sabato 12 luglio 2014

sul retro della istantanea sta scritto: Racalmuto 23 8 34 XIII "esami allievi C.S. Balilla M.

sul retro della istantanea sta scritto: Racalmuto 23  8  34   XIII "esami allievi C.S. Balilla  M.

sul retro della istantanea sta scritto: Racalmuto 3 8 36 XIII M. Non chiedetemi altro: non lo so. Interpretate voi.

sul retro della istantanea sta scritto: Racalmuto 3  8  36   XIII  M. Non chiedetemi altro: non lo so. Interpretate voi.

sul retro di questa istantanea sta scritto solo e semplicemente Racalmuto 3 8 1935 XIII M.

sul retro di questa istantanea sta scritto solo e semplicemente Racalmuto 3  8  1935  XIII    M.

Totò Petrotto ha torto o ha ragione? Io gli do piena ragione. Forse qualche ritocco rettificativo della genesi di tanti mali non guasterebbe. Forse precisare che i nostri tre ultimi commissari non sono tutti e tre di provenienza ministeriale ma provengono dalla prefettura dalla regione e solo uno dal Ministero se sono bene informato (e su questo non ci giurerei). Credo inoltre che tante colpe vanno spalmate e non concentrate. ma poco importa! Importa secondo me che più che il nuovo sindaco tutto preso a inventariare i mali del paese anziché preoccuparsi di sistemare le faccende, sia la minoranza che bene ha fatto a non compromettersi con la maggioranza a colloquiare persino nella sala del consiglio con quei cittadini, stanziali o meno che siano, per fare opposizione propulsiva, risolutiva di guasti e disturbi. Ad esempio chi scrive avrebbe tanta voglia di prospettare ai signori Consiglieri di Minoranza la sua visione delle cose e soprattutto la conseguenziale via riparatrice, insomma collaborazione attiva e non lamentele accusatorie che finisco con l'apparire excusationes non petitae.

Totò Petrotto ha torto o ha ragione? Io gli do piena ragione. Forse qualche ritocco rettificativo della genesi di tanti mali non guasterebbe. Forse precisare che i nostri tre ultimi commissari non sono tutti e tre di provenienza   ministeriale ma provengono dalla prefettura dalla regione e solo uno dal Ministero se sono bene informato (e su questo non ci giurerei). Credo inoltre che tante colpe vanno spalmate e non concentrate. ma poco importa! Importa secondo me che più che il nuovo sindaco tutto preso a inventariare i mali del paese anziché preoccuparsi di sistemare le faccende, sia la minoranza che bene ha fatto a non compromettersi con la maggioranza a colloquiare persino nella sala del consiglio con quei cittadini, stanziali o meno che siano, per fare opposizione propulsiva, risolutiva di guasti e disturbi. Ad esempio chi scrive avrebbe tanta voglia di prospettare ai signori Consiglieri di Minoranza la sua visione delle cose e soprattutto la conseguenziale via riparatrice, insomma collaborazione attiva e non lamentele accusatorie che finisco con l'apparire excusationes non petitae.

La fascistissima Racalmuto fine anni Trenta al maschile. Veramente qui li masculiddri mi paiono racchietti. E manco i gerarchi mi sembrano titanici anche se vestivano teutonicamente alla Hitler!!

La fascistissima Racalmuto fine anni Trenta al maschile. Veramente qui li masculiddri mi paiono racchietti. E manco i gerarchi mi sembrano titanici anche se vestivano teutonicamente alla Hitler!!

Racalmuto fine anni trenta fascistissima al femminile (meno uno). Mi contraddico: erano bellocce queste mie quasi coetanee. Già allora molti amori fiorirono e non tutti casti e puri. Quante ne sopravvivono? Chi le riesce a riconoscere? Qualcuna se ne innamorò tanto del segretario o del suo vice da restare virgo in capillis per il restante della sua vita. Amò nel sessuofobo paese del sale fino a morirne!

Racalmuto fine anni trenta fascistissima al femminile (meno uno). Mi contraddico: erano bellocce queste mie quasi coetanee. Già allora molti amori fiorirono e non tutti casti e puri. Quante ne sopravvivono? Chi le riesce a riconoscere?  Qualcuna se ne innamorò tanto del segretario o del suo vice da restare virgo in capillis per il restante della sua vita. Amò nel sessuofobo paese del sale fino a morirne!

crestomazia paesana


 

Racalmuto si consegna alla gestione podestarile con una fisionomia economica e sociale segnata da turbolenza sociali, specie tra gli zolfatai. Sono gli zolfatai che hanno una più avvertita coscienza sociale ed è appunto fra loro che sorge a Racalmuto il primo nucleo fascista. Ne sono animatori gli avvocati Agostino Puma e Salvatore Burruano. L’11 dicembre 1922 il prefetto di Girgenti (poi Agrigento) il dott. Raffaele Rocco () partecipa al Ministro degli Interni che l’associazione «Racalmuto - Lega di miglioramento fra zolfatai» aveva pochi giorni prima cambiato titolo in «Sindacato Nazionale Zolfatai» aderendo al fascismo. () Siamo, come si vede, a pochi giorni dalla "marcia su Roma": avvedutezza degli zolfatai (la cui loro lega risaliva ai Fasci ed era stata dominata dal socialista Vella) o opportunismo di due giovani avvocati appartenenti alle famiglie emergenti di Racalmuto? Non è facile rispondere, ma entrambe le cose sono plausibili. Una sezione fascista - la prima - risulta costituita a Racalmuto il 26 dicembre 1926. ()

 

 

Racalmuto si affaccia al secolo XX con connotati che possiamo cogliere dall’Annuario d’Italia - Calendario generale del Regno" del 1896 pag. 318 e segg. «Mandamento di Racalmuto - Comuni 2 - Popolazione 22.648, Tribunale, Conservatorie delle ipoteche e Ufficio metrico in Girgenti, Ufficio di P.S. e Uff. Reg. In Racalmuto. Magazzino Privative e Agenzia delle imposte a Canicattì - Racalmuto - Collegio elettorale di Canicattì, diocesi di Girgenti. Ab. 13.434 Sup. Ett. 4.237 - Alt. Su livello del mare m. 460 - Grosso borgo, fabbricato sulla sinistra di un affluente del Platani. Corsi d’acqua: un affluente del Platani. Prodotti: cereali, viti, olivi, frutta. Miniere: Miniere di zolfo greggio e varie miniere di salgemma. Fiere: ultima Domenica di maggio (bestiame e merci). Sindaco: Tulumello barone Luigi. Segret. Comunale: Rao Liborio. - Agenti di assicurazione: Macaluso Vincenzo (Venezia), Rao Liborio. Albergatori: Martorana Alfonso - Valenti Giuseppe. Bestiame: (negoz.) Borsellino Calogero - Borselino Giovanni - Pavia Giulio - Piazza Gio. E Giuseppe. Caffettieri: Esposto Pio; Farrauto Gioacchino; ved. Licata. Cappelli (negoz.): Conigliaro Francesco - Martorana Nicolò. Cereali: (negoz.) Bartolotta Giuseppe - Bartolotta Salvatore - Bartolotta Nicolò - Scimè Salvatore - Nalbone F.lli. Cordami: (fabbric.) Greco Salvatore - Scimè Salvatore. Farine: (negoz.) Falcone Gioacchino - Geraci Calogero - Scimè Gregorio - Scimè Alfonso - Scimè Pasquale - Schillaci Ventura - Taibbi Gioacchino. Ferro: (negoz.) Cutaia Luigi - Macaluso Salvatore. Formaggi: (negoz.) Denaro Calogero - Denaro F.lli - Giuffrida Gaetana - Iovane Antonio. Legnami: (negoz.) Macaluso Francesco - Macaluso Salvatore - Napoli Carmelo - Cutaia Luigi. Merciai: Alessi Salvatore - Di Rosa Giuseppe. Miniere di salgemma: (eserc.) Bartolotta Giuseppe - Denaro Giovanni - Lauricella Nicolò - Licata Salvatore. Miniere di zolfo: (eserc.) Argento Michelangelo - Argento Santo - Bartolotta Diego - Bonomo Giuseppe e Figli - Brucculeri Michelangelo - Buscarino Pietro - Cavallaro Giuseppe - Cavallaro Luigi - Cino Calogero - Cutaia Salvatore - Farrauto cav. Alfonso - Farrauto Francesco - Franco Gaspare - La Rocca Salvatore - Liotta Calogero - Lo Jacono Vincenzo - Macaluso Stefano di Calogero - Macaluso Stefano di Francesco - Mantia Giuseppe - Mantia Michele - Mantia Salvatore - Martorana Salvatore - Martorana Vincenzo - Matrona comm. Gaspare - Matrona cav. Paolino - Matrona cav. Michele - Matrona Napoleone - Messana Calogero - Morreale Carmelo - Munisteri Pinò Nicolò - Picone Salvatore - Puma Carmelo - Romano Calogero fu Luigi - Romano Giuseppe - Romano dott. Salvatore - Salvo Giuseppe - Schillaci Diego - Schillaci Giuseppe - Schillaci Pietro - Schillaci Ventura F.lli - Sciascia Leonardo - Scibetta Diego - Scibetta avv. Giuseppe e F.lli - Scimè Pasquale - Sferlazza Salvatore e Figli - Tinebra Luigi - Tinebra Salvatore; Serafino; Vincenzo - Tulumello Arcangelo - Tulumello b.ni Luigi - Tulumello Nicolò - Tulumello Salvatore - Vella Antonio e Volpe Calogero. Mode: (negoz.) Conigliaro F. - Molini: (eserc.) Burruano Giuseppe - Falcone Gioacchino - Farrauto Salvatore - Palermo Nicolò - Scimè Pasquale - Scimè Sferlazza Salvatore. Molini (a vapore) : (eserc.) Alfano Giuseppe - Farruggia Gerlando - Grillo e Picataggi - Scimè Arnone Giuseppe. Olio d’oliva: Cinquemani Alfonso - Cinquemani Dom. - Cinquemani Salvatore - Leone Diego - Licata Salvatore - Liotta Pietro e Patti Leonardo. Panettieri: Genova Pietro - Rizzo Nicolò - Romano Ignazio. Paste alimentari: (fabbric.) Franco Vincenzo - Giudice Nicolò - La Rocca Francesco - La Rocca ved. Carmela - Mattina Salvatore - Mattina Vincenzo - Picataggi Federico (a vapore) - Pitruzzella Angelo; Diego. Pellami: (neg.) Alessi Salvatore. Pizzicagnoli: Denaro Salvatore - Iovane Antonio. Sommacco :(negoz.) Denaro Giovanni - Flavia Giuseppe - Grillo Raffaele - Mantia Giuseppe - Martorana Luigi - Mendola Calogero - Pantalone Giosafatte. Tessuti: (negoz.) Collura Salvatore - Franco Gaspare - Petruzzella G.B. - Puma Gerlando - Romano Calogero - Scibetta Giuseppe. Vini: (negoz. Ingrosso) Mazttina Carmelo - Mendola Santo - Puma Giov. - Puma Michelangelo - Salvo Giuseppe - Taverna Carmelo - Zaffuto Angelo. Professioni: Agrimensori: Amato Calogero. Agronomi: Busuito Alfonso Falletta Luigi - Grisafi Calogero - Terrana Giuseppe. Farmacisti: Baeri Angelo - Cavallaro Giuseppe - Scibetta Luigi - Presti Cesare - Romano Giuseppe - Tulumello Salvatore. Medici-chirurghi: Bartolotta Giuseppe - Burruano Francesco - Busuito Luigi - Busuito Giuseppe - Busuito Salvatore - Cavallaro Erminio - Falletta Gaetano - Romano Salvatore - Scibetta-Troisi Alfonso - Scibetta-Troisi Diego - Macaluso Luigi. Notai: Alaimo Michelangelo - Gaglio Ferdinando - Vassallo Giuseppe Antonio.

