Pregiatissimo Signor Governatore, dottore Ignazio VISCO,
Dopo trentun’anni di pensionamento dalla Banca d’Italia,
ricevo per la prima volta un gentilissimo biglietto augurale. Me lo invia il
novello Governatore dottore Ignazio Visco. Segno anche questo di una mutata
visione dirigenziale al vertice della Banca d’Italia. Non sono certo così
ingenuo da pensare che si tratti di un atto di personale attestato magari per
le mie recenti battaglie di stampa a favore di una rinnovellata e rinnovellabile
Banca centrale. Sono sicuro che ormai il mio nome è finito tra gli anonimi e anodini
tabulati dei tanti, troppi pensionati di vecchia data. Certo, interruppi il mio
rapporto di lavoro subordinato con la Banca d’Italia nel 1982 dopo atteggiamenti
a me ostili ed anche ingrati. Non posso avercela, però, con l’Istituzione cui
sono indefettibilmente legato, ma con certi uomini di apicale supremezia, sì. Nutrivo
un dissidio che portò anche a qualche indispettita decisione non apprezzata
all’esterno: non credo che la Banca d’Italia, intemerata nella sostanza quanto
a correttezza fiscale, si potesse indurre ad un non esemplare condono
tributario se, come superispettore del Secit di Reviglio, non avessi sollevato
una grossa questione di elusione tributaria. Portavo con me una competenza di
prim’ordine acquisita all’interno del mio Istituto di appartenenza. Tanto da
essere segnato dal dottor Sarcinelli come uno dei soli tre validi – a suo
avviso – ispettori di Vigilanza.
Era momento cupo nei rivolgimento direttoriale della Banca Centrale
ed uomini non proprio eccelsi erano subentrati per i vuoti determinati anche
da indebite ingerenze politiche, e, se si vuole, anche da acredini magistratuali.
Ma veda, signor Governatore, io avevo dato lustro e decoro alla
Banca d’Italia: cito mie ispezioni rimaste esemplari: Banca Fabbrocini, Banca
Privata Finanziaria, Cassa di Risparmio
di Rimini (perché no?), e soprattutto Cassa di Risparmi di Livorno (e qui certo
non fui tenero neppure con colui che poi divenne quello che divenne). Allora,
perché il signor Cerciello mi aggirò sino a farmi credere che se andavo al
Secit era per conto della BI e quale riconoscimento dei meriti acquisiti sul
campo, se una sera prima il dottor Ciancaglini stabiliva che andavo per mia
personale scelta e quindi era sin troppo generoso l’istituto se mi accordava
soltanto una integrazione del più basso stipendio del mio nuovo Ente
ministeriale che si avvaleva della mia professionalità?
Mi dirà – e lo ripeto anch’io – che son faccende personali e
tutto sommato insignificanti Ma ripeto queste mie rimostranze solo per
affermare che il mio attaccamento all’Istituto ove sono entrato quasi
cinquantadue anni fa, non è mai venuto meno. E troppo ho sofferto nel notare devianze
che sono solo di singoli uomini e troppo
mi fa male vedere soggetti che sono venuti su dalla Banca d’Italia accordare
interviste che sanno di delazione, di allusivi coinvolgimenti e per la mia
Vigilanza ispettiva di misconoscimento irriguardoso.
Di sicuro, tanti prima cresciuti e prosperati in BI , ne
hanno approfittato per consulenze, entrature, remuneratissimi collegamenti. Vi è stata una deriva che ha
prodotto un non simpatico effetto alone. Mi auguro che Ella appia arginare. Ne
ha tutti i tratti di rigore congiunto anche a signorilità.
Le ho inviato una missiva – che stampa e Articolo 21 hanno
pubblicato – in ordine alla non saggia chiusura della Filiale di Rieti. Non ha
ritenuto di darmi neppure un cenno di ricezione. Ne ha tutto il diritto e non
sarò certo io a contestarglielo. Ma guardi che le ragioni che adduco sono valide
e scottanti. Vi è stata una gestione del personale che va corretta. Non vedo
perché soggetti quali chi scrive, non debbano essere ascoltati: hanno
esperienza, integrità, intelligenza, insospettabilità. Tutte doti acquisite in
quella vera grande scuola che è una militanza nella carriera direttiva della
Banca d’Italia, e che per giunta
trattasi di dirigenti hanno avuto suggello di superiore livello in tanti
anni di attività ispettiva della Vigilanza bancaria. E ciò in una fase di
grande crescita culturale, giuridica e tecnica, in cui mi vanto di aver dato un
originale apporto persino tuttora ricordato ed apprezzato.
Non me ne voglia, signor Governatore per questo mio dire. Faccia
dare, per cortesia, uno sguardo a quanto scrivo in ARTICOLO21, nel mio blog
CONTRA OMNIA RACALMUTO: si accorgerà che certo mio livore è contro la
profanazione del tempio in cui mi sono formato. E noterà che la mia stima nei Suoi confronti è massima,
anche per certe affinità culturali.
Per le prossime feste Le giungano i miei fervidi auguri. Ma
anche l’auspicio che Le consentano di dare il meglio di sé che è sconfinato ed
incomparabile.
Calogero Taverna.
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