta nell’elenco dei criminali di guerra
denunciati dalla Jugoslavia alla Commissione delle Nazioni Unite per i crimini
di guerra (United Nations War Crimes Commission). Il rapporto di denuncia,
redatto in lingua inglese ed inviato dalla Commissione statale jugoslava in
data 14/7/45 (Copia del rapporto originale in lingua inglese si trova
nell’Archivio di Stato di Lubiana, AS 1551 Zbirka Kopij, škatla 98, pp.
1502-1505), lo accusa (sulla base di documentazione che era stata trovata in
possesso della Divisione “Isonzo” dell’Esercito italiano di occupazione) di
crimini vari: “assassinio e massacri; terrorismo sistematico; torture ai
civili; violenza carnale; deportazioni di civili; detenzione di civili in
condizioni disumane; tentativo di denazionalizzare gli abitanti dei territori
occupati; violazione degli articoli 4, 5, 45 e 46 della Convenzione dell’Aja
del 1907 e dell’articolo 13 del Codice militare jugoslavo del 1944”. Nello
specifico viene addebitata a Messana (in concorso con il commissario di PS
Pellegrino e col giudice del Tribunale militare di Lubiana dottor Macis) la
costruzione di false prove che servirono a condannare diversi imputati (tra i
quali Anton Tomsič alla pena capitale, eseguita in data 21/5/42) per dei reati
che non avevano commesso. La responsabilità di Messana e Pellegrino in questo
fatto è confermata da documenti dell’archivio della questura di Lubiana (oggi
conservati presso l’Archivio di Stato di Lubiana, AS 1796, III, 6, 11), che
fanno riferimento ad una “operazione di polizia politica” condotte dal
vicequestore Mario Ferrante e dal vicecommissario Antonio Pellegrino sotto la
direzione personale di Messana, contro una “cellula sovversiva di Lubiana”
della quale facevano parte, oltre al Tomsič prima citato, anche Michele Marinko
(condannato a 30 anni di reclusione), Vida Bernot (a 25 anni), Giuseppina Maček
(a 18 anni) ed altri tre che furono condannati a pene minori. Messana e gli
altri furono anche accusati di avere creato false prove nel corso di una
indagine da loro condotta, in conseguenza della quale 16 persone innocenti
furono fucilate dopo la condanna comminata dal giudice Macis. Si tratta
dell’indagine per l’attentato al ponte ferroviario di Prešerje del 15/12/41,
per la quale indagine, come risulta da altri documenti della questura di
Lubiana dell’epoca, Messana, il suo vice Ferrante, l’ufficiale dei Carabinieri
Raffaele Lombardi ed altri agenti e militi furono proposti per onorificenze e
premi in denaro per la buona riuscita delle indagini relative: Messana
ricevette come riconoscimento per il suo operato la “commenda dell’Ordine di S.
Maurizio e Lazzaro”. Il 21/9/45 l’Alto Commissario Aggiunto per l’Epurazione di
Roma inviò una nota al Prefetto di Trieste nella quale era segnalato il nome di
Ettore Messana. Il Prefetto richiese un’indagine alla Polizia Civile del GMA
(ricordiamo che all’epoca Trieste era amministrata da un Governo Militare
Alleato e la polizia era organizzata sul modello anglosassone), il cui
risultato è contenuto in una relazione datata 6/10/45 e firmata dall’ispettore
Feliciano Ricciardelli della Divisione Criminale Investigativa, dalla quale
citiamo alcuni passaggi. “Il Messana era preceduto da pessima fama per le sue
malefatte quale Questore di Lubiana. Si vociferava infatti che in quella città
aveva infierito contro i perseguitati politici permettendo di usare dei mezzi
brutali e inumani nei confronti di essi per indurli a fare delle rivelazioni
(…) vi era anche (la voce, n.d.a.) che ordinava arresti di persone facoltose
contro cui venivano mossi addebiti infondati al solo scopo di conseguire
profitti personali. Difatti si diceva che tali detenuti venivano poi avvicinati
in carcere da un poliziotto sloveno, compare del Messana, che prometteva loro
la liberazione mediante il pagamento di ingenti importi di denaro. Inoltre gli
si faceva carico che a Lubiana si era dedicato al commercio in pellami da cui
aveva ricavato lauti profitti. Durante la sua permanenza a Trieste, ove rimase
fino al giugno 1943, per la creazione in questa città del famigerato e
tristemente noto Ispettorato Speciale di polizia diretto dal comm. Giuseppe
Gueli, amico del Messana, costui non riuscì ad effettuare operazioni di polizia
politica degne di particolare rilievo. Ma anche qui, così come a Lubiana, egli
si volle distinguere per la mancanza assoluta di ogni senso di umanità e di
giustizia, che dimostrò chiaramente nella trattazione di pratiche relative a
perseguitati politici (…)”. Questa relazione è conservata in Archivio di Stato
di Trieste, fondo Prefettura gabinetto, b. 18. L’Ispettore Ricciardelli aveva
già svolto servizio in polizia sotto il passato regime fascista ed era stato
internato in Germania sotto l’accusato di favoreggiamento nei confronti di
ebrei che sarebbero stati da lui aiutati a scappare.