 

 
Il quadro economico che se ne trae è molto variegato ed esplicativo. Oltre 63 esercenti di miniere di zolfo (per converso solo 4 esercenti di miniere di salgemma) attestano l’importanza del settore. L’agricoltura è piuttosto fiorente: 5 grossisti in cereali; 7 spacci di farine; 6 molini e 4 a vapore; paste alimentari e pane vengono smerciati in vari punti di vendita; opera anche un pastificio a vapore; 7 commercianti all’ingrosso in vino; 7 grossisti di sommacco; 7 grossisti di olio di oliva. Il secondario, in un centro effervescente per occupazione industriale e per sviluppo agricolo, è congruo: negozi di ferro, di pellami, di legname, di cordami non mancano; e poi merciai ed empori di mode, di tessuti, di cappelli; quindi trovano lavoro i caffettieri (ben tre). La pastorizia è discreta: negozi di formaggio e quattro macelleria lo comprovano. Nutrita la serie dei professionisti: diversi agrimensori ed agronomi, segno della rilevanza della proprietà terriera; tre notai (di cui solo uno veramente racalmutese); stranamente i tanti avvocati del tempo non ci vengono segnalati; e poi tanti (troppi) medici (ma molti sono fra loro strettisimi parenti ed è da pensare che la laurea fosse più un orpello che lo studio propedeutico ad una effettiva professione medica). Il quadro ‘borghese’, "agrario" ed il profilo degli esercenti di miniere di zolfo - che un ruolo avranno nell’avvento del fascismo a Racalmuto - sono ben delineati a decifrare fra i cognomi delle famiglie che figurano le arti ed i mestieri. Destinati ad uno squallido tramonto le tre famiglie in qualche modo titolate: i Tulumello, i Matrona ed i Farrauto; presenti nell’agone politico prefascista i vari Cavallaro, Bartolotta, Scimé, Baeri, Mantia, Vella, etc. E’ arduo rinvenirvi i ceppi d’origine di quelle che saranno le figure dominanti del fascismo: Giovanni Agrò, il dott. Enrico Macaluso, il prof. Giuseppe Mattina di Gaetano, il maestro Macaluso, Antonio Restivo: una rotazione dirigenziale, in senso popolare, il fascismo a Racalmuto senza dubbio finì col determinarla, una sorta di redenzione sociale delle classi meno abbienti, una retrocessione dalle funzioni pubbliche dei ‘galantuomini’ racalmutesi dell’Ottocento

microstoria fascista di Racalmuto


RICERCHE PER UNA MICROSTORIA DELL’AVVENTO DEL FASCISMO A RACALMUTO

 

 

 

 

 

Verso il periodo podestarile

 

 

* * *

 

 

Criteri periodizzanti

 

 

L’oggetto della presente ricerca si racchiude nell’evoluzione politica, sociale, organizzatoria di una comunità civica di media dimensione dell’entroterra agrigentino quale è Racalmuto in concomitanza di quella che è stata una profonda riforma di struttura negli esordi dello Stato fascista e che riguarda l’istituto podestarile.

 

 

Per convenzione, il periodo di ricerca viene limitato al quinquennio 1926-1931. Non è, peraltro, agevole invocare un criterio priodizzante per meglio inquadrare la vicenda storica che qui interessa. Tante sono le ripartizioni temporali che in coincidenza - ma più spesso in prossimità - di quella riforma amministrativa sogliono invocarsi nelle varie sedi o dalle diverse scuole della storiografia, ormai sterminata, sul fascismo.

 

 

Sono criteri che variano a seconda delle ideologie sottese, delle opzioni cultirali e persino della estrazione territoriale o nazionale degli studiosi. Se il Croce è sbrigativo nel rigettare indistintamente l’intera esperienza fascista definendola «funesto regime che è stato una triste parentesi nella .. storia» d’Italia (), non è neppure univoca la contemporanea cultura fascista nel datare le coeve svolte di quella che all’epoca veniva assiomaticamente dichiarata la "rivoluzione fascista".

 

 

Per l’Ercole (), ad esempio, è da parlare di due "tempi della rivoluzione fascista": A) dalla "marcia su Roma" al discorso del 3 gennaio 1925; B) da predetto "discorso" alla legge 5 febbraio 1934 sulle "corporazioni". Vi era stata prima "la vigilia della Rivoluzione Fascista - dalla fondazione del primo Fascio di Combattimento alla Marcia su Roma: 23 marzo-28 ottobre 1922.

 

 

Ma nella stessa pubblicista fascista del tempo si indulgeva, talora, ad un succedersi di due "ondate" prima della marcia su Roma e dopo la "sosta d’autunno" imposta a seguito del delitto Matteotti. Il ricorso ad "una seconda ondata" era stato a dire il vero minacciato dallo stesso Mussolini e Farinacci pensava nel dicenbre del 1924 che era giunto il momento di darvi esecuzione. Non avvenne o non ce ne fu bisogno, almeno nella valutazione fascista del tempo. Il riferimento era ad una seconda ondata "insurrezionale", ‘violenta’, che non è da escludere poteva scoppiare se il re avesse "dimesso" Mussolino a conclusione della crisi aventiniana. Per l’Ercole (op. cit. pag. 232) «la reiterata minaccia della cosiddetta seconda ondata» sarebbe stata fatta «non tanto dal Duce, quanto da qualcuno dei gerarchi del Partito, specialmente da Farinacci». Nella valutazione Mussoliniana quella seconda ondata sarebbe stata di ridotti effetti, avrebbe colpito soltanto «bersagli fuggenti ed effimeri» (). Tale suprema stroncatura espluse dalla cultura fascista questa classificazione periodizzante, la quale invero tornò in auge presso certa letteratura antifascista del dopo guerra. ()

 

 

In campo cattolico, Gabriele De Rosa () adotta la data del 3 gennaio 1925 per una svolta di rilievo nella evoluzione del partito fascista: le successive date caratterizzanti sono, per l’insigne storico, il 21-22 aprile 1927 (carta del lavoro); il 1932 (saggio sulla «dottrina del fascismo» elaborato da Mussolini per l’Enciclopedia Italiana); 17 settembre 1943 (appello di Mussolini agli italiani da Monaco di Baviera).

 

 

Quanto allo storico moderno, per tanti aspetti acuto crtitico di tanti luoghi comuni sul fascismo, Renzo De Felice, il discorso del 3 gennaio 1925 «non costituì per il regime liberale italiano una rottura vera e propria; il regime fascista sarebbe nato sul piano costituzionale solo tra il dicembre 1925 ed il gennaio 1926 e si sarebbe perfezionato alla fine del 1926». ()

 

 

In campo marxista, imperando per assioma ideologico l’antifascismo è arduo cogliere un obiettivo inquadramento di questa tutto sommato è una pagina ultraventennale della storia d’Italia. Per Ragionieri (cfr. Op. Cit.) trattasi del "fascio della borghesia" giunto al potere il 28 ottobre 1922 (op. cit. pag. 2120) e cacciatone l’8 settembre 1943 (pag. 2357), sia pure con qualche tragico epigono. Una disamina, la sua, di 237 fitte pagine per dar ragione a Palmiro Togliatti che nelle sue Lezioni sul fascismo del 1935 lo aveva definito "regime reazionario di massa". Nessuna mutazione culturale né evoluzione politica né conversione sociale avrebbero contraddistinto il fascismo. Solo «un muoversi a tentoni .. nella persistente fedeltà all’obiettivo di fondo.» Intorno alla svolta del 1924-26 - cesura periodicizzante di risalto ai fini della nostra ricerca - Ragionieri è persino, insolitamente, sferzante. «Si può dire - scrive a pag. 2147 - che lo sbocco dittatoriale era nella logica delle cose, nella logica cioè di una ristrutturazione autoritaria della società italiana messa in opera dai centri decisivi del potere economico, finanziario e politico». ()

 

 

Quanto alla storiografia siciliana sul fascismo regionale, le periodizzazioni del Renda sono molto articolate. A proposito della storia siciliana scrive: «il diciottennio 1925-1943, oltre che storia di un regime, fu anche storia della società che quel regime si era scelto o forse aveva subito. [...] Nell’ambito del diciottennio, per un’analisi più puntuale e precisa, appare utile distinguere quattro fasi, ciascuna comprendente gli anni 1925-29, 1929-36, 1936-39, 1939-43.» () Il 1929 viene preso come anno di demarcazione vuoi per il rinnovo del parlamento (piuttosto punitivo nei confronti dei siciliani), vuoi per il concordato, punto di agglutamento intorno al fascismo di consensi episcopali della chiesa siciliana. L’anno 1936 viene ritenuto quello in cui «il fascismo era apparentemente al suo massimo fulgore» (pag. 378). Il 2 gennaio 1940 viene varata la legge contro il latifondo «accompagnata da gran clamore propagandistico [non senza] scoperte intenzioni di demagogia sociale] (pag. 401).

 

 

Il Lupo, () un affermato esponente della scuola storica catanese, vuole la vicenda del fascismo siciliano come "utopia totalitaria". Teorizza un’iniziale «(breve) trionfo della borghesia» coagulantesi attorno, ma non solo, a Gabriele Carnazza, l’industriale catanese divenuto ministro dei Lavori pubblici nel primo governo Mussolini. Sottolinea che «con la traumatica liquidazione di Cucco, Carnazza e Crisafulli-Mondio, tra il 1927 e il 1929, il regime entra nella sua fase matura. [ ...] Il regime totalitario a lungo vagheggiato si definiva come uno Stato amministrativo che inglobava le istanze del partito, in periferia ancor più che al centro, all’interno di un meccanismo integrato e verticale dove le autonomie e i conflitti del politico venivano considerati quali inammissibili residui del passato, delegittimati come beghismi, personalismi, espressione di interessi incoffessabili» (v. pag. 429). Un "totalitarismo", dunque che a partire dal 1927-1929 viene messo "alla prova" fino al 1939, quando esplode «l’ultima impennata del radicalismo fascista», «popolare la campagna» con «un esperimento di ‘ingegneria sociale», cioè a dire «assalto al latifondo».

 

 

* * *

 

 

Il segmento temporale (1926-1931) che a noi interessa per la nostra ricerca di microstoria comunale esula, ad evidenza, dalle precedenti cesure periodizzanti. Non è però in frizione; anzi, sotto vari aspetti, vi si inquadra piuttosto significativamente, soprattuto sotto l’aspetto dell’aggancio alla dinamica storica nazionale che delitto Matteotti (10 giugno 1924), «aventino», "sosta estiva-autunnale", discorso del 3 gennaio 1925 e tutta la legislazione istauratrice dello Stato fascista del 1925 scandiscono in termini di salto qualitativo e di cambiamento per tanti versi irreversibile. Si attaglia al 1926 il motto "incipit novus ordo" che poteva leggersi sotto una statua di Mussolini sita nell’androne del palazzo comunale di Racalmuto. Il 1926 è, invero, l’anno della radiazione dal parlamento degli «aventiniani»; dell’ulteriore dilatazione dei poteri del governo a scapito del parlamento (legge 31 gennaio 1926 sulle «attribuzioni e prerogative del capo del governo primo ministro segretario di Stato»); del varo della legge del 3 aprile 1926 e del regolamento del 1° luglio 1926 che vietarono lo sciopero e la serrata, istituirono la magistratura del lavoro ed elevarono ed elevarono i sindacati dei datori di lavoro e dei lavoratori ad organi indiretti della pubblica amministrazione, di quella riforma, cioè, che - ad usare il linguaggio del tempo "seppellisce lo Stato demoliberale, agnostico di fronte al fenomeno sindacale e crea lo Stato sindacale-corporativo" () L’anno 1926 è soprattutto l’anno del Regio decreto-legge 3 settembre 1926, n. 1919, «concernente l’estensione dell’ordinamento podestarile a tutti i comuni del Regno». Racalmuto, il paese dei notabili ottocenteschi in lotta fra loro per la conquista del Comune, il centro zolfataro con l’influente ‘lega’ che consentiva ad un proprio capo-popolo uno scanno al Consiglio comunale, il luogo di ambigue affinità elettorali tra conventicole agrarie e clericali a sfondo vagamente mafioso, il fertile territtorio per clientelari votazioni ‘trasformistiche’ ma anche - bisogna dirlo - l’agone per affinamenti sociali, per prese di coscienza politica, per lotte di redenzione civica, quella Racalmuto, dunque, finiva con un suggello legale da Gazzetta Ufficiale. Non si sarebbbe votato più (fino al 1946) neppure nei circoli, per le elezioni di cariche sociali. Solo un paio di "referendum" (solo sì oppure no) - e Racalmuto dirà sì al 100% - nel 1929 e nel 1934.

