sabato 22 aprile 2017

Domenica 0:08



Ma passiamo ora al giornale principe di Sicilia. Nella stessa notte in cui avvennero i fatti delittuosi il cronista nisseno ecco come compendia l’impressionante tumulto di Riesi. Subito dopo invierà un altro messaggio un po’più esaustivo. GIORNALE di SICILIA: 9/10 Ottobre 1919 (foglio interno) I gravi fatti di Riesi Conflitto fra dimostranti e forza pubblica. Sette morti e numerosi feriti Caltanissetta: 8, notte. «Pervengono da Riesi notizie incerte e contraddittorie riguardanti fatti colà avvenuti e che sarebbero di una gravità eccezionale. Pare che le locali agitazioni d’indole più politica che economica siano degenerate in veri e propri tumulti e che sarebbero anche avvenuti conflitti in cui i dimostranti ne avrebbero avuto la peggio. Da persona scappata dal luogo riesco a sapere che stamane quasi improvvisamene parecchi nuclei di zolfatari e contadini si siano ribellati alla forza che tentarono di disarmare, ma i carabinieri e i pochissimi soldati quando la loro pazienza fu al minimo fecero fuoco in piazza Garibaldi di pieno giorno e che vi sia o una mezza dozzina di morti e parecchi feriti. La notizia divulgatasi in un baleno ha destato enorme impressione e tosto con una vettura automobile sono partiti per Riesi il Procuratore del Re, il Giudice Istruttore capo cav. Terenzio il maggiore dei carabinieri comandante la nostra divisione cav. Tartari . Sono altresì partiti per ordine del Prefetto comm. Guadagnini e del questore cav. Presti ragguardevoli rinforzi con il commissario cav. Caruso capo di Gabinetto del Prefetto. Appena potrò avere precisi particolari mi affretterò a comunicarveli. » ^ ^ ^ Abbiamo visto come è sintetico il cronista, ma abbiamo dovuto notare l’esaustività e la precisione del periferico giornalista del Giornale di Sicilia. La dinamica dei fatti viene così rappresentata. Agitazioni più politiche che economiche – siamo già in pieno clima elettorale e il trapasso dalla prima grande guerra al quasi immediato avvento del Fascismo fu torbido specie per il ribollire dei delusi Reduci; fu trapasso che spiega furori popolari e mene partitiche. Tanti dimostranti, apparentemente zolfatari e contadini, ma anche mestatori, teste calde che ancora vestivano la divisa militare si agitano scompostamente ed entrano “in conflitto” con le forze dell’ordine. Il corrispondente ci dice che si tratta di “carabinieri” (ai quali un giovane commissario è arduo pendare che possa dare ordini; e aquell’epoca il Messana era solo questo) e “pochissimi soldati” non certamente comandabili da un civile (e un commissario qiesto è; un civile che può concertare ma non dare ordini a dei militari). Per me si deve escludere anche qui un qualche atto inconsulto del Mesana. La furia di un popolo in rivolta desta paura. Vi sono facinorosi che si “ribelano alla Forca” e cerano persino di “disarmarla”. Crepita, sì crepita, è ipotizzabile, la mitraglia dell’esercito: una strage. Ma il Messana, non citato che presumo persino assente, a tutto concedere non aveva né l‘autorità né l’autorevolezza in quei concitati momenti di mettere da parte il giovane ufficiale, che sappiamo aliunde essere di Villarosa e chiamarsi Michele Di Caro, e addirittura - nolente l’ufficiale dell’esercito - sparare lui e fare lui una carneficina di un popolo di lavoratori. Eppure questa forsennata ipotesi è stata avanzata e addotta persino come verità indiscutibile. Trattasi di infamia, di postuma denigrazione (ci riferiamo all’intervento presso la Costituente dell’impetuoso Li Causi). Ecco una frottola che non ha riscontro documentale e storico di sorta e che una diecina di anni fa, magari per esigenze cinematografiche, divenire indiscussa ricostruzione per raffigurare un Messana Stragista di Stato. Non si infama così un integerrimo Gran-Commis di Stato. Il Messana non fu, non poteva essere, si guardò bene dall’essere il COLPEVOLE artefice di quella infame strage. I denigratori dovrebbero fare resipiscenza, almeno a mezzo stampa. E corregere i loro calunniosi e infondati assunti. LE CRONACHE DEL GIORNALE “L’ORA” SUI FATTI DI RIESI DELL’OTTOBRE DEL 1919. Data la mia deformazione professionale, mi sono accostato al caso Messana come se dovessi esperire in tre-quattro mesi un’ispezione bancaria approfondita ed essenziale per farne rapporto al signor Governatore, come fui uso in vent’anni di sudditanza ispettiva presso l’0rgano di Vigilanza della Banca d’Italia. Così parto dall’esordio, come dire dai verbali del Consiglio di amministrazione, acquisendo i bilanci annuali del passato. Per il gr. uff. comm. Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro dottore Ettore Messana cerco di trovare le propaggini da cui è partito il Li Causi trent’anni dopo per crucifiggerlo come sanguinario stragista di Stato nella pur sepolta memoria dei fatti di Riesi risalenti all’ottobre del 1919. Tutti parlano del 10 dell’11 Ottobre e il validissimo professore Casarrubea, forse vittima di un lapsus, sale addirittura al novembre del 1919. Accedo alla Biblioteca Nazionale di Roma a Castro Pretorio e mi ingolfo nella consultazione di illeggibili bobine dei microfilm dei due giornali importanti siciliani dell’epoca: l’Ora e il giornale di Sicilia. Con strumenti che dovrebbero essere modernissimi e che intanto occorre far funzionare manualmente metto alla fine le mani sulle cronache di quell’esecrato eccidio. Mi accorgo che tra l’Ora e il Giornale di Sicilia non vi sono differenze sostanziali nei riferimenti degli episodi che fecero onestamente molta sensazione. Iniziamo dall’ORA che invero ho consultato dopo. Sapendo quello che aveva pubblicato il Giornale di Sicilia mi limito a questi brevi appunti: «L’ORA – 9 ottobre 1919. “Grave conflitto a Riesi – 7 morti e venti feriti. [….] Dopo l’arresto del noto agitatore socialista Barberi Giuseppe --- L’esigua forza impotente a fronteggiare la grandissima moltitudine…”» Quindi trascrivo: «L’ORA di Palermo – prima pagina del 12 ottobre 1919. - A Riesi torna la calma, Caltanissetta 10 notte. - - All’alba di stamani truppe con agenti al comando del Commissario di P.S. Cav. Caruso e del maggiore dei carabinieri Tartari sono entrati a Riesi senza incontrare resistenza alcuna. - Nel conflitto 10 dimostranti rimasero uccisi e circa 50 feriti . - Della truppa è stato ucciso anche il sottotenente del 76° Fanteria DI CARO MICHELE di Villarosa e due soldati sono stati feriti. - Aperta una inchiesta dal Procuratore del Re e il Giudice Istruttore. - Venne trattenuto soltanto l’avvocato Carmelo Calì di Mazzarino.» Come primo assaggio non c’è molto quanto a contorno. Certo 10 lavoratori uccisi e 50 feriti nel mondo del lavoro gridano vendetta al cospetto di Dio. Ma come e perché doveva essere artefice malefico il Messana resta un mistero. Quello che in queste mie ricerche mi colpisce e mi addolora di più è il fatto che in tante postume celebrazioni, rievocazioni, truculenti filmati e paludati testi di storia siciliana, non ho ancora trovato una nota di commemorazione e di omaggio a questo figlio di Villarosa, il sottotenente del 76° Fanteria il giovane MICHELE DI CARO a cui la vita cui fu troncata crudelmente. Con un colpo di pistola, quindi intenzionalmente. Caduto davvero nel compimento del suo dovere che era quello di mantenere l’ordine pubblico – chiunque governasse, in quel tempo NITTI. Non so se gli fu conferita una qualche medaglia, non so se Villarosa ha reputato di onorarlo e ricordarlo come eroe. La cinica cronaca di quell’epoca non ritiene poi di fare i nomi di quei modesti militi che furono feriti. In modo grave? Guarirono? Nessuno ha fatto ricerche. Erano semplici militari. Possibilmente parenti di quei rivoltosi, zolfatai e contadini che trucidavano e venivano trucidati. Fratelli che uccidevano, ferivano fratelli Noi diremmo “compagni”. Fiumi di inchiostro sono stati versati per queste vicende. Ma nessuna attenzione, nessun riguardo per questi soldati che per un magro soldo mettevano a repentaglio la loro vita. Non si ha tempo per loro: a distanza prima d mezzo secolo e dopo quasi un secolo si sprecano soldi, si sperperano fondi pubblici, si fanno trasmissioni televisive, si scrivono testi di presunta storia solo per esecrare, condannare, crucifiggere il meritevole, il servitore della Patria, l’eroe dell’ordine pubblico Ettore Messana. E ironia della sorte, né nei resoconti dell’Ora di Palermo, né in quelli del Giornale di Sicilia, né nelle carte che si custodiscono nell’ACS di Roma relativamente alle faccende del Ministero degli Interni di quel periodo, né in successive storie paesane, né in sentenze passate in giudicato troveremo mai il rispettabile nome di Ettore Messana, in damnatio memoriae sol perchè il Li Causi lo ebbe in odio, ingiuriandolo quale capo banda POLITICO (attenzione solo POLITICO) dei tempi tristi del banditismo siciliano capeggiato dal celeberrimo Giuliano da Montelepre. Ma passiamo ora al giornale principe di Sicilia. Nella stessa notte in cui avvennero i fatti delittuosi il cronista nisseno ecco come compendia l’impressionante tumulto di Riesi. Subito dopo invierà un altro messaggio un po’più esaustivo. GIORNALE di SICILIA: 9/10 Ottobre 1919 (foglio interno) I gravi fatti di Riesi Conflitto fra dimostranti e forza pubblica. Sette morti e numerosi feriti Caltanissetta: 8, notte. «Pervengono da Riesi notizie incerte e contraddittorie riguardanti fatti colà avvenuti e che sarebbero di una gravità eccezionale. Pare che le locali agitazioni d’indole più politica che economica siano degenerate in veri e propri tumulti e che sarebbero anche avvenuti conflitti in cui i dimostranti ne avrebbero avuto la peggio. Da persona scappata dal luogo riesco a sapere che stamane quasi improvvisamene parecchi nuclei di zolfatari e contadini si siano ribellati alla forza che tentarono di disarmare, ma i carabinieri e i pochissimi soldati quando la loro pazienza fu al minimo fecero fuoco in piazza Garibaldi di pieno giorno e che vi sia o una mezza dozzina di morti e parecchi feriti. La notizia divulgatasi in un baleno ha destato enorme impressione e tosto con una vettura automobile sono partiti per Riesi il Procuratore del Re, il Giudice Istruttore capo cav. Terenzio il maggiore dei carabinieri comandante la nostra divisione cav. Tartari . Sono altresì partiti per ordine del Prefetto comm. Guadagnini e del questore cav. Presti ragguardevoli rinforzi con il commissario cav. Caruso capo di Gabinetto del Prefetto. Appena potrò avere precisi particolari mi affretterò a comunicarveli. » ^ ^ ^ Abbiamo visto come è sintetico il cronista, ma abbiamo dovuto notare l’esaustività e la precisione del periferico giornalista del Giornale di Sicilia. La dinamica dei fatti viene così rappresentata. Agitazioni più politiche che economiche – siamo già in pieno clima elettorale e il trapasso dalla prima grande guerra al quasi immediato avvento del Fascismo fu torbido specie per il ribollire dei delusi Reduci; fu trapasso che spiega furori popolari e mene partitiche. Tanti dimostranti, apparentemente zolfatari e contadini, ma anche mestatori, teste calde che ancora vestivano la divisa militare si agitano scompostamente ed entrano “in conflitto” con le forze dell’ordine. Il corrispondente ci dice che si tratta di “carabinieri” (ai quali un giovane commissario è arduo pendare che possa dare ordini; e aquell’epoca il Messana era solo questo) e “pochissimi soldati” non certamente comandabili da un civile (e un commissario qiesto è; un civile che può concertare ma non dare ordini a dei militari). Per me si deve escludere anche qui un qualche atto inconsulto del Mesana. La furia di un popolo in rivolta desta paura. Vi sono facinorosi che si “ribelano alla Forca” e cerano persino di “disarmarla”. Crepita, sì crepita, è ipotizzabile, la mitraglia dell’esercito: una strage. Ma il Messana, non citato che presumo persino assente, a tutto concedere non aveva né l‘autorità né l’autorevolezza in quei concitati momenti di mettere da parte il giovane ufficiale, che sappiamo aliunde essere di Villarosa e chiamarsi Michele Di Caro, e addirittura - nolente l’ufficiale dell’esercito - sparare lui e fare lui una carneficina di un popolo di lavoratori. Eppure questa forsennata ipotesi è stata avanzata e addotta persino come verità indiscutibile. Trattasi di infamia, di postuma denigrazione (ci riferiamo all’intervento presso la Costituente dell’impetuoso Li Causi). Ecco una frottola che non ha riscontro documentale e storico di sorta e che una diecina di anni fa, magari per esigenze cinematografiche, divenire indiscussa ricostruzione per raffigurare un Messana Stragista di Stato. Non si infama così un integerrimo Gran-Commis di Stato. Il Messana non fu, non poteva essere, si guardò bene dall’essere il COLPEVOLE artefice di quella infame strage. I denigratori dovrebbero fare resipiscenza, almeno a mezzo stampa. E corregere i loro calunniosi e infondati assunti. LE CRONACHE DEL GIORNALE “L’ORA” SUI FATTI DI RIESI DELL’OTTOBRE DEL 1919. Data la mia deformazione professionale, mi sono accostato al caso Messana come se dovessi esperire in tre-quattro mesi un’ispezione bancaria approfondita ed essenziale per farne rapporto al signor Governatore, come fui uso in vent’anni di sudditanza ispettiva presso l’0rgano di Vigilanza della Banca d’Italia. Così parto dall’esordio, come dire dai verbali del Consiglio di amministrazione, acquisendo i bilanci annuali del passato. Per il gr. uff. comm. Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro dottore Ettore Messana cerco di trovare le propaggini da cui è partito il Li Causi trent’anni dopo per crucifiggerlo come sanguinario stragista di Stato nella pur sepolta memoria dei fatti di Riesi risalenti all’ottobre del 1919. Tutti parlano del 10 dell’11 Ottobre e il validissimo professore Casarrubea, forse vittima di un lapsus, sale addirittura al novembre del 1919. Accedo alla Biblioteca Nazionale di Roma a Castro Pretorio e mi ingolfo nella consultazione di illeggibili bobine dei microfilm dei due giornali importanti siciliani dell’epoca: l’Ora e il giornale di Sicilia. Con strumenti che dovrebbero essere modernissimi e che intanto occorre far funzionare manualmente metto alla fine le mani sulle cronache di quell’esecrato eccidio. Mi accorgo che tra l’Ora e il Giornale di Sicilia non vi sono differenze sostanziali nei riferimenti degli episodi che fecero onestamente molta sensazione. Iniziamo dall’ORA che invero ho consultato dopo. Sapendo quello che aveva pubblicato il Giornale di Sicilia mi limito a questi brevi appunti: «L’ORA – 9 ottobre 1919. “Grave conflitto a Riesi – 7 morti e venti feriti. [….] Dopo l’arresto del noto agitatore socialista Barberi Giuseppe --- L’esigua forza impotente a fronteggiare la grandissima moltitudine…”» Quindi trascrivo: «L’ORA di Palermo – prima pagina del 12 ottobre 1919. - A Riesi torna la calma, Caltanissetta 10 notte. - - All’alba di stamani truppe con agenti al comando del Commissario di P.S. Cav. Caruso e del maggiore dei carabinieri Tartari sono entrati a Riesi senza incontrare resistenza alcuna. - Nel conflitto 10 dimostranti rimasero uccisi e circa 50 feriti . - Della truppa è stato ucciso anche il sottotenente del 76° Fanteria DI CARO MICHELE di Villarosa e due soldati sono stati feriti. - Aperta una inchiesta dal Procuratore del Re e il Giudice Istruttore. - Venne trattenuto soltanto l’avvocato Carmelo Calì di Mazzarino.» Come primo assaggio non c’è molto quanto a contorno. Certo 10 lavoratori uccisi e 50 feriti nel mondo del lavoro gridano vendetta al cospetto di Dio. Ma come e perché doveva essere artefice malefico il Messana resta un mistero. Quello che in queste mie ricerche mi colpisce e mi addolora di più è il fatto che in tante postume celebrazioni, rievocazioni, truculenti filmati e paludati testi di storia siciliana, non ho ancora trovato una nota di commemorazione e di omaggio a questo figlio di Villarosa, il sottotenente del 76° Fanteria il giovane MICHELE DI CARO a cui la vita cui fu troncata crudelmente. Con un colpo di pistola, quindi intenzionalmente. Caduto davvero nel compimento del suo dovere che era quello di mantenere l’ordine pubblico – chiunque governasse, in quel tempo NITTI. Non so se gli fu conferita una qualche medaglia, non so se Villarosa ha reputato di onorarlo e ricordarlo come eroe. La cinica cronaca di quell’epoca non ritiene poi di fare i nomi di quei modesti militi che furono feriti. In modo grave? Guarirono? Nessuno ha fatto ricerche. Erano semplici militari. Possibilmente parenti di quei rivoltosi, zolfatai e contadini che trucidavano e venivano trucidati. Fratelli che uccidevano, ferivano fratelli Noi diremmo “compagni”. Fiumi di inchiostro sono stati versati per queste vicende. Ma nessuna attenzione, nessun riguardo per questi soldati che per un magro soldo mettevano a repentaglio la loro vita. Non si ha tempo per loro: a distanza prima d mezzo secolo e dopo quasi un secolo si sprecano soldi, si sperperano fondi pubblici, si fanno trasmissioni televisive, si scrivono testi di presunta storia solo per esecrare, condannare, crucifiggere il meritevole, il servitore della Patria, l’eroe dell’ordine pubblico Ettore Messana. E ironia della sorte, né nei resoconti dell’Ora di Palermo, né in quelli del Giornale di Sicilia, né nelle carte che si custodiscono nell’ACS di Roma relativamente alle faccende del Ministero degli Interni di quel periodo, né in successive storie paesane, né in sentenze passate in giudicato troveremo mai il rispettabile nome di Ettore Messana, in damnatio memoriae sol perchè il Li Causi lo ebbe in odio, ingiuriandolo quale capo banda POLITICO (attenzione solo POLITICO) dei tempi tristi del banditismo siciliano capeggiato dal celeberrimo Giuliano da Montelepre.



6 ore fa



Non trascorrono molte ore e il cronista nisseno cerca di completare i riferimenti al Giornale di Sicilia sui fatti di Riesi occorsi alle ore 11 del giorno precedente: è il 9 ottobre del 1919. Faticando molto, siamo riusciti a trascrivere il fotogramma del microfilm del giornale siciliano. Vorremmo che foste voi, senza intermediazione alcuna, a trarre il succo da una siffatta concisa ma lucida corrispondenza. Noi ci siamo molto soffermati sul particolare che artefici del bene e del male di quel giorno furono i Carabinieri, coadiuvati da un nucleo sparuto di inesperti soldati. Emerge charissimamente che ad iniziare a sparare contro la folla furono loro: i carabinieri. Stranissimo, in cronache successive, in rievocazioni paesane, nel veemente attacco del Li Causi, nelle celebrazioni di Riesi dei primi anni 2000, negli studi seri del Casarrubea, in quelli pasticciati della Cernigoi, nelle esaltazioni cinematografiche, nelle lugubri messe in scena del Lucarelli televisivo, in tante corrispondenze di aspiranti giornalisti, questo particolare viene del tutto pretermesso. Nessuno infatti può pensare che un giovane commissario si possa permettere di dare ordini alla benemerita arma di aprire il fuoco contro una inerme folla sia pure tumultuante. Non è elemento questo da rendere inaccettabile che ad essere responsabile di quell'esecrabile eccidio fosse il giovanissimo ed imberbe commissario Ettore Messana? Come dire Ettore Messana non c'entrò. Solenne infamia quella di volerlo a tutti i costi calunniarlo. Non è giunto il momento di fare ammenda di tutta la diffamazione a mezzo stampa, blog, cinematografo e lugubri aggettivazioni del Lucarelli (sarà un caso, quella trasmissione del 2005 non ci sta più in You Tube o aggeggi analoghi)? La famiglia Messana ha subìto, sta ancora subendo, danni, disagi, colpevolizzazioni, denigrazioni per una così concertata e martellata diffamazione. Nessuno deve pagare? manco il periferico e pur edotto dei fatti, il giornaletto racalmutese di Sciascia MALGRADO TUTTO? Per aggiunta e suggello, ecco che veniamo a sapere che le mitragliatrici vengono dopo, ad eccidio consumato: nessun ordine poté dare al sottotenentino Di Caro il nostro gr. uff. comm. dell'ordine dei santi Maurizio e Lazzaro, ispettore generale di P.S., dottore Ettore Messana. Carta canta!!! ------------- Caltanissetta 9, giorno "I fatti i Riesi per quanto su essi siano sulle prime notizie alquanto esagerate pure rivestono una gravità non comune. Ve ne mando i particolari nel modo più succinto. Riesi è stato sempre uno dei centri di questa provincia che ha dato non poche volte da dire alle autorità politiche e di pubblica sicurezza dando sovente campo a noi cronisti di intrattenerci delle condizioni poco tranquille della pubblica sicurezza: difatti reati audacemente rari nella storia criminale sono colà avvenuti e non è la prima volta che dimostrazioni ed agitazioni sono degenerate in conflitto. Le agitazioni minerarie poi hanno sempre trovato modo di allignare e di prosperare anche perché la politica di Riesi deve far capolino in tutto. Tra i maggiorenti anche il disaccordo è regnato sovrano per quanto il deputato del collegio, on. Pasqualino, abbia sempre messo in opera tutti i mezzi perché il pubblico interesse negli uomini pubblici fosse sempre l’ideale da raggiungere. Parecchi anni fa tal Giuseppe Butera, una specie di mattoide, messosi a capo di alquanti incoscienti provocò dei moti gravissimi e si arrivò persino alla proclamazione della repubblica Riesina! Poi venne la guerra e gli odii restarono sopiti mentre Riesi dava un contingente altissimo alla diserzione dando i Tofalo, i Carlino e compagnia bella; bisogna però riconoscere che la maggioranza di quella cittadina è composta di gente per bene, ma intanto basta qualche centinaio di illusi e di sconsigliati perché un intero centro resti in convulsione. Da qualche settimana a Riesi dunque spirava vento di fronda, e ciò nonostante per volere di chi sta in alto tutta la forza disponibile della Provincia di Caltanissetta e el capoluogo era stata distaccata a Roma – a quanto se ne dice – perché l’ordine pubblico della capitale così esigeva. Di modo che i tumulti di ieri hanno trovata la cittadina sguarnita di forza in modo quasi assoluto giacché la forza non si improvvisa specie quando niente affatto tranquilla era la situazione a Caltanissetta, a Terranova, a Castrogiovanni e in molti altri paesi dove l’agitazione agraria è assai intensa e gravida di pericoli. Anzi su proposta del Prefetto pochi giorni fa il Ministero ha mandato qui il comm. Lonardone ispettore generale del Ministero della Agricoltura per la composizione delle vertenze agrarie in Provincia. Intanto così l’on. Pasqualino come l’on. Colaianni e l’on. Lo Piano non avevano taciuto assieme al Prefetto la situazione della Provincia, che ha finalmente bisogno dopo tanti anni di incuria e di indifferenza ogni provvida cura giacché le nostre popolazioni sono assetate di giustizia e di equità. Fatto sta che nelle scorse settimane la situazione a Riesi parve – lo era effettivamente – peggiorata, avvennero degli incidenti gravi la cui trasmissione non ci fu permessa e si procedette all’arresto del Giuseppe Butera e di altri capoccia del socialismo cosi detto ufficiale. Come vi dissi, la politica ha fatto il resto di tal che si è andata rapidamente in questi ultimi giorni creata a Riesi una posizione veramente eccezionale e da destare l’allarme nella cittadinanza e da preoccupare le autorità. L’on. Pasqualino proprio oggi doveva recarsi a Riesi dove egli è tanto benvoluto e stimato, appunto per mettere in opera il suo ascendente presso quella popolazione onde indurla alla quiete ed alla tranquillità. Ma aveva preferito fare prima una corsa a Castrogiovanni per abbracciarsi con l’on. Colaianni che intanto non lascia mezzi intentati per comporre le vertenze di indole economica nei paesi del suo collegio. Dimenticavo dirvi che a Riesi da tempo per dimissioni di parecchi dei suoi membri quel Consiglio Comunale è stato sciolto e l‘amministrazione della cosa pubblica è deposta nelle mani di un R. Commissario, il cav. Scicolone, coadiuvato dal signor Grasso. Si è cercato di togliere ogni pretesto a quelle masse illuse e fuorviate e financo l’approvvigionamento del grano è proceduto in modo assolutamente eccezionale, un vero e proprio trattamento di favore. Ma il pretesto è stato trovato lo stesso e ieri di giorno verso le 11 si iniziarono le prime dimostrazioni che assunsero ben presto il carattere di una violenta ribellione. La pazienza dei pochi carabinieri fu messa a dura prova; qualche soldato fu sputato e preso a sassate e quando fu tentato di disarmarli e quando di certo avrebbero avuto la peggio fecero fuoco e caddero mezza dozzina e forse più di morti. Grida e lamenti dimostrarono che c’erano anche dei feriti e non pochi. La esasperazione della folla inviperita e delle donne raggiunse presto il colmo e la forza impotente dovette ritirarsi lasciando la cittadinanza in balia dei rivoltosi. Sono partiti da qui camions con mitragliatrici e forza in gran numero e si conta di sapere la vera ragione o meglio la causa occasionale della rivolta sanguinosa. Domani e forse oggi stesso l’on. Pasqualino sarà sul posto per spiegare tutta la sua opera autorevole per il ritorno alla tranquillità. Intanto l’autorità giudiziaria ha aperto una inchiesta per accertare le singole responsabilità; parecchi arresti sono stati già operati e pare che moltissimi altri ne seguiranno. Appena noti i nomi dei morti e dei feriti ve ne informerò e vi invierò altri particolari. 0ve sarà il caso. Si sa che i rivoltosi furono poche centinaia di contadini che sono rimasti padroni della città; tutte le comunicazioni, anche quelle telegrafiche, sono interrotte; da Palermo sono stati inviati considerevoli rinforzi La impressione per i fatti avvenuti è delle più dolorose e si spera che l’ordine e la calma possano presto tornare. "



4 ore fa



Ci stiamo sforzando di rinvenire la vera verità storica dei fatti di Riesi del 1919. Abbiamo pubblicato giornali e cronache dell'epoca. Questa qui non è una intollerabile mistificazione?