A fronte di tutto ciò ci si aspetterebbe che Messana sia
stato, se non condannato per quanto commesso sotto il fascismo, quantomeno
“epurato” dalla Pubblica Sicurezza. Invece lo ritroviamo nell’immediato
dopoguerra nella natia Sicilia, a dirigere, alle dipendenze dell’ex funzionario
dell’OVRA a Zagabria, Ciro Verdiani, un “Ispettorato generale di PS per la
Sicilia”, un “organo creato per la repressione della delinquenza associata, e
specificamente per la repressione del banditismo che faceva capo a Giuliano (il
“bandito” Salvatore Giuliano, n.d.a.)” (questa definizione è tratta dalla sentenza
di Viterbo, emessa il 3 maggio 1952 dalla Corte d’assise di Viterbo, presieduta
dal magistrato Gracco D’Agostino, in merito alla strage di Portella della
Ginestra del 1/5/47). Per sapere come i due alti funzionari di PS svolsero il
compito loro affidatogli, leggiamo alcuni stralci dalla sentenza emessa in
merito alla strage di Portella della Ginestra, dove gli uomini di Giuliano
spararono sulla folla che si era radunata per festeggiare il Primo maggio,
uccidendo undici persone tra cui donne e bambini e ferendone molte altre.
“L’Ispettore Verdiani non esitò ad avere rapporti con il capo della mafia di
Monreale, Ignazio Miceli, ed anche con lo stesso Giuliano, con cui si incontrò
nella casetta campestre di un sospetto appartenente alla mafia, Giuseppe Marotta
in territorio di Castelvetrano ed alla presenza di Gaspare Pisciotta, nonché
dei mafiosi Miceli, zio e nipote, quest’ultimo cognato dell’imputato Remo
Corrao, e dal mafioso Albano. E quel convegno si concluse con la
raccomandazione fatta al capo della banda ed al luogotenente di essere dei
bravi e buoni figlioli, perché egli si sarebbe adoperato presso il Procuratore
Generale di Palermo, che era Pili Emanuele, onde Maria Lombardo madre del capo
bandito, fosse ammessa alla libertà provvisoria. E l’attività dell’ispettore
Verdiani non cessò più; poiché qualche giorno prima che Giuliano fosse
soppresso, attraverso il mafioso Marotta pervenne o doveva a Giuliano pervenire
una lettera con cui lo si metteva in guardia, facendogli intendere che Gaspare
Pisciotta era entrato nell’orbita del Colonnello Luca (si tratta dell’ex
generale dei Carabinieri Ugo Luca, che tra il 1949 e il 1950 coordinò
l’uccisione di Giuliano in Sicilia”, già “uomo di fiducia personale di
Mussolini”, come scrive Giuseppe Casarrubea in “Storia segreta della Sicilia”,
Bompiani 2005) ed operava con costui contro Giuliano”. Quanto a Messana
leggiamo che “l’Ispettore Generale di PS Messana negò ed insistette nel negare
di avere avuto confidente il Ferreri (Salvatore Ferreri, detto “fra Diavolo”, sarebbe
stato infiltrato nella “banda” di Giuliano per farlo catturare; Ferreri sembra
essere stato tra gli organizzatori degli attacchi contro i sindacalisti a
Partinico del 1947; fu ucciso dai Carabinieri pochi giorni dopo il massacro di
Portella della Ginestra), ma la negativa da lui opposta deve cadere di fronte
all’affermazione del capitano dei Carabinieri Giallombardo, il quale ripetette
(sic) in dibattimento che Ferreri fu ferito dai carabinieri presso Alcamo, ove
avvenne il conflitto in cui restarono uccise quattro persone; e, ferito, il
Ferreri stesso chiese di essere portato a Palermo, spiegando che era un agente
segreto al servizio dell’Ispettorato e che doveva subito parlare col Messana”;
Salvatore Ferreri era “conosciuto anche come Totò il palermitano, ma definito