 

 

* * *

 

 

Il 1931 viene assunto come dies ad quem scadendo il quinquennio della carica podestarile ai sensi dell’art. 2 della legge 4 febbraio 1926, n.° 237. Sul piano politico, va registrato che sino al 1931 vi era una certa discrezionalità quanto ad adesione dei ceti impiegatizi e dirigenti al P.N.F. Con una serie di dereti del 1932-33 stabilì l’obbligo dell’iscrizione al P.N.F. per chiunque volesse partecipare ai concorsi per impieghi pubblici di qualsiasi genere o per impieghi nelle amministrazioni locali e in istituti parastatali. Anche per le libere professioni o per la magistratura l’iscrizione al partito divenne di fatto necessario. Nel 1931 scoppiò - ma subito si esaurì - la nota controversia tra chiesa e fascismo sull’autonomia dell’Azione cattolica, che a Racalmuto aveva una sua significativa presenza. Il contrasto si concluse con piena soddisfazione del Vaticano. Qualche storico (Ragionieri, op. cit. pag. 2223) reputa responsabile dell’incidente Giovanni Giuriati, nominato segretario del PNF l’8ottobre 1930. Egli, in effetti, cercò di rintuzzare la crescente forza organizzativa e politica dell’Azione cattolica. Pare che abbia esagerato e da qui la sua breve permanenza alla segreteria del PNF. Nel dicembre del 1931 veniva sostituito con l’ancor oggi notorio Achille Starace. Con Starace la fisionomia del PNF cambia vistosamente. Gli effetti si registreranno anche nella lontana e periferica Racalmuto. Se prima, non si poteva essere antifascisti, ma essere ‘indifferenti al Regime’ - come recitavano le carte degli schedari della polizia - era in definitiva tollerato, ora occerreva anche un ‘consenso’ come dire, ope legis. Ciò vale a livello nazionale; ciò vale anche sul piano locale. Chiudere il segmento nel 1931 per la storia del fascismo racalmutese ha dunque una sua validità, anche sotto questo aspetto. Si pensi che il vecchio arciprete di Racalmuto amava negli anni ‘50 raffigurarsi come un eroe per avere vissuto - ed a suo dire ‘combattuto’ - la persecuzione fascista contro l’Azione cattolica. ().

 

 

Le cadenze temporali della microstoria racalmutese sono invero alquanto sfasate rispetto al corso politico nazionale di quel periodo.

 

 

Il 24 gennaio 1924 (), con lo scioglimento del consiglio comunale eletto nel 1920, si chiude l’era dei sindaci del vecchio stato democratico. Subentra, un periodo di transizione con un rapido succedersi di commissari straordinari (ben tre: Ernrico Sindico; avv. Salvatore Burruano e Salvatore Curatola). Nel 1926 inzia l’epoca fascista vera e propria, quanto all’ammonistrazione comunale), che s’impersona nella figura del farmacista dott. Enrico Macaluso per un decennio.

 

 

Per un scandalo a carattere sessuale, il dott. Macaluso è costretto a dimettersi il 18 maggio 1936 (). Gli succede un suo fedelissimo, il prof. Giuseppe Mattina fu Gaetano che dura, praticamente, fino all’inizio della guerra. I tempi del fascismo racalmutese sono in effetti cinque:

 

 

1°) la vigilia fascista che si chiude con l’estromissione governativa degli amministratori demo-liberali del 1924;

 

 

2°) il periodo di transizione che cessa, nel marzo del 1927, con la nomina a primo podestà del dott. Enrico Macaluso;

 

 

3°) il decennio del podestà Macaluso che si conclude nel 1936;

 

 

4°) la successione del prof. Mattina, che di fatto tiene la carica sino all’entrata in guerra nel 1940;

 

 

5°) il periodo della guerra sino al 17 luglio 1943, giorno dell’entrata a Racalmuto dell’esercito americano.()

 

 

 

 

 

Racalmuto prefascista

 

 

Dal 1860 al 1923, Racalmuto è un centro minerario ed agricolo totalmente dominato da alcune famiglie medio-borghesi qualcuna delle quali cerca di accreditare titoli persino nobiliari. I Tulumello, ad esempio, vantavano il fregio baronale, ma si era trattato dell’astuta acquisizione di due terzi del feudo di Gibillini da parte di un prete loro antenato, piuttosto traffichino, tra il Settecento e l’Ottocento, in piena soppressione dei diritti feudali. I Tulumello, già ricchi per il possesso di vaste terre a Villanova, tra Racalmuto e Montedoro, locupletarono molto con le miniere di zolfo nello scorcio finale del secolo scorso. Soppiantarono i concorrenti ottimati dei Matrona e dei Savatteri e si insediarono nella sindacatura locale praticamente per un ventennio, dal 1889 al 1909. Intorno al 1909 ebbero rovesci finanziari, decaddero economicamente e sparirarono dalla scena politica locale. Subentrarono nella gestione della cosa pubblica avvocati e medici appartenenti a famiglie borghesi che avevano fatto fortuna con lo zolfo. Per un settantennio erano stati dunque gli ottimati locali, i cosiddetti "galantuomini", con la loro boria di nuovi ricchi a dominare lo scenario politico racalmutese, con le loro beghe, le loro risse, le loro clientele. Col 1924 tutto ciò scompare e può dirsi definitivamente, visto che dopo il 1943 la storia dei locali sindaci ha altre peculiarità, profondamente intrisa degli umori delle masse, in termini, cioè a dire, di moderna domocrazia popolare. Con 1926, si affaccia e - come si dirà - trova consensi di massa la figura del podestà della riforma fascista.

 

 

Racalmuto si consegna alla gestione podestarile con una fisionomia economica e sociale segnata da turbolenza sociali, specie tra gli zolfatai. Sono gli zolfatai che hanno una più avvertita coscienza sociale ed è appunto fra loro che sorge a Racalmuto il primo nucleo fascista. Ne sono animatori gli avvocati Agostino Puma e Salvatore Burruano. L’11 dicembre 1922 il prefetto di Girgenti (poi Agrigento) il dott. Raffaele Rocco () partecipa al Ministro degli Interni che l’associazione «Racalmuto - Lega di miglioramento fra zolfatai» aveva pochi giorni prima cambiato titolo in «Sindacato Nazionale Zolfatai» aderendo al fascismo. () Siamo, come si vede, a pochi giorni dalla "marcia su Roma": avvedutezza degli zolfatai (la cui loro lega risaliva ai Fasci ed era stata dominata dal socialista Vella) o opportunismo di due giovani avvocati appartenenti alle famiglie emergenti di Racalmuto? Non è facile rispondere, ma entrambe le cose sono plausibili. Una sezione fascista - la prima - risulta costituita a Racalmuto il 26 dicembre 1926. ()

 

 

Racalmuto si affaccia al secolo XX con connotati che possiamo cogliere dall’Annuario d’Italia - Calendario generale del Regno" del 1896 pag. 318 e segg. «Mandamento di Racalmuto - Comuni 2 - Popolazione 22.648, Tribunale, Conservatorie delle ipoteche e Ufficio metrico in Girgenti, Ufficio di P.S. e Uff. Reg. In Racalmuto. Magazzino Privative e Agenzia delle imposte a Canicattì - Racalmuto - Collegio elettorale di Canicattì, diocesi di Girgenti. Ab. 13.434 Sup. Ett. 4.237 - Alt. Su livello del mare m. 460 - Grosso borgo, fabbricato sulla sinistra di un affluente del Platani. Corsi d’acqua: un affluente del Platani. Prodotti: cereali, viti, olivi, frutta. Miniere: Miniere di zolfo greggio e varie miniere di salgemma. Fiere: ultima Domenica di maggio (bestiame e merci). Sindaco: Tulumello barone Luigi. Segret. Comunale: Rao Liborio. - Agenti di assicurazione: Macaluso Vincenzo (Venezia), Rao Liborio. Albergatori: Martorana Alfonso - Valenti Giuseppe. Bestiame: (negoz.) Borsellino Calogero - Borselino Giovanni - Pavia Giulio - Piazza Gio. E Giuseppe. Caffettieri: Esposto Pio; Farrauto Gioacchino; ved. Licata. Cappelli (negoz.): Conigliaro Francesco - Martorana Nicolò. Cereali: (negoz.) Bartolotta Giuseppe - Bartolotta Salvatore - Bartolotta Nicolò - Scimè Salvatore - Nalbone F.lli. Cordami: (fabbric.) Greco Salvatore - Scimè Salvatore. Farine: (negoz.) Falcone Gioacchino - Geraci Calogero - Scimè Gregorio - Scimè Alfonso - Scimè Pasquale - Schillaci Ventura - Taibbi Gioacchino. Ferro: (negoz.) Cutaia Luigi - Macaluso Salvatore. Formaggi: (negoz.) Denaro Calogero - Denaro F.lli - Giuffrida Gaetana - Iovane Antonio. Legnami: (negoz.) Macaluso Francesco - Macaluso Salvatore - Napoli Carmelo - Cutaia Luigi. Merciai: Alessi Salvatore - Di Rosa Giuseppe. Miniere di salgemma: (eserc.) Bartolotta Giuseppe - Denaro Giovanni - Lauricella Nicolò - Licata Salvatore. Miniere di zolfo: (eserc.) Argento Michelangelo - Argento Santo - Bartolotta Diego - Bonomo Giuseppe e Figli - Brucculeri Michelangelo - Buscarino Pietro - Cavallaro Giuseppe - Cavallaro Luigi - Cino Calogero - Cutaia Salvatore - Farrauto cav. Alfonso - Farrauto Francesco - Franco Gaspare - La Rocca Salvatore - Liotta Calogero - Lo Jacono Vincenzo - Macaluso Stefano di Calogero - Macaluso Stefano di Francesco - Mantia Giuseppe - Mantia Michele - Mantia Salvatore - Martorana Salvatore - Martorana Vincenzo - Matrona comm. Gaspare - Matrona cav. Paolino - Matrona cav. Michele - Matrona Napoleone - Messana Calogero - Morreale Carmelo - Munisteri Pinò Nicolò - Picone Salvatore - Puma Carmelo - Romano Calogero fu Luigi - Romano Giuseppe - Romano dott. Salvatore - Salvo Giuseppe - Schillaci Diego - Schillaci Giuseppe - Schillaci Pietro - Schillaci Ventura F.lli - Sciascia Leonardo - Scibetta Diego - Scibetta avv. Giuseppe e F.lli - Scimè Pasquale - Sferlazza Salvatore e Figli - Tinebra Luigi - Tinebra Salvatore; Serafino; Vincenzo - Tulumello Arcangelo - Tulumello b.ni Luigi - Tulumello Nicolò - Tulumello Salvatore - Vella Antonio e Volpe Calogero. Mode: (negoz.) Conigliaro F. - Molini: (eserc.) Burruano Giuseppe - Falcone Gioacchino - Farrauto Salvatore - Palermo Nicolò - Scimè Pasquale - Scimè Sferlazza Salvatore. Molini (a vapore) : (eserc.) Alfano Giuseppe - Farruggia Gerlando - Grillo e Picataggi - Scimè Arnone Giuseppe. Olio d’oliva: Cinquemani Alfonso - Cinquemani Dom. - Cinquemani Salvatore - Leone Diego - Licata Salvatore - Liotta Pietro e Patti Leonardo. Panettieri: Genova Pietro - Rizzo Nicolò - Romano Ignazio. Paste alimentari: (fabbric.) Franco Vincenzo - Giudice Nicolò - La Rocca Francesco - La Rocca ved. Carmela - Mattina Salvatore - Mattina Vincenzo - Picataggi Federico (a vapore) - Pitruzzella Angelo; Diego. Pellami: (neg.) Alessi Salvatore. Pizzicagnoli: Denaro Salvatore - Iovane Antonio. Sommacco :(negoz.) Denaro Giovanni - Flavia Giuseppe - Grillo Raffaele - Mantia Giuseppe - Martorana Luigi - Mendola Calogero - Pantalone Giosafatte. Tessuti: (negoz.) Collura Salvatore - Franco Gaspare - Petruzzella G.B. - Puma Gerlando - Romano Calogero - Scibetta Giuseppe. Vini: (negoz. Ingrosso) Mazttina Carmelo - Mendola Santo - Puma Giov. - Puma Michelangelo - Salvo Giuseppe - Taverna Carmelo - Zaffuto Angelo. Professioni: Agrimensori: Amato Calogero. Agronomi: Busuito Alfonso Falletta Luigi - Grisafi Calogero - Terrana Giuseppe. Farmacisti: Baeri Angelo - Cavallaro Giuseppe - Scibetta Luigi - Presti Cesare - Romano Giuseppe - Tulumello Salvatore. Medici-chirurghi: Bartolotta Giuseppe - Burruano Francesco - Busuito Luigi - Busuito Giuseppe - Busuito Salvatore - Cavallaro Erminio - Falletta Gaetano - Romano Salvatore - Scibetta-Troisi Alfonso - Scibetta-Troisi Diego - Macaluso Luigi. Notai: Alaimo Michelangelo - Gaglio Ferdinando - Vassallo Giuseppe Antonio.