CREDIAMO DI AVERE DEL TUTTO SMANTELLATO LA TESI CHE VORREBBE IL QUESTORE MESSANA COLPEVOLE COME QUI SI DICE. RESTA SOLO LA CALUNNIA, L'INFAMIA. SE IN BUONA FEDE CI SI CORREGGA ANCHE SE CI SI CHIAMA ANPI HomeContenutoRSSCollegatiANPI Palermo "Comandante Barbato"Associazione Nazionale Partigiani d'Italia Cerca: HomeANPI PalermoEVENTIMEMORIA: I Decorati della Resistenza SicilianaOSSERVATORIO DEMOCRAZIASpeciale 27 gennaio. Il dovere della memoria..Articoli correlati ‘Strage di Riesi’ . 92° anniversario assassinio Giovanni Orcel 13 ottobre 2012 . L ’ANPI domenica 14 ottobre 2012 alle ore 9, ricorda Giovanni Orcel nel 92° anniversario del suo assassinio avvenuto il 14 ottobre 1920 in Corso Vittorio Emanuele all’altezza della Biblioteca centrale dove con la Cgil, e il Centro Impastato deporremo una corona sotto la lapide che lo ricorda. Giovanni Orcel è una delle figure più significative del movimento operaio palermitano, segretario generale della FIOM dal marzo del 1919 operava per unire lotte urbane e lotte delle campagne sulla scia di Nicola Barbato e anche del fratello Ernesto Orcel fondatore del Fascio dei Lavoratori di Cefalù, ed in stretto collegamento con Nicolò Alongi, il dirigente contadino assassinato dalla mafia nel febbraio del 1920. Orcel viene assassinato ad un anno dalla strage di Riesi del 1919 dove vengono assassinati 15 contadini compreso un tenente di fanteria che si era opposto all’ordine fascista di sparare sui contadini che manifestavano per la riforma agraria. Ad ordinare il fuoco in solidale intesa con la mafia è stato un fascista della prima ora, Ettore Messana di Racalmuto, ufficiale di P.S., poi membro dell’OVRA, il servizio segreto, efferato criminale di guerra questore a Lubiana negli anni 40 ed infine lo ritroveremo inspiegabilmente ….Ispettore generale di polizia in Sicilia negli anni 1945! Entrambi i delitti, inequivocabilmente di matrice fascista e mafiosa, sono rimasti impuniti. Su Giovanni Orcel leggi Giuseppe Carlo Marino, 1976 nel libro “Partiti e lotta di classe in Sicilia da Orlando a Mussolini” (Bari, De Donato, 1976); poi nel saggio di Giuseppe Carlo Marino “Vita e martirio di Nicola Alongi, contadino socialista” e in numerosi altri scritti. Il libro di Giovanni Abbagnato, Giovanni Orcel. Vita e morte per mafia di un sindacalista siciliano. 1887-1920, ricostruisce l’attività di Orcel e le lotte di quegli anni. Il logo del referendum per l’art. 18 ci ricorda che Orcel, Alongi e la lunga scia di sangue di sindacalisti e cittadini uccisi, lottarono per la difesa della dignità umana e la dignità del lavoro, che oggi i governi della destra politica, in assenza di opposizione vera, stanno di fatto abolendo. Nessun commento » Postato in Anpi notizie, ANTIFASCISMO, EVENTI, Lotte contadine, memoria, Movimento Fasci Lavoratori Siciliani, segnalazioni iniziative Tags: ANPI Palermo Centro Impastato CGIL Ernesto Orcel Ettore Messana Fascio dei Lavoratori siciliani di Cefalù FIOM Giovanni Abbagnato Giovanni Orcel Nicola Barbato Nicolò Alongi Strage di Riesi . . Sito Anpi Nazionale Cerca: agosto: 2014 L M M G V S D « lug 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 Siti ANPI ANPI Catania ANPI Enna ANPI Palermo ANPI Palermo ANPI SICILIA ANPInews ARCI Biografie dei deportati internati Militari Italiani CGIL firma contro l'attacco all'impianto antifascista della Costituzione "art. 21" Firma contro l'attacco all'impianto antifascista della Costituzione "petizione Cgil" memorie di Spagna Sito ANPI Nazionale



47 minuti fa



Registro ora questo filmato per timore che si proceda alla cancellazione dato quello che ho ormai acquisito a dimostrazione dell'incontrovertibile verità che sono solo calunniose le accuse nei confronti dell'incolpevole questore Messana. A suo tempo deluciderò questo assunto e una tesi oggi inespressa sulla base di documenti dell'archivio di stato e della nuova documentazione che sta venendo fuori dagli archivi americani (N.A.R:A). A suo tempo saremo ben più precisi.
26 giugno 12.29.50



Contra Omnia Racalmuto ...per mestiere spiego bene agli altri quello che per me non comprendo. Richiamo quanto segue per contrappormi nella doverosa salvaguardia del fulgido nome dell'Ispettore Generale di PS gr.uff. dottore Ettore Messana da Racalmuto. ------------------------ Trascrivo da un blog: Archivio Giuseppe Casarrubea senior (1899-1947) UN ARCHIVIO STORICO SULL’ITALIA E SULLA SICILIA DEL XX SECOLO Chi siamo? L’archivio sorge per dare seguito ad uno dei punti statutari dell’Associazione “Non solo Portella onlus” fondata nel 1998 con lo scopo di rappresentare i familiari delle vittime della strage di Portella della Ginestra (1° maggio 1947), e degli assalti contro le Camere del Lavoro del 22 giugno 1947. Aderiscono all’Associazione i familiari di altre stragi avvenute in Sicilia dal secondo dopoguerra in poi. L’archivio è dedicato al dirigente sindacale “Giuseppe Casarrubea” assassinato durante l’attacco terroristico contro la sezione del Pci di Partinico, un mese e 22 giorni dopo la strage di Portella della Ginestra. Il commando, stando ai giudici di Viterbo (1950-’52), era ispirato dal neofascista Salvatore Giuliano e da Pasquale ‘Pino’ Sciortino. Il processo contro i mandanti e gli esecutori di queste stragi ebbe a fondamento un depistaggio della polizia giudiziaria: il “Rapporto giudiziario” del 4 settembre 1947. Gli accusati furono sottoposti a interrogatori e confronti dibattimentali durati due anni. Alla fine i giudici conclusero assolvendo i mafiosi e parecchi imputati e negando l’esistenza di mandanti. Nell’attentato di giugno perse la vita anche Vincenzo Lo Iacono e si ebbero dieci feriti gravi, alcuni con menomazioni irreversibili come Leonardo Addamo e Giuseppe Salvia. In una stessa notte furono prese d’assalto le seguenti sedi di sinistra: la sezione comunista di Cinisi (attentato dinamitardo senza vittime), sezione del Pci di San Giuseppe Jato (un ferito e distruzione totale della sede), Camera del Lavoro di Borgetto (senza vittime), sezione socialista di Monreale (senza vittime), sezione del Pci di Carini (senza vittime). Gli attentati di giugno furono la “naturale” continuazione dell’azione di provocazione terroristica della strage del 1° maggio. Entrambe le stragi, processualmente unificate, ebbero gravi coperture da parte di alcuni settori delle forze dell’ordine dipendenti dall’Ispettore di Ps, Ettore Messana. Questi aveva cominciato la sua carriera ai tempi della strage di Riesi (1919) e l’aveva conclusa dopo Portella della Ginestra, avendo avuto all’interno del gruppo di fuoco che aveva sparato sulla folla dei manifestanti per la festa del 1° maggio, il proprio confidente Salvatore Ferreri, inteso Fra’ Diavolo. L’ispettore inoltre era stato nominato dal governo di Ivanoe Bonomi, a quell’alta carica, nonostante fosse ricercato dalla commissione delle Nazioni Unite nel 1945 per crimini di guerra compiuti in Slovenia, durante l’occupazione fascista (1941-1943: sul tema si possono consultare diversi post di questo stesso blog e una sequenza fotografica di eccezionale interesse). _______________________________________ Controdeduco: Fin qui abbiamo ripreso quanto il Casarrubea affastella in lode di una sua iniziativa che ci piacerebbe sapere quanto no-profit sia stata. La faccenda ci lasciava indifferente finchè il bloggista non ha osato infangare la figura dell'ispettore generale il gr.uff. dottore ETTORE MESSANA da Racalmuto. Ci agganciamo allo sproloquio di quest'ultimo squarcio sopra riportato per contestare le infondate, calunniose, infamanti affermazioni che vi si contengono: a) il dottore Ettore Messana, che si vuol sminuire persino nella qualifica del suo alto ufficio (era Ispettore Generale di PS) non "diede nessuna copertura alle 'stragi' di Portella della Ginistra o ad essa collegate o collegabili". ANZI!!! Il grande merito di quest'altissimo ed apicale dirigente di PS fu quello di avere sbaragliato il banditismo siciliano dell'epoca Giuliano. Ebbe sottoposti oltre 750 carabinieri e questo forse fu il guaio suo giacché è ben nota la ritrosia della Benemerita a sottostare agli ordini di un "civile". Nacquero dissapori, incomprensioni ed ostracismi che gli storici allla Casarrubea fingono di ignorare pur di costruire i loro sillogismi storici fregandosene della correttezza storica e del dovere di non infangare figure prestigiose di funzionari che sacrificano tanto pur di servire lo Stato, quello democratico che necessita di un rigoroso mantenimento dell'ordine pubblico. E in questo quadro di obnubilamento della verità storica, non si dà manco peso alla gravissima circostanza che il bandito Ferreri fu ucciso o suicidato in una caserma dei carabinieri ad Alcamo mentre veniva torchiato con il sotterraneo intento di estorcere confessioni che potessero oscurare la figura del dottore Messana. Resta però integerrima la probità, la sagacia, la dedizione al dovere e l'abilità persecutrice del banditismo siciliano del dottore Messana. Noi abbiamo pubblicato quanto nel 1951 il fiero 'poliziotto di Stato' dottore Messana ebbe a deporre da teste e con giuramento nel processo del 1951. Il Casarrubea che dice di avere un archivio che spero non finanziato con soldi pubblici piùcompleto e più esaustivo degli archivi di Stato quel documento non ce l'ha? non l'ha visto? oppure pur conoscendolo l'ha voluto cassare per non compromettere il suo "scoop" giornalistico ed editoriale (ben tre libri penso ben remunerati da Bompiani)? Il Casarrubea sa benissimo che i tentavivi di coinvolgere giudiziariamente il Messana in processi più pretesuosi che fondati a nulla approdarono e nulla poté essere addebitato a questo rigoroso inflessibile sagace Uomo di PS. Si guardi ad esempio il misero tentativo del buon compagno onorevole Montalbano. E se è vero che il Casarrubbea dispone di archivi unici ed esaustivi quel processo che noi abbiamo pubblicato gli è sfuggito o ama driblare ciò che non gli conviene? Falso che il Messana chiuse quasi ignominiosamente la sua cariera in Sicilia. Fu invece autorità apicale sino al suo sessacinquesimo anno di età quando andò in pensione per raggiunti limiti di età e dopo restò legato al Viminale rispestato e ascoltato pur nel mutare dei governi dell'epoca. Austero e rigoroso non accettava omaggi dubbi, omise persino di agevolare la carriera del figlio che meritevolmente da medico-scienziato qual era esercitò la sua professione senza estranei appoggi. Il dottore Messana finì i suoi giorni dignitosamente ma non opulentemente in una casa INGC. Un esempio luminoso da imitare specie oggi, in tempi cioè che si dicono inquinati da illeciti arricchimenti da parte di uomini pubblici. Qui ci limitiamo a sottolineare questo infame passaggio di uno che pensa di fare lui la storia a suo modo sovvertendo persino sentenze passate da mezzo secolo in giudicato, e di fare revisioni di sentenze solo con pregiudizi, senza fondamento, privo di congrua documentazione, sulla base soltanto di pretestuosi e presuntuosi apodittici giudizi di valore. b) Sulle vicende di Riesi del 1919 il Casarrubea non ha alcuna documentazione a comprova della sua infamante accusa. Noi l'abbiamo e a suo tempo la esibiremo. Ci basta qui contrapporre questi contrappunti: falso che l'eccidio di Riesi sia imputabile al Messana. Se una folla inferocita o certi sediziosi delinquenti trucidarono l'ufficiale dell'esercito responsabile della mitragliatrice nel campanile della chiesa di Riesi non ragioni ma motivi li avranno avuti e se il Messana - da provare ancora che fosse lui lì presente - non bebbe torto neppure un capello questo è già indice della non responsabilità del giovane commissario di PS che non lì cominciò la sua carriera. Ed infatti nessuna responsabilità fu attribuita al giovane trentunenne commissario di PS; anzi l'evento che occorso quando Vittorio Emanuele Orlando era stato giubilitato ed era subentrato il Nitti della intesa con i socialisti e dell'apertura ai popolari venne indagato con rigore e al Messana non si contestò alcunché e così potè percorre una lusinghiera carriera nella PS sino al top per i suoi grandi meriti e la sua riconosciuta valentia al servizio dell'Ordine Pubblico, dello Stato di diritto insomma. Se non fosse stato per il Li Causi che solo per incidens e nella foga del suo contrattacco politico allo Scelba "strumentalizzò" quell'antico e incerto episodio, non ci sarebbe materia per imbastire una siffatta calunnnnia contro il dottore Messana, mai incolpato giudiziariamente di una tale"strage" tanto cara al Casarrubea.



Contra Omnia Racalmuto ...per mestiere spiego bene agli altri quello che per me non comprendo. Richiamo quanto segue per contrappormi nella doverosa salvaguardia del fulgido nome dell'Ispettore Generale di PS gr.uff. dottore Ettore Messana da Racalmuto. ------------------------ Trascrivo da un blog: Archivio Giuseppe Casarrubea senior (1899-1947) UN ARCHIVIO STORICO SULL’ITALIA E SULLA SICILIA DEL XX SECOLO Chi siamo? L’archivio sorge per dare seguito ad uno dei punti statutari dell’Associazione “Non solo Portella onlus” fondata nel 1998 con lo scopo di rappresentare i familiari delle vittime della strage di Portella della Ginestra (1° maggio 1947), e degli assalti contro le Camere del Lavoro del 22 giugno 1947. Aderiscono all’Associazione i familiari di altre stragi avvenute in Sicilia dal secondo dopoguerra in poi. L’archivio è dedicato al dirigente sindacale “Giuseppe Casarrubea” assassinato durante l’attacco terroristico contro la sezione del Pci di Partinico, un mese e 22 giorni dopo la strage di Portella della Ginestra. Il commando, stando ai giudici di Viterbo (1950-’52), era ispirato dal neofascista Salvatore Giuliano e da Pasquale ‘Pino’ Sciortino. Il processo contro i mandanti e gli esecutori di queste stragi ebbe a fondamento un depistaggio della polizia giudiziaria: il “Rapporto giudiziario” del 4 settembre 1947. Gli accusati furono sottoposti a interrogatori e confronti dibattimentali durati due anni. Alla fine i giudici conclusero assolvendo i mafiosi e parecchi imputati e negando l’esistenza di mandanti. Nell’attentato di giugno perse la vita anche Vincenzo Lo Iacono e si ebbero dieci feriti gravi, alcuni con menomazioni irreversibili come Leonardo Addamo e Giuseppe Salvia. In una stessa notte furono prese d’assalto le seguenti sedi di sinistra: la sezione comunista di Cinisi (attentato dinamitardo senza vittime), sezione del Pci di San Giuseppe Jato (un ferito e distruzione totale della sede), Camera del Lavoro di Borgetto (senza vittime), sezione socialista di Monreale (senza vittime), sezione del Pci di Carini (senza vittime). Gli attentati di giugno furono la “naturale” continuazione dell’azione di provocazione terroristica della strage del 1° maggio. Entrambe le stragi, processualmente unificate, ebbero gravi coperture da parte di alcuni settori delle forze dell’ordine dipendenti dall’Ispettore di Ps, Ettore Messana. Questi aveva cominciato la sua carriera ai tempi della strage di Riesi (1919) e l’aveva conclusa dopo Portella della Ginestra, avendo avuto all’interno del gruppo di fuoco che aveva sparato sulla folla dei manifestanti per la festa del 1° maggio, il proprio confidente Salvatore Ferreri, inteso Fra’ Diavolo. L’ispettore inoltre era stato nominato dal governo di Ivanoe Bonomi, a quell’alta carica, nonostante fosse ricercato dalla commissione delle Nazioni Unite nel 1945 per crimini di guerra compiuti in Slovenia, durante l’occupazione fascista (1941-1943: sul tema si possono consultare diversi post di questo stesso blog e una sequenza fotografica di eccezionale interesse). _______________________________________ Controdeduco: Fin qui abbiamo ripreso quanto il Casarrubea affastella in lode di una sua iniziativa che ci piacerebbe sapere quanto no-profit sia stata. La faccenda ci lasciava indifferente finchè il bloggista non ha osato infangare la figura dell'ispettore generale il gr.uff. dottore ETTORE MESSANA da Racalmuto. Ci agganciamo allo sproloquio di quest'ultimo squarcio sopra riportato per contestare le infondate, calunniose, infamanti affermazioni che vi si contengono: a) il dottore Ettore Messana, che si vuol sminuire persino nella qualifica del suo alto ufficio (era Ispettore Generale di PS) non "diede nessuna copertura alle 'stragi' di Portella della Ginistra o ad essa collegate o collegabili". ANZI!!! Il grande merito di quest'altissimo ed apicale dirigente di PS fu quello di avere sbaragliato il banditismo siciliano dell'epoca Giuliano. Ebbe sottoposti oltre 750 carabinieri e questo forse fu il guaio suo giacché è ben nota la ritrosia della Benemerita a sottostare agli ordini di un "civile". Nacquero dissapori, incomprensioni ed ostracismi che gli storici allla Casarrubea fingono di ignorare pur di costruire i loro sillogismi storici fregandosene della correttezza storica e del dovere di non infangare figure prestigiose di funzionari che sacrificano tanto pur di servire lo Stato, quello democratico che necessita di un rigoroso mantenimento dell'ordine pubblico. E in questo quadro di obnubilamento della verità storica, non si dà manco peso alla gravissima circostanza che il bandito Ferreri fu ucciso o suicidato in una caserma dei carabinieri ad Alcamo mentre veniva torchiato con il sotterraneo intento di estorcere confessioni che potessero oscurare la figura del dottore Messana. Resta però integerrima la probità, la sagacia, la dedizione al dovere e l'abilità persecutrice del banditismo siciliano del dottore Messana. Noi abbiamo pubblicato quanto nel 1951 il fiero 'poliziotto di Stato' dottore Messana ebbe a deporre da teste e con giuramento nel processo del 1951. Il Casarrubea che dice di avere un archivio che spero non finanziato con soldi pubblici piùcompleto e più esaustivo degli archivi di Stato quel documento non ce l'ha? non l'ha visto? oppure pur conoscendolo l'ha voluto cassare per non compromettere il suo "scoop" giornalistico ed editoriale (ben tre libri penso ben remunerati da Bompiani)? Il Casarrubea sa benissimo che i tentavivi di coinvolgere giudiziariamente il Messana in processi più pretesuosi che fondati a nulla approdarono e nulla poté essere addebitato a questo rigoroso inflessibile sagace Uomo di PS. Si guardi ad esempio il misero tentativo del buon compagno onorevole Montalbano. E se è vero che il Casarrubbea dispone di archivi unici ed esaustivi quel processo che noi abbiamo pubblicato gli è sfuggito o ama driblare ciò che non gli conviene? Falso che il Messana chiuse quasi ignominiosamente la sua cariera in Sicilia. Fu invece autorità apicale sino al suo sessacinquesimo anno di età quando andò in pensione per raggiunti limiti di età e dopo restò legato al Viminale rispestato e ascoltato pur nel mutare dei governi dell'epoca. Austero e rigoroso non accettava omaggi dubbi, omise persino di agevolare la carriera del figlio che meritevolmente da medico-scienziato qual era esercitò la sua professione senza estranei appoggi. Il dottore Messana finì i suoi giorni dignitosamente ma non opulentemente in una casa INGC. Un esempio luminoso da imitare specie oggi, in tempi cioè che si dicono inquinati da illeciti arricchimenti da parte di uomini pubblici. Qui ci limitiamo a sottolineare questo infame passaggio di uno che pensa di fare lui la storia a suo modo sovvertendo persino sentenze passate da mezzo secolo in giudicato, e di fare revisioni di sentenze solo con pregiudizi, senza fondamento, privo di congrua documentazione, sulla base soltanto di pretestuosi e presuntuosi apodittici giudizi di valore. b) Sulle vicende di Riesi del 1919 il Casarrubea non ha alcuna documentazione a comprova della sua infamante accusa. Noi l'abbiamo e a suo tempo la esibiremo. Ci basta qui contrapporre questi contrappunti: falso che l'eccidio di Riesi sia imputabile al Messana. Se una folla inferocita o certi sediziosi delinquenti trucidarono l'ufficiale dell'esercito responsabile della mitragliatrice nel campanile della chiesa di Riesi non ragioni ma motivi li avranno avuti e se il Messana - da provare ancora che fosse lui lì presente - non bebbe torto neppure un capello questo è già indice della non responsabilità del giovane commissario di PS che non lì cominciò la sua carriera. Ed infatti nessuna responsabilità fu attribuita al giovane trentunenne commissario di PS; anzi l'evento che occorso quando Vittorio Emanuele Orlando era stato giubilitato ed era subentrato il Nitti della intesa con i socialisti e dell'apertura ai popolari venne indagato con rigore e al Messana non si contestò alcunché e così potè percorre una lusinghiera carriera nella PS sino al top per i suoi grandi meriti e la sua riconosciuta valentia al servizio dell'Ordine Pubblico, dello Stato di diritto insomma. Se non fosse stato per il Li Causi che solo per incidens e nella foga del suo contrattacco politico allo Scelba "strumentalizzò" quell'antico e incerto episodio, non ci sarebbe materia per imbastire una siffatta calunnnnia contro il dottore Messana, mai incolpato giudiziariamente di una tale"strage" tanto cara al Casarrubea. C) Il fatto che titini spalleggiati da forze occupanti militari americane hanno incluso il nome del Questore della "provincia italiana" di Lubiana tra i "loro accusati" per fantomatici crimini di guerra può solo venire strumentalizzato da chi, pieno di spirito antitaliano, ha da costruire fattispecie caluniattrici del buon nome d'Italia e propiziarsi così facili guadagni. Quell'accusa titina finì nel cestino perché pretestuosa, calunnatrice. ricattatoria. Per altro abbiamo trovato documentazione che comprova che il questore Messnaa in quell'iniziale anno di gestione della inventata provincia italiana di Lubiana venne esautorato di fatto dall'esercito. La giornalista triestina che pur di affermarsi televisiamente rispolvera tristi vicende per adornarli di capi di accusa inconsistenti va solo commiserata. Volere trascinare nel fango un riverito e abile funzionario di Stato suona ignominia per chi pur paludandosi persino delle vesti sacre di storico e di storico obiettivo delle vicende di Sicilia trita tutto nel mortaio della sua sua scandalistica speculazione



Tempo fa raffazzonavo nel mio blog CONTRA OMNIA RACALMUTO l'acritica trascrizione di un blog di Casarrubea cui aggiungevo questa acidula nota: Lillo Taverna Mi dispiace: io sono uno spirito libero, assolutamente libero; non ho titoli, non sono storico; capisco solo dove c'è puzzo di imbroglio. Quindi do la patente del "coglione" a chi si è abbeverato nel mare di minchiate, assolutamente non documentate, di questo sedicente storico e archivista CASABURREA. Oggi quel post viene rivisitato. Per questo ne ho fatto il contrappunto di cui sopra. Naturalmente ho altro e ben altro per documentare che nulla di storico c'è nella sistematica e diffamatoria congerie di accuse alla fulgida figura dell'ISPETTORE GENERALE di PS gr.uff. dottore ETTORE MESSANA da RACALMUTO



27 giugno 16.14.18




https://fbcdn-profile-a.akamaihd.net/hprofile-ak-xaf1/v/t1.0-1/c24.24.297.297/s32x32/155272_1735246543996_3594997_n.jpg?oh=d8ddffa2a5498110cad503c9d54c79ce&oe=5447E922&__gda__=1414298984_50b51a7ebb2ecd1d35e170aadafc61f7




Questa è la risposta del direttore di Malgrado tutto:gentilissima signora ,solo adesso,mi creda,sto prendendo visione del suo messaggio.Raramente.infatti,consulto la pagina facebook del nostro giornale.Se il suo messaggio mi fossearrivato sull'indirizzo di postaelettronica del giornale,che consulto quotidianamente,avrei sicuramente evitato questo ritardo nel risponderle.Le dico subito che ,intanto publicheremo integralmente la sua lettera sul nostro giornale,riservandoci in un secondo momento,di ritornare sull'argomento,dopo un ulteriore approfondimentodell'intera vicenda.Con cordialitàe stima Egidio Terrana




https://fbcdn-profile-a.akamaihd.net/hprofile-ak-xaf1/v/t1.0-1/c24.24.297.297/s32x32/155272_1735246543996_3594997_n.jpg?oh=d8ddffa2a5498110cad503c9d54c79ce&oe=5447E922&__gda__=1414298984_50b51a7ebb2ecd1d35e170aadafc61f7




Ho risposto :La ringrazio e rimango in attesa di positivi sviluppi



bene. Marpionesca risposta di Egidio ma bene!!!