come pericoloso pregiudicato, appartenente alla banda Giuliano, già condannato
in contumacia alla pena dell’ergastolo per omicidio consumato allo scopo di
rapinare una vettura automobile”. Verdiani morì a Roma nel 1952, e il suo “decesso
fece in modo che il suo ruolo in quegli anni piano piano si dissolvesse sotto i
riflettori”. Per approfondire la questione dei rapporti tra la “banda”
Giuliano, l’Ispettorato generale di Messana e Verdiani ed i servizi segreti
statunitensi ed italiani, nonché sul riciclaggio da parte di questi di
personale che aveva operato con la Decima Mas di Borghese, vi rimandiamo al
citato studio di Casarrubea, “Storia segreta della Sicilia”. Non crederete che
l’abbia lasciata in pace. L’ho costretta a offendermi e stizzita a chiudermi
persino i canali di FB. Diversamente da lei si è invece comportato quel gran
signore e profondo studioso del prof. Casarrubea. Come credo avete potuto legge
qui da me. Calogero Taverna
29 luglio 2014
Caro Calogero, cose vere, cose false e cose meno vere.
Ricordo il Ruffini nel 1945/46. Magari qualcuno ad Agrigento aveva attentato
alla vita del principesco vescovo Peruzzo (addirittura un frate a Santa Stefano
Quisquina). Si pensava che primate di Sicilia dovesse essere proprio il
Peruzzo, invece il papa mandò Ruffini. Figurati se posso avere stima e fiducia
nei papi e in papa Pacelli in particolare. Ma era chiaro che l'America, la
mafia, Portella, Giuliano non ci entravano per nulla. Mie ricerche
nell'archivio vaticano segreto mi portano molto lontano. Quanto al connubio
Pacelli-America nulla di più falso di quello che leggo. Pacelli aveva un
religioso terrore dei comunisti. Iniziò la sua crociata con il microfono di Dio
(padre Lombardi) e la peregrinatio Mariae. Divertente la pagina di Sciascia
nelle Parrocchie in proposito. Eppure proprio la settimana scorsa sfogliando un
faldone del SIS seconda sezione all'ACS di Roma leggo tutto un carteggio su
questa storia qui. Gli americani volevano un gemellaggio America-Vaticano nella
lotta al Comunismo. Pacelli si oppose sdegnosamente. Peraltro non amava il
capitalismo massonico e sionista di Washington. Il sostituto Montini sospinse
il Della Torre dell'Osservatore Romano a scrivere una trentina di frasi
piuttosto ambigue quanto ad anticomunismo. Vi si palesava addirittura della
simpatia. Successe un finimondo. Etc. Quello che aggiungo io è questo: con
tanta dovizia di documenti e prove storiche perché continuare a crogiolarsi
nell'orgia dei luoghi comuni di quel tempo del primo dopoguerra degli anni '40.
Mi fa piacere che anche lo stesso prof. Casarrubea mi scriva che occorre un
salto di qualità nella ricostruzione storica del secolo scorso, specie alla
luce delle nuove possibilità di ricerca e dei nuovi strumenti anche
informatici, della ricostruzione del recente quadro storico (tutto ancora a
definire)..
1 agosto 2014
IL QUESTORE MESSANA E I FATTI DI RIESI Il crucifige di
Ettore Mesana si consuma il 15 luglio del 1947. Il gran sacerdote che ne vuole
la fine è l’on. Li Causi: tre i capi d’accusa (politica). Desumiamoli dallo
stesso Li Causi, da un suo arrabbiatissimo discorso all’Assemblea Costituente,
pronunciato nella Seduta del 15 luglio del1947. Per il sanguigno grande
esponente del comunismo siciliano del dopoguerra, Messana andava giubilato:
A) Perché c’era da domandarsi: «Scelba come può ignorare che
Messana ha iniziato la sua carriera facendo massacrare dei contadini siciliani?