 

 

Il quadro economico che se ne trae è molto variegato ed esplicativo. Oltre 63 esercenti di miniere di zolfo (per converso solo 4 esercenti di miniere di salgemma) attestano l’importanza del settore. L’agricoltura è piuttosto fiorente: 5 grossisti in cereali; 7 spacci di farine; 6 molini e 4 a vapore; paste alimentari e pane vengono smerciati in vari punti di vendita; opera anche un pastificio a vapore; 7 commercianti all’ingrosso in vino; 7 grossisti di sommacco; 7 grossisti di olio di oliva. Il secondario, in un centro effervescente per occupazione industriale e per sviluppo agricolo, è congruo: negozi di ferro, di pellami, di legname, di cordami non mancano; e poi merciai ed empori di mode, di tessuti, di cappelli; quindi trovano lavoro i caffettieri (ben tre). La pastorizia è discreta: negozi di formaggio e quattro macelleria lo comprovano. Nutrita la serie dei professionisti: diversi agrimensori ed agronomi, segno della rilevanza della proprietà terriera; tre notai (di cui solo uno veramente racalmutese); stranamente i tanti avvocati del tempo non ci vengono segnalati; e poi tanti (troppi) medici (ma molti sono fra loro strettisimi parenti ed è da pensare che la laurea fosse più un orpello che lo studio propedeutico ad una effettiva professione medica). Il quadro ‘borghese’, "agrario" ed il profilo degli esercenti di miniere di zolfo - che un ruolo avranno nell’avvento del fascismo a Racalmuto - sono ben delineati a decifrare fra i cognomi delle famiglie che figurano le arti ed i mestieri. Destinati ad uno squallido tramonto le tre famiglie in qualche modo titolate: i Tulumello, i Matrona ed i Farrauto; presenti nell’agone politico prefascista i vari Cavallaro, Bartolotta, Scimé, Baeri, Mantia, Vella, etc. E’ arduo rinvenirvi i ceppi d’origine di quelle che saranno le figure dominanti del fascismo: Giovanni Agrò, il dott. Enrico Macaluso, il prof. Giuseppe Mattina di Gaetano, il maestro Macaluso, Antonio Restivo: una rotazione dirigenziale, in senso popolare, il fascismo a Racalmuto senza dubbio finì col determinarla, una sorta di redenzione sociale delle classi meno abbienti, una retrocessione dalle funzioni pubbliche dei ‘galantuomini’ racalmutesi dell’Ottocento.

 

 

Luigi Pirandello ne I vecchi e i giovani ( accenna alle condizioni - avvilentissime - dei ceti infimi racalmutesi. Vi include ovviamente gli zolfatai. Triste la sorte dei ‘mafiosi’ incastrati dalla giustizia: miseranda la vita delle loro donne.

 

 

«..s’affollavano storditi i paesani zotici di Grotte o di Favara, di Racalmuto o di Raffadali o di Montaperto, solfaraj e contadini, la maggior parte, dalle facce terrigne e arsicce, dagli occhi lupigni, vestiti dei grevi abiti di festa di panno turchino con berrette di strana foggia: a cono, di velluto; a calza, di cotone; o padavovane; con cerchietti o cateneccetti d’oro agli orecchi; venuti per testimoniare o per assistere i parenti carcerati. Parlavano tutti con cupi suoni gutturali o con aperte pretratte interjezioni. Il lastricato della strada schizzava faville al cupo fracasso dei loro scarponi imbullettati, di cuojo grezzo, erti, massicci e scivolosi. E avevan seco le loro donne, madri e mogli e figlie e sorelle, dagli occhi spauriti o lampeggianti d’un’ansietà torbida e schiva, vestite di baracane, avvolte nelle brevi mantelline di panno, bianche o nere, col fazzoletto dai vivaci colori in capo, annodato sotto il mento, alcune coi lobi degli orecchi strappati dal peso degli orecchini a cerchio, a pendagli, a lagrimoni; altre vestite di nero e con gli occhi e le guance bruciati dal pianto, parenti di qualche assassinato. Fra queste, quand’eran sole, s’aggirava occhiuta e obliqua qualche vecchia mezzana a tentar le più giovani e appariscenti che avvampavano per l’onta e che pur non di meno tavolta cedevano ed eran condotte, oppresse di angoscia e tremanti, a fare abbandono del proprio corpo, senz’alcun loro piacere, per non ritornare al paese a mani vuote, per comperare ai figlioli lontani, orfani, un pajo di scarpette, una vesticciuola.»

 

 

Forse un tantinello oleografica, ma pur sempre molto pertinente, la raffigarazione che Nino Savarese () fa delle zolfare e dei zolfatai che ben si attaglia alla Racalmuto dell’avvento fascista. «I fazzoletti di seta sgargiantissimi, i pantaloni a campana, gli scarpini di pelle lucida con lo scricchiolìo, il berretto sulle ventitre e il grumoletto giallo dei semprevivi all’occhiello, sono distintivi della classe zolfilfera, non solo ignorati, ma ironizzati, dalla gente di campagna. Dopo di essere stati mezzo nudi come selvaggi, grondanti sudore anche di pieno inverno, nelle gallerie e nei pozzi afosi o sotto il peso delle corbe nei trasporti, per i quali spesso non esistono mezzi animali o meccanici, quelle vistose gale sono come una rivincita, una specie di commemorazione domenicale, di fatto, non tanto naturale e prevedibile, di essere ancora in vita e con le tasche piene di danaro ben guadagnato. E fra i proprietari e dirigenti di zolfare e proprietari di terre, c’è ancora, una netta distinzione di modi, di vita, di gusti e persino una certa differenza nel linguaggio: gli uni sempre intenti a tentare nuove avventure di pozzi e di gallerie, con l’animo sospeso sulle incognite degli abissi e degli improvvisi disastri dei crolli e del grisù, gli altri con gli occhi pacificamente rivolti al cielo a scrutare i cambiamenti del tempo. [...] L’isola è ancora ricchissima di zolfo. Specie nella parte centrale, le miniere, in certe contrade, si seguono a brevissima distanza.

 

 

«Dalla profondità delle loro viscere esse hanno mandato ricchezze enormi: intere generazioni di padroni vi si sono arricchite; intere generazioni di operai vi hanno logorato la loro esistenza, ed eccole che fumano ancora, che è il loro modo di dire che esistono, che producono ancora e vogliono nuove braccia e nuovi sacrifici, in cambio di nuove promesse di ricchezza e di felicità! La fumata di una miniera altera le linee del paesaggio di una contrada, come per l’avvertimento che, in quel punto, la terra si sta consumando in una dissoluzione e in uno struggimento innaturali: c’è qualcosa che richiama la vampata di un incendio o di un disastro irreparabile. Non vedi le poche colonnine di fumo delle ciminiere di una fabbrica, le quali hanno sempre qualche cosa di simmetrico e di preordinato, ma centinaia di colonne di fumo che salgono, ora altissime, ora basse, ora a larghe volute come veli di nebbia densa e giallastra. [...]

 

 

«I molli pascoli, gli orti grassi, le vigne sembrano girare al largo da questi luoghidove la terra si è resa maledettamente infeconda. [...]

 

 

«Qua e là, tra le distese grige del tufo e i mucchi rossastri dei detriti della fusione, sbocciano improvvisamente come grandi fiori gialli, i mucchi dello zolfo già fuso ed accatastato, pronto per essere spedito. Queste cataste vengono fatte in prossimità dei forni e dei calcheroni, che sono i luoghi della fusione; a sistema moderno, i primi, a modo antico, i secondi. I calcheroni, mucchi di minerale più minuto, a cono, sembrano piccolissimi vulcani a catena; i forni, piatte costruzioni in muratura hanno nell’interno la forma di botti da vino, col mezzule e la spina e l’ampio cocchiume aperto, dal quale, per certi soppalchi praticabili, viene versato il mineralegrezzo. Lo zolfo, acceso all’interno, filtra attraverso i residui che non fondono, e viene fuori dalla spina, in un liquido scuro, ancora denso, sfrigolante di fiammelle azzurrognole, tra vapori acri ed irrespirabili. Le operazioni che si vedono in una miniera sembrano allora quelle di una vendemmia diabolica condotta nel centro della terra, e questo il vino di Mefistofele!

 

 

«Di notte la miniera è appena segnata da grappoli di lampadine. Ma nel suo grembo infuocato il lavoro non si arresta nemmeno durante la notte. Squadre di minatori non lasciano il piccone. Si suda ancora e si impreca mentre nelle campagne intorno, i lumi delle casette campestri si spensero assai per tempo, e i contadini aspettano il nuovo soleper riprendere la loro fatica. E i campanacci dei bovi e delle pecore levano sui campi silenziosi il loro suono di pace e di tranquillità.»

 

 

Quanto al contrasto contadini-zolfatai che affiora dalla pagina di Savarese, per Racalmuto dovremmo fare un qualche distinguo se già nel lontano 1885 il pretore locale così riferiva alla Giunta per l’Inchiesta Agraria sulle condizioni della classe agricola (): «Il contadino di questi luoghi non è un servo della gleba, non è scarsamente pagato come in altri luoghi: se non gli è ben pagato il suo lavorosui campi, trova sicuro lavoro e ben retribuito nelle miniere e perciò non è misero, ha di che vivere e può mantenere la sua famiglia [...], veri contadini, individui che attendono esclusivamente alla cultura dei campi, non ve ne sono: lavorano alternativamente, ora in miniera di zolfo, ora nei campi.»

 

 

L. Hamilton Caico, l’irrequita moglie di uno dei membri dell’importante famiglia Caico di Montedoro (paese finitimo con Racalmuto), commentando vicende e costumi di un paese agricolo-minerario attorno al primo decennio del secolo, in pieno riferimento, quindi, al centro che qui interessa, scriveva: «Il lavoro al quale il piconiere è sottoposto corrode e disgrega la sua personalità, fino alla perdita totale di ogni senso morale. Imbroglia e deruba il pur severo sorvegliante, durante il lavoro della miniera; e quando rientra in paese, non fa altro che bere e gioca d’azzardo, sperperando così tutto quello che ha guadagnato durante la settimana [...]. E’ rispettoso e sottomesso ai superiori durante le ore di lavoro, ma appena ritorna in paese diventa prepotente e litigioso, con un atteggiamento sprezzantee provocatorio [...]. E i carusi? Le infelici creature vengono ingaggiate per lavorare all’aperto non appena compiono dieci anni e, quando hanno compiuto i quattordici anni, per lavorare dentro la miniera [...] questo genere di vita li predispone al rachitismo e alla deformità e, moralmente, sopprime in essi ogni istinto di umana bontà, poiché crescono avendo a loro modello i piconieri, anzi con un più completo e generale disfacimento della dignità umana [...], mentre nell’animo nascono e crescono istinti violenti di ribellione e di malvagità, i sensi di un odio inconscio, le tendenze più perverse.» ()

 

 

Gli zolfatai di Racalmuto furono politicamente e sindacalmente vivaci. Abbiamo visto come subito passarono al fascismo, ma con un ribellismo sindacale che fu domato molto tardi dallo stesso fascismo. Ancora, nel 1931, osavano scioperare per contestare la riduzione della paga unilaterlmente decisa dagli esercenti. () Prima di tale - sospetta - conversione al fascismo, erano stati socialisti sotto l’egida di una strana figura d’avvocato locale, Vincenzo Vella, figura che illustreremo dopo. Non crediamo proprio che avessero gradito lo sproloquio moralistico che ebbe a propinargli un noto socialista dell’epoca, il geom. Domenico Saieva. Costui, organizzatore di minatori a Favara fra fine secolo ed i primi del ‘900, in un comizio agli zolfatai di Racalmuto del 12 marzo 1905 redarguiva i locali zolfatai in questi termini: «Io ho sentito il dovere di dirvi ... che se volete andare avanti occorre educarvi, abbandonare il vizio, le bettole e dare una contingente inferiore alla criminalità [...] le statistiche criminali parlano chiaro e fanno spavento [..]. Ignoranti, viziosi e disorganizzati come siete oggi, vivrete sempre nella più orribile abiezione morale ed economica [..].» ()

 

 

Quanto alla vexata quaestio dei carusi, il moralismo era antico, ma in fondo cinico. Richeggiano le scriteriate parole che un sindaco di Racalmuto, Gaspare Matrona, tanto conclamato da Leonardo Sciascia, ebbe a pronunciare nel 1875 davanti alla Giunta per l’Inchiesa sulla Sicilia: «A domanda: E l’affare fanciulli nelle zofare? Risponde: E’ questione grave, ci è l’umanità da una parte e l’interesse economico dall’altra. A domanda: Produce danni fisici e morali: Risponde Non quanto si crede. Per le zolfare credo che ci vorrebbe una specie di consorzio. Qui la proprietà è divisa. Tutti siamo nella commodità generale. Per togliere l’acqua occorrerebbe potersi avvalere per costruzione di acquedotto dei terreni sottostanti; una specie di servitù di acquedotto o meglio consorzio.» ()

venerdì 11 luglio 2014

La lotta con la giornalista Claudia Cerrigoi continua

La lotta con la giornalista Claudia Cerrigoi ... continua
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CALOGERO TAVERNA iO NON MI STO  ASSOLUTAMENTE INTRODUCENDO IN NESSUNA sua pagina. Che cosa sia il canale "atipico" di "messaggiare" anche fra non AMICI di FB io non so. Noi due non siamo amici .. anzi! Se mando a una mia nemica di FB un messaggio quella può manco leggermi "ufficialmente" se vuole come mi consta nel nostro caso e può fare di più: può chiudere del tutto quel "canale" interpersonale cosa che ovvio lei non ha inteso fare per venire a curiosare nelle cose mie. Lei parte da un messaggio riservato e interpersonale per farne un dileggio del sottoscritto in  un suo pubblico blog. Non me ne ero manco accorto. Solo quelli di Malgrado Turro me ne rendono partecipe e lei abbonda in frizzi e lazzi contro di me. Molto signorilmente io ho usato questo canale INTIMO per renderla edotta di quanto emergeva a distruzione delle sue come dire incaute accuse contro l'integerrimo Ispettore Genrale di PS gr. uff. dottore Ettore Messana che io difendo contro diciamo così le sue superficialità- Capolavoro di fasulla astuzia giornalistica quel "non necessariamente titine". Ho citato sue affermazioni altamente lesive dell'onore del Messana. Che cosa ha da dire? Davvero il Casarrubea - giornalista siciliano scaltro e avveduto - che come dice lei ci "legge per conoscenza" (e mi punge vaghezza di sapere come fa il palermitano Casarrubea a leggerci qui in questo canale ultrariservato e solo interpersonale a leggerci per conoscenza?); davvero il Casarrubea vuol seguirla in questa sua testarda strada denigratrice del Messana per le faccende di Lubiana? E quanto a lei, mi creda, cambi musica: con me ci rimette le penne.
CLAUDIA CERRIGOI le molestie esistono anche se inviate su un canale INTIMO come dice lei, quindi la invito a smetterla, anche perché si sta incartando attorno alle sue minacce
CALOGERO TAVERNA bene!!!! così cel a vedremo nei tribunali, no??? che pacchia per me. Sono molestie anche quelle che mi sta inviando coinvolgendo persino l'estraneo Casarrubea?
6 ore fa
CLAUDIA CERRIGOI guardi, lei non ha proprio il senso della misura né del ridicolo, sarei io quella che molesta, adesso, dopo che ha iniziato lei a tempestarmi di messaggi, e io a coinvolgere Casarrubea, dopo che è stato lei ad attaccarlo per i suoi articoli? la lascio perdere solo per rispetto della sua età, mi stia bene ma ci dia un taglio,, ché è davvero penoso.
4 ore fa
CALOGERO TAVERNA No! signora: quando si tratta di difendere la verità, la giustizia, l'onore di chi ha speso una vita al servizio di questo nostro STATO DI DIRITTO ITALIANO non ho il senso della misura e non mi importa un cazzo se vengo giudicato "penoso". Se io fossi in LEI farei quell'atto di resipiscenza operosa che urbanamente Le chiedevo in esordio.

[non nego di avere citato Sciascia solo per un riverbero ironico contro i "creduti" giacobini del Circolo Unione di Racalmuto.]

"Ma non staremo a descrivere feste, chiese e palazzi. Tutto si assomma e glorifica nelle 'forme che volano', e cioè nel barocco di più vasta nozione. Vogliamo soltanto segnalare. come particolarità sociale ed estetica, il Casino di Compagnia. In ogni paese siciliano, il circolo dei 'galantuomini' è stato una istituzione tanto importante da divenire oggetto di devastazione di ogni 'jaquerie': ma nessun paese ne ha mai avuto uno così bello come quello di Caltagirone. E siamo così al punto di partenza: alla ragione per cui mi sarebbe piaciuto scrivere un racconto sulla tumultuazione contro  i creduti giacobini. Creduti, ma non erano: a meno che non si voglia chiamare giacobina la devozione a San Giacomo". Leonardo Sciascia: Cruciverba
[non nego di avere citato Sciascia solo per un riverbero ironico contro i "creduti" giacobini del Circolo Unione di Racalmuto.]

Mi scrive Alfredo Sole

Carissimo Alfredo,
riporto sotto la tua angosciante lettera. Che tutti la leggano. Che la legga Cavallaro, che la legga Tanu Savatteri, che la legga Camilleri, che la legga Adragna. Soprattutto che la legga 'Ngilino Alfano.
Se la Dia, o la lontana questura meneghina, o i prefettizi di una Milano che può più chiamarsi la capitale morale d'Italia  sanciscono che

"non si esclude che, se il Sole posto in un regime del tutto diverso da quello in cui si trova, possa riallacciare le fila del clan mafioso",

questo può avvenire per quella perfida e fallace e profittevole campagna di stampa calunniosa nei riguardi di questa mia adorata Racalmuto.
Con quale clan? con quale "congiura dei loquaci"? con quali "ragazzi di Regalkpetra"? con quali infiltrazioni mafiose nel Comune che fu di Sciascia  tu Alfredo Sole "puoi riallacciare le  fila" dopo 24 anni tra quarantuno bis e 4 bis? Con il clan mafioso dei morti ammazzati quando tu eri sotto regime speciale anticostituzionale? O con questa pletora di "pentiti" tuoi acerrimi nemici che a Racalmuto tornano magari per occorrenze cinematografiche e cioè con un clan tuo nemico sbaragliato e acquiescente?
L'hai detto, l'hai ripetuto, l'hai dimostrato. Ti stai laurendo in filosofia. Sei divenuto un letterato raffinatissimo. Annichili culturalmente i tuoi carcerieri. Ti odiano perché umiliati ti invidiano.
Hai dimostrato di avere raggiunto e persino superato  la redenzione carceraria che vuole la Costituzione. L'hai gridato ai sette venti:
l'unico omicidio di cui non mi pento è quello del suicidio del mio vecchio IO.

Ma poi non chiedi libertà, non chiedi favori: vuoi solo l'abolizione del perfido 4 bis, vuoi solo che venga trattato come uomo e non come ignobile reietto  murato vivo "fine pena mai".
Tutti quegli intellettuali che appena vi è probabilità di bene apparire, si cospargono di cenere e intingono la loro pur pregevole penna nei mari della pietas dell'indignazione della esecrazione perché ora non fanno qualcosa? non invitino queste sorde autorità di controllo a motivare i loro anticostituzionali provvedimenti?
Mi scrivi: "un avvocato molto agguerrito? Ce ne sarebbe bisogno, quella che ho io non è capace neanche di far valere le sue ragioni davanti il magistrato di sorveglianza per sollecitare che finalmente risponda, dopo quasi due anni, alla mia vecchia richiesta di permesso. Ma non ha tutti i torti, non la pago abbastanza..."
Carissima ROSITA GRASSO, mi stai leggendo? Mi dai una mano?  Brava come sei glieli fai vedere tu a questi placidi togati e questurini nordisti. AIUTAMI. Aiuta Alfredo Sole
Cari miei parenti ed affini avvocati e giuristi di vaglia, aiutatemi, aiutate Alfredo sole.
Cari avvocati di vaglia amanti della giustizia venitemi in soccorso: aiutate Alfredo Sole. .




Io difendo l'ergastolano ostativo Alfredo Sole

Carissimo Alfredo,
riporto sotto la tua angosciante lettera. Che tutti la leggano. Che la legga Cavallaro, che la legga Tanu Savatteri, che la legga Camilleri, che la legga Adragna. Soprattutto che la legga 'Ngilino Alfano.
Se la Dia, o la lontana questura meneghina, o i prefettizi di una Milano che può più chiamarsi la capitale morale d'Italia  sanciscono che

"non si esclude che, se il Sole posto in un regime del tutto diverso da quello in cui si trova, possa riallacciare le fila del clan mafioso",

questo può avvenire per quella perfida e fallace e profittevole campagna di stampa calunniosa nei riguardi di questa mia adorata Racalmuto.
Con quale clan? con quale "congiura dei loquaci"? con quali "ragazzi di Regalkpetra"? con quali infiltrazioni mafiose nel Comune che fu di Sciascia  tu Alfredo Sole "puoi riallacciare le  fila" dopo 24 anni tra quarantuno bis e 4 bis? Con il clan mafioso dei morti ammazzati quando tu eri sotto regime speciale anticostituzionale? O con questa pletora di "pentiti" tuoi acerrimi nemici che a Racalmuto tornano magari per occorrenze cinematografiche e cioè con un clan tuo nemico sbaragliato e acquiescente?
L'hai detto, l'hai ripetuto, l'hai dimostrato. Ti stai laurendo in filosofia. Sei divenuto un letterato raffinatissimo. Annichili culturalmente i tuoi carcerieri. Ti odiano perché umiliati ti invidiano.
Hai dimostrato di avere raggiunto e persino superato  la redenzione carceraria che vuole la Costituzione. L'hai gridato ai sette venti:
l'unico omicidio di cui non mi pento è quello del suicidio del mio vecchio IO.