28 giugno 11.21.17



Il primo maggio del 1947 si consumò l'infame stage di Portella della Ginestra. L'abile poliziotto Messana con encomiabile destrezza scopre che era stato il bandito Giuliano e la sua banda a compiere quell'esecrabile eccidio. Ne dà ovviamente subito notizia al Ministro Scelba che ne informa il Parlamento. La notizia esce sulla stampa di Roma e Palermo. L'onorevole comunista, l'avvocato professore Giuseppe Montalbano a ciò si aggancia per una denuncia contro il Messana quale responsabile del reato di violazione del segreto d'ufficio. L'abile appiglio rivela l'imbarazzo del parlamentare comunista nel difendersi dalla più grave denuncia per calunnia che il Messana gli aveva sporto contro. La denuncia per calunnia si originava da un infamante articolo del Montalbano che si chiedeva sul n. 152 de la "voce di Sicilia": "Messana correo dei delitti di Fra Diavolo?" A ben vedere l'odierna campagna di stampa diffamatoria verso il gr.uff. Ettore Messana si aggancia a quel vecchio articolo del 1947 per le sue dissennate insinuazioni calunniose. Ma per ora limitiamoci ad alcuni stralci degli atti di quel francamente risibile processo presso il Tribunale Penale di Palermo del 1947 che abbiamo già integralmente pubblicato. E' lo stesso Montalbano che attenua il carattere accusatorio affermando: "è vero che le mie accuse contro il Messana sono poste in quell'artcolo sotto forma ipotetica..." Ma quello che implacabilmente emerge già dopo mesi da quella insinuazione è quanto il PM nel chiedere l'archiviazione argomenta il 2 ottobre del 1947 dissolvendo senza ombra di dubbio ogni sia pure labile sospetto sulla figura del grande ispettore. " Va appena rilevato - vi si afferma - che non può farsi luogo a procedimento per calunnia contro il Montalbano, autore dell'articolo, non avendo egli presentato a carico del dr. Messana alcuna denunzia all'Autorità giudiziaria o ad altra Autorità designata dalla legge circa la pretesa - quanto mai assurda - di costui correità nei delitti commessi dal bandito Ferreri". L'adamantino comportamento del nostro grande compaesano ha quindi il suggello del Procuratore della Repubblica Barone come si può riscontrare nello stralcio processuale che qui sotto pubblichiamo. Signor Casarrubea e accoliti della carta stampata vari quale dato, documento, conoscenza, competenza avete voi per potere ora dopo sessant'anni mettere in dubbio la certezza del Tribunale penale di allora che apoditticamente sancisce che l'Ispettore Generale di PS, gr. uff, Dottore Ettore Messana è un alto ufficiale di polizia non lambito da alcun sospetto circa "i delitti commessi dal bandito Ferreri" essendo solo pretesa ASSURDA quella del compagno comunista Montalbano (allora perché dopo travagliata fu la militanza politica di quest'uomo di Santa Margherita Belice). Se dite di possedere archivi, non avete dato peso a siffatti documenti priocessuali? Ma così non si fa storia, solo prodromica calunnia. PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI PALERMO IL P. M. osserva che con denunzia del 25 giugno 1947, indirizzata al Procuratore Generale di Palermo, ripetuta il 30 stesso mese, l’on. prof. avv. Montalbano Giuseppe, deputato alla Costituente, lamentava che il «Risorgimento Liberale», quotidiano di Roma, ed «Il Mattino di Sicilia», quotidiano di Palermo, alcuni giorni prima avevano pubblicato la notizia che egli, citato dall’Autorità Giudiziaria come teste nel processo Miraglia, per due volte non si era presentato «perché cercava di sottrarsi dal deporre per paura di essere messo a confronto con un Ufficiale di Polizia Giudiziale». Nella persuasione che tale notizia fosse stata rivelata dal dr. Messana Ettore, Ispettore Generale di PS. per la Sicilia, denunziava costui quale responsabile del reato di rivelazione di segreto di ufficio, previsto e punito dall’art. 326 C.P. Lamentava altresì che il «Giornale di Sicilia» del 22 giugno u.s., aveva pubblicato notizie molto delicate e riservatissime in merito alle indagini in corso sul selvaggio eccidio di Portella della Ginestra, riportando il tenore delle deposizioni rese nella fase istruttoria, non ancora chiusa, dai testi Riolo, Sirchia, Fusco e Cuccia, e che lo stesso giornale, del successivo giorno 25, precisava che le notizie pubblicate nel numero del 22 giugno erano state desunte da «atti ufficiali riferentisi all’inchiesta in corso». Ravvisava in tali pubblicazioni la prova che funzionari addetti alle indagini avessero rivelato segreti d’ufficio e denunziava gli ignoti informatori da ricercarsi presumibilmente [presso] l’Ispettorato Generale di P. S., diretto dal dr. Messana. D’altro lato quest’ultimo, venuto a conoscenza della denunzia sporta a suo carico, indirizzava, in data 16 luglio u.s., a questa Procura un esposto col quale chiedeva il procedimento d’ufficio per calunnia contro il prof. Montalbano, anche in relazione ad un articolo pubblicato nel n. 152 de «La Voce della Sicilia» del 1° luglio, a firma del Montalbano, nel quale egli viene fatto apparire come correo dei numerosi delitti consumati dal bandito Ferreri inteso Fra’ Diavolo, ucciso poi in conflitto in territorio di Alcamo. Ciò posto, va subito rilevato che la doglianza del prof. Montalbano per la notizia pubblicata dal «Risorgimento Liberale» e dal «Mattino di Sicilia» è pienamente fondata per quanto ottiene l’offesa recata alla sua personalità morale, essendo chiaro che l’autore dell’articolo scrivendo ch’egli, sebbene due volte citato dal magistrato istruttore, non si era presentato a deporre come teste «per paura di essere messo a confronto con un funzionario di polizia» si proponeva di presentare il Montalbano sotto una luce poco onorevole al pubblico dei lettori: è risultato, invece, dalla esauriente istruttoria compiuta da quest’Ufficio che il prof. Montalbano si presentò regolarmente tutte e due le volte alla Sezione istruttoria e che per la mancata presenza del giudice non fu messo in grado – sia la prima che la seconda volta – di rendere la sua deposizione. Intanto il magistrato inquirente dispose la nuova citazione del prof. Montalbano per il giorno 25 luglio e, nell’eventualità di dovere eseguire un confronto tra lui ed il dr. Messana, telefonò a quest’ultimo invitandolo a tenersi per quel giorno a sua disposizione nel proprio ufficio onde assicurarsene, occorrendo, la comparizione. Tosto che il prof. Montalbano poté rendere la sua dichiarazione, il giudice non ritenne di far luogo al confronto ed il dr. Messana fu sciolto dall’obbligo di tenersi a disposizione. Or poiché la notizia del predisposto confronto era nota soltanto al magistrato ed al dr. Messana, è sembrato logico al prof. Montalbano ritenere che il Messana ne avesse informato i giornali, rivelando così un segreto d’ufficio. Nel fatto lamentato non riscontra però il requirente gli estremi del reato p. ep. dall’art. 326 C. P. e ciò a prescindere da qualsiasi esame di merito sulla consistenza dell’addebito. Perché la citazione non è un atto interno del processo, non è, cioè, un atto segreto posseduto e custodito dal pubblico ufficiale: bensì è un atto esterno del processo, la cui funzione si esaurisce all’esterno, concretantesi nella chiamata del giudice, pel tramite dell’ufficiale giudiziario. Le notizie d’ufficio sono quelle che debbono rimanere segrete, come le dichiarazioni testimoniali, i verbali di confronto, gli atti generici ecc. Sicché la loro rivelazione da parte del pubblico ufficiale si risolve in una violazione dei doveri inerenti alla sua funzione. Come non costituisce segreto d’ufficio la citazione, a maggior ragione non può costituire segreto d’ufficio un semplice avvertimento fatto per telefono a persona ancora da citare pel caso di un eventuale confronto. Il reato di violazione di segreti d’ufficio è, invece, manifestamente configurabile nei due articoli pubblicati sul Giornale di Sicilia, rispettivamente sotto il titolo «Colpo di scena: a Portella della Ginestra ha sparato Giuliano» e «Soppresso a Portella della Ginestra perché testimone della strage», perché in entrambi gli articoli appaiono palesati fatti e circostanze che non potevano essere di dominio pubblico, e, quindi, oggetto di cronaca, siccome acquisite dall’Autorità giudiziaria e dalla Polizia giudiziaria durante le indagini tuttora in corso. Per di più lo stesso giornale nel n. 149 del 25 giugno 1947, riportava un articolo in cui si ribadiva che le notizie precedentemente pubblicate erano state desunte da atti ufficiali e da conclusioni ufficiali di una inchiesta accertante la responsabilità del bandito Giuliano. Nulla, tuttavia, autorizza a ritenere che il dr. Messana abbia dato ai giornali le informazioni in discorso. Ben vero il prof. Montalbano ha manifestato il convincimento che tali notizie fossero state propalate dall’Ispettore Generale di PS. nella considerazione che ancora prima che le indagini avessero preso una consistenza qualsiasi, il Messana si era affrettato a comunicare al Ministro dell’Interno che autore della strage era stato Giuliano con la sua banda, per cui avvenne che il Ministro ne informò l’Assemblea Costituente: da qui l’interesse del Messana di dimostrare al pubblico che egli non si era sbagliato. È evidente la buona fede dell’on.le Montalbano nella incolpazione fatta al Messana, ma, alla stregua delle risultanze istruttorie, l’addebito deve dirsi del tutto infondato. Parrebbe, infatti, accertato che i redattori degli articoli incriminati trassero le notizie, in discorso, da indagini direttamente fatte dai cronisti dei giornali, che abilmente seguivano quelle che si svolgevano nell’ambito della polizia giudiziaria e dell’Autorità giudiziaria (ff. 19 - 22 - 23 - 26, testi Pirri, Melati, Petrucci, Seminara, e Marino), ma anche se ciò non fosse vero, nessuna prova sussiste, atta a far ritenere che fosse stato proprio il Messana a rivelare le risultanze delle indagini ufficiali, specie se si consideri che i motivi posti a base dell’incolpazione contro il Messana valgono anche per tutti i funzionari e gli agenti dell’Ispettorato di PS. che collaborarono col loro Capo nelle operazioni di polizia, sicché per tutti poteva essere di soddisfazione far sapere che l’Ispettorato non aveva sbagliato nell’individuazione dei responsabili dell’efferato delitto. Non sono altresì da escludere altre ipotesi circa la fonte alla quale le notizie poterono essere attinte. Stando così le cose non si vede perché si debbano inseguire delle ombre, quando si ha la prova di un’attività giornalistica, abilmente, ma anche imprudentemente manovrata ai margini di uffici giudiziarii e di polizia. Il che non è reato. Non essendo penalmente punibili pel titolo di violazione di segreti di ufficio i fatti lamentati dal prof. Montalbano, discende la conseguenza logica e giuridica che non possono riscontrarsi gli estremi della calunnia nella incolpazione di fatti non costituenti reato. Parimenti non incriminabile pel titolo di calunnia è l’articolo pubblicato nel n. 152 de «La voce di Sicilia» sotto il titolo «Messana correo dei delitti di Fra-diavolo?». Il contenuto dell’articolo è diffamatorio, ma di ciò non si è doluto il dr. Messana, mancando in atti la prescritta querela. Va appena rilevato che non può farsi luogo a procedimento per calunnia contro il Montalbano, autore dell’articolo, non avendo egli presentato a carico del dr. Messana alcuna denunzia all’Autorità giudiziaria o ad altra Autorità designata dalla legge circa la pretesa – quanto mai assurda – di costui correità nei delitti commessi dal bandito Ferreri. La pubblicità col mezzo della stampa di una falsa incolpazione di reato, fatta sia pure con l’intento di provocare un procedimento penale di ufficio, non ha nulla di comune con la denunzia che la legge richiede per la sussistenza della calunnia. Per l’anzidetto essendo il caso di provvedere ai sensi dell’art. 74 C. P. P. e succ. mod. CHIEDE Che il Giudice Istruttore voglia ordinare la archiviazione degli atti. Palermo 2.10.1947. Il Procuratore della Repubblica. Barone. PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI PALERMO IL P. M. osserva che con denunzia del 25 giugno 1947, indirizzata al Procuratore Generale di Palermo, ripetuta il 30 stesso mese, l’on. prof. avv. Montalbano Giuseppe, deputato alla Costituente, lamentava che il «Risorgimento Liberale», quotidiano di Roma, ed «Il Mattino di Sicilia», quotidiano di Palermo, alcuni giorni prima avevano pubblicato la notizia che egli, citato dall’Autorità Giudiziaria come teste nel processo Miraglia, per due volte non si era presentato «perché cercava di sottrarsi dal deporre per paura di essere messo a confronto con un Ufficiale di Polizia Giudiziale». Nella persuasione che tale notizia fosse stata rivelata dal dr. Messana Ettore, Ispettore Generale di PS. per la Sicilia, denunziava costui quale responsabile del reato di rivelazione di segreto di ufficio, previsto e punito dall’art. 326 C.P. Lamentava altresì che il «Giornale di Sicilia» del 22 giugno u.s., aveva pubblicato notizie molto delicate e riservatissime in merito alle indagini in corso sul selvaggio eccidio di Portella della Ginestra, riportando il tenore delle deposizioni rese nella fase istruttoria, non ancora chiusa, dai testi Riolo, Sirchia, Fusco e Cuccia, e che lo stesso giornale, del successivo giorno 25, precisava che le notizie pubblicate nel numero del 22 giugno erano state desunte da «atti ufficiali riferentisi all’inchiesta in corso». Ravvisava in tali pubblicazioni la prova che funzionari addetti alle indagini avessero rivelato segreti d’ufficio e denunziava gli ignoti informatori da ricercarsi presumibilmente [presso] l’Ispettorato Generale di P. S., diretto dal dr. Messana. D’altro lato quest’ultimo, venuto a conoscenza della denunzia sporta a suo carico, indirizzava, in data 16 luglio u.s., a questa Procura un esposto col quale chiedeva il procedimento d’ufficio per calunnia contro il prof. Montalbano, anche in relazione ad un articolo pubblicato nel n. 152 de «La Voce della Sicilia» del 1° luglio, a firma del Montalbano, nel quale egli viene fatto apparire come correo dei numerosi delitti consumati dal bandito Ferreri inteso Fra’ Diavolo, ucciso poi in conflitto in territorio di Alcamo. Ciò posto, va subito rilevato che la doglianza del prof. Montalbano per la notizia pubblicata dal «Risorgimento Liberale» e dal «Mattino di Sicilia» è pienamente fondata per quanto ottiene l’offesa recata alla sua personalità morale, essendo chiaro che l’autore dell’articolo scrivendo ch’egli, sebbene due volte citato dal magistrato istruttore, non si era presentato a deporre come teste «per paura di essere messo a confronto con un funzionario di polizia» si proponeva di presentare il Montalbano sotto una luce poco onorevole al pubblico dei lettori: è risultato, invece, dalla esauriente istruttoria compiuta da quest’Ufficio che il prof. Montalbano si presentò regolarmente tutte e due le volte alla Sezione istruttoria e che per la mancata presenza del giudice non fu messo in grado – sia la prima che la seconda volta – di rendere la sua deposizione. Intanto il magistrato inquirente dispose la nuova citazione del prof. Montalbano per il giorno 25 luglio e, nell’eventualità di dovere eseguire un confronto tra lui ed il dr. Messana, telefonò a quest’ultimo invitandolo a tenersi per quel giorno a sua disposizione nel proprio ufficio onde assicurarsene, occorrendo, la comparizione. Tosto che il prof. Montalbano poté rendere la sua dichiarazione, il giudice non ritenne di far luogo al confronto ed il dr. Messana fu sciolto dall’obbligo di tenersi a disposizione. Or poiché la notizia del predisposto confronto era nota soltanto al magistrato ed al dr. Messana, è sembrato logico al prof. Montalbano ritenere che il Messana ne avesse informato i giornali, rivelando così un segreto d’ufficio. Nel fatto lamentato non riscontra però il requirente gli estremi del reato p. ep. dall’art. 326 C. P. e ciò a prescindere da qualsiasi esame di merito sulla consistenza dell’addebito. Perché la citazione non è un atto interno del processo, non è, cioè, un atto segreto posseduto e custodito dal pubblico ufficiale: bensì è un atto esterno del processo, la cui funzione si esaurisce all’esterno, concretantesi nella chiamata del giudice, pel tramite dell’ufficiale giudiziario. Le notizie d’ufficio sono quelle che debbono rimanere segrete, come le dichiarazioni testimoniali, i verbali di confronto, gli atti generici ecc. Sicché la loro rivelazione da parte del pubblico ufficiale si risolve in una violazione dei doveri inerenti alla sua funzione. Come non costituisce segreto d’ufficio la citazione, a maggior ragione non può costituire segreto d’ufficio un semplice avvertimento fatto per telefono a persona ancora da citare pel caso di un eventuale confronto. Il reato di violazione di segreti d’ufficio è, invece, manifestamente configurabile nei due articoli pubblicati sul Giornale di Sicilia, rispettivamente sotto il titolo «Colpo di scena: a Portella della Ginestra ha sparato Giuliano» e «Soppresso a Portella della Ginestra perché testimone della strage», perché in entrambi gli articoli appaiono palesati fatti e circostanze che non potevano essere di dominio pubblico, e, quindi, oggetto di cronaca, siccome acquisite dall’Autorità giudiziaria e dalla Polizia giudiziaria durante le indagini tuttora in corso. Per di più lo stesso giornale nel n. 149 del 25 giugno 1947, riportava un articolo in cui si ribadiva che le notizie precedentemente pubblicate erano state desunte da atti ufficiali e da conclusioni ufficiali di una inchiesta accertante la responsabilità del bandito Giuliano. Nulla, tuttavia, autorizza a ritenere che il dr. Messana abbia dato ai giornali le informazioni in discorso. Ben vero il prof. Montalbano ha manifestato il convincimento che tali notizie fossero state propalate dall’Ispettore Generale di PS. nella considerazione che ancora prima che le indagini avessero preso una consistenza qualsiasi, il Messana si era affrettato a comunicare al Ministro dell’Interno che autore della strage era stato Giuliano con la sua banda, per cui avvenne che il Ministro ne informò l’Assemblea Costituente: da qui l’interesse del Messana di dimostrare al pubblico che egli non si era sbagliato. È evidente la buona fede dell’on.le Montalbano nella incolpazione fatta al Messana, ma, alla stregua delle risultanze istruttorie, l’addebito deve dirsi del tutto infondato. Parrebbe, infatti, accertato che i redattori degli articoli incriminati trassero le notizie, in discorso, da indagini direttamente fatte dai cronisti dei giornali, che abilmente seguivano quelle che si svolgevano nell’ambito della polizia giudiziaria e dell’Autorità giudiziaria (ff. 19 - 22 - 23 - 26, testi Pirri, Melati, Petrucci, Seminara, e Marino), ma anche se ciò non fosse vero, nessuna prova sussiste, atta a far ritenere che fosse stato proprio il Messana a rivelare le risultanze delle indagini ufficiali, specie se si consideri che i motivi posti a base dell’incolpazione contro il Messana valgono anche per tutti i funzionari e gli agenti dell’Ispettorato di PS. che collaborarono col loro Capo nelle operazioni di polizia, sicché per tutti poteva essere di soddisfazione far sapere che l’Ispettorato non aveva sbagliato nell’individuazione dei responsabili dell’efferato delitto. Non sono altresì da escludere altre ipotesi circa la fonte alla quale le notizie poterono essere attinte. Stando così le cose non si vede perché si debbano inseguire delle ombre, quando si ha la prova di un’attività giornalistica, abilmente, ma anche imprudentemente manovrata ai margini di uffici giudiziarii e di polizia. Il che non è reato. Non essendo penalmente punibili pel titolo di violazione di segreti di ufficio i fatti lamentati dal prof. Montalbano, discende la conseguenza logica e giuridica che non possono riscontrarsi gli estremi della calunnia nella incolpazione di fatti non costituenti reato. Parimenti non incriminabile pel titolo di calunnia è l’articolo pubblicato nel n. 152 de «La voce di Sicilia» sotto il titolo «Messana correo dei delitti di Fra-diavolo?». Il contenuto dell’articolo è diffamatorio, ma di ciò non si è doluto il dr. Messana, mancando in atti la prescritta querela. Va appena rilevato che non può farsi luogo a procedimento per calunnia contro il Montalbano, autore dell’articolo, non avendo egli presentato a carico del dr. Messana alcuna denunzia all’Autorità giudiziaria o ad altra Autorità designata dalla legge circa la pretesa – quanto mai assurda – di costui correità nei delitti commessi dal bandito Ferreri. La pubblicità col mezzo della stampa di una falsa incolpazione di reato, fatta sia pure con l’intento di provocare un procedimento penale di ufficio, non ha nulla di comune con la denunzia che la legge richiede per la sussistenza della calunnia. Per l’anzidetto essendo il caso di provvedere ai sensi dell’art. 74 C. P. P. e succ. mod. CHIEDE Che il Giudice Istruttore voglia ordinare la archiviazione degli atti. Palermo 2.10.1947. Il Procuratore della Repubblica. Barone.