Il 9 ottobre del 1919, infatti, cadevano a Riesi più di sessanta contadini, di
cui tredici morti: trucidati a freddo, sulla piazza, dove si svolgeva un
comizio. I vecchi di quest'Aula ricorderanno come in quell'occasione il
Ministero Nitti ordinò un'inchiesta mandando sul posto il generale dei
carabinieri Densa, mentre la Magistratura iniziò un'inchiesta giudiziaria
soprattutto per accertare le cause della morte misteriosa di un tenente di
fanteria, che si rifiutò di eseguire l'ordine di far fuoco del Messana, che ne
disapprovò apertamente la condotta, e che il giorno dopo fu assassinato …»
B) « Messana è nell'elenco dei criminali di guerra di una
nazione vicina; questo può far piacere ad una parte della Camera, la quale
pensa: "Va bene, è un massacratore; però, di stranieri!"…»
C) «Si ha, [ …] , questa precisa situazione, che il
banditismo politico in Sicilia è diretto proprio dall'ispettore Messana: e
l'ispettore di pubblica sicurezza, il quale dovrebbe avere per compito quello
di sconfiggere il banditismo -- il suo compito veramente sarebbe quello di
ssconfiggere il banditismo comune e non già quello politico -- l'Ispettore di
pubblica sicurezza, dicevo, diventa invece addirittura il dirigente del
banditismo politico.»
Ecco qui i tre capi di accusa: Riesi del 1919; Lubiana del
1941 (maggio)-giugno 1942; banditismo siciliano dal maggio 1945 al giugno del
1947.
Sono mesi che scartabelliamo faldoni, giornali, documenti
vari, pubblicazioni vecchie. Ebbene: non ci possono essere dubbi. Nessuno può
dimostrare che davvero in quel terribile 9 ottobre del 1919 ci fosse
addirittura un giovane agente di polizia che prese la “mitraglia” in mano nel
campanile della chiesa prospiciente piazza Garibaldi e falcidiò sei, si disse
in un primo momento, contadini rivoltosi; poi si disse dieci, poi invece si
salì a quindici (qui sopra) e, di recente, dovendo sperperare soldi comunitari,
sempre a Riesi, addirittura 20. Ci dispiace per Li Causi: non si può condannare
alla damnatio memoriae un glorioso ispettore generale di Stato sulla base di
quello che avrebbero dovuto ricordare a distanza di quasi trent’anni ‘vecchi
padri costituenti’. Vi poté pur essere stata una inchiesta del generale dei carabinieri
Densa ma questa ammesso che si sia mai conclusa nessun addebito poté formulare
e formulò contro il giovane trentunenne cmmissario Messana, che, anzi, a
fascismo consolidato e con Calogero Vizzini confinato, spiccò salti da gigante
nei gradi della polizia e proprio perché senza macchia alcuna, lui figlio di un
modesto e dissennato redditiere racalmutese, sperperatore del proprio
patrimonio, lo sfaccendato Clemente Messama, diviene – giovanissimo - questore
ed ebbe affidate questure strategiche del Nord. Ad onore e vanto della sua
patria natia, Racalmuto. Analogo discorso per quell’inchiesta giudiziaria: noi
abbiamo reperito una relazione del Prefetto di Caltanissetta del successivo
natale. Altri sono i colpevoli, i fatti avvennero in termini ben diversi dal
facile populismo cui si abbandona, comprensibilmente , il Li Causi. MESSANA, il
grande assente. NON COLPEVOLE. Nel 1934 dopo 15 anni – troppi o pochi a seconda
delle tesi che si vogliono formulare – un quasi pastore valdese scrive una
storia di Riesi. Quei truculenti fatti vengono rievocati. Sì, è vero: nella
memoria della gente è scolpito che una mitraglia militare sparò e uccise tanta
gente. Enfasi della memoria tanta. Si parla di un “commissario di Pubblica
Sicurezza”, si dice che insieme ad altri due un ufficiale dell’esetrcito ed un
semplice soldato, in tre, tutti insieme eccoli a premere il grilletto del
mitra. Fantasia. Improbabile. Ma a tutto concedere: il nome del Messana non
c’è. Davvero Li Causi nella foga ciceroniana finisce con l’inventare e quindi
diffamare e direi calunniare. Erano tempi incandescenti. Portella della
Ginestra fu più di una sventura nazionale e - se le carte della N.A.R.A. già
consultate dal prof. Casarrubea verranno tutte alla luce -sarà da parlare di
crimine americano. Finalmente. Altro che insana criminalità di un ex giovane
commissario di polizia in vena di scimmiottamenti dell’esecrando generale
Bava-Beccaris fatto dal Re senatore del Regno.
Ma noi abbiamo cercato notizie vere, coeve, indubitabili.
Abbiamo consultato i microfilm del giornale L’Ora di Palermo e il Giornale di
Sicilia dell’epoca. Messana non ci sta. I fatti son diversi da come amò
trasfigurarli il Li Causi per sue polemiche politiche di stampo rosso
scarlatto. Da vecchio comunista, per il quale la verità storica va piegata alla
grande lotta di classe. Noi siamo per la lotta di classe ma di quelli che
reputano che la VERITA’ E’ SEMPRE RIVOLUZIONARIA.
[segue]
4 agosto 2014
Ci stiamo sforzando di rinvenire la vera verità storica dei
fatti di Riesi del 1919. Abbiamo pubblicato giornali e cronache dell'epoca.
Questa qui non è una intollerabile mistificazione?
CREDIAMO DI AVERE DEL TUTTO SMANTELLATO LA TESI CHE VORREBBE
IL QUESTORE MESSANA COLPEVOLE COME QUI SI DICE. RESTA SOLO LA CALUNNIA,
L'INFAMIA. SE IN BUONA FEDE CI SI CORREGGA ANCHE SE CI SI CHIAMA ANPI
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DEMOCRAZIASpeciale 27 gennaio. Il dovere della memoria..Articoli correlati
‘Strage di Riesi’ . 92° anniversario assassinio Giovanni Orcel 13 ottobre 2012
.
L ’ANPI domenica 14 ottobre 2012 alle ore 9, ricorda
Giovanni Orcel nel 92° anniversario del suo assassinio avvenuto il 14 ottobre
1920 in Corso Vittorio Emanuele all’altezza della Biblioteca centrale dove con
la Cgil, e il Centro Impastato deporremo una corona sotto la lapide che lo
ricorda.
Giovanni Orcel è una delle figure più significative del
movimento operaio palermitano, segretario generale della FIOM dal marzo del
1919 operava per unire lotte urbane e lotte delle campagne sulla scia di Nicola
Barbato e anche del fratello Ernesto Orcel fondatore del Fascio dei Lavoratori
di Cefalù, ed in stretto collegamento con Nicolò Alongi, il dirigente contadino
assassinato dalla mafia nel febbraio del 1920.
Orcel viene assassinato ad un anno dalla strage di Riesi del
1919 dove vengono assassinati 15 contadini compreso un tenente di fanteria che
si era opposto all’ordine fascista di sparare sui contadini che manifestavano
per la riforma agraria. Ad ordinare il fuoco in solidale intesa con la mafia è
stato un fascista della prima ora, Ettore Messana di Racalmuto, ufficiale di
P.S., poi membro dell’OVRA, il servizio segreto, efferato criminale di guerra
questore a Lubiana negli anni 40 ed infine lo ritroveremo inspiegabilmente
….Ispettore generale di polizia in Sicilia negli anni 1945!
Entrambi i delitti, inequivocabilmente di matrice fascista e
mafiosa, sono rimasti impuniti.
Su Giovanni Orcel leggi Giuseppe Carlo Marino, 1976 nel
libro “Partiti e lotta di classe in Sicilia da Orlando a Mussolini” (Bari, De
Donato, 1976); poi nel saggio di Giuseppe Carlo Marino “Vita e martirio di
Nicola Alongi, contadino socialista” e in numerosi altri scritti.
Il libro di Giovanni Abbagnato, Giovanni Orcel. Vita e morte
per mafia di un sindacalista siciliano. 1887-1920, ricostruisce l’attività di
Orcel e le lotte di quegli anni.
Il logo del referendum per l’art. 18 ci ricorda che Orcel,
Alongi e la lunga scia di sangue di sindacalisti e cittadini uccisi, lottarono
per la difesa della dignità umana e la dignità del lavoro, che oggi i governi
della destra politica, in assenza di opposizione vera, stanno di fatto
abolendo.
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CGIL firma contro l'attacco all'impianto antifascista della Costituzione
"art. 21" Firma contro l'attacco all'impianto antifascista della
Costituzione "petizione Cgil" memorie di Spagna Sito ANPI Nazionale
5 agosto 2014
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