Ma poi non chiedi libertà, non chiedi favori: vuoi solo l'abolizione del perfido 4 bis, vuoi solo che venga trattato come uomo e non come ignobile reietto  murato vivo "fine pena mai".
Tutti quegli intellettuali che appena vi è probabilità di bene apparire, si cospargono di cenere e intingono la loro pur pregevole penna nei mari della pietas dell'indignazione della esecrazione perché ora non fanno qualcosa? non invitino queste sorde autorità di controllo a motivare i loro anticostituzionali provvedimenti?
Mi scrivi: "un avvocato molto agguerrito? Ce ne sarebbe bisogno, quella che ho io non è capace neanche di far valere le sue ragioni davanti il magistrato di sorveglianza per sollecitare che finalmente risponda, dopo quasi due anni, alla mia vecchia richiesta di permesso. Ma non ha tutti i torti, non la pago abbastanza..."
Carissima ROSITA GRASSO, mi stai leggendo? Mi dai una mano?  Brava come sei glieli fai vedere tu a questi placidi togati e questurini nordisti. AIUTAMI. Aiuta Alfredo Sole
Cari miei parenti ed affini avvocati e giuristi di vaglia, aiutatemi, aiutate Alfredo sole.
Cari avvocati di vaglia amanti della giustizia venitemi in soccorso: aiutate Alfredo Sole. .

giovedì 10 luglio 2014

Io e la Cernigoi

"Ma è possibile che il Ministro Scelba si possa fidare di un uomo di cui si presume che conosca anche il passato? Lasciamo stare che Messana è nell'elenco dei criminali di guerra di una nazione vicina; questo può far piacere ad una parte della Camera, la quale pensa: "Va bene, è un massacratore; però, di stranieri!", ma Scelba come può ignorare che Messana ha iniziato la sua carriera facendo massacrare dei contadini siciliani? Il 9 ottobre del 1919, infatti, cadevano a Riesi più di sessanta contadini, di cui tredici morti: trucidati a freddo, sulla piazza, dove si svolgeva un comizio. I vecchi di quest'Aula ricorderanno come in quell'occasione il Ministero Nitti ordinò un'inchiesta mandando sul posto il generale dei carabinieri Densa, mentre la Magistratura iniziò un'inchiesta giudiziaria soprattutto per accertare le cause della morte misteriosa di un tenente di fanteria, che si rifiutò di eseguire l'ordine di far fuoco del Messana, che ne disapprovò apertamente la condotta, e che il giorno dopo fu assassinato.
Questi i precedenti del commendator Messana, noti al ministro dell'Interno. Ci troviamo, come vedete, di fronte ad un uomo che per istinto è contro il popolo, e trova, nei legami con i nemici del popolo, il modo di esercitare la professione di massacratore di contadini. Oggi, sfacciatamente, questo non può farlo, per quanto nel clima creatosi in Sicilia è possibile -- in Sicilia, terra dei "Vespri" -- che i poliziotti di Scelba, ministro siciliano, aggrediscano un pacifico corteo di donne che dimostrano contro il carovita."

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Questo è un veemente passo di un vociante intervento al Parlamento del nostro grande LI CAUSI. Siamo nel luglio del 1947: L'Ispettore Generale di PS gr.uff. Dottore Ettore Messana "per rotazione". come costume in Polizia - lascia lo sfavorevole altissimo incarico siciliano e s'insedia molto autorevolmente ed ossequiato in Viminale a Roma-  Messana in Sicilia in fin dei conti non fu mai  alle dipendenze di Scelba. Ora a Roma è collaboratore diretto del Ministro ma non può venire chiamato in causa per la brutta evoluzione delle vicende brigantesche di Sicilia. Con Messana a Palermo, l'EVIS ed altre aggregazioni malavitose subiscono colpi micidiali. Senza Messana il bandito Giuliano mi pare che può briganteggiare per altri tre anni.
A ben leggere il passo di Li Causi. questi allude, insinua, ammonisce, ma non ha alcun elemento vero, preciso e concordante per inchiodare ad alcuna responsabilità il Messana, cui peraltro deve gratitudine per avergli salvata la vita. Si attacca alla "tradizione" ad una pretesa memoria di qualche residuato senatoriale di vecchissima data, ad una inchiesta dei carabinieri non sortita a nulla, non approdata a nulla, non coinvolgente il Messana neppure con un avviso di garanzia.
Il Li Causi, causidicamente cerca di ribaltare l'onere della prova. Non v'è prova alcuna circa una qualunque responsabilità del Messana nei fatti di Riesi. Scaltramente il Li Causi usa abili perifrasi, "iniziò la carriera facendo massacrare". In che termini, a quale titolo, con quale arbitrio. Il Li Causi non si chiede neppure come un giovanotto di 31 anni poteva "fare massacrare". A distanza di 28 anni con una guerra in mezzo non ha alcuno straccio di documento. Solo un quasi prete valdese scrive nel 1934 alcuni ricordi di quella triste vicenda. E lì il Messana non è citato, e lì i fatti gravi vengono addebitati all'Esercito e ad un ufficiale dell'Esercito che per rabbia i rivoltosi trucidano. E' vero si parla di una triade di dita che in contemporanea premono sul grilletto di un mitra. Si accenna ad un "commissario" come mero compartecipe della sparatoria. I morti che dice il prete valdese sarebbero stati NOVE. Inseguito ed ucciso, solo l'ufficiale dell'Esercito.
Vi era partecipe davvero il giovane commissario Messana?
Mi sono recato all'Archivio Centrale di Stato: quel che emerge  esclude ogni presenza del Messana.
Mi sono recato all'Archivio di Stato di Caltanissetta: NULLA!

Ho interpellato la Questura di Caltanissetta: sorpresa delle sorprese  non c'era alcuna questura a Caltanissetta nel 1919. Solo qualche anno dopo inizia a funzionare quell'importante istituzione.
C'era soltanto un nucleo di polizia agli ordini del Prefetto. La relativa documentazione dell'Archivio Centrale dello Stato palesa una provincia all'epoca quieta e composta. Nessuno sciopero per tutto il 1918 e nessuno per il primo semestre del 1919. Dei fatti di Riesi dell'ottobre 1919 vi sono documenti che nel caso escludono ogni coinvolgimento del Messana. All'epoca troppo  giovante, ininfluente per avere magari il piacere di venire citato.
Ecco perché il Li Causi  che deve drammatizzare insinua sì ma subito gira al largo.
Ebbene ora secondo la signorina Cernigoi il Messana può venire disintegrato moralmente e civilmente dovendo lui da morto provare la sua innocenza. Abbiamo riportato testualmente le infamie che la Cernigoi spara contro il Messana colorando il tutto con apodittici giudizi di condanna del Messana in ordine ai fatti di Riesi. Condanne morali e legali con il ribaltamento dell'onere della prova.   Questo sarà l'alto grado di civiltà giudiziaria   della Jugoslavia del Maresciallo Tito, ma in Italia non ha diritto di cittadinanza. Si crucifigga pure un grande e meritevole servitore dello stato - defunto - ma con prove indubitabili in mano. Se vi fu una inchiesta dei carabinieri quella fu forse solo annunciata perché non ebbe alcun seguito. E nel processo doveroso per l'uccisione dell'ufficiale dell'esercito dei fatti di Riesi, nessuna chiamata di correo per Messana, nessuna condanna per Messana, nessun coinvolgimento del Messana
Anzi!! Il giovanotto trentunenne Messana, che non poteva godere di nessuna protezione, lo vediamo poi avanzare meritevolmente in carriera sino a raggiungere i posti apicali della Polizia di Stato.
Come i fatti di Riesi vengono ora a distanza di quasi un secolo da parte di sedicenti giornalisti e giornaliste filoslavi è sotto gli occhi di chi se ne sta interessando.  Noi abbiamo cercato documenti, fatto riscontri, consultato archivi pubblici e privati e siamo arrivati alla conclusione dell'assoluta innocenza del Messana: Chi oggi l'accusa non può pensare di scomunicarlo  senza prove e senza fondamento. Lo sta infangando criminalmente!!!

Allora vuol dire che gente della vostra redazione mi ha imbrogliato- Visto che sono stato sminuito da quel Colpi di Spillo ho diritto a sapere l'esatta identità dell'autore (ma io insisto: autrice) dell'articolo?- Ho capito: chiudiamola qua e tuttu bbuonu e binidittu!!

Allora vuol dire che gente della vostra redazione mi ha imbrogliato- Visto che sono stato sminuito da quel Colpi di Spillo ho diritto a sapere l'esatta identità dell'autore (ma io insisto: autrice) dell'articolo?- Ho capito: chiudiamola qua e tuttu bbuonu e binidittu!!

Gentilissimo e validissimo direttore Terrana, queste frottole non le venga a raccontare a me. Ora addirittura so che Colpi di Spillo equivale a Anna Maria Scicolone. Questo mi rasserena alquanto visto che temporibus illis ho avuto una serie tempestosa con un'altra Scicolone che credo la sorella. Ero curioso sapere chi osava sminuirmi a modesto ex dirigente non importa di che e a modesto facitore di banali cose comunali. Ho messo sotto torchio chi sospettavo. Mi sbagliavo e ben due membri della vostra direzione che sono incazzatissimi con questa Colpi di Spillo mi hanno detto chi era. Codesta ora simpaticissima REDAZIONE del 9 luglio insinua furbescamente la faccenda di Lombard e di I Soldi Truccati (che non nego per quattro quinti stilati da me e corretti non so da chi). Ben!! Mi dispiace Malgrado Tutto scantona anche qui: Lombard era lo pseudonimo di Romano Gattoni, allora appena segretario della Banca d'Italia relegato addirittura al Servizio Rapporti col Tesoro, morì per un cancro on testa. Era pseudonimo per modo dire, nella SINISTRA noto per i suoi brillanti interventi nel Manifesto ed anche in Lotta Continua. Firmò presso la Feltrinelli come autore del libro Soldi Triuccati con nome e cognome pur di finanziare la collabente testata di Testaccio. Pagò in carriera quelle sortite eretiche. Gli volevo tanto bene. Ad un certo punto ho litigato forte con lui. Ora lo piango e lo rimpiango. Come vede anche qui, caro direttore, la sua Redazione va allo sbaraglio. Colpi di Spillo non può essere, uno nessuno centomila per non pagare il dazio quando sbarella. Elementare, direttore Terrana!. Se la signorina Anna Maria Scicolone vuole dilettarsi a punzecchiare a destra e a manca che si firmi con nome e cognome per avere magari la nostra personale ammirazione. Ma non basta che certi articoli a deviante anonimato siano a firma nota solo nell'ambito del vostro convento mi pare a sei teste. No! lo dobbiamo sapere anche noi all'esterno che veniamo da lei fotografati, celiati, ed altro ancora per poterla anche rimbeccare come più ci aggrada. Chi di penna ferisce ... o no? Calogero Taverna

Gentilissimo e validissimo direttore Terrana, queste frottole non le venga a raccontare a me. Ora addirittura so che Colpi di Spillo equivale a Anna Maria Scicolone. Questo mi rasserena alquanto visto che temporibus illis ho avuto una serie tempestosa con un'altra Scicolone che credo la sorella. Ero curioso sapere chi osava sminuirmi a modesto ex dirigente non importa di che e a modesto facitore di banali cose comunali. Ho messo sotto torchio chi sospettavo. Mi sbagliavo e ben due membri della vostra direzione che sono incazzatissimi con questa Colpi di Spillo mi hanno detto chi era. Codesta ora simpaticissima REDAZIONE del 9 luglio insinua furbescamente la faccenda di Lombard e di I Soldi Truccati (che non nego per quattro quinti stilati da me e corretti non so da chi). Ben!! Mi dispiace Malgrado Tutto scantona anche qui: Lombard era lo pseudonimo di Romano Gattoni, allora appena segretario della Banca d'Italia relegato addirittura al Servizio Rapporti col Tesoro, morì per un cancro on testa. Era pseudonimo per modo dire, nella SINISTRA noto per i suoi brillanti interventi nel Manifesto ed anche in Lotta Continua. Firmò presso la Feltrinelli come autore del libro Soldi Triuccati con nome e cognome pur di finanziare la collabente testata di Testaccio. Pagò in carriera quelle sortite eretiche. Gli volevo tanto bene. Ad un certo punto ho litigato forte con lui. Ora lo piango e lo rimpiango. Come vede anche qui, caro direttore, la sua Redazione va allo sbaraglio. Colpi di Spillo non può essere, uno nessuno centomila per non pagare il dazio quando sbarella. Elementare, direttore Terrana!. Se la signorina Anna Maria Scicolone vuole dilettarsi a punzecchiare a destra e a manca che si firmi con nome e cognome per avere magari la nostra personale ammirazione. Ma non basta che certi articoli a deviante anonimato siano a firma nota solo nell'ambito del vostro convento mi pare a sei teste. No! lo dobbiamo sapere anche noi all'esterno che veniamo  da lei fotografati, celiati, ed altro ancora per poterla anche rimbeccare come più ci aggrada. Chi di penna ferisce ... o no? Calogero Taverna

mercoledì 9 luglio 2014

ah, cavolo!! mi fai ricordare il tema che mi hanno dato da esterno alla 5a ginnasiale: tetra fluit pigris, leta (o laeta?) operantibus hora. Credo che ho preso 8, voto eccezionale allora! Lo meritavo non lo meritavo? Boh! Ma a me la scuola non è servita a molto. Dopo occorreva ben altro che un po' di calligrafismo scrittorio! Ragazzi, fregatevene della scuola: basta che vi diano un pezzo di carta. E poi vi servono zebedei e forti. E voi ragazze? non sono donna e sono per giunta maschilista- Non lo so.

ah, cavolo!! mi fai ricordare il tema che mi hanno dato da esterno alla 5a ginnasiale: tetra fluit pigris, leta (o laeta?) operantibus hora. Credo che ho preso 8, voto eccezionale allora! Lo meritavo non lo meritavo? Boh! Ma a me la scuola non è servita a molto. Dopo occorreva ben altro che un po' di calligrafismo scrittorio! Ragazzi, fregatevene della scuola: basta che vi diano un pezzo di carta. E poi vi servono zebedei e forti. E voi ragazze? non sono donna e sono per giunta maschilista- Non lo so.

io e la signorina Cernigoi.

La Cernigoi ora passa a minacce molto più terrifiche- Ecco la mia timida difesa:

signor Taverna, è lei che è entrato nella mia pagina e non io nella sua, quindi può semplicemente uscirne e lasciarmi in pace. e con quale faccia mi dà dell'insolente dopo che è lei a definirmi "calunniatrice titina"? veda di non rendersi ridicolo.

iO NON MI STO  ASSOLUTAMENTE INTRODUCENDO IN NESSUNA sua pagina. Che cosa sia il canale "atipico" di "messaggiare"anche fra non AMICI di FB io non so. Noi due non siamo amici .. anzi! Se mando a una mia nemica di FB un messaggio quella può manco leggermi "ufficialmente" se vuole come mi consta nel nostro caso e può fare di più: può chiudere del tutto quel "canale" interpersonale cosa che ovvio lei non ha inteso fare per venire a curiosare nelle cose mie. Lei parte da un messaggio riservato e interpersonale per farne un dileggio del sottoscritto in  un suo pubblico blog. Non me ne ero manco accorto. Solo quelli di Malgrado Turro me ne rendono partecipe e lei abbonda in frizzi e lazzi contro di me. Molto signorilmente io ho usato questo canale INTIMO per renderla edotta di quanto emergeva a distruzione delle sue come dire incaute accuse contro l'integerrimo Ispettore Genrale di PS gr. uff. dottore Ettore Messana che io difendo contro diciamo così le sue superficialità- Capolavoro di fasulla astuzia giornalistica quel "non necessariamente titine". Ho citato sue affermazioni altamente lesive dell'onore del Messana. Che cosa ha da dire? Davvero il Casarrubea - giornalista siciliano scaltro e avveduto - che come dice lei ci "legge per conoscenza" (e mi punge vaghezza di sapere come fa il palermitano Casarrubea a leggerci qui in questo canale ultrariservato e solo interpersonale a leggerci per conoscenza?); davvero il Casarrubea vuol seguirla in questa sua testarda strada denigratrice del Messana per le faccende di Lubiana? E quanto a lei, mi creda, cambi musica: con me ci rimette le penne.
 

iO E LA CERNIGOI

LA CERNIGOI MI DIFFIDA..... RISPONDO
 l
vorrei diffidare il signorino Taverna (ricambio la qualifica di "signorina" che egli mi ha affibbiato) a continuare a diffamare la sottoscritta e Giuseppe Casarrubea (che legge per conoscenza) di fronte a terze persone. Quanto da noi pubblicato su Messana e Verdiani è quanto risulta da documenti ufficiali (non necessariamente "titini", anzi, di fonte italiana) e da noi correttamente riportato. Accusarci di essere "antitaliani" solo perché facciamo ricerca storica è davvero ridicolo, oltre che offensivo. Inoltre il "canale riservato" che il signorino Taverna dice di avere attivato con me, sarebbe questo sistema di messaggistica sulla mia pagina FB che è accessibile a chiunque. Però vorrei ricordargli che continuare ad inviare messaggi di offese ed insulti costituisce molestia se non stalking, quindi, se non ha nulla di concreto da dire, lo invito a smettere.
circa un minuto fa

rispondo
pare che la "signorina" insinui che abbia già consumato un bel reato di "stalking". Mi aspetto querele cosicché possa subito fare partire "denuncia" per calunnia. Qui siamo ancora in uno stato di diritto e noi ITALIANI non abbiamo nulla a che spartire con la "giustizia sommaria e calunniatrice" TITINA (in ispecie contro la fulgida figura del grande servitore dello STATO ITALIANO il gr.uff. Dottore Ettore MESSANA, già Ispettore generale di PS. F.to Dottore Calogero Taverna ottuagenario già grande inquisitore di vigilanza bancaria e delle grandi evasioni fiscali agli ordini di sua eccellenza il Minisrro Reviglio., "signorino" felicemente sposato e tutt'altro che una "persona" qualunque, un "tale lillo" della insolente prosa di tale Claudia Cernigoi.

martedì 8 luglio 2014

Io e Colpi di Spillo

Gentile Signora di Malgrado Tutto COLPI DI SPILLO al secolo - mi pare - Scicolone-
Calogero Taverna fu qualcosa di più  e qualcosa di meno di un patetico ex dirigente di Bankitalia. Lei da giornalista necessita di precisione informativa assoluta specie quando si tratta di profili di personalità già fattesi valere persino negli annali delle epurazioni bancarie nazionali, come ad esempio il seppellimento della Banca Privata Finanziaria di Milano che tutti gli informati del settore impropriamente chiamano la Banca di Sindona- Il dottore Calogero Taverna fu ispettore di Vigilanza sulle Aziende di Credito come dire principe. Ma quello lo fu fino al 1980- E non fu solo quello: passò per dispetto al suddetto Istituto quale terribile superispettore di Reviglio che si divertì persino a mettere alla gogna il suo stesso istituto di appartenenza per una VERIFICATA evasione fiscale di 250 miliardi di vecchie lire. E quindi per 11 mesi fu consulente bancario dell'AIMA e vide e ha nelle sue memorie tutte le nefandezze di racalmutesi avidi dei fondi comunitari e se vuole mette alla gogna certi moralisti renziani di paese. Il dottore Taverna ha una pletora di pubblicazioni che trascendono la riduttiva patente di semplice "appassionato cultore delle cose paesane".
,Lei non ha alcun obbligo ad essere informata del curriculum del dottore  Taverna, ma di conseguenza non  è abilitata ad etichettare personalità che manco conosce- Ne converrà: non è neppure elegante.
Della mia controversia con l'indolente signor sindaco di Racalmuto lei nulla sa. E allora perché ne scrive? Lei mi dà insolentemente del   fumantino, ma dei miei zebedei lei che ne sa? Oltretutto è una donna.
Lei mi dà poi  il contentino di aver ragione. Però ecco come lo dice "ma in fondo Taverna ha ragione". Forma insolente, sostanza indecente. No? Capisco che Lei ha le grazie del direttore Terrana che la difende sempre a spada tratta determinando rabbie tra i tradizionali giornalisti di Malgrado Tutto. Non lo sa? Glielo dico io.
Capisco che essendo ormai tutti in una democrazia in rosa. voi donne averte diritto a tutto specie se avete torto.
A tagliar la corda quel sabato sera avevo mille ragioni e non certo "in fondo". E Lei non le sa queste "ragioni". Sono ragioni ben riconosciuto dall'informato suo collega dottore Salvatore Picone che mi gratificato di ampie e gradite scuse e sono ragioni che il sindaco - proprio per le ciarle che fa Lei - non le può riconoscere credo perché "vincolato" dai suoi novelli ma non remissivi dipendenti comunali. Il guaio di questo comune non è quello che comanda il primo turco cui si presenta il destro, ma che comanda chi non deve né può comandare operando magari a danno dello stesso succubo sindaco. 
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 Calogero Taverna, ex dirigente di Bankitalia, appassionato cultore delle cose paesane, che da mesi insisteva per promuovere l’iniziativa, dopo venti minuti ha preso e se ne è andato. Avrà pure un carattere fumantino, ma in fondo Taverna ha ragione. Se si organizza una mostra, è giusto che ci sia un’adeguata pubblicizzazione, un minimo di coinvolgimento (non solo al momento del buffet, come è successo un’oretta dopo). Se invece a quella mostra non ci si crede, allora è meglio dire: no, caro dottor Taverna, non siamo interessati. Anche perchè la mostra di Agato Bruno gode perfino di un catalogo.
Calogero Taverna
Calogero Taverna
E’ possibile che la mostra sia stata organizzata prima che la nuova giunta si insediasse. Se allora sono stati i dirigenti comunali a metterla in piedi, il sindaco e l’assessore alla Cultura avevano due possibilità: o ci credevano (e a quanto pare ci hanno creduto, perchè ci hanno messo la firma) oppure non ci credevano e lasciavano correre, senza dare la loro paternità all’iniziativa. Risultato: la mostra di Agato Bruno non ha avuto un esordio brillante. Ma se una mostra non si mostra, allora che mostra è?
Calogero Taverna, ex dirigente di Bankitalia, appassionato cultore delle cose paesane, che da mesi insisteva per promuovere l’iniziativa, dopo venti minuti ha preso e se ne è andato. Avrà pure un carattere fumantino, ma in fondo Taverna ha ragione. Se si organizza una mostra, è giusto che ci sia un’adeguata pubblicizzazione, un minimo di coinvolgimento (non solo al momento del buffet, come è successo un’oretta dopo). Se invece a quella mostra non ci si crede, allora è meglio dire: no, caro dottor Taverna, non siamo interessati. Anche perchè la mostra di Agato Bruno gode perfino di un catalogo.
Calogero Taverna
Calogero Taverna
E’ possibile che la mostra sia stata organizzata prima che la nuova giunta si insediasse. Se allora sono stati i dirigenti comunali a metterla in piedi, il sindaco e l’assessore alla Cultura avevano due possibilità: o ci credevano (e a quanto pare ci hanno creduto, perchè ci hanno messo la firma) oppure non ci credevano e lasciavano correre, senza dare la loro paternità all’iniziativa. Risultato: la mostra di Agato Bruno non ha avuto un esordio brillante. Ma se una mostra non si mostra, allora che mostra è?

Ecco che sindaco abbiamo!!!









ECCO CHE SINDACO ABBIAMO PER NON PARLARE DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO COMUNALE E DELLA ABILITA' DI QUALCHE GENTILE CONSIGLIERA A FARE APPLICARE IL VUOTO REGOLAMENTARE EDILIZIO SOLO PER IL MALCAPITATO PLEBEO CHE OSA FARSI UNO SCALINO DAVANTI CASA SUA.
Lillo Taverna Resta però il fatto che nella sostanza Colpi di Spillo ha persino più ragione di quella che le si riconosce. Proprio stasera, prima mi si chiedono ufficialmente e pomposamente scuse e poi mellifluamente l’indolente sindaco quasi quasi mi redarguisce accusandomi di eccesso di zelo per una sciocchezzuola: in fin dei conti i suoi due impiegatucci cosa avevano fatto: avevano confuso un paio di e-mail. Cosa falsissima. I due possono continuare come prima anzi peggio di prima: ora a proteggerli ‘c’è persino un sindaco già comunista.

lunedì 7 luglio 2014

verdi

Bruno scrive a Picone

Gentile assessore dottore Salvatore Picone
In primis, mi lasci dire una cosa ; lei si é mostrata persona accorta, sensibile difensore dell'Amministrazione Comunale. Ha dimostrato accortezza e circospezione; doti non comuni a molte persone. Le auguro un lungo cammino amministrativo e, spero anche politico.
Un'amministrazione retta da giovani offre certamente una garanzia per gli amministrati, perché delle idee fresche gioveranno tutti i cittadini. Lei si muove bene, cosi pare anche la giunta e il sindaco ai quali va tutta la mia ammirazione. Liberatevi, però, da certa zavorra umana che danneggia e appanna l'immagine del Comune. Abbiate il coraggio di fare pulizia.
Io mi sono risentito moltissimo e, poiché sono un artista con circa 60 anni di esperienza sulle spalle, ho fatto sentire la mia voce al vostro direttore artistico affinché capisca che le funzioni di direttore artistico sono ben altre.
Io ho intuito, in più di una occasione, che il direttore abbia inteso lanciare uno strale contro il mio amico, ma non comprendo il fine di tale acredine verso una persona che ancora lavora con impegno e senza secondi fini, a favore della propria città. E, siccome il dottor Teverna e il prof. Cerbone sono persone di specchiata cultura, mi ha fatto male vederli esclusi dal catalogo. Ora che l'incidente é stato ricomposto e il catalogo prontamente ripristinato  grazie anche al suo fattivo contributo, termino questo mio pensiero augurando a Lei, all'amministrazione comunale ai cittadini di Racalmuto ed oltre, che hanno avuto la pazienza di visitare questa mostra, sviluppata in oltre due anni di lavoro tra pittura e musica e saggi critici. Mio fratello ha composto le musiche in oltre 4 mesi di lavoro; tutti abbiamo lavorato solo e semplicemente per onorare la memoria del vostro illustre concittadino Leonardo Sciascia che consideriamo uno dei grandi scrittori del ventesimo secolo.
Conti pure sulla nostra disponibilità e accolga i sensi della mia stima.
Con molta stima
Agato BRUNO

RENDO QUI PUBBLICA UNA PARTE DELLA LETTERA PRIVATA INVIATA DAL PITTORE AGATO BRUNO AL DIRETTORE ARTISTICO DEL MUSEO CHIARAMONTE. SERVA ANCHE A RETTIFICA DI QUANTO INSOLENTEMENTE PUBBLICATO DA COLPI DI SPILLO IN MALGRADO TUTTO. MI SI DICE CHE LA MOSTRA - CHE VERRA' PERFEZIONATA E VIVACIZZATA PER L'ABILE APPORTO DEL NUOVO ASSESSORE ALLA CULTURA DOTTORE SALVATORE PICONE - HA GIA' AVUTO UN BRILLANTE AVVIO. [Calogero Taverna]

  
RENDO QUI PUBBLICA UNA PARTE DELLA LETTERA PRIVATA INVIATA DAL PITTORE AGATO BRUNO AL DIRETTORE ARTISTICO DEL MUSEO CHIARAMONTE. SERVA ANCHE A RETTIFICA DI QUANTO INSOLENTEMENTE PUBBLICATO DA COLPI DI SPILLO IN MALGRADO TUTTO. MI SI DICE CHE LA MOSTRA - CHE VERRA' PERFEZIONATA E VIVACIZZATA PER L'ABILE APPORTO DEL NUOVO ASSESSORE ALLA CULTURA DOTTORE SALVATORE PICONE - HA GIA' AVUTO UN BRILLANTE AVVIO. [Calogero Taverna]
Signor Baiamonte
Faccio seguito alla sua telefonata pomeridiana  mentre transitavo nel territorio di Lagonegro, tutto gallerie e poco predisposto per la telefonia mobile. Intendo chiarire a proposito della mostra di fotocopie delle mie opere, tenutasi presso il Circolo Unione, dove, peraltro, tale iniziativa era una premostra allestiita dal dottor Calogero Taverna, dietro  mia autorizzazione, come anteprima della mostra con le opere originali. [omissisi].
Lamento che si siano omessi "artatamente " i testi in catalogo, sia del dottor Taverna, sia  del prof. Cerbone, creando altresì una incresciosa situazione con i due critici che spero di chiarire con altri, al di sopra di lei. Sia il dottor Taverna che il prof. Cerbone, godono della mia incondizionata stima e non meritavano un affronto del genere. Durante il colloquio di sabato mattina, dopo che ho sfogliato il catalogo e non ho visto i testi, lei ha reagito in una certa  maniera, cercando di ribaltare su di me le sue colpe. Io che ho appena visionato le mail  inviate al suo indirizzo, poi a quello del tipografo, posso assicurare che tale materiale per il catalogo é stato spedito  in tempo utuile . [omissis]. Il dottor Taverna, ideatore del progetto, il sottoscritto che ha realizzato le tavole  e mio fratello che ha composto le musiche, abbiamo lavorato oltre due anni per realizzarlo; il tutto mandato in frantumi grazie alle sue disattenzioni.
Rammento a lei o chi per lei che il direttore artistico  é preposto ai garantire la perfetta riuscita della manifestazione. Sono vicino all'assessore alla cultura, al Sindaco e alla giunta, che hanno mostrao grande sensibilità e apprezzamento al mio lavoro .Queste note sono state redatte dopo 12 ore di guida
 AGATO BRUNO

domenica 6 luglio 2014

Io e Malgrado Tutto. Bravo il nuovo assessore Picone: in un mese è divenuto un gigante.

Io e Malgrado Tutto. Bravo il nuovo assessore Picone: in un mese è divenuto un gigante
 
Racalmuto. Quel Municipio dove chi piglia un turco è suo
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LETTERA APERTA DI COLPI DI SPILLO. Signor sindaco, ma in Municipio chi comanda? Lei o i suoi impiegati? Dopo un mese dal suo insediamento, la macchina comunale procede in ordine sparso. Iniziative improvvisate, dichiarazioni avventate, ordini disattesi. E’ vero che il Comune è di tutti, ma non del primo che si alza la mattina

Signor sindaco, ma in Municipio chi comanda? A un mese dal suo insediamento, la macchina comunale che per tre anni, durante il commissariamento, era rimasta in silenzio, al punto che certi dirigenti e impiegati comunali non declinavano le proprie generalità nemmeno se interrogati, ha ripreso voce, forza, coraggio e forse qualche vecchia abitudine.
Il risultato? Ognuno va per la sua strada. Il sindaco Emilio Messana ha perso giorni e giorni per riuscire a stabilire i turni di pulizia straordinaria delle strade. Chi presentava certificato medico, chi era in ferie, chi non si trovava. Altro che servizio in strada, ognuno prendeva la sua strada.
Emilio Messana si insedia in Comune
Emilio Messana si insedia in Comune
E allora torna la domanda di prima. Signor sindaco, in Municipio chi comanda? Lei o i suoi impiegati? Prendiamo due fatti, magari piccoli, ma significativi.
Partiamo dalla mostra promossa da Calogero Taverna che ha coinvolto l’artista Agato Bruno per illustrare le “Favole della dittatura” di Leonardo Sciascia.
Organizzata per sabato alle ore 19 al Castello Chiaramontano, con tanto di firme in calce – il direttore artistico Piero Baiamonte, il responsabile settore Cultura Renato Volpe, l’assessore alla Cultura Salvatore Picone, il sindaco Emilio Messana (a proposito, un consiglio: evitate tutte queste firme. Un manifesto non è una lettera scritta a più mani, dopo che c’è il simbolo del Comune e la dicitura dell’assessorato competente basta e avanza) – all’ora dell’inaugurazione non si è presentato praticamente nessuno, forse complice la partita dei Mondiali Belgio-Argentina.
L'apertura della mostra di Agato Bruno (Foto Salvatore Alfano)
L’apertura della mostra di Agato Bruno (Foto Salvatore Alfano)
Calogero Taverna, ex dirigente di Bankitalia, appassionato cultore delle cose paesane, che da mesi insisteva per promuovere l’iniziativa, dopo venti minuti ha preso e se ne è andato. Avrà pure un carattere fumantino, ma in fondo Taverna ha ragione. Se si organizza una mostra, è giusto che ci sia un’adeguata pubblicizzazione, un minimo di coinvolgimento (non solo al momento del buffet, come è successo un’oretta dopo). Se invece a quella mostra non ci si crede, allora è meglio dire: no, caro dottor Taverna, non siamo interessati. Anche perchè la mostra di Agato Bruno gode perfino di un catalogo.
Calogero Taverna
Calogero Taverna
E’ possibile che la mostra sia stata organizzata prima che la nuova giunta si insediasse. Se allora sono stati i dirigenti comunali a metterla in piedi, il sindaco e l’assessore alla Cultura avevano due possibilità: o ci credevano (e a quanto pare ci hanno creduto, perchè ci hanno messo la firma) oppure non ci credevano e lasciavano correre, senza dare la loro paternità all’iniziativa. Risultato: la mostra di Agato Bruno non ha avuto un esordio brillante. Ma se una mostra non si mostra, allora che mostra è?
E torna la domanda. Signor sindaco, in Municipio chi decide, lei o i suoi impiegati? Poche ore prima dell’apertura della mostra che non è stata mostrata, il comandante dei vigili urbani di Racalmuto aveva rilasciato alcune dichiarazioni al Giornale di Sicilia nelle quali diceva che le auto della polizia municipale erano rimaste a secco perchè senza soldi per la benzina: “Soltanto in questi giorni l’Economo è stato autorizzato a prendere mille euro per il corpo dei vigili urbani. Mille euro che vedremo fra circa 60 giorni”.
Il Comune di Racalmuto
Il Comune di Racalmuto
Nello stesso articolo, il sindaco Messana spiegava invece che con una delibera d’urgenza i soldi erano stati trovati. Attenti alle date. L’articolo usciva sul Giornale di Sicilia del 5 luglio, la delibera che dava la possibilità alle auto dei vigili di prendere la benzina da un rifornitore di carburante di Racalmuto era del 3 luglio. Dunque, quando il comandante dei vigili aveva parlato con il Giornale di Sicilia, non poteva non sapere che la giunta era già corsa ai ripari. Eppure aveva deciso di dire lo stesso che i soldi non c’erano e che bisognava aspettare sessanta giorni. A chi bisognava credere: al sindaco o al comandante dei vigili?
E torna la domanda. Signor sindaco, ma in Municipio chi parla a nome del Comune, lei o  suoi impiegati? E se la decisione di non far parcheggiare auto in piazza Castello non viene fatta osservare dai vigili urbani (come mostra una foto pubblicata dal blog Regalpetra libera), questo dipende da lei o dai suoi dipendenti comunali?
Amministrare una macchina complessa come il Comune di Racalmuto, con oltre duecento tra dipendenti, contrattisti e lavoratori socialmente utili, non è cosa semplice. Ma è il primo compito di un sindaco e di una giunta.
Altrimenti, le cose vanno così come sono andate per molto tempo: al Municipio di Racalmuto chi piglia un turco è suo (e sono guai per i turchi).

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One Response to Racalmuto. Quel Municipio dove chi piglia un turco è suo

  1. 6 luglio 2014 a 15:30
    Il dottore Taverna fa presente che il suo carattere se lo tiene per sé- Il dottore Taverna ha tagliato la corda in assoluto silenzio (allora) perché due piccoli burocrati comunali si erano permessi di censurare e cassare la SUA presentazione della mostra nel costoso e inutile catalogo- Per i dettagli rinvio a quanto sto pubblicando in FB nel mio blog CONTRA OMNIA RACALMUTO e a raggiera con la mia rete di e-mail- Per estrema correttezza debbo precisare che il dottore Salvatore Picome alle ore 14 di quest’oggi mi ha esternato pubbliche scuse in nome dell’ente ed è già occorso un dialogo che mi fa bene sperare. Il dottore Picone mi ha dimostraato che brilla di lice propria, ha carattere e carisma, inoltre ha valentia professionale. Se alle parole di oggi seguiranno i fatto che mi ha prefigurato, ne vedremo delle belle. Quanto a COLPI di SPILLO sia maschio sia femmina,comunque innominata, non si permetta di parlare del sottoscritto con epiteti comunque irrispettosi. Non glielo permetto. Diciamo che FERMENTINA O TREMENTINA O MARZAIOLA sarà la dessa (al femminile per quello che ho capito al tempo delle elezioni comunali).