28 giugno 17.39.34



Mi passano questo film ... non l'ho voluto manco guardare. Te lo rigiro solo per tuo uso (o non uso) e consumohttp://www.youtube.com/watch?v=lAmx2ns17ww&feature=share




 






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28 giugno 21.33.17



Carissimo Gigi, il sei giugno scorso ebbi a scrivere alla giornalista Claudia Cernigoi quanto sotto: finora non mi risultano risposte di sorta. Ho cointerassato altri giornalisti siciliani coinvolti nella denigrazione calunniosa del Messana. A me non risulta alcun seguito. Naturalmente dopo il 6 giugno il mio archivio personale si è arricchio con altri documenti e riscontri vari, ragion per cui conviene a lor signori il silenzio. Non si fa storia con i sentiti dire e con il rinvio ricettizio reciproco. Credimi, nessuno può smentire quanto cestosinamente ho ricostruito avvalendomi anche della mia specialistica abilità ispettiva. Provare per credere. Il direttore di Malgrado Tutto, che si dichiara autore di quanto la signora Messana chiama scivolata giornalistica, si renda conto che insomma non sarò giornalista, non sono scrittore né tampoco storico, ma come indagatore delle verità nascoste (bancarie fiscali comunitarie o storiche che siano), non sono da sottovalutare come mi è sembrato nell'incauta risposta che ha dato allaSignora Messana. Claudia Cernigoi 6 giugno 18:17 lei dovrebbe essere l'autrice di foglietti infamanti il dottore Ettore Messana già ispettore generale di pubblica sicurezza. In contatto con la nipote di tanto grande personaggio della storia di Italia ho fatto e continuo a fare ricerche che la smentiscono in pieno Non so se reputa di procedere ad una sorta di resipiscenza operosa. Sappia che la signora Giovanna Messana non è persona da oppiare. Certo non ha avuto tempo per inseguire e perseguire codesti sedicenti storici fabbricanti di calunnie nei confronti del suo grande avo. Ma ora ha deciso. 13 giugno 17:32 Giornata afosissima e davvero torrida qui a Roma. Arrivo proprio adesso dall'Archivio Centrale dello Stato. Ho consultato buste di polverose carte da fare venire la TBC. Ho fatto fare 40 fotocopie che mi sono costate 18 euro per diritti di urgenza. Sono euforico. Sono relazioni originali del nostro grandissimo concittadino, cugino del celeberrimo don Luigi Messana, l'ispettore generale di PS Ettore Messana. Mi dispiace per il Link Sicilia: ha scritto minchiate sul nostro questore. Non rettificherà? E altrettanto dico a Malgrado Tutto, che finge di non leggere quello che scrivo. E che dire al sordo Giuseppe Casarrubea? Mi glissa. Glisserà la nipote Giovanna del questore che è proprio infuriata per le mascalzonate INFAMANTI DEL TUTTO INFONDATE? e che dirà il Vespa che sul suo PORTA A PORTA ha ricicciato vomitevoli e false calunnie storiche sul questore Messana. Proprio lui? Sicuramente male informato. Riparerà con una controtrasmissione?. Alla giornalista triestina non so che dire, come a quel paio di corrispondenti del Giornale di Sicila. All'ANPI d Palermo ho paura di mandare i miei strali. In fin dei conti da vetero comunista non posso buttarmi contro la mia stessa chiesa rossa. Solo che io ho due motti che mi sibilano dentro PLATO AMICUS sed MAGIS VERITAS e l'altro appreso da quei miei padri della chiesa quali Pajetta e C. La verità è sempre rivoluzionaria.



29 giugno 0.06.26



Non ringrazio Malgrado Tutto di quanto segnalatomi. Che smentita è mai codesta? Le minchiate della signorina Cernigoi le ho smantellate tutte e ancor più farò quando commenterò l'altra documentazione in mio possesso. Quanto alla faccenda Lubiana rimando a quanto già scritto sulla base della documentazione richiamata dallo storico di fama mondiale Sala. Sul resto, la Cernigoi si appoggia incautamente su Casarrubea. Anche Gigi stasera sembrava convinto che la storia di Riesi e quella della coerreità con fra Diavolo sono "cazzate". Mi domando a questo punto Malgrado Tutto con chi sta? Con la Cernigoni e Casarrubea o con la verità che credo di avere rispolverata sul gr.uff. Ettore Messana? La pervicacia della signorina Cernigoni la sottoporrò alla valutazione della nipote del Messana per le sue eventuali azioni giudiziarie.



29 giugno 8.38.43









Ancora una volta apprezzo la tua "forza"in questa battaglia ,io seguirò ,con la massima fiducia, i tuoi suggerimanti .Oggi sono ospite di mia cognata, appena mi sarà possibile ti chiamerò A presto



30 giugno 22.32.47



SUPERIOR STABAT LUPUS INFERIOR AGNUS: CERNIGOI ED ETTORE MESSANA Malgrado Tutto, in via riservata, ha voglia di farmi sapere che la signorina Cernigoi non è vero che non mi aveva risposto: mi aveva anzi replicato e in malo modo. Ora qualcuna ha voglia di farmi sapere che la poverina è stata vittima di chissà quale aggressione mafiosa. Comincio a temere per me. Porto il tasco torto, infilzo la Cernigoi e il suo pigmalione siciliano Casarrubea. Per me sono artefici di una indegna campagna di stampa infondatamente calunniosa contro il Gr. Uff. dottore Ettore Messana, ispettore generale di PS, da Racalmuto. morto da oltre sessant'anni e quindi assolutamente non in grado di difendersi. Una concertazione cche reputo indecorosa. Un esempio: nel celebre processo di Viterbo il Messana, fiero, integro, rispettabile e ripettato, depone come teste e incisivamente, documentatissimo, ripercorre tutta la sua vicenda diciamo della sua meritevole lotta al banditismo siciliano capeggiato dal celeberrimo bandito Giuliano. Nessun'ombra, nessun sospetto macchia questa fulgida figura cui si inchina il Tribunale. Quella deposizione noi l'abbiamo pubblicata nei giorni scorsi: sono atti pubblici consultabili stando persino seduti dietro un comodo computer. Noi la ripubblichiamo qui. Ed invece no! La signorina Cernigoi devia, si lancia in giudizi di valore gravemente lesivi dell'onore di questo grande servitore dello Stato di diritto e sciorina una serie di valutazioni contro "l’ex funzionario dell’OVRA a Zagabria, Ciro Verdiani". Noi non sappiamo chi sia questo alto funzionario dello Stato Ciro Verdiani; pensiamo che venga qui anche lui calunniato, ma non ne sappiamo nulla. Sappiamo solo che è perverso diffamare Ettore Messana quasi fosse corresponsabile dell'operato del Verdiani sol perché ne era stato una diecina di anni prima - ma è poi vero? - 'dipendente' . A noi ad esempio questo non risulta ma anche se vero mi richiama la Cernigoni la favola di Fedro superior stabat lupus ....._- sei mesi fa mi hai lordato l'acqua. - ma se non ero manco nato - e allora è stato tuo padre. La figura di Messana è scolpita nel testo della sua deposizione al processo Viterbo. Controllate. La Cernigoi se ne fotte ed ecco come dileggia il Messana. Può avere tutta la solidarietà del congrega della carta stampata e di Casarrubea, ma l'indegna denigrazione risulta qui inoppugnabile. ----------------------------------- Malgrado Tutto: Le riportiamo, per sua informazione, la replica di Claudia Cernigoi.APPUNTI SU ETTORE MESSANA. Claudia Cernigoi: Ho ricevuto negli ultimi tempi alcuni messaggi da tale Lillo Taverna, che mi "accusa" di "essere l'autrice di foglietti infamanti il dottore Ettore Messana", del quale Taverna starebbe ricostruendo una biografia. In effetti ho avuto modo di scrivere alcune note su questa persona, denunciata come criminale di guerra alle Nazioni unite, basandomi su documenti ufficiali dei quali ho indicato anche la collocazione archivistica. Pertanto ritengo opportuno rinfrescare la memoria su questa persona. [omissis] A fronte di tutto ciò ci si aspetterebbe che Messana sia stato, se non condannato per quanto commesso sotto il fascismo, quantomeno "epurato" dalla Pubblica Sicurezza. Invece lo ritroviamo nell’immediato dopoguerra nella natia Sicilia, a dirigere, alle dipendenze dell’ex funzionario dell’OVRA a Zagabria, Ciro Verdiani, un "Ispettorato generale di PS per la Sicilia", un "organo creato per la repressione della delinquenza associata, e specificamente per la repressione del banditismo che faceva capo a Giuliano (il "bandito" Salvatore Giuliano, n.d.a.)" (questa definizione è tratta dalla sentenza di Viterbo, emessa il 3 maggio 1952 dalla Corte d’assise di Viterbo, presieduta dal magistrato Gracco D’Agostino, in merito alla strage di Portella della Ginestra del 1/5/47). Per sapere come i due alti funzionari di PS svolsero il compito loro affidatogli, leggiamo alcuni stralci dalla sentenza emessa in merito alla strage di Portella della Ginestra, dove gli uomini di Giuliano spararono sulla folla che si era radunata per festeggiare il Primo maggio, uccidendo undici persone tra cui donne e bambini e ferendone molte altre. "L’Ispettore Verdiani non esitò ad avere rapporti con il capo della mafia di Monreale, Ignazio Miceli, ed anche con lo stesso Giuliano, con cui si incontrò nella casetta campestre di un sospetto appartenente alla mafia, Giuseppe Marotta in territorio di Castelvetrano ed alla presenza di Gaspare Pisciotta, nonché dei mafiosi Miceli, zio e nipote, quest’ultimo cognato dell’imputato Remo Corrao, e dal mafioso Albano. E quel convegno si concluse con la raccomandazione fatta al capo della banda ed al luogotenente di essere dei bravi e buoni figlioli, perché egli si sarebbe adoperato presso il Procuratore Generale di Palermo, che era Pili Emanuele, onde Maria Lombardo madre del capo bandito, fosse ammessa alla libertà provvisoria. E l’attività dell’ispettore Verdiani non cessò più; poiché qualche giorno prima che Giuliano fosse soppresso, attraverso il mafioso Marotta pervenne o doveva a Giuliano pervenire una lettera con cui lo si metteva in guardia, facendogli intendere che Gaspare Pisciotta era entrato nell’orbita del Colonnello Luca (si tratta dell’ex generale dei Carabinieri Ugo Luca, che tra il 1949 e il 1950 coordinò l’uccisione di Giuliano in Sicilia", già "uomo di fiducia personale di Mussolini", come scrive Giuseppe Casarrubea in "Storia segreta della Sicilia", Bompiani 2005) ed operava con costui contro Giuliano".     ------------------------- Quanto alle altre infamie ribadite dalla giornalista triestina, filoslava, non certo affetta da fervido patriottismo verso questa nostra patria Italia, ho già proceduto a sbriciolarla e ancora meglio farò quanto pubblicherò gli altri risultati delle mie ricerche archivistiche. Qui accenno alla mia corrispondenza con Malgrado Tutto.         Non ringrazio Malgrado Tutto di quanto segnalatomi. Che smentita è mai codesta? Le minchiate della signorina Cernigoi le ho smantellate tutte e ancor più farò quando commenterò l'altra documentazione in mio possesso. Quanto alla faccenda Lubiana rimando a quanto già scritto sulla base della documentazione richiamata dallo storico di fama mondiale Sala. Sul resto, la Cernigoi si appoggia incautamente su Casarrubea. Anche Gigi stasera sembrava convinto che la storia di Riesi e quella della coerreità con fra Diavolo sono "cazzate". Mi domando a questo punto Malgrado Tutto con chi sta? Con la Cernigoni e Casarrubea o con la verità che credo di avere rispolverata sul gr.uff. Ettore Messana? La pervicacia della signorina Cernigoni la sottoporrò alla valutazione della nipote del Messana per le sue eventuali azioni giudiziarie.             Malgrado Tutto: Le abbiamo girato quanto sopra solo per sua informazione, non deve ringraziare nessuno. Cordiali saluti             Dottore Calogero Taverna, ottuagenario: Bene, meglio così. Ma il problerma resta: obiettivamente Malgradotutto ha diffamato Messana: Poco importa se si è limitato a riportare un testo altrui. Non devo insegnare niente a nessuno. Sia chiaro la diplomatica lettera della signora Giovanna l'ho stilata io. L'ho fatto per farvi prendere le debite iniziative riparatrici. Vi sono amico e spero che non persistiate in questo atteggiamento quasi di scaricabarile. Comunque, la faccenda mi riguarda molto relativamente e così riparo alla mia precedente sparata, vi ringrazio e spero nella vostra stima. Cordialità.           Domenica 09:11   Quando leggeremo quello che leggeremo non avremo dubbi nel ritenere codesto questurino a nome Feliciano Ricciardelli un malevolo meschinello detrattore, in anonimato, del grande Ettore Messana che dovrebbe essere stato suo superiore e che certamente non ebbe ad apprezzarlo. Al suo paese irpino si fu di manica larga: gli si dedicò una via e si cercò di santificarlo. Riportiamo giù locandine manifesti e dicerie elogiative ma non c'era molto da addurre a lode omaggiante. Si disse "uomo giusto". Un epiteto alquanto singolare per uno che di mestiere aveva fatto il poliziotto di un reparto politico decisamente fascista. E redigeva rapporti infamanti di sospetti e dispetti a base di "corre voce", "si dice", "non poteva non sapere", " era suo subordinato il vero malfattore (se poi tale era)" "lo spalleggiava" "forse ne fu compare" e niente più. Ma proprio niente di più sul suo grande superiore l'Ispettore generale della PS il Gr.Uff. Dottore Ettore Messana. E quando le scrive queste cose, quando ancora modesto funzionarietto di questura, relegato ad una insignificante periferia, nell'ottobre del 1945, crede che è giunto il momento di togliersi un sassolino dalla scarpa contro l'invidiato suo ex Superiore che invece di carriera ne ha già fatta e con onore e per la stima di un superbo uomo di Stato, nientemeno l'on. Alcide De Gasperi. E quel insignificante rapportino finisce obliato e trascurato in mano non autorevole e ci vuole tutta la malafede di rampanti speculatori dell'antitalianità per riesumarlo e farne fonte di autorevolissima fede quando scricchiola da tutte le parti. E ciò è tanto vero che Roma repubblicana e democratica e indubitabilmente antifascista non vi diede peso alcuno. Del resto non ne aveva: non un fatto, non una prova, non una certezza. Solo pettegolezzi astiosi di bassa caserma poliziesca. lunedì 12 settembre 2011 Ricciardelli, l'amico e collega di Palatucci che finì a Dachau   Ma ecco cosa scriveva ancora il Ricciardelli: "Fra le insistenti voci che allora circolavano vi era anche quella che egli ordinava arresti di persone facoltose, contro cui venivano mossi addebiti infondati al solo scopo di conseguire profitti personali. Difatti si diceva che tali detenuti venivano poi avvicinati in carcere da un poliziotto sloveno, compare del Messana, che promettevaloro la liberazione mediante il pagamento di ingenti importi di denaro. Inoltre gli si faceva carico che a Lubiana si era dedicato al commercio in pellami, da cui aveva ricavato lauti profitti. Durante la sua permanenza a Trieste, per la creazione in questa città del famigerato e tristemente noto ispettorato speciale di polizia diretto dal comm. Giuseppe Gueli, amico del Messana, costui non riuscì ad affettuare operazionidi polizia politica degne di particolare rilievo. Ma anche qui come a Lubiana, egli si volle distinguere per la mancanza assoluta di ogni senso di umanità e di giustizia che dimostrò chiaramente nella trattazione di pratiche relative a perseguitati politici, responsabili di attività antifascista molto limitata. In proposito, si ritiene opportuno segnalare un episodio che dimostra la sua malvagità d’animo: In una notte del gennaio 1943 senza alcun addebito specifico ed all’insaputa dello stesso Ufficio Politico della Questura, ordinò l’arresto di oltre venti ebrei fra cui si ricordano i nomi dei fratelli Kostoris Marco e Leone, Romano Davide, Israele Felice e l’avvocato Volli Ugo che vennero proposti al Ministero per l’internamento, perché ritenuti politicamente pericolosi. E che il Messana avesse agito per pura malvagità e, probabilmente, per cercare di accattivarsi la benevolenza della locale federazione fascista, con la quale non intercorrevano cordiali rapporti, lo dimostra il fatto che lo stesso Ministero respinse la proposta. Ordinando la scarcerazione dei predetti che furono rilasciati dopo oltre un mese di carcere (per più dettagliati particolari e per conoscere tutti i nomi degli arrestati, esaminare i precedenti al Ministero, poiché gli atti dell’Ufficio Politico della locale Questura, furono asportati o distrutti dalle truppe jugoslave di occupazione della città ai primi di maggio u. s.) Risulta in modo indubbio che il Messana, quale componente la locale commissione provinciale per i provvedimenti di polizia, infierì in modo particolare contro i denunziati. Difatti egli, anche per colpe di lieve entità per quanto riguardava i denunziati per il confino chiedeva sempre il massimo della pena. Tale comportamento veniva aspramente criticato dagli altri componenti la commissione e finanche dal Prefetto fascista Tullio Tamburini, presidente della commissione stessa.[3] gli italiani uccidono 15 uomini e donne a Brdo presso Lubiana. Le vittimesi trovano al cimitero di Vic Destituito Mussolini, nonostante avesse eletto domicilio a Trieste, se ne allontanò ben presto facendo perdere di fatto le sue tracce. Alla data del 2 novembre era ancora irreperibile e in tale veste fu dichiarato dimissionario d’ufficio". [4] ---------   Di tutta questa accozzaglia di dicerie, presunzioni, maldicenze, sospetti, anonime delazioni nessun fatto, lo affermiamo senza tema di smentita, fu mai provato, nessun misfatto fu mai addebitato all'Ispettore Generale di PS gr.uff. Ettore Messana. Tutto finito nel nulla dell'ARCHIVIATO. Non luogo a procedere. Chi rispolvera questo documento che per di più potrebbe risultare persino apocrifo si macchia a mio avviso di diffamazione calunniatrice. Certamente non fa storia   Carissimo cugino Gigi Restivo credo che debbo alla tua cortesia se Malgrado Tutto mi ha "passato" i contrappunti avversi di tal Carnigoi triestina, filoslava e con scarso amore patriottico per questa nostra Italia. Ti riporto quanto oggi per il canale riservato di cui dispongo le ho inviato: "lei persiste nella sua ricostruzione storica rimarcando la sua responsabilità quanto agli infamanti giudizi di valore contro il Messana. Se lei è persona civile perché non dice che fine ha fatto quella congerie di fallaci accuse titine? Non può credere che l'Italia degasperiana abbia conferito l'alta onorificenza al Messana ignara o peggio correa di quella caterva di accuse infamanti titina contro chi avesse avuto dallo Stato Italiano incarichi in quella tragica storia della costituzione della provincia di Lubiana che lei non può antipatriotticamente ridurre ad un crimine di guerra. Storicizzi, si legga letteratura seria quale quella del prof. Sala e poi giudichi. Io l'ho fatto e le dico che lei fa solo indegno scoop giornalistico. Quanto a quello che scrive sulla base del Casarrubea, se la sente di confermarlo?"     Ti faccio presente che la Cernigoi si basa su un fascicolo postumo di gente titina che ha cercato invano di ricattare l'Italia. Non mette in conto neppure che quelle accuse finirono cestinate perché infondate o ininfluenti. L'Italia degasperiana - mica quella fascista o provvisoria o bonomiana - non diede peso alcuno alle infondate accuse titine pur conoscendole. Credo che addirittura esista nell'archivio del Ministero degli Esteri un dossier in proposito. L'ho individuato ma per il momento ho lasciato correre. Tu che sei in cerca spasmodica di documenti potresti sopperire. Ti darei gli estremi.     Uno storico davvero professionale e serio quale il prof. Sala, deceduto, ha pubblicato volumi sulla vicenda della "guerra parallela" che consentì al Duce di istituire questa cosiddetta provincia di Lubiana per insegnare ai tedeschi come occupare un territorio straniero e gestirlo "umanitariamente". Emerge che il Messana cercò nel primo anno della "provincia" di attuare quella politica "umanitaria e civile" ma non potè fare molto perché "esautorato dall'esercito". Questo emerge da una probante corrispondenza che naruralmente la Cernigoi o ignora o intenzionalmente oblitera.     Per il resto la Cernigoi si avvale della "postuma" farneticazione del Ricciardelli, la quale credo di avere disinnescato in miei post che mi pare hai letto (magari - scusami - molto superficialmente). Ad ogni buon conto sto reiterandoli.     Le altre due pagine che il Casarrubea &C si ostinano a martellare per infamare indegnamente il Messana e cioè quelle che attengono alla faccenda di Riesi del 1919 e alla pretesa correità con fra Diavolo nell'ambito della tragica storia del bandito Giuliano, mi dicevi ieri che anche a te apparivano "cazzate". Non so se confermi o hai dei ripensamenti. Io resto maggiormente confermato in favore del Messana ------------------------------- Il bandito Giuliano ---------------------- La strage di Portella della Ginestra Documenti sulla strage Documento 13 VERBALE INTERROGATORIO DELL’ISPETTORE VITO MESSANA Verbale di continuazione di dibattimento del 20 luglio 1951 [cartella 4, vol. V, n. 5] D’ordine del Presidente, introdotto il testimone Messana Ettore fu Clemente di anni 66, nato a Racalmuto (Agrigento) e domiciliato in Roma, Ispettore di Ps. Interrogato in merito ai fatti della causa, risponde: «Fui mandato in Sicilia a capo dell’Ispettorato Generale di P.S. per la Sicilia nel maggio 1945 e vi rimasi fino a tutto luglio 1947. Il decreto che istituì l’Ispettorato è dell’aprile 1945 e funzione di tale organo fu quella di integrare l’opera repressiva e preventiva nell’eliminazione del banditismo ed in genere della delinquenza associata in Sicilia». D. R. «Io ebbi a mia disposizione 750 carabinieri, 350 agenti e 14 funzionari, che distribuii in tutte le province della Sicilia da Messina a Trapani. Fui io che istituii i nuclei di carabinieri e polizia nei centri dove a me sembrò che dovessero essere istituiti. Le mie prime operazioni feci nelle province di Agrigento e di Catania. Verso la fine del 1945 incominciò ad affiorare l’attività della banda Giuliano. Tale fatto fece aumentare la mia attività tanto più che la banda Giuliano e quella di Avila si erano poste al servizio dell’Evis». D. R. «Ebbi notizia dei fatti di Portella nelle ore pomeridiane del 1° maggio 1947. Mi recai ad una riunione indetta dal prefetto Vittorelli, dove si stabilì una certa azione da svolgersi. L’indomani mi recai a Piana degli Albanesi ed a San Giuseppe Jato, ove già si era proceduto all’arresto di quattro persone ad opera di un nucleo dipendente dall’Ispettorato e dove si era proceduto a largo rastrellamento arrestando centinaia di persone sospette, le quali però furono quasi tutte rimesse in libertà. Non essendo emersa a loro carico alcuna responsabilità». D. R. «Tutto ciò venne fatto ad opera della questura che si limitò poi a denunciare solo i quattro arrestati». D. R. «In una riunione tenuta anche alla presenza dell’Ispettore Generale di P. S. Rosselli, inviato a Palermo dal Ministero, fu deciso da quest’ultimo che la direzione delle indagini dovesse essere affidata al questore Giammorcaro e fu così che io passai alle dipendenze di costui». D. R. «Si venne frattanto a conoscenza che il 1° maggio era stato sequestrato, dopo la sparatoria, un campiere, certo Busellini, del quale non si seppe nulla per tanti giorni e che poi fu trovato ucciso in un fossato da un nucleo alle mie dipendenze». D. R. «Non so se il ritrovamento del cadavere del Busellini avvenne a mezzo di cani poliziotti od a mezzo solo di ricerche». D. R. «Mi sembra di ricordare che sul petto del cadavere del Busellini fu trovato un cartello con la scritta «questa è la fine dei traditori», la qualcosa ci convinse che il delitto era stato consumato dalla banda Giuliano. Tale convinzione ci facemmo anche per il delitto di Portella poiché ci convincemmo che colui che aveva ucciso Busellini era uno di quelli che aveva sparato a Portella». D.R. «Noi dell’Ispettorato, fin dal primo momento, pensammo che la strage di Portella era da attribuirsi alla banda Giuliano, perché il fatto era avvenuto nella zona così detta d’imperio della banda stessa, mentre l’Angrisani ed il Guarino avevano orientamento diverso». D. R. «Tale convincimento da parte dell’Ispettorato fu però rafforzato dal rinvenimento del cadavere del Busellini». Contestatogli che nel verbale di rinvenimento del cadavere del Busellini non vi è traccia del cartello rinvenuto sul suo cadavere, risponde: «Può darsi che io abbia un cattivo ricordo di tale fatto, ma pure mi sembra di ricordare così». D. R. «Le indagini continuarono e solo nel giugno avvennero i primi fermi effettuati dal nucleo centrale comandato dal colonnello Paolantonio, il quale mi riferiva lo sviluppo di esse». D. R. «Il rapporto n. 37 fu redatto quando io non ero più Ispettore Generale in Sicilia, essendo stato sostituito il 1.8.47 dal questore di Napoli Coglitori». D. R. «Quasi tutti i fermi avvennero durante la mia permanenza in Sicilia ed io, giorno per giorno, venivo informato di quanto si riusciva a sapere dai fermati». D. R. «L’Ispettorato aveva dei confidenti ed inoltre era in contatto con alcuni elementi che ci ponevano in comunicazione con il bandito Ferreri Salvatore». D. R. «Io nessun contatto diretto ebbi col Ferreri, solo ebbi rapporti con lui tramite i suddetti elementi di collegamento». D. R. «Escludo che Ferreri mi abbia fatto sapere i nomi di coloro che avevano partecipato all’azione di Portella; può darsi che qualche indicazione l’abbia data al colonnello Paolantonio oppure ad un altro funzionario di P.S., certo Zappone, che io avevo dislocato nella zona di Partinico e che fu ucciso a Borgetto in un agguato». D. R. «Il nostro convincimento che l’azione di Portella era dovuta alla banda Giuliano fu maggiormente rafforzato dal riconoscimento effettuato da quattro cacciatori sequestrati in quella mattina del 1° maggio, i quali in una fotografia di persona a cavallo riconobbero proprio colui che ritenevano fosse il capo del gruppo che li aveva sequestrati». D. R. «Il colonnello Paolantonio, fin quando io restai in Sicilia, non mi parlò mai del fermo di alcuno ritenuto partecipe della strage di Portella per confidenze avute dal Ferreri». D. R. «Escludo di aver avuto mai rapporti con Pisciotta Gaspare, come escludo di avergli rilasciato un tesserino di riconoscimento sia al suo nome che a quello di Faraci Giuseppe». Contestatogli che il Pisciotta ha affermato invece di aver avuto rilasciato un tesserino proprio da lui che glielo fece recapitare tramite Ferreri, risponde: «Escludo nel modo più reciso che ciò sia avvenuto». Richiamato l’imputato Gaspare Pisciotta e contestatagli la dichiarazione resa dall’Ispettore Messana a proposito del tesserino, risponde: «Il tesserino lo ebbi tramite Ferreri, portava la firma Messana, aveva i timbri dell’Ispettorato, fu strappato ed io spero che colui che lo ha strappato, se ha coscienza, lo dirà». D. R. «Luca potrà dire qualcosa in merito, può darsi che il tesserino esista ancora, ma a me risulta che fu stracciato». Il teste Messana: D. R. «Io facevo da organo propulsore nell’attività dei miei funzionari; dissi loro di indagare anche sulla ragione per cui Giuliano fece l’azione di Portella ma nessuno di essi mi parlò mai su tale fatto». D. R. «Andai via dalla Sicilia il 31.7.1947 e quindi non mi occupai più della cosa». A domanda dell’Avv. Sotgiu, risponde: «Non ricordo di aver rilasciato al Ferreri un tesserino di libera circolazione, ma non escludo che esso possa essere stato rilasciato da altri sotto il mio nome, essendo io il capo dell’Ispettorato. Devo dire per altro che la mia firma ufficiale è quasi inintellegibile come Messana, anzi ritengo che sia del tutto inintellegibile». D.R. «Non rilasciai tesserini di libera circolazione ai confidenti, non so se ne furono rilasciati a mio nome dai miei dipendenti che nulla mi riferivano intorno al rilascio di essi poiché ognuno ha i propri confidenti ed intorno a noi si mantiene il più stretto riserbo anche con i superiori». D.R. «Io fornivo il danaro che mi richiedevano per i confidenti ai miei dipendenti, i quali mi rilasciavano ricevuta sulla quale si limitavano a dire. -- per un confidente- senza indicarne le generalità». D.R. «Certamente i rapporti col Ferreri iniziarono prima della strage di Portella. Ricordo di aver saputo, attraverso la fonte Ferreri, che Giuliano voleva attentare alla vita dei dirigenti del Partito Comunista di Palermo, fra i quali il Li Causi. Informai per la opportuna vigilanza il questore e fu il colonnello Paolantonio che avvisò direttamente il Li Causi». D.R. «Al padre del Ferreri feci dare un porto d’armi, ma ciò rientrava nel progetto di venire all’arresto di Giuliano. Sentii parlare del rinvenimento del predetto porto d’armi sul cadavere del Ferreri, ma ciò non constatai personalmente». D.R. «Escludo che il padre del Ferreri facesse parte della banda Giuliano». D.R. «Non mi risulta che dopo l’amnistia dell’Evis Giuliano abbia mantenuto rapporti con persone insospettabili». D.R. «Dopo di me all’Ispettorato ci fu Coglitore, poi Modica, poi Spanò, poi Verdiani» D.R. «Non ricordo i nominativi dei componenti la banda Giuliano». D.R. «Esiste un rapporto intorno alle bande armate dell’Evis ed all’attività da esse spiegate, rapporto redatto dal nucleo centrale alle mie dipendenze». D.R. «Sono a conoscenza dei nomi in esso compresi, può darsi che l’elenco contenuto in detto rapporto non sia completo e non comprenda tutta la materia, essendo potuta qualcosa essere sfuggita e qualcosa sopraggiungere». D.R. «Non ricordo il nome di Genovesi Giovanni tra i confidenti della polizia, né so se egli sia stato interrogato dal colonnello Denti». A domanda dell’avv. Crisafulli, risponde: «Per il fatto di Portella venne in Sicilia un Ispettore generale del Ministero, come di solito avviene quando succedono fatti di una certa rilevanza». D.R. «Detto Ispettore riunì tutti gli organi di polizia in questura e poiché ogni organo comunicò i risultati delle indagini svolte, l’Ispettore volle che le varie attività fossero coordinate e quindi, senza esautorare e sostituire alcuno, dette la direzione al questore Giammorcaro al quale doveva essere comunicata ogni attività degli organi di polizia. Tutto ciò per quanto riguarda i fatti di Portella». D.R. «Mi fu detto che il Ferreri fu operato di appendicite». A domanda dell’avv. Sotgiu, risponde: «Non mi risulta che al Ferreri sia stata rilasciata una tessera intestata a Salvo Rossi, autista del colonnello Paolantonio». A domanda dell’avv. Crisafulli, risponde: «Parlando di un rapporto Coglitore mi riferivo solo al rapporto firmato dal maresciallo Lo Bianco relativo ai fatti di Portella» A domanda del Pisciotta Gaspare, risponde: «Escludo di essere stato io a consegnare i mitra al Ferreri, né mi risulta che ciò sia stato fatto da qualcuno dell’Ispettorato. A quell’epoca avevamo penuria di armi». Il Pisciotta aggiunge: «I cinque mitra servirono per l’azione di Portella, secondo quanto mi disse Ferreri». Dopo di che il Presidente rinvia la prosecuzione del dibattimento all’udienza del 23.7.1951 ore 9,30.



1 luglio 10.28.03




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Una preziosissima relazione coeva, originale, non pataccata, dell'Ispettore Generale di PS dr.Ettore Messana del 1946. Vi spicca l'ardua lotta alla mafia, al banditismo, ai nuclei armati, alle intese di "esponenti della mafia isolana con Ufficiali Americani qui di stanza". In proposito Casarrubea e Cernigoi hanno avuto accesso agli archivi americani che so sotto rigidissimo top secret? C'era una rivolta armata allora in Sicilia e Messana vi rifulge per la sua repressione. E.V.I.S., C.R.I.S. grandi agrari alla Giuseppe Tasca di Lucio, bandito Giuliano che si finanzia con sequestri di persone, rapine, ecc, - Armi automatiche, munizioni cavalli, materiale chimico e sanitario, nascosto in grotte, aabilmente simulate. E lo scaltro "poliziotto" Messana avvalendosi anche di "notizie fiduciarie" può "affermare che la situazione va, man mano, migliorando". Ecco perché signorina Cernigoi nel 1946 il suo dispregiato grande ufficiale Messana sta in Sicilia quale ISPETTORE GENERALE a sconfiggere la banda Giuliano , il C.R.I.S. (finanziato dagli americani quelli che con i faziosissimi titini cercarono di fare di ogni erba un fascio dei funzionari italiani operanti nella procincia di Lubiana inventando calunniose accuse che finirono cestinate nei tribunali internazionali). Siamo nel 1946 e già Aldisio è sotto tiro da parte di comunisti socialisti e movimenti politici di sinistra. Messana è costretto a afere una scelta politica. Qui scrive che "non trascura di seguire le correnti politiche che possono avere influenza sugli attuali movimenti". Si attira l'odio dei comunisti Li Causi e Montalbano che cercano di stritolarlo con accuse infamanti, ma finite in un nulla di fatto nei vari tribunali. Allora si trattò di comprensibile lotta politica. La riesumazione dei giorni nostri da parte di Cernigoi, Casarrubea, Luparelli ed altri fatta in dispregio di tutte le assoluzioni e in non luogo a procedere giudiziari è solo deprecabilissima diffamazione calunniosa, soprattutto antistorica.



2 luglio 20.37.04



Il Questore - Via Catania 1 - 93100 Caltanissetta telefono: 093479111 fax: 093479677 email: gab.quest.cl@pecps.poliziadistato.it Primo piano Capoluogo. Una segnalazione al 113 sventa furto in abitazione I fatti del giorno Due pregiudicati nisseni scoperti dalle Volanti Altre notizie Capoluogo. Celava 30 grammi di marijuana negli slip I fatti del giorno Denunciato incensurato nisseno di 21 anni L’Ufficio Stampa della Questura ospite della rubrica "Primo piano" dell’emittente televisiva TCS Attualità In studio l’Ispettore Superiore sups Salvatore Falzone I fatti del giorno I fatti del giorno Gela, la Polizia sventa guerra di mafia tra clan. Arrestato ex collaboratore Gli investigatori della Squadra Mobile e del Commissariato di P.S. decapitano i vertici del clan mafioso Rinzivillo I fatti del giorno I fatti del giorno Capoluogo. Arrestato pregiudicato per resistenza e violenza a p.u. Gli agenti chiamati ad intervenire dalla madre più volte aggredita dallo stesso I fatti del giorno I fatti del giorno La Polizia in Gela confisca circa un milione di euro di beni mafiosi La Squadra Mobile ha eseguito il decreto di confisca contro il boss Alferi Giuseppe di Cosa Nostra La questura Il Questore Orari e uffici della Questura Commissariati Altri Uffici e Reparti Dove siamo I fatti del giorno Controlla il permesso di soggiorno online PERMESSO DI SOGGIORNO Controlla il permesso di soggiorno online. Scrivici! SCRIVICI Risposte alle tue domande. Servizi Bacheca Oggetti Rubati Motore di ricerca degli oggetti rubati o ritrovati Carta dei servizi Progetto Alloggiati Web Tutti i servizi Tutte le notizie



Numero telefonico ed altro della questura di Caltanissetta stanno sopra- Ti pregherei di farti passare il Questore o il capo di gabinetto o comunque un funzionario e presentarti come la nipote del grande ispettore generale Ettore Messana. Dici che ha iniziato la carriera a Caltanissetta prima del 1919 e non sai quando l'ha lì terminata. In questura ci dovrebbe essere il suo fascicolo personale visto che non risulta depositato in archivio di stato per epurazione dell'archivio della stessa questura alcunché antecedente il 1920 come avrei appurato io quest'oggi 2 luglio 2014. Ti rivolgeresti quindi alla sua cortesia pregandolo di fare rintracciare almeno i dati anagrafici e i dati del servizio di tuo nonno che a Caltanissetta avrebbe operato attorno al 1919 come giovane commissario di P.S.- Pregalo di darmi appuntamento come tuo fiduciario per prendermi i dati o peri collaborare per ricerche d'archivio in Questura, facendogli magari presente che sono persino assiduo ricercatore degli Archivi Segreti del Vaticano, che insomma sono stato alto funzionario come ispettore di vigilanza della Banca d'Italia e fui persino superispettore del ministro delle finanze Reviglio. Mio caro amico è anche il dottore Calogero Infurnari già questore di Caltanissetta e che fu persino un protetto di tuo nonno l'ispettore generale di PS Ettore Messana. Altro non mancherà alla tua ,loquela per intontire questo funzionario periferico di PS.



3 luglio 8.34.06



Ma io mi domando, che cazzo ci sta a fare 'sto Viminale che non difende il suo stesso prestigio, i suoi storici dirigenti, il suo pur glorioso passato, la integrità morale degli uomini che hanno sacrificato la pace in famiglia per l'eroico mantenimento dell'Ordine Pubblico in contingenze asperrime. E' possibile che deve essere uno come me antimilitarista, comunista fanatico, lontano le mille miglia dalla mentalità poliziesca a difendere la memoria di un supremo ispettore di polizia quale il gr.uff. Ettore Messana che fu integerrimo anche se rigido e destrorso Uomo di Stato dedito al mantenimento di una ordinata convivenza civile.



3 luglio 17.04.22



«Fui mandato in Sicilia a capo dell’Ispettorato Generale di P.S. per la Sicilia nel maggio 1945 e vi rimasi fino a tutto luglio 1947. Il decreto che istituì l’Ispettorato è dell’aprile 1945 e funzione di tale organo fu quella di integrare l’opera repressiva e preventiva nell’eliminazione del banditismo ed in genere della delinquenza associata in Sicilia». D. R. «Io ebbi a mia disposizione 750 carabinieri, 350 agenti e 14 funzionari, che distribuii in tutte le province della Sicilia da Messina a Trapani. Fui io che istituii i nuclei di carabinieri e polizia nei centri dove a me sembrò che dovessero essere istituiti. Le mie prime operazioni feci nelle province di Agrigento e di Catania. Verso la fine del 1945 incominciò ad affiorare l’attività della banda Giuliano. Tale fatto fece aumentare la mia attività tanto più che la banda Giuliano e quella di Avila si erano poste al servizio dell’Evis». D. R. «Ebbi notizia dei fatti di Portella nelle ore pomeridiane del 1° maggio 1947. Mi recai ad una riunione indetta dal prefetto Vittorelli, dove si stabilì una certa azione da svolgersi. L’indomani mi recai a Piana degli Albanesi ed a San Giuseppe Jato, ove già si era proceduto all’arresto di quattro persone ad opera di un nucleo dipendente dall’Ispettorato e dove si era proceduto a largo rastrellamento arrestando centinaia di persone sospette, le quali però furono quasi tutte rimesse in libertà. Non essendo emersa a loro carico alcuna responsabilità». D. R. «Tutto ciò venne fatto ad opera della questura che si limitò poi a denunciare solo i quattro arrestati». D. R. «In una riunione tenuta anche alla presenza dell’Ispettore Generale di P. S. Rosselli, inviato a Palermo dal Ministero, fu deciso da quest’ultimo che la direzione delle indagini dovesse essere affidata al questore Giammorcaro e fu così che io passai alle dipendenze di costui». D. R. «Si venne frattanto a conoscenza che il 1° maggio era stato sequestrato, dopo la sparatoria, un campiere, certo Busellini, del quale non si seppe nulla per tanti giorni e che poi fu trovato ucciso in un fossato da un nucleo alle mie dipendenze». D. R. «Non so se il ritrovamento del cadavere del Busellini avvenne a mezzo di cani poliziotti od a mezzo solo di ricerche». D. R. «Mi sembra di ricordare che sul petto del cadavere del Busellini fu trovato un cartello con la scritta «questa è la fine dei traditori», la qualcosa ci convinse che il delitto era stato consumato dalla banda Giuliano. Tale convinzione ci facemmo anche per il delitto di Portella poiché ci convincemmo che colui che aveva ucciso Busellini era uno di quelli che aveva sparato a Portella». D.R. «Noi dell’Ispettorato, fin dal primo momento, pensammo che la strage di Portella era da attribuirsi alla banda Giuliano, perché il fatto era avvenuto nella zona così detta d’imperio della banda stessa, mentre l’Angrisani ed il Guarino avevano orientamento diverso». ----------------------------- Il NOSTRO dunque inizia la sua esperienza quale ispettore generale di PS in Sicilia e subito deve risponderne a Ferruccio Parri che proprio destrorso e filofascista non era. Se con Bonomi è pur sospettabile una qualche frequentazione massonica (e quale grande commesso dello Stato Italiano non è stato massone?) le insinuazioni di Casarrubea non hanno più fondamento alcuno dal momento che il Messana transita riverito ed ascoltato sotto Parri sino al 9 dicembre del 1945, sotto Romita sino al i° luglio 1946 (DE GASPERI PRESIDENTE DEL CONSIGLIO), sotto lo stesso DE GASPERI quale ministro degli Interni sino al 1° febbraio 1947. E guarda caso appena Scelba - sì proprio Mario Scelba - sale allo scranno di Ministro degli Interni, quello che doveva essere il suo protettore, il nostro Messana viene invitato ad accomodarsi fuori, ma fuori per modo di dire visto che torna al Ministero a Roma e al Viminale vi resta oltremodo autorevole e rispettato sino al suo pensionamento per raggiunti limiti di età. MINISTRI DEGLI INTERNI BONOMI prof. Ivanoe , dal 18 giugno 1944 al 20 giugno 1945 PARRI prof. Ferruccio , dal 21 giugno al 9 dicembre 1945 [ » ] ROMITA ing. Giuseppe, dal 10 dicembre 1945 al 1° luglio 1946 DE GASPERI dott. Alcide , dal 10 luglio 1946 al 1° febbraio 1947 SCELBA avv. Mario,dal 2 febbraio 1947 al 16 luglio 1953 [ » ] FANFANI dott. prof. Amintore, dal 16 luglio 1953 al 18 gennaio 1954 ANDREOTTI dott. Giulio , dal 18 gennaio 1954 al 10 febbraio 1954 Gentilissima signorina Cernigoi, se Lei è o si dichiara solerte e coscienziosa Storica crede davvero che un arcigno De Gasperi poteva rendersi compiacente di quel Messana quale il Ricciardelli - che mi pare di nessun prestigio godette e che comunque rimase impalato al suo basso ruolo nonostante volesse accreditarsi, dopo essere stato capo della Politica del fascismo, protettore degli ebrei.? Se Lei è una ricercatrice seria dovrebbe convenire con me che le insinuazioni del Ricciardelli, con solo tutti quei "si dice" "pare" "qualcuno afferma" " a ben pensare" e via discorrendo e mai uno straccio di fatto documentato e provato, meritavano di finire nel cesso come tutto indecorosamente vi finì. E De Gasperi poi fu Ministro degli Esteri e dovette occuparsi di quella calunniosa congerie di accuse a TUTTI i nostri funzionari in Slovenia che Titini, pronubi gli Americani, confezionarono senza alcuna prova, obiettività, credibilità. E anche quella falsa congerie di calunnie di una Nazione Estera che cercava vendetta e non giustizia finì nel cesso, archiviata con un non luogo a procedere. E così il duro grintoso non malleabile De Gasperi si tenne vicino e si affidò e officiò il Messana fregandosene degli strilli di un Li Causi che per giunta avrebbe dovuto alzare un monumento al Messana che informato dal suo confidente Fra Diavolo seppe che Giuliano stava ordendo un agguato alo stesso Li Causi per ucciderlo. E se a Li Causi nulla successe lo deve prorio a Messana che lo protesse e lo avvisò del pericolo. Leggersi gli atti provessuali per darmi ampiamente ragione. Qualche mio amico e parente vorrebbe chissà quali documenti a comprova di quanto ho riscontrato a discolpa del Messana. Come si fa a documentare che una calunnia è una calunnia se non dimostrando che non vi sono prove documentali ma che vi sono sentenze passate in giudicato di Tribunali persino Militari persino Stranieri che tanto affermano! Sono forse prove serie quelle che la Cernigoni dice di trovarsi a Lubiana, redatti un paio di anni dopo da parte di inviperiti nemici di questa Italia e scritti per giunta in sloveno e basati solo su postume dichiarazioni tanto vaghe quanto sospette? Se si è antitaliani: subito e si mette anche la mano sul fuoco!!



4 luglio 11.20.00




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Su ciò che hai scritto,la cara giornalista e storica,dovrebbe riflettere e coraggiosamente darti delle risposte....



9 luglio 16.04.56









ho letto la diffida della Cernigoi e la tua risposta ,se non ti disturbo posso chiamarti?



Sì!



9 luglio 22.49.05



Carissima Giovanna, io al tuo posto un messeggaio



messaggio riservato a codesta Claudia Cernigoi glielo manderei e in questi termini, se trovi di poter mandare messaggi a questo nome in "cerca persone, luoghi e oggetti" di FB



con vivo rincrescimento la sto seguendo nel suo tentativo di zittire il dottore Taverna, uno storico di vaglia, che la sta sbugiardando nei suoi svarioni storici contro mio nonno il dottore Ettore Messana. Se un tempo potevo pensare che lei esprimesse giudizi infondati ed infamanti contro mio nonno con una qualche buona fede ora debbo pensare invece che ha interesse a mantenere punti di vista che non posso permettere. Prima che io proceda per le vie legali, può giustificare con me, che sono la nipote di sì alto e irreprensibile servitore dello Stato di diritto italiano i suoi apprezzamenti alla luce delle verifiche storiche che il dottore Taverna si è premurato di rendere di pubblica ragione e che ora so che gliele ha segnalate.



10 luglio 14.46.18



"Ma è possibile che il Ministro Scelba si possa fidare di un uomo di cui si presume che conosca anche il passato? Lasciamo stare che Messana è nell'elenco dei criminali di guerra di una nazione vicina; questo può far piacere ad una parte della Camera, la quale pensa: "Va bene, è un massacratore; però, di stranieri!", ma Scelba come può ignorare che Messana ha iniziato la sua carriera facendo massacrare dei contadini siciliani? Il 9 ottobre del 1919, infatti, cadevano a Riesi più di sessanta contadini, di cui tredici morti: trucidati a freddo, sulla piazza, dove si svolgeva un comizio. I vecchi di quest'Aula ricorderanno come in quell'occasione il Ministero Nitti ordinò un'inchiesta mandando sul posto il generale dei carabinieri Densa, mentre la Magistratura iniziò un'inchiesta giudiziaria soprattutto per accertare le cause della morte misteriosa di un tenente di fanteria, che si rifiutò di eseguire l'ordine di far fuoco del Messana, che ne disapprovò apertamente la condotta, e che il giorno dopo fu assassinato. Questi i precedenti del commendator Messana, noti al ministro dell'Interno. Ci troviamo, come vedete, di fronte ad un uomo che per istinto è contro il popolo, e trova, nei legami con i nemici del popolo, il modo di esercitare la professione di massacratore di contadini. Oggi, sfacciatamente, questo non può farlo, per quanto nel clima creatosi in Sicilia è possibile -- in Sicilia, terra dei "Vespri" -- che i poliziotti di Scelba, ministro siciliano, aggrediscano un pacifico corteo di donne che dimostrano contro il carovita." ___________ Questo è un veemente passo di un vociante intervento al Parlamento del nostro grande LI CAUSI. Siamo nel luglio del 1947: L'Ispettore Generale di PS gr.uff. Dottore Ettore Messana "per rotazione". come costume in Polizia - lascia lo sfavorevole altissimo incarico siciliano e s'insedia molto autorevolmente ed ossequiato in Viminale a Roma- Messana in Sicilia in fin dei conti non fu mai alle dipendenze di Scelba. Ora a Roma è collaboratore diretto del Ministro ma non può venire chiamato in causa per la brutta evoluzione delle vicende brigantesche di Sicilia. Con Messana a Palermo, l'EVIS ed altre aggregazioni malavitose subiscono colpi micidiali. Senza Messana il bandito Giuliano mi pare che può briganteggiare per altri tre anni. A ben leggere il passo di Li Causi. questi allude, insinua, ammonisce, ma non ha alcun elemento vero, preciso e concordante per inchiodare ad alcuna responsabilità il Messana, cui peraltro deve gratitudine per avergli salvata la vita. Si attacca alla "tradizione" ad una pretesa memoria di qualche residuato senatoriale di vecchissima data, ad una inchiesta dei carabinieri non sortita a nulla, non approdata a nulla, non coinvolgente il Messana neppure con un avviso di garanzia. Il Li Causi, causidicamente cerca di ribaltare l'onere della prova. Non v'è prova alcuna circa una qualunque responsabilità del Messana nei fatti di Riesi. Scaltramente il Li Causi usa abili perifrasi, "iniziò la carriera facendo massacrare". In che termini, a quale titolo, con quale arbitrio. Il Li Causi non si chiede neppure come un giovanotto di 31 anni poteva "fare massacrare". A distanza di 28 anni con una guerra in mezzo non ha alcuno straccio di documento. Solo un quasi prete valdese scrive nel 1934 alcuni ricordi di quella triste vicenda. E lì il Messana non è citato, e lì i fatti gravi vengono addebitati all'Esercito e ad un ufficiale dell'Esercito che per rabbia i rivoltosi trucidano. E' vero si parla di una triade di dita che in contemporanea premono sul grilletto di un mitra. Si accenna ad un "commissario" come mero compartecipe della sparatoria. I morti che dice il prete valdese sarebbero stati NOVE. Inseguito ed ucciso, solo l'ufficiale dell'Esercito. Vi era partecipe davvero il giovane commissario Messana? Mi sono recato all'Archivio Centrale di Stato: quel che emerge esclude ogni presenza del Messana. Mi sono recato all'Archivio di Stato di Caltanissetta: NULLA! Ho interpellato la Questura di Caltanissetta: sorpresa delle sorprese non c'era alcuna questura a Caltanissetta nel 1919. Solo qualche anno dopo inizia a funzionare quell'importante istituzione. C'era soltanto un nucleo di polizia agli ordini del Prefetto. La relativa documentazione dell'Archivio Centrale dello Stato palesa una provincia all'epoca quieta e composta. Nessuno sciopero per tutto il 1918 e nessuno per il primo semestre del 1919. Dei fatti di Riesi dell'ottobre 1919 vi sono documenti che nel caso escludono ogni coinvolgimento del Messana. All'epoca troppo giovante, ininfluente per avere magari il piacere di venire citato. Ecco perché il Li Causi che deve drammatizzare insinua sì ma subito gira al largo. Ebbene ora secondo la signorina Cernigoi il Messana può venire disintegrato moralmente e civilmente dovendo lui da morto provare la sua innocenza. Abbiamo riportato testualmente le infamie che la Cernigoi spara contro il Messana colorando il tutto con apodittici giudizi di condanna del Messana in ordine ai fatti di Riesi. Condanne morali e legali con il ribaltamento dell'onere della prova. Questo sarà l'alto grado di civiltà giudiziaria della Jugoslavia del Maresciallo Tito, ma in Italia non ha diritto di cittadinanza. Si crucifigga pure un grande e meritevole servitore dello stato - defunto - ma con prove indubitabili in mano. Se vi fu una inchiesta dei carabinieri quella fu forse solo annunciata perché non ebbe alcun seguito. E nel processo doveroso per l'uccisione dell'ufficiale dell'esercito dei fatti di Riesi, nessuna chiamata di correo per Messana, nessuna condanna per Messana, nessun coinvolgimento del Messana Anzi!! Il giovanotto trentunenne Messana, che non poteva godere di nessuna protezione, lo vediamo poi avanzare meritevolmente in carriera sino a raggiungere i posti apicali della Polizia di Stato. Come i fatti di Riesi vengono ora a distanza di quasi un secolo da parte di sedicenti giornalisti e giornaliste filoslavi è sotto gli occhi di chi se ne sta interessando. Noi abbiamo cercato documenti, fatto riscontri, consultato archivi pubblici e privati e siamo arrivati alla conclusione dell'assoluta innocenza del Messana: Chi oggi l'accusa non può pensare di scomunicarlo senza prove e senza fondamento. Lo sta infangando criminalmente!!!



13 luglio 13.30.43





 




fammi sapere quando posso chiamarti senza disturbere grazie a presto



13 luglio 16.09.36



anche adesso .... ciao. Tantissime cose



Mi pare che anche malgradotutto si sia nel fare da gran cassa alle ignobili calunnie di sedicenti storici e di triestine giornaliste nonché alle false ammissioni infamanti il gr. uff. ispettore generale di PS dottore Ettore Messana da Racalmuto, di un sedicente falso nipote.



13 luglio 21.12.11








Sono uscita e torno in questo momento ,non sei in linea non oso disturbarti ti chiamo domani mattina



come vuoi. Ciao




 



allora ti chiamo subito



14 luglio 20.02.16




















Tutti a dire: Ettore Messana da Racalmuto. Questo ci onora e mi onora. E Racalmuto ha il dovere di onorarlo. Ettore Messana in effetti diede lustro a Racalmuto. Fu apicale nei ranghi ministeriali del Viminale. Per oltre 40 fu al servizio dello Stato Italiano. Servì lo stato di diritto italiano sotto Vittorio Emmanuele Orlando, sotto Nitti, e NECESSARIAMNTE sotto Benito Mussolini; quindi sotto Parri, sotto Bonomi, sotto De Gasperi, sotto Scelba e penso infine sotto Fanfani. I cangianti colori politici dei capi di Stato qualche volta lo coinvolsero, spesso no, ma unicamente sotto il profilo personale: come funzionario di stato ebbe solo il culto dello Stato, il suo compito era il mantenimento dell'ordine pubblico, assicurare allo Stato di diritto la PUBBLICA SICUIREZZA e ciò fece encomiabilmente, sempre., su posizioni di vertice e dal '45 con la superna qualifica di ISPETTORE GENERALE, con tanti riconoscimenti, apprezzamenti, onorificenze: nessuna condanna penale ebbe mai a sfiorarlo. Eppure sotto processo ne mandò tanti Invero non nacque a Racalmuto, né la mamma era di Racalmuto, ma per via del padre fu racalmutese puro sangue, e cioè del ramo dei Messana al vertice, quindi, della crestomazia racalmutese- Il padre fu don Clemente Messana figlio di don Biagio Messana, patriota, letterato, poeta, commissario di PS a Bologna. avvocato liberale, destrorso, non proprio mazziniano. Il bisnonno di Ettore Messana fu quel Calogero Messana di cui parla il nostro estroso Eugenio Napoleone Messana a pag. 202 della sua appassionata cronaca di Racalmuto. Trattasi delle "speziale Calogero Messana, [quello] della giunta dei moti del 1820 " che aveva sposato "donna Lucia Nalbone". In quella Eldorado che era divenuta Racalmuto sotto i tanto dileggiati (a torto) Borboni i Messana e i Nalbone sono i nuovi, ma potenti, ricchi del paese; vale a dire emergere tra quei galantuomini che vanno pomposamente a sedersi al Circolo della Conversazione, divenuto poi paradigmatico per la penna del figlio di uno zolfataio quale fu il grande scrittore racalmutese Leonardo Sciascia. Il nonno del questore Ettore Messana sposa due volte, come sotto comproviamo, la prima volta con una illustre palermitana e poi con donna Alfonsa Grillo. I Grillo erano davvero baroni, nobiltà vera ed effettiva, non raffazzonata non si sa come fece un certo prete campiere di una famiglia rampante a nome Tulumello. Biagio Messana un po' avventuriero lo fu. Pare che amasse persino dilettarsi di pornografia. Il patrimonio cominciò ad illanguidirsi. Ma con il secondo matrimonio le sostanze di famiglia tornarono a ravvivarsi. Sennonché il figlio Clemente, il padre di Ettore, ci pensa lui a sperperare alla grande, persino - dicono - giocando a Palermo presso le bische nobili dell'Hotel delle Palme,quello di Dell'Utri per intenderci. Il figlio Ettore che era nato nell'88 a Gela deve rifarsi la sua vita: studia con impegno. Si laurea e quindi segue le vecchie orme del nonno: entra in PS. Raccomandazioni? non certo quelle che il Casarrubea e la Cernigoni s'inventano pur di coprirlo di ignominia. Un po' di massoneria era di casa tra i Messana e quella nell'era liberale era viatico indispensabile per far carriera. Peccato mortale? Casarrubea e Cernigoi non mi facciano ridere; pensino ai loro viatici ROSSI.



15 luglio 15.11.05









interessantissimo,mai avrei potuto sapere tutto questo ,le mie origino mi piacciono.......molto



19 luglio 13.03.54



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19 luglio 20.30.06



Il prof. Casarrubea mi ha risposto molto urbanamente anche se non rinnega nulla circa i suoi aspri giudizi sul Messana. Io gli ho risposto già come segue e come potrai meglio vedere su FV



su FB...Pregiatissimo professore Giuseppe Casarrubea, solo che mi pare che a Riesi non è neppure certa la presenza fisica di Messana.Di certo. mi dispiace per il Li Causi, nessuno addebito gli poté venire fatto per l'eccidio di cui alla cronaca quasi coeva di quel quasi prete valdese. Il Nitti fece aprire una inchiesta ad un generale dei carabinieri, dice il Li Causi, ma non sortì alcun effetto almeno contro il Messana che anzi ebbe elogi e meriti tali da fare una fulminea brillante carriera. Quanto al processo per l'uccisione da parte dei rivoltosi del tenente dell'Esercito il Messana non venne per nulla coinvolto. Se no, il Li Causi non si fermava certo a quella sortita alquanto curiale. Ne morirono otto, quindici o venti? Non importa il numero, d'accordo, ma se manco questo dato è certo non è così che si può massacrare la memoria di un Grande Servitore dello Stato di diritto, tanto poi apprezzato da De Gasperi (e metto da parte Bonomi, Scelba ed altri). Ancor oggi la famiglia sta subendo danni feroci per certi processi "storici" diciamo avventati. Sulla Faccenda di fra Diavolo. mi basta la testimonianza dello stesso Messana in uno storico processo ove non venne neppure sfiorato da coinvolgimenti della magistratura penale. La vicenda di Lubiana l'ho smantellata con documenti e atti processuali. Ma Lei non vi si addentra. Lasciamo alla Cernigoi l’onere di provare le sue calunniose accuse credo in sede giudiziaria, dato che la signora Giovanna Messana, proprio stasera me ne accennava. Volere creare complementarità tra il Messana e il Verdiani per faccende dell'OVRA è molto pretestuoso. Tra i due grandi questori credo che vi erano differenze di età, grado e incombenze. Svolgerò meglio questo aspetto se occorrerà. Il Messana lascia la Sicilia nel maggio o giugno del 1947, quando stava addirittura mettendo le mai su Giuliano. I suoi successori, ben tre, non brillarono, almeno sino al 1950. Dopo il 1947 il Messana al Viminale è autorutà apicale. Mi si parla di uno scontro con Togliatti circa armi americane sbarcate a Napoli del tutto legalmente e per accordi internazionali, cui intendeva opporsi il nostro MIGLIORE. Io non sono né storico né giornalista né letterato: ma i miei 50 anni di attività ispettiva presso la Vigilanza sulle Aziende di Credito della Banca d'Italia e come superispettore di Reviglio molto mi sono serviti per non fidarmi mai dei sentito dire ma di rinvenire la verità (o briciole di verità) nell'obbiettivo esame di incontaminati documenti, carte di archivio, registri e registrazioni. L'incontro mi è gradito per esternarle la mia grande stima, al di là della contingente di opinioni). La ossequio.



20 luglio 9.26.28



Non c’è nulla da fare: tra le mezze calzette e i cavalli di razza ce ne corre. Anche nell’ambito della storiografia. Io non sono né ricercatore né storico né divulgatore giornalistico né tanto meno letterato. Ma col vizietto antico del fare ispezioni a banche e grandi evasori sulla base delle verifiche documentali, contabili e vecchie carte di archivio e lasciando da parte le dicerie dei soliti untori mi sono messo di buzzo buono per cercare di vederci chiaro nelle vicende del mio grande compaesano l’ispettore Messana. Come al solito, tutti ad appuntarsi su tre incidenti del Nostro, nessuno che andasse a scandagliare gli altri lunghi e prestigiosi squarci della vertiginosa carriere di siffatto singolare servitore dello Stato di Diritto. I tre incidenti possono così intitolarsi: Riesi 1919; Lubiana giugno ’41-maggio’42; ispettorato generale di Sicilia giugno 1945-maggio 1947. Scopro che nel 1919 il Messana non poteva essere l’autore di un eccidio alla Bava Beccaris, che a Lubiana fece bene il suo dovere di servitore dello Stato Italiano e non certo del Maresciallo Tito e la vicenda va vista alla luce di quanto uno storico serio quale il Sala ha inquadrato e come una più avveduta e informata storiografia super partes deve ancora appurare, che in Sicilia il Messana fu abile e positivo con indubitabili meriti e che con i bandito fra’ Diavolo ebbe solo abilità poliziesche quale suo prezioso confidente. Mi imbatto con la Cernigoi: apriti cielo! Scoprivo i suoi altarini e divenivo persinoa 80 anni un “ragazzaccio in vena di fare il bulletto”. Mi sono convinto che anche le mezze calzette in televisioni e nei vari pluriformi blog fanno carriera e finiscono col ritenersi autorità indiscutibili. Mi scontro, è vero, con uno storico vero e saggio, il professore Giuseppe Casarrubea, e potete vedere voi stessi qui sotto quanta urbanità, serietà, rigore scientifico e serietà professionale lo contraddistingue. Grazie professore. Si dice che la classe non è acqua.



21 luglio 22.45.24










 







La signorina Cernigoi s‘improvvisa storica, giusperita, magistrato, commissaria di PS e scrive quanto sotto. Avesse frequentato L’Archivio Centrale di Stato, avesse almeno verificato quanto annota il prof. Casarrubea sub 170 (cfr. Acs, Sis, b. 40, f. Criminali di guerra) nel suo complesso studio STORIA SEGRETA DELLA SICILIA, pag. 198, si sarebbe evitate (forse) tante censurabili castronerie, purtroppo gravemente calunniose della titanica figura di alto servitore dello Stato di Diritto Italiano, l’ispettore generale di PS Ettore MESSANA. La signorina Cernigoi si accoda immediatamente alla pretesa dei Titini del maresciallo Tito di volere il Messana quale “CRIMINALE DI GUERRA”, risibile pretesa finita miseramente nel cestino di vari tribunali militari anche italiani, come doviziosamente appare nella ponderosa e polverosa Busta del SIS seconda Sezione n. 40 cui rinvia giudiziosamente il Casarrubea. Scrive a vanvera la Cernigoi: Criminali di guerra Il nome di Messana risulta nell’elenco dei criminali di guerra denunciati dalla Jugoslavia alla Commissione delle Nazioni Unite per i crimini di guerra (United Nations War Crimes Commission). Il rapporto di denuncia, redatto in lingua inglese ed inviato dalla Commissione statale jugoslava in data 14/7/45 [7], lo accusa, sulla base di documentazione che era stata trovata in possesso della Divisione “Isonzo” dell’Esercito italiano di occupazione, di crimini vari: “assassinio e massacri; terrorismo sistematico; torture ai civili; violenza carnale; deportazioni di civili; detenzione di civili in condizioni disumane; tentativo di denazionalizzare gli abitanti dei territori occupati; violazione degli articoli 4, 5, 45 e 46 della Convenzione dell’Aja del 1907 e dell’articolo 13 del Codice militare jugoslavo del 1944”. Nello specifico viene addebitata a Messana (in concorso con il commissario di PS Pellegrino e col giudice del Tribunale militare di Lubiana dott. Macis) la costruzione di false prove che servirono a condannare diversi imputati (tra i quali Anton Tomsič alla pena capitale, eseguita in data 21/5/42) per dei reati che non avevano commesso. La responsabilità di Messana e Pellegrino in questo fatto è confermata da documenti dell’archivio della questura di Lubiana [8], che fanno riferimento ad una “operazione di polizia politica” condotte dal vicequestore Mario Ferrante e dal vicecommissario Antonio Pellegrina sotto la direzione personale di Messana, contro una “cellula sovversiva di Lubiana” della quale facevano parte, oltre al Tomsič prima citato, anche Michele Marinko (condannato a 30 anni di reclusione), Vida Bernot (a 25 anni), Giuseppina Maček (a 18 anni) ed altri tre a pene minori. Noi abbiamo oggi consultato quel vecchio faldone. E di materia che tutto smentisce quel che scrive la Cernigoi e che a dire il vero rettifica il Casarrubea ne abbiamo trovato a iosa. Abbiamo chiesto un centinaio di fotocpoie che costicchiano e abbiamo, previo pagamento di Euro 3, scattato un altro paio di centinaia di foto. La Cernigoi si è tanto irritata con me da insolentirmi oltre i limiti del lecito. Persiste nella sua uterina invenzione di inesistenti verità “storiche” lesive dell’onore del insignito dell’ordine di San Lazzaro Gr.Uff. Messana. Non so come potrà difendersi se la signora Giovanna Messana la persegue giudiziariamente. Il professore Casarrubea ci appare un gran gentiluomo oltre che storico insigne e riflessivo e spero voglia accedere ad un dibattito sereno per un riscontro del vero, res melius perpensa.



22 luglio 1.12.20








23 luglio 17.58.36



Scrive il professor Giuseppe Casarrubea: "In un documento segreto del SIS riguardante le attività della commissione per il mantenimento in carica degli arrestati politici, figura, appunto l'ispettore Messana, abitante a Roma in viale Beato Angelico92". Insidioso quell'"appunto". E' evidente che va collegato a quanto affermato prima: "Storicamente risulta ancora inspiegabile il fatto che personaggi che godevano fama di essere stati criminali di guerra di paesi vicini all'Italia, già compromessi col fascismo e le sue più alte gerarchie, potessero essere stati lasciati al loro posto e anzi avessero fatto ulteriori carriere con i nuovi governi di unità antifascista". (Cfr. Storia Segreta della Sicilia, pag 96, note nn. 168 e 169). Il professore Casarrubea con l'onestà intellettuale che lo contraddistingue non potrà negare che ha messo qui qualche tocco malizioso che conferisce al testo una ambiguità perniciosa per il buon nome del Messana. Noi siamo andati alla caccia di quel documento che sarebbe dovuto essere esiziale per il prestigio del nostro insigne compaesano e siamo riusciti a trovarlo. Depuriamo subito dell'effetto alone quel "SIS" custode di segretissimi segreti. Il SIS (Servizio Informazioni Speciali o similari) fu una malconcia branca amministrativa del Ministero degli Interni e le carte della sua SECONDA SEZIONE sono ora all'Archivio Centrale di Stato, lise stropicciatissime, spesso deteriorate e quasi illeggibili, alla portata di ogni studioso. Il documento commentato dal Casarrubea che si trova in uno scarno fascicolo portante il numero MP21 di quella che è rimasta busta 54 non suffraga per nulla le tesi accusatorie dell'esimio professore di Palermo. Quasi in carta velina, essendo copia di documenti dattiloscritti, il foglio reca in fondo un paio di annotazioni molto importanti; porta una data che risalirebbe all'estate del '44 e, bene in chiaro, postumo, il riferimento ad una pratica a cui non è facile (almeno a me non è riuscito) risalire. Trattasi dell'elenco nominativo di una "commissione per il mantenimento in carica di arrestati civili". Segue una elencazione a scalare di altissime personalità da un generale (il primo dell'ordine) ad un colonnello) con indicazione soltanto del recapito e del numero telefonico. Il Messana occupa in quella commissione il secondo posto. Autorità quindi ragguardevole, insospettata e insospettabile. Abbiamo cercato di fotografare quel documento, ne è venuto per nostra imperizia uno sgorbio che ugualmente pubblichiamo: all'occorrenza ne faremo trarre una chiara fotocopia quale la struttura molto valida dell'Acs di Roma sa fornire agli studiosi. Siamo dunque nel 1944; gli americani erano entrati da qualche mese a Roma. E a Roma si trova il questore (allora) Messana. E abita appunto nei pressi del Vaticano proprio in viale Angelico 92. Quello che per la disattenta signorina Cernigoi sarebbe stato un demerito fu invece un atto di coraggio civico e politi da parte del Messana: dopo il famoso 8 settembre del 1943 il Messana disdegna di passare a Trieste, dove operava da questore e dove veniva remunerato con un buon stipendio, al servizio della Repubblica Sociale di Salò e se ne torna dai suoi a Roma appunto nelle abitazioni presso il vaticano. Altro che fascista, altro che fanatico razzista. Aveva sperimentato a Lubiana cosa davvero erano i tedeschi anche quelli che non ostentavano la doppia 'esse' (SS), A Roma c'era Kappler. Il Messana non si presenta al Viminale. Sarebbe stato bene accolto ma avrebbe dovuto sottostare all'infame comando tedesco. Chi conosce la storia di quel periodo capisce. Così il Messana, senza più stipendio, si eclissa oltre Tevere. La nipote, allora bambinella, ricorda quel periodo, gli americani che entravano, lo sbandieramento tripudiante dei romani. E ricorda che con lei c'era questo suo arcigno ma dignitosissimo nonno (che invero aveva particolare predilezione per questa sua piccola Giovanna). Mi dice Giovanna Messana che in effetti per un qualche periodo il Messana si nascose in una chiesetta presso Borgo San Pietro assieme ad ebrei, molti dei quali furono grandi amici di questo Ispettore Generale che la Ceernigoi vuol fare passare per un nazista antisemita. Noi pensiamo he il Messana in questo periodo di rifugiato non dovesse preoccuparsene più di tanto: cinquantacinquenne non poteva temere il pericolo di venire arruolato; e a Roma si era troppo indaffarati in quei criminali rastrellamenti dell'ultima ora per interessarsi ad un questore fuggitivo da Tieste. Importante per noi sapere che in questo periodo il Questore Messana né a Trieste nel clima criminale repubblichino né a Roma nell'altro nefasto delle Fosse Ardeatine si contaminò con il Nazifascismo. Era intemerato e così poté ritornare al Viminale: ecco perché gli affidarono la vice direzione di questa Commissione cui accenna il Casarrubea. Quel liso documento del '44 depone a tutto favore del Messana. Le insinuazione del professore palermitano sono destituite di ogni fondamento. L'onore di Messana non rifulge proprio in quel foglietto quasi illeggibile del Sis, seconda sezione.



23 luglio 19.07.32









dal pc di mia cognata ho letto quanto hai precisato ottimo come sempre



grazie



25 luglio 2.21.02



Per la Cernigoi v’è certezza assoluta: il Messana è CRIMINALE di GUERRA. Il suo giudizio è inappellabile. Lei si arroga il diritto di giudicare e condannare. Con quale autorità, con quali prove, con quale istruttoria? Non ha titolo, non ha elementi, non può provare nulla. Per me diffamare qualcuno a mezzo stampa quale criminale di guerra sapendo che giammai costui era stato condannato per siffatto gravissimo crimine è materia da codice penale. Io l’art. 595 u.c. C.P. ce lo vedrei tutto ma non sono né pubblico ufficiale né magistrato, né istituzione pubblica (in questo caso il Viminale quale parte offesa). La Cernigoi non poteva non sapere che all’Archivio centrale di Stato vi sono faldoni e faldoni del SIS, seconda sezione ove il caso è ben sviscerato e l’adamantino comportamento del Messana vi riluce inconfutabile. Scrive la Cernigoi: Criminali di guerra Il nome di Messana risulta nell’elenco dei criminali di guerra denunciati dalla Jugoslavia alla Commissione delle Nazioni Unite per i crimini di guerra (United Nations War Crimes Commission). Il rapporto di denuncia, redatto in lingua inglese ed inviato dalla Commissione statale jugoslava in data 14/7/45 [7], lo accusa, sulla base di documentazione che era stata trovata in possesso della Divisione “Isonzo” dell’Esercito italiano di occupazione, di crimini vari: “assassinio e massacri; terrorismo sistematico; torture ai civili; violenza carnale; deportazioni di civili; detenzione di civili in condizioni disumane; tentativo di denazionalizzare gli abitanti dei territori occupati; violazione degli articoli 4, 5, 45 e 46 della Convenzione dell’Aja del 1907 e dell’articolo 13 del Codice militare jugoslavo del 1944”. Nello specifico viene addebitata a Messana (in concorso con il commissario di PS Pellegrino e col giudice del Tribunale militare di Lubiana dott. Macis) la costruzione di false prove che servirono a condannare diversi imputati (tra i quali Anton Tomsič alla pena capitale, eseguita in data 21/5/42) per dei reati che non avevano commesso. La responsabilità di Messana e Pellegrino in questo fatto è confermata da documenti dell’archivio della questura di Lubiana [8], che fanno riferimento ad una “operazione di polizia politica” condotte dal vicequestore Mario Ferrante e dal vicecommissario Antonio Pellegrina sotto la direzione personale di Messana, contro una “cellula sovversiva di Lubiana” della quale facevano parte, oltre al Tomsič prima citato, anche Michele Marinko (condannato a 30 anni di reclusione), Vida Bernot (a 25 anni), Giuseppina Maček (a 18 anni) ed altri tre a pene minori. Messana e gli altri furono anche accusati di avere creato false prove nel corso di una indagine da loro condotta, in conseguenza della quale 16 persone innocenti furono fucilate dopo la condanna comminata dal giudice Macis. Si tratta dell’indagine per l’attentato al ponte ferroviario di Prešerje del 15/12/41, per la quale indagine, come risulta da altri documenti della questura di Lubiana dell’epoca, Messana, il suo vice Ferrante, l’ufficiale dei Carabinieri Raffaele Lombardi ed altri agenti e militi furono proposti per onorificenze e premi in denaro per la buona riuscita delle indagini relative all’attentato di Preserje. Nello specifico Messana ricevette come riconoscimento per il suo operato la “commenda dell’Ordine di S. Maurizio e Lazzaro”. Ettore Messana fu anche segnalato con nota del 21/9/45 dall’Alto Commissario Aggiunto per l’Epurazione di Roma al Prefetto di Trieste, che richiese un’indagine alla Polizia Civile del GMA [9]. Il risultato di questa indagine è contenuto in una relazione datata 6/10/45 e firmata dall’ispettore Feliciano Ricciardelli della Divisione Criminale Investigativa [10], dalla quale citiamo alcuni passaggi. “… il Messana era preceduto da pessima fama per le sue malefatte quale Questore di Lubiana. Si vociferava infatti che in quella città aveva infierito contro i perseguitati politici permettendo di usare dei mezzi brutali e inumani nei confronti di essi per indurli a fare delle rivelazioni (…) vi era anche (la voce, n.d.r.) che ordinava arresti di persone facoltose contro cui venivano mossi addebiti infondati al solo scopo di conseguire profitti personali. Difatti si diceva che tali detenuti venivano poi avvicinati in carcere da un poliziotto sloveno, compare del Messana, che prometteva loro la liberazione mediante il pagamento di ingenti importi di denaro. Inoltre gli si faceva carico che a Lubiana si era dedicato al commercio in pellami da cui aveva ricavato lauti profitti. Durante la sua permanenza a Trieste, ove rimase fino al giugno 1943, per la creazione in questa città del famigerato e tristemente noto Ispettorato Speciale di polizia diretto dal comm. Giuseppe Gueli, amico del Messana, costui non riuscì ad effettuare operazioni di polizia politica degne di particolare rilievo. Ma anche qui, così come a Lubiana, egli si volle distinguere per la mancanza assoluta di ogni senso di umanità e di giustizia, che dimostrò chiaramente nella trattazione di pratiche relative a perseguitati politici (…)”. :::::::::::::::::: Ma al Ministero degl’Interni, al SIS si sa bene che trattasi di tentativo titino di criminalizzare l’intera Italia. Siamo nel 1945-46. Orde di ex partigiani titini scendono persino col paracadute in Italia a tentare vendette, a commettere atti di giustizia sommaria, a macchiarsi di infami delitti. Le carte del SIS sono molteplici e inequivocabili. Non punge vaghezza alla Cernigoi di contestualizzare le effervescenze punitive slave con questo clima terroristico che disseminano in Italia? In Jugoslavia da parte dei Partigiani Titini si confezionano reboanti capi di accusa contro i nostri concittadini rei soltanto di esservi stati comandati in tempi di guerra magari con incarichi polizieschi; si mandano granguignoleschi papielli accusatori. Ma sono le stesse commissioni di guerra estere che rimettono, dopo una prima sbozzata, le accuse alle competenti autorità italiane. E in Italia queste più ponderate carte arrivano e queste carte si trovano a Roma, al SIS ed ora in ACS. Ebbene di tutta quella paccottiglia della Cernigoi relativa al Messana, al Ministero giunge il foglietto che noi pubblichiamo. Trattasi dello “STRALCIO RELAZIONE 12”: L’accusa titina infierisce contro magistrati italiani, funzionari di P.S. e soprattutto contro Grazioli che fu un personaggio non del tutto negativo stando agli studi di Sala. Il MESSANA vi viene fatto entrare per il rotto della cuffia: non c’è nulla di specifico contro di lui. Pretestuoso, prevenuto e diffamatorio è volere a tutti i costi il questore come colui “che esortava personalmente gli aguzzini ad infierire contro le proprie vittime”. Quali prove? Nessuna, quali testimonianze? Nessuna, come si poteva affermare. e dalla parte lesa, qualcosa del genere? Fandonia: un questore se ne sta nei suoi uffici, non scende negli scantinati ad incitare scherani ai suoi ordini a violentare innocenti vittime. Fantasie da menti malate o si vede che non si è mai stati in questura a rispondere ad interrogatori sia pure serrati ma per la cultura giuridica italiana sempre con il senso del limite. Tanto è vero che in Italia il SIS neppure prende in considerazione questa calunniosa accusa titina contro il Messana. Anzi il Messana viene inviato persino in Sicilia nell’aspra lotta al banditismo filoamericano del fuori legge Giuliano di Montelepre. E il Questore Ettore Messana viene promosso Ispettore generale di P.S., insignito di onorificenze di altissimo livello e viene nominato Grande Ufficiale; e guarda caso ottiene l’esclusiva commenda dell’Ordine di San Maurizio e Lazzaro, roba sabauda insomma. La ruggine slava, che si può comprendere ma giammai condividere, è solo appiglio per postumi scoop giornalistici che francamente sono disgustosi. La Cernigoi sa che il Messana neppure fu scalfito da quelle infamanti farneticazioni slave. Non c’era materia alcuna. Eppure quando gli slavi accennarono a fatti e vicende che potevano destare sospetto, l’istruttoria scattò accurata, precisa, inflessibile. Le carte del SIS lo dimostrano. Consultarle per credere. Singolare la chiusa degli accusatori slavi: “secondo le istruzioni di GRAZIOLI operavano anche i suoi organi civili e principalmente il questore di Lubiana Ettore Messana, uno dei maggiori carnefici” Ma di grazia quale furono queste “carneficine del Messana? Nulla di nulla. Vi fu l’esecuzione di Tone TOMISIC che invero mi lascia perplesso. Ma quella nacque da una sentenza “del tribunale di guerra di Lubiana preseduto dal dr. MACIS”. Il Sis fece, dopo, una accurata inchiesta. Al SIS si ebbe modo di appurare quale fu il ruolo del Messana. Il Messana aveva minuziosamente ragguagliato la magistratura su l’operato della questura di Libiana. All’ Acs abbiamo trovato il fascicolo. Trattasi della denuncia del 4 aprile del 1942 n. 05698/1942 Gab, di Prot. Il Messana è esaustivo, preciso, formale. Ne riportiamo qui sotto alcune fotocopie. Basta darvi uno sguardo per sbugiardare la Cernigoi e i titini circa l’inventata accusa che il processo era stato intentato “in base a false testimonianze del commissario di P.S. PELLEGRINI e di altre persone al servizio di Grazioli”. No! Invero erano stati i tedeschi che avevano scoperto il covo dei partigiani slavi e avevano costretto la questura ad irruzioni, interrogatori ed arresti0. Noi pensiamo che la stessa sentenza del MACIS sia stata imposta dalla Ghestapo. Ma qui il Messana non c’entrava più. Anzi tutto lascia capire che il Messana fosse tanto poco gradito ai tedeschi da giubilarlo subito dopo quella esecuzione che tantò impressionò; le SS non furono certamente estranei allo sbolognamento del Questore. Appare infatti non gradito ai falchi del Viminale per cui ritirarsi come in subordine a Trieste. Il suo ruolo fu così defilato da fare poi scrivere ai suoi denigratori che ”costui non riuscì ad effettuare operazioni di polizia politica degne di particolare rilievo”. L’addebito dispregiativo negli intenti di allora, oggi suona come epitaffio laudativo del Messana: questi non fu 0 quindi per nulla complice delle famose Foibe che oggi si sono riesumate per doverose condanne.



25 luglio 14.57.46



signorina Cornigoi risponda a queste note Quando leggeremo quello che leggeremo non avremo dubbi nel ritenere codesto questurino a nome Feliciano Ricciardelli un malevolo detrattore, in anonimato, del grande Ettore Messana che dovrebbe essere stato suo superiore e che certamente non ebbe ad apprezzarlo. Al suo paese irpino si fu di manica larga: gli si dedicò una via e si cercò di santificarlo. Abbiamo un tempo riportato locandine manifesti e dicerie elogiative ma non c'era molto da addurre a lode omaggiante. Si disse "uomo giusto". Un epiteto alquanto singolare per uno che di mestiere aveva fatto il poliziotto di un reparto politico decisamente fascista. E redigeva rapporti infamanti di sospetti e dispetti a base di "corre voce", "si dice", "non poteva non sapere", " era suo subordinato il vero malfattore (se poi tale era)" "lo spalleggiava" "forse ne fu compare" e niente più. Ma proprio niente di più sul suo grande superiore l'Ispettore generale della PS il Gr.Uff. Dottore Ettore Messana. E quando le scrive queste cose? Quando ancora modesto funzionarietto di questura, relegato ad una insignificante periferia. Nell'ottobre del 1945, crede che è giunto il momento di togliersi un sassolino dalla scarpa contro l'invidiato suo ex Superiore che invece di carriera ne ha già fatta e con onore e per la stima di un superbo uomo di Stato, nientemeno l'on. Alcide De Gasperi. E quel insignificante rapportino finisce obliato e trascurato in mano non autorevole e ci vuole tutta la malafede di rampanti speculatori dell'antitalianità per riesumarlo e farne fonte di autorevolissima fede quando scricchiola da tutte le parti. E ciò è tanto vero che Roma repubblicana e democratica e indubitabilmente antifascista non vi diede peso alcuno. Del resto non ne aveva: non un fatto, non una prova, non una certezza. Solo pettegolezzi astiosi di bassa caserma poliziesca. lunedì 12 settembre 2011 L’Ufficio di Presidenza dell’Associazione Amo Montemarano, in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia, organizza il convegno dal titolo: “Servire la Patria. L’Esempio di un Compaesano, un Questore, un uomo Giusto: dott. Feliciano Ricciardelli”. L’appuntamento è per sabato 17 settembre alle ore 18:00 presso l’Auditorium dell’Edificio Scolastico di Montemarano. Ma ecco cosa scriveva ancora il Ricciardelli: “Fra le insistenti voci che allora circolavano vi era anche quella che egli ordinava arresti di persone facoltose, contro cui venivano mossi addebiti infondati al solo scopo di conseguire profitti personali. Difatti si diceva che tali detenuti venivano poi avvicinati in carcere da un poliziotto sloveno, compare del Messana, che prometteva loro la liberazione mediante il pagamento di ingenti importi di denaro.” Inoltre gli si faceva carico che a Lubiana si era dedicato al commercio in pellami, da cui aveva ricavato lauti profitti.” Qui siamo nell’esilarante: il Mesana arriva in esordio a metà del 1941 a Lubiana. Incontra subito difficoltà inaudite. Come scrive in una lettera riportata dal grande studioso Sala, viene subito esautorato di fatto dall’esercito. Mussolini voleva una “guerra parallela” ma solo per dimostrare ai tedeschi come può esserci una “occupazione umanitaria”. Del resto a Lubiana vi esano molti coloni italiani e questi Mussolini voleva anche proteggere dalle barbarie teutoniche che erano ben note. In un primo momento, dicono gli stocici seri, si cercò a Lubiana di impiantare industrie e attività economiche secondo le concezioni coloniali fasciste. Forse qualche apporto vi fu da parte del Messana. Ma è da escludere. Ove si eccettui forse l’avere comprato del legnami per farsi fare una “camera” per la quale nella famiglia Messana si vagheggia ancora, di quello che insinua il Ricciardelli non resta altro che il sospetto di una malevolenza di bassa cucina burocratica. E la Cernigoi vi corre dietro: “Durante la sua permanenza a Trieste, per la creazione in questa città del famigerato e tristemente noto ispettorato speciale di polizia diretto dal comm. Giuseppe Gueli, amico del Messana, costui non riuscì ad effettuare operazioni di polizia politica degne di particolare rilievo.” Insomma qui la colpa del Messana è solo quella di essere “amico” del commendatore Gueli ma il Messana “non riuscì ad effettuare operazioni di polizia degne di particolre rielievo”. Onore al merito ma no!? Ecco invece come pasticcia il Ricciardelli, se l’anomalo rapporto è suo: “Ma anche qui come a Lubiana, egli si volle distinguere per la mancanza assoluta di ogni senso di umanità e di giustizia che dimostrò chiaramente nella trattazione di pratiche relative a perseguitati politici, responsabili di attività antifascista molto limitata. In proposito” Quali elementi ha il Ricciardelli per stabilire “la mancanza assoluta di ogni senso di umanità ” del Messana’? Nessuno. Un ppoliziotto che misura la latitudine del “senso di umanità” è singolare. Siamo dunque a quelle infanganti veline che riempiono i dossier degli archivi di Uffici di polizia, più o meno segreti. Mi si dirà: vuoi dei fatti? Eccoteli! “Si ritiene opportuno segnalare un episodio che dimostra la sua malvagità d’animo una notte del gennaio 1943 senza alcun addebito specifico ed all’insaputa dello stesso Ufficio Politico della Questura, ordinò l’arresto di oltre venti ebrei fra cui si ricordano i nomi dei fratelli Kostoris Marco e Leone, Romano Davide, Israele Felice e l’avvocato Volli Ugo che vennero proposti al Ministero per l’internamento, perché ritenuti politicamente pericolosi. E che il Messana avesse agito per pura malvagità e, probabilmente, per cercare di accattivarsi la benevolenza della locale federazione fascista, con la quale non intercorrevano cordiali rapporti, lo dimostra il fatto che lo stesso Ministero respinse la proposta. Ordinando la scarcerazione dei predetti che furono rilasciati dopo oltre un mese di carcere (per più dettagliati particolari e per conoscere tutti i nomi degli arrestati, esaminare i precedenti al Ministero, poiché gli atti dell’Ufficio Politico della locale Questura, furono asportati o distrutti dalle truppe jugoslave di occupazione della città ai primi di maggio u. s.) Che possiamo obiettare? Come fa il R icciardelli ad affermare che “non c’era addebito specifico” e che tutto avvenne all’insaputa dello stesso ufficio politico della Questura (ove pare che militasse proprio il Ricciardelli e quell’ufficio fascista, deleterio e terrificante, era appunto ”politico”). Lui stesso aggiunge che per “più dettagliati particolari e per i precedenti” occorreva esaminare gli atti del Ministero. Quindi lui non ce l’ha. Noi ancora al ministero non abbiamo trovato nulla, ovviamente tra le carte riversate all’ACS. E furbacchione soggiunge che “gli atti dell’Ufficio Politico della Questura furono asportati o distrutti dalle truppe jugoslave di occupazione ,, ai primi di maggio u.s. Peccato! chissà quanti malefizi della politica ove dimorava il Ricciardelli avremmo trovato. E tutto ci fa pensare che fosse alquanto pressato da quelle “truppe jugoslave” per scrivere sotto ricatto quelle amenità da bassa cucina poliziesca di forte olezzo fascista. Ma il fatto si riduce ad un denegato internamento di ebrei. Il ministero non avrebbe sicuramente avuto tanta indulgenza in epoca di forte persecuzione razziale se il Messana nel rappresentare la faccenda non si fosse sapientemente, come sapeva fare, adoperato per propiziare il provvedimento assolutorio. Ma giratela come volete, li Ricciardelli nulla prova di di censurabile contro il Messana e tutto sa di meschineria diffamatoria, la classica ripicca del subordinato. Da qui a fare del Messana un Criminale di guerra dedito ai crimini contro l’umanità ce ne corre. Nessun tribunale straniero o italico osò tanto. Procediamo nelle accuse del Ricciardelli. “Risulta in modo indubbio che il Messana, quale componente la locale commissione provinciale per i provvedimenti di polizia, infierì in modo particolare contro i denunziati. Difatti egli, anche per colpe di lieve entità per quanto riguardava i denunziati per il confino chiedeva sempre il massimo della pena. Tale comportamento veniva aspramente criticato dagli altri componenti la commissione e finanche dal Prefetto fascista Tullio Tamburini, presidente della commissione stessa.[3]” Il Messana era certo un duro, ma ciò costituisce colpa? Colpa grave? Vogliamo metterci allora ad osannare il Prefetto fascista Tullio Tamburini? E per chiusura il denigratore subalterno, a forca di volere diffamare, finisce con testimoniare a favore proprio del Messana. “Destituito Mussolini, nonostante avesse eletto domicilio a Trieste, se ne allontanò ben presto facendo perdere di fatto le sue tracce. Alla data del 2 novembre era ancora irreperibile e in tale veste fu dichiarato dimissionario d’ufficio”. [4] Che un forsennato poliziotto s’induca a tale sortita che lo copre di ridicolo, si può tollerate ma che la Cernigoi vi si accodi è faccenda incomprensibile. Dunque, quanto sopra che vuol dire? Il Messana, dopo l’8 settembre, si guarda bene dall’aderire alla RSI, si rende irreperibile a Trieste, ci rimette anche lo stipendio, e certi suoi colleghi e subordinati quali il Ricciardelli si affrettano a dichiararlo “dimissionario di ufficio” incappando in un abuso in atti pubblici che a guerra finita doveva essere perseguito. Ed è certo che per Trieste il periodo repubblichino fu il più tragico: in quel biennio Messana non c’era alla questura di Trieste, Ricciardelli, invece, sì. E addirittura nel criminale ufficio fascista della “politica”. E’ l’accusatore che a questo punto è oggetto di censura non il Messana che se ne torna a Roma pur di non collaborare con fascisti repubblichini e tedeschi dalla doppia esse. Ammirevole! Ecco perché tempo fa avevamo scritto: Di tutta questa accozzaglia di dicerie, presunzioni, maldicenze, sospetti, anonime delazioni nessun fatto, lo affermiamo senza tema di smentita, fu mai provato, nessun misfatto fu mai addebitato all'Ispettore Generale di PS gr.uff. Ettore Messana. Tutto finito nel nulla dell'ARCHIVIATO. Non luogo a procedere. Chi rispolvera questo documento che per di più potrebbe risultare persino apocrifo si macchia a mio avviso di diffamazione calunniatrice. Certamente non fa storia. signorina Cornigoi risponda a queste note Quando leggeremo quello che leggeremo non avremo dubbi nel ritenere codesto questurino a nome Feliciano Ricciardelli un malevolo detrattore, in anonimato, del grande Ettore Messana che dovrebbe essere stato suo superiore e che certamente non ebbe ad apprezzarlo. Al suo paese irpino si fu di manica larga: gli si dedicò una via e si cercò di santificarlo. Abbiamo un tempo riportato locandine manifesti e dicerie elogiative ma non c'era molto da addurre a lode omaggiante. Si disse "uomo giusto". Un epiteto alquanto singolare per uno che di mestiere aveva fatto il poliziotto di un reparto politico decisamente fascista. E redigeva rapporti infamanti di sospetti e dispetti a base di "corre voce", "si dice", "non poteva non sapere", " era suo subordinato il vero malfattore (se poi tale era)" "lo spalleggiava" "forse ne fu compare" e niente più. Ma proprio niente di più sul suo grande superiore l'Ispettore generale della PS il Gr.Uff. Dottore Ettore Messana. E quando le scrive queste cose? Quando ancora modesto funzionarietto di questura, relegato ad una insignificante periferia. Nell'ottobre del 1945, crede che è giunto il momento di togliersi un sassolino dalla scarpa contro l'invidiato suo ex Superiore che invece di carriera ne ha già fatta e con onore e per la stima di un superbo uomo di Stato, nientemeno l'on. Alcide De Gasperi. E quel insignificante rapportino finisce obliato e trascurato in mano non autorevole e ci vuole tutta la malafede di rampanti speculatori dell'antitalianità per riesumarlo e farne fonte di autorevolissima fede quando scricchiola da tutte le parti. E ciò è tanto vero che Roma repubblicana e democratica e indubitabilmente antifascista non vi diede peso alcuno. Del resto non ne aveva: non un fatto, non una prova, non una certezza. Solo pettegolezzi astiosi di bassa caserma poliziesca. lunedì 12 settembre 2011 L’Ufficio di Presidenza dell’Associazione Amo Montemarano, in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia, organizza il convegno dal titolo: “Servire la Patria. L’Esempio di un Compaesano, un Questore, un uomo Giusto: dott. Feliciano Ricciardelli”. L’appuntamento è per sabato 17 settembre alle ore 18:00 presso l’Auditorium dell’Edificio Scolastico di Montemarano. Ma ecco cosa scriveva ancora il Ricciardelli: “Fra le insistenti voci che allora circolavano vi era anche quella che egli ordinava arresti di persone facoltose, contro cui venivano mossi addebiti infondati al solo scopo di conseguire profitti personali. Difatti si diceva che tali detenuti venivano poi avvicinati in carcere da un poliziotto sloveno, compare del Messana, che prometteva loro la liberazione mediante il pagamento di ingenti importi di denaro.” Inoltre gli si faceva carico che a Lubiana si era dedicato al commercio in pellami, da cui aveva ricavato lauti profitti.” Qui siamo nell’esilarante: il Mesana arriva in esordio a metà del 1941 a Lubiana. Incontra subito difficoltà inaudite. Come scrive in una lettera riportata dal grande studioso Sala, viene subito esautorato di fatto dall’esercito. Mussolini voleva una “guerra parallela” ma solo per dimostrare ai tedeschi come può esserci una “occupazione umanitaria”. Del resto a Lubiana vi esano molti coloni italiani e questi Mussolini voleva anche proteggere dalle barbarie teutoniche che erano ben note. In un primo momento, dicono gli stocici seri, si cercò a Lubiana di impiantare industrie e attività economiche secondo le concezioni coloniali fasciste. Forse qualche apporto vi fu da parte del Messana. Ma è da escludere. Ove si eccettui forse l’avere comprato del legnami per farsi fare una “camera” per la quale nella famiglia Messana si vagheggia ancora, di quello che insinua il Ricciardelli non resta altro che il sospetto di una malevolenza di bassa cucina burocratica. E la Cernigoi vi corre dietro: “Durante la sua permanenza a Trieste, per la creazione in questa città del famigerato e tristemente noto ispettorato speciale di polizia diretto dal comm. Giuseppe Gueli, amico del Messana, costui non riuscì ad effettuare operazioni di polizia politica degne di particolare rilievo.” Insomma qui la colpa del Messana è solo quella di essere “amico” del commendatore Gueli ma il Messana “non riuscì ad effettuare operazioni di polizia degne di particolre rielievo”. Onore al merito ma no!? Ecco invece come pasticcia il Ricciardelli, se l’anomalo rapporto è suo: “Ma anche qui come a Lubiana, egli si volle distinguere per la mancanza assoluta di ogni senso di umanità e di giustizia che dimostrò chiaramente nella trattazione di pratiche relative a perseguitati politici, responsabili di attività antifascista molto limitata. In proposito” Quali elementi ha il Ricciardelli per stabilire “la mancanza assoluta di ogni senso di umanità ” del Messana’? Nessuno. Un ppoliziotto che misura la latitudine del “senso di umanità” è singolare. Siamo dunque a quelle infanganti veline che riempiono i dossier degli archivi di Uffici di polizia, più o meno segreti. Mi si dirà: vuoi dei fatti? Eccoteli! “Si ritiene opportuno segnalare un episodio che dimostra la sua malvagità d’animo una notte del gennaio 1943 senza alcun addebito specifico ed all’insaputa dello stesso Ufficio Politico della Questura, ordinò l’arresto di oltre venti ebrei fra cui si ricordano i nomi dei fratelli Kostoris Marco e Leone, Romano Davide, Israele Felice e l’avvocato Volli Ugo che vennero proposti al Ministero per l’internamento, perché ritenuti politicamente pericolosi. E che il Messana avesse agito per pura malvagità e, probabilmente, per cercare di accattivarsi la benevolenza della locale federazione fascista, con la quale non intercorrevano cordiali rapporti, lo dimostra il fatto che lo stesso Ministero respinse la proposta. Ordinando la scarcerazione dei predetti che furono rilasciati dopo oltre un mese di carcere (per più dettagliati particolari e per conoscere tutti i nomi degli arrestati, esaminare i precedenti al Ministero, poiché gli atti dell’Ufficio Politico della locale Questura, furono asportati o distrutti dalle truppe jugoslave di occupazione della città ai primi di maggio u. s.) Che possiamo obiettare? Come fa il R icciardelli ad affermare che “non c’era addebito specifico” e che tutto avvenne all’insaputa dello stesso ufficio politico della Questura (ove pare che militasse proprio il Ricciardelli e quell’ufficio fascista, deleterio e terrificante, era appunto ”politico”). Lui stesso aggiunge che per “più dettagliati particolari e per i precedenti” occorreva esaminare gli atti del Ministero. Quindi lui non ce l’ha. Noi ancora al ministero non abbiamo trovato nulla, ovviamente tra le carte riversate all’ACS. E furbacchione soggiunge che “gli atti dell’Ufficio Politico della Questura furono asportati o distrutti dalle truppe jugoslave di occupazione ,, ai primi di maggio u.s. Peccato! chissà quanti malefizi della politica ove dimorava il Ricciardelli avremmo trovato. E tutto ci fa pensare che fosse alquanto pressato da quelle “truppe jugoslave” per scrivere sotto ricatto quelle amenità da bassa cucina poliziesca di forte olezzo fascista. Ma il fatto si riduce ad un denegato internamento di ebrei. Il ministero non avrebbe sicuramente avuto tanta indulgenza in epoca di forte persecuzione razziale se il Messana nel rappresentare la faccenda non si fosse sapientemente, come sapeva fare, adoperato per propiziare il provvedimento assolutorio. Ma giratela come volete, li Ricciardelli nulla prova di di censurabile contro il Messana e tutto sa di meschineria diffamatoria, la classica ripicca del subordinato. Da qui a fare del Messana un Criminale di guerra dedito ai crimini contro l’umanità ce ne corre. Nessun tribunale straniero o italico osò tanto. Procediamo nelle accuse del Ricciardelli. “Risulta in modo indubbio che il Messana, quale componente la locale commissione provinciale per i provvedimenti di polizia, infierì in modo particolare contro i denunziati. Difatti egli, anche per colpe di lieve entità per quanto riguardava i denunziati per il confino chiedeva sempre il massimo della pena. Tale comportamento veniva aspramente criticato dagli altri componenti la commissione e finanche dal Prefetto fascista Tullio Tamburini, presidente della commissione stessa.[3]” Il Messana era certo un duro, ma ciò costituisce colpa? Colpa grave? Vogliamo metterci allora ad osannare il Prefetto fascista Tullio Tamburini? E per chiusura il denigratore subalterno, a forca di volere diffamare, finisce con testimoniare a favore proprio del Messana. “Destituito Mussolini, nonostante avesse eletto domicilio a Trieste, se ne allontanò ben presto facendo perdere di fatto le sue tracce. Alla data del 2 novembre era ancora irreperibile e in tale veste fu dichiarato dimissionario d’ufficio”. [4] Che un forsennato poliziotto s’induca a tale sortita che lo copre di ridicolo, si può tollerate ma che la Cernigoi vi si accodi è faccenda incomprensibile. Dunque, quanto sopra che vuol dire? Il Messana, dopo l’8 settembre, si guarda bene dall’aderire alla RSI, si rende irreperibile a Trieste, ci rimette anche lo stipendio, e certi suoi colleghi e subordinati quali il Ricciardelli si affrettano a dichiararlo “dimissionario di ufficio” incappando in un abuso in atti pubblici che a guerra finita doveva essere perseguito. Ed è certo che per Trieste il periodo repubblichino fu il più tragico: in quel biennio Messana non c’era alla questura di Trieste, Ricciardelli, invece, sì. E addirittura nel criminale ufficio fascista della “politica”. E’ l’accusatore che a questo punto è oggetto di censura non il Messana che se ne torna a Roma pur di non collaborare con fascisti repubblichini e tedeschi dalla doppia esse. Ammirevole! Ecco perché tempo fa avevamo scritto: Di tutta questa accozzaglia di dicerie, presunzioni, maldicenze, sospetti, anonime delazioni nessun fatto, lo affermiamo senza tema di smentita, fu mai provato, nessun misfatto fu mai addebitato all'Ispettore Generale di PS gr.uff. Ettore Messana. Tutto finito nel nulla dell'ARCHIVIATO. Non luogo a procedere. Chi rispolvera questo documento che per di più potrebbe risultare persino apocrifo si macchia a mio avviso di diffamazione calunniatrice. Certamente non fa storia.



25 luglio 18.19.12



Reitero una mia lettera all’avvocato mio cigino Gigi Restivo Uno storico davvero professionale e serio quale il prof. Sala, deceduto, ha pubblicato volumi sulla vicenda della "guerra parallela" che consentì al Duce di istituire questa cosiddetta provincia di Lubiana per insegnare ai tedeschi come occupare un territorio straniero e gestirlo "umanitariamente". Emerge che il Messana cercò nel primo anno della "provincia" di attuare quella politica "umanitaria e civile" ma non poté fare molto perché "esautorato dall'esercito". Questo emerge da una probante corrispondenza che naturalmente la Cernigoi o ignora o intenzionalmente oblitera. Per il resto la Cernigoi si avvale della "postuma" farneticazione del Ricciardelli, la quale credo di avere disinnescato in miei post che mi pare hai letto (magari - scusami - molto superficialmente). Ad ogni buon conto sto reiterandoli. Altre pagine di tre testi della Bompiani si ostinano a martellare per infamare indegnamente il Messana e cioè quelle che attengono alla faccenda di Riesi del 1919 e alla pretesa correità con fra Diavolo nell'ambito della tragica storia del bandito Giuliano; mi dicevi ieri che anche a te apparivano "cazzate". Non so se confermi o hai dei ripensamenti. Io resto maggiormente confermato in favore del Messana ------------------------------- bandito Giuliano ---------------------- La strage di Portella della Ginestra/ Documenti sulla strage/Documento 13 VERBALE INTERROGATORIO DELL’ISPETTORE VITO MESSANA [rectius ETTORE] Verbale di continuazione di dibattimento del 20 luglio 1951 [cartella 4, vol. V, n. 5] D’ordine del Presidente, introdotto il testimone Messana Ettore fu Clemente di anni 66, nato a Racalmuto (Agrigento) e domiciliato in Roma, Ispettore di Ps. [Ettore Messana non nacque a Racalmuto, bens^ a Gela da Clemente Messana. Nato nel 1988, per avere 66 anni dobbiamo essere nel 1956, n.d.r.] Interrogato in merito ai fatti della causa, risponde: «Fui mandato in Sicilia a capo dell’Ispettorato Generale di P.S. per la Sicilia nel maggio 1945 e vi rimasi fino a tutto luglio 1947. Il decreto che istituì l’Ispettorato è dell’aprile 1945 e funzione di tale organo fu quella di integrare l’opera repressiva e preventiva nell’eliminazione del banditismo ed in genere della delinquenza associata in Sicilia». D. R. «Io ebbi a mia disposizione 750 carabinieri, 350 agenti e 14 funzionari, che distribuii in tutte le province della Sicilia da Messina a Trapani. Fui io che istituii i nuclei di carabinieri e polizia nei centri dove a me sembrò che dovessero essere istituiti. Le mie prime operazioni feci nelle province di Agrigento e di Catania. Verso la fine del 1945 incominciò ad affiorare l’attività della banda Giuliano. Tale fatto fece aumentare la mia attività tanto più che la banda Giuliano e quella di Avila si erano poste al servizio dell’Evis». D. R. «Ebbi notizia dei fatti di Portella nelle ore pomeridiane del 1° maggio 1947. Mi recai ad una riunione indetta dal prefetto Vittorelli, dove si stabilì una certa azione da svolgersi. L’indomani mi recai a Piana degli Albanesi ed a San Giuseppe Jato, ove già si era proceduto all’arresto di quattro persone ad opera di un nucleo dipendente dall’Ispettorato e dove si era proceduto a largo rastrellamento arrestando centinaia di persone sospette, le quali però furono quasi tutte rimesse in libertà. Non essendo emersa a loro carico alcuna responsabilità». D. R. «Tutto ciò venne fatto ad opera della questura che si limitò poi a denunciare solo i quattro arrestati». D. R. «In una riunione tenuta anche alla presenza dell’Ispettore Generale di P. S. Rosselli, inviato a Palermo dal Ministero, fu deciso da quest’ultimo che la direzione delle indagini dovesse essere affidata al questore Giammorcaro e fu così che io passai alle dipendenze di costui» D. R. «Si venne frattanto a conoscenza che il 1° maggio era stato sequestrato, dopo la sparatoria, un campiere, certo Busellini, del quale non si seppe nulla per tanti giorni e che poi fu trovato ucciso in un fossato da un nucleo alle mie dipendenze». D. R. «Non so se il ritrovamento del cadavere del Busellini avvenne a mezzo di cani poliziotti od a mezzo solo di ricerche». D. R. «Mi sembra di ricordare che sul petto del cadavere del Busellini fu trovato un cartello con la scritta «questa è la fine dei traditori», la qualcosa ci convinse che il delitto era stato consumato dalla banda Giuliano. Tale convinzione ci facemmo anche per il delitto di Portella poiché ci convincemmo che colui che aveva ucciso Busellini era uno di quelli che aveva sparato a Portella». D.R. «Noi dell’Ispettorato, fin dal primo momento, pensammo che la strage di Portella era da attribuirsi alla banda Giuliano, perché il fatto era avvenuto nella zona così detta d’imperio della banda stessa, mentre l’Angrisani ed il Guarino avevano orientamento diverso». D. R. «Tale convincimento da parte dell’Ispettorato fu però rafforzato dal rinvenimento del cadavere del Busellini». Contestatogli che nel verbale di rinvenimento del cadavere del Busellini non vi è traccia del cartello rinvenuto sul suo cadavere, risponde: «Può darsi che io abbia un cattivo ricordo di tale fatto, ma pure mi sembra di ricordare così». D. R. «Le indagini continuarono e solo nel giugno avvennero i primi fermi effettuati dal nucleo centrale comandato dal colonnello Paolantonio, il quale mi riferiva lo sviluppo di esse». D. R. «Il rapporto n. 37 fu redatto quando io non ero più Ispettore Generale in Sicilia, essendo stato sostituito il 1.8.47 dal questore di Napoli Coglitori». D. R. «Quasi tutti i fermi avvennero durante la mia permanenza in Sicilia ed io, giorno per giorno, venivo informato di quanto si riusciva a sapere dai fermati». D. R. «L’Ispettorato aveva dei confidenti ed inoltre era in contatto con alcuni elementi che ci ponevano in comunicazione con il bandito Ferreri Salvatore». D. R. «Io nessun contatto diretto ebbi col Ferreri, solo ebbi rapporti con lui tramite i suddetti elementi di collegamento». D. R. «Escludo che Ferreri mi abbia fatto sapere i nomi di coloro che avevano partecipato all’azione di Portella; può darsi che qualche indicazione l’abbia data al colonnello Paolantonio oppure ad un altro funzionario di P.S., certo Zappone, che io avevo dislocato nella zona di Partinico e che fu ucciso a Borgetto in un agguato». D. R. «Il nostro convincimento che l’azione di Portella era dovuta alla banda Giuliano fu maggiormente rafforzato dal riconoscimento effettuato da quattro cacciatori sequestrati in quella mattina del 1° maggio, i quali in una fotografia di persona a cavallo riconobbero proprio colui che ritenevano fosse il capo del gruppo che li aveva sequestrati». D. R. «Il colonnello Paolantonio, fin quando io restai in Sicilia, non mi parlò mai del fermo di alcuno ritenuto partecipe della strage di Portella per confidenze avute dal Ferreri». D. R. «Escludo di aver avuto mai rapporti con Pisciotta Gaspare, come escludo di avergli rilasciato un tesserino di riconoscimento sia al suo nome che a quello di Faraci Giuseppe». Co0ntestatogli che il Pisciotta ha affermato invece di aver avuto rilasciato un tesserino proprio da lui che glielo fece recapitare tramite Ferreri, risponde: «Escludo nel modo più reciso che ciò sia avvenuto». Richiamato l’imputato Gaspare Pisciotta e contestatagli la dichiarazione resa dall’Ispettore Messana a proposito del tesserino, risponde: «Il tesserino lo ebbi tramite Ferreri, portava la firma Messana, aveva i timbri dell’Ispettorato, fu strappato ed io spero che colui che lo ha strappato, se ha coscienza, lo dirà». D. R. «Luca potrà dire qualcosa in merito, può darsi che il tesserino esista ancora, ma a me risulta che fu stracciato». Il teste Messana: D. R. «Io facevo da organo propulsore nell’attività dei miei funzionari; dissi loro di indagare anche sulla ragione per cui Giuliano fece l’azione di Portella ma nessuno di essi mi parlò mai su tale fatto». D. R. «Andai via dalla Sicilia il 31.7.1947 e quindi non mi occupai più della cosa». A domanda dell’Avv. Sotgiu, risponde: «Non ricordo di aver rilasciato al Ferreri un tesserino di libera circolazione, ma non escludo che esso possa essere stato rilasciato da altri sotto il mio nome, essendo io il capo dell’Ispettorato. Devo dire per altro che la mia firma ufficiale è quasi inintellegibile come Messana, anzi ritengo che sia del tutto inintellegibile». D.R. «Non rilasciai tesserini di libera circolazione ai confidenti, non so se ne furono rilasciati a mio nome dai miei dipendenti che nulla mi riferivano intorno al rilascio di essi poiché ognuno ha i propri confidenti ed intorno a noi si mantiene il più stretto riserbo anche con i superiori». D.R. «Io fornivo il danaro che mi richiedevano per i confidenti ai miei dipendenti, i quali mi rilasciavano ricevuta sulla quale si limitavano a dire. -- per un confidente- senza indicarne le generalità». D.R. «Certamente i rapporti col Ferreri iniziarono prima della strage di Portella. Ricordo di aver saputo, attraverso la fonte Ferreri, che Giuliano voleva attentare alla vita dei dirigenti del Partito Comunista di Palermo, fra i quali il Li Causi. Informai per la opportuna vigilanza il questore e fu il colonnello Paolantonio che avvisò direttamente il Li Causi». D.R. «Al padre del Ferreri feci dare un porto d’armi, ma ciò rientrava nel progetto di venire all’arresto di Giuliano. Sentii parlare del rinvenimento del predetto porto d’armi sul cadavere del Ferreri, ma ciò non constatai personalmente». D.R. «Escludo che il padre del Ferreri facesse parte della banda Giuliano». D.R. «Non mi risulta che dopo l’amnistia dell’Evis Giuliano abbia mantenuto rapporti con persone insospettabili». D.R. «Dopo di me all’Ispettorato ci fu Coglitore, poi Modica, poi Spanò, poi Verdiani» D.R. «Non ricordo i nominativi dei componenti la banda Giuliano». D.R. «Esiste un rapporto intorno alle bande armate dell’Evis ed all’attività da esse spiegate, rapporto redatto dal nucleo centrale alle mie dipendenze». D.R. «Sono a conoscenza dei nomi in esso compresi, può darsi che l’elenco contenuto in detto rapporto non sia completo e non comprenda tutta la materia, essendo potuta qualcosa essere sfuggita e qualcosa sopraggiungere». D.R. «Non ricordo il nome di Genovesi Giovanni tra i confidenti della polizia, né so se egli sia stato interrogato dal colonnello Denti». A domanda dell’avv. Crisafulli, risponde: «Per il fatto di Portella venne in Sicilia un Ispettore generale del Ministero, come di solito avviene quando succedono fatti di una certa rilevanza». D.R. «Detto Ispettore riunì tutti gli organi di polizia in questura e poiché ogni organo comunicò i risultati delle indagini svolte, l’Ispettore volle che le varie attività fossero coordinate e quindi, senza esautorare e sostituire alcuno, dette la direzione al questore Giammorcaro al quale doveva essere comunicata ogni attività degli organi di polizia. Tutto ciò per quanto riguarda i fatti di Portella». D.R. «Mi fu detto che il Ferreri fu operato di appendicite». A domanda dell’avv. Sotgiu, risponde: «Non mi risulta che al Ferreri sia stata rilasciata una tessera intestata a Salvo Rossi, autista del colonnello Paolantonio». A domanda dell’avv. Crisafulli, risponde: «Parlando di un rapporto Coglitore mi riferivo solo al rapporto firmato dal maresciallo Lo Bianco relativo ai fatti di Portella» A domanda del Pisciotta Gaspare, risponde: «Escludo di essere stato io a consegnare i mitra al Ferreri, né mi risulta che ciò sia stato fatto da qualcuno dell’Ispettorato. A quell’epoca avevamo penuria di armi». Il Pisciotta aggiunge: «I cinque mitra servirono per l’azione di Portella, secondo quanto mi disse Ferreri». Dopo di che il Presidente rinvia la prosecuzione del dibattimento all’udienza del 23.7.1951 ore 9,30. Calogero Taverna a 21:57 Link a questo post



27 luglio 18.26.54



Io non so se potrò correttamente continuare a sentirmi vetero comunista dopo che mesi di ricerche sul commissario Messana mi stanno stravolgendo tantissimi giudizi e tantissime condanne. Su tutti questi personaggi avrei da dire la mia che è capovolta anche rispetto ad assiomi che per il meritevole storico Casarrubea sono verità di fede. Scelba, ricordiamocelo, fu quello delle leggi Scelba che stroncarono il fascismo che stava risuscitando. Sulla faccenda Giuliano quando andremo a studiare le carte della NARA in America ne scopriremo delle belle. Il dottor Navarra non fu dei migliori ma neanche dei peggiori di un certo nostro mondo. Se penso a Guarino Amella, le mie certezze rosse schricchiolano. Se penso all'on. Montalbano, da rabbrividire. E lo stesso Licausi dove voleva andare a parare? Perché se la prese tanto con Messana, quando credo che sia stato lo stesso Scelba a liquidarlo come ispettore generale di PS? Perché non si dà peso a quanto andava relazionando a Roma sui finanziamenti americani alla EVIS il questore Ettore Messana? Non è tempo di mandare al macero tutti i luoghi comuni sul comunismo siciliano del dopo guerra? Revisionismo? Quando c'è di mezzo la verità, non 'è revisionismo che tenga! Chi uccise il sindaco socialista di Favara nella prima metà degli anni 'Quaranta? Ce lo vogliamo fare raccontare dal dottore Calogero Castronovo che mi pare adesso consigliere comunale di questa meravigliosa ma chiacchierata cittadina propinqua a Racalmuto?



28 luglio 17.43.19



22 ore fa SCRIVEVO Io non so se potrò correttamente continuare a sentirmi vetero comunista dopo che mesi di ricerche sul commissario Messana mi stanno stravolgendo tantissimi giudizi e tantissime condanne. Su tutti questi personaggi avrei da dire la mia che è capovolta anche rispetto ad assiomi che per il meritevole storico Casarrubea sono verità di fede. Scelba, ricordiamocelo, fu quello delle leggi Scelba che stroncarono il fascismo che stava risuscitando. Sulla faccenda Giuliano quando andremo a studiare le carte della NARA in America ne scopriremo delle belle. Il dottor Navarra non fu dei migliori ma neanche dei peggiori di un certo nostro mondo. Se penso a Guarino Amella, le mie certezze rosse scricchiolano. Se penso all'on. Montalbano, da rabbrividire. E lo stesso Licausi dove voleva andare a parare? Perché se la prese tanto con Messana, quando credo che sia stato lo stesso Scelba a liquidarlo come ispettore generale di PS? Perché non si dà peso a quanto andava relazionando a Roma sui finanziamenti americani alla EVIS il questore Ettore Messana? Non è tempo di mandare al macero tutti i luoghi comuni sul comunismo siciliano del dopo guerra? Revisionismo? Quando c'è di mezzo la verità, non 'è revisionismo che tenga! Chi uccise il sindaco socialista di Favara nella prima metà degli anni 'Quaranta? Ce lo vogliamo fare raccontare dal dottore Calogero Castronovo che mi pare adesso consigliere comunale di questa meravigliosa ma chiacchierata cittadina propinqua a Racalmuto? Mi risponde il prof. Casarrubea: E' proprio così, caro dottore. Bisogna mettere in discussione verità date e cercare con altri strumenti, quelli della ricerca e della fatica personale, come fa lei, le verità che ci servono per il futuro. Mia riposta: La ringrazio proprio per queste Sue graditissime parole. Mi è rincresciuto che la Cernigoi mi abbia frainteso e sia partita alquanto, mi consenta, istericamente. Avendo tutta la vita fatte ispezioni bancarie e tributarie la mia propensione è solo quella di cercare di intessere un dialogo col dio - di solito il demone - ascoso nel profluvio di carte e documenti e contabilità e pezze d'appoggio e contraffatte dichiarazioni. Proprio oggi mi sono recato alla Biblioteca Nazionale qui a Roma e ho consultato il 1919 del Giornale di Sicilia. Ho trovato le corrispondenze sul celebre caso di Riesi. Sfido chiunque a dirmi che vi si parla di un certo commissario Messana. Se penso ai film, ai convegni, all'ANPI di Palermo mi disoriento. Sono sincero: Lei cade nel trabocchetto teso da Li Causi. Per ragioni che non so e in tempi molto sospetti, quando forse voleva far carriera nel PCI (e il carrierismo là fu feroce; ne so qualcosa per confidenze avute) volle fare apparire il giubilato Ispettore Generale di P.S. gr.uff. comm. dell'Ordine di S. Maurizio e Lazzaro dottore Ettore Messana la reincarnazione di Bava Beccaris per la faccenda di Riesi, il negriero di Lubiana per l'istruttoria al processo Tomsic e il "compare" di Ferreri alias fra Diavolo. In base alla mole di documenti e di ricostruzioni storiche che ho potuto trovare o condurre soprattutto per l'ausilio (magari non voluto) che Ella con i suoi tre preziosi testi pubblicati da Bompiani, sono giunto alla conclusione che a Riesi Messana non c'era o se c'era il suo ruolo fu marginale e nessun tribunale ebbe mai ad inquisirlo; che la faccenda di Lubiana è uno dei tanti aspetti dell'insana guerra che volle Mussolini e che il Messana, quale subalterno del Ministero degli Interni, non durò a Lubiana più di un anno per non essere in grado di quelle ferocie che i fascisti militanti esigevano. Ne ebbe conseguenze che rasentano la retrocessione finendo come in subordine a Trieste dove ad avviso degli stessi suoi denigratori non commise azioni di rilievo. Quindi non aderì alla RSI, fu destituito dai fascisti tra i quali non escludo quel Ricciardelli che poi diventa il malevolo Torquemada del Messana, fu privato dello stipendio; scappò a Roma nascondendosi sino alla liberazione degli Americani quando poté tornare al Viminale e per la sua fede monarchica e forse per le sue protezioni massoniche ritornò in auge, destinazione Palermo. Qui visse i suoi brutti momenti. Lei diligentemente scrive che ebbe a denunciare i criminali finanziamenti degli Americani all'EVIS. Fatto questo, che con più ampiezza e con maggiore efficacia emerge dalle relazioni autografe del Messana al suo Ministro, quali ho rinvenuto in ACS (e mi pare che si tratti di rivelatrici relazioni non pubblicate da alcuno). Il collegamento con Ferreri fu un atto imposto. Lei stesso parla dell'incontro a Roma tra il padre del Ferreri, Aldisio e in subordine il Messana. Su quale fu lo snodo di tale collegamento, io non ho dubbi di sorta ed accedo alla verità processuale di Viterbo e cioè alla deposizione esaustiva del Messana la cui prima interpretazione è quella letterale e le superfetazioni analogiche e dietristiche io le ripudierei anche per l'obbligo della "avalutatività" che bisogna seguire nelle scienze sociale. Per questo dissento dalla sua tesi dello Stato connivente, quasi prefigurazione dell'attuale processo di Palermo. Un lungo discorso per insinuare una mia proposta. Racalmuto è la patria di Sciascia, una Fondazione si erge a suo nome. Mi piacerebbe che Lei potesse presiedere un incontro per la chiarificazione del ruolo e. se vi sono, delle colpe del compaesano racalmutese Ettore Messana, magari per stabilire se gli si deve dedicare una strada in commemorazione oppure no, per comprovata indegnità. E mi piacerebbe che nella Fondazione SI ISTITUISSE UNA SORTA DI SEMINARIO PER RICERCHE STORICHE NON PRECONCETTE DA LEI PRESIEDUTO. PENSO A GIOVANI CHE POTREBBERO ANDARE A STUDIARE LE CARTE DELLA N.A.R.A. quali lei meritevolmente illustra nel suo LUPARA NERA (e credo altrove). E non mi dispiacerebbe che vi partecipasse anche la Cerrigoi, sempreché desista dalle non provate accuse contro il Messana.



28 luglio 21.32.14



E’ la seconda volta che mi capita nella mia ormai purtroppo lunga vita. La prima volta avvenne nel lontano ultimo quarto degli anni Settanta. Tra il luglio e il settembre del 1974 fui inviato dalla Banca d’Italia a giubilare la Bana Privata Finanziaria che tutti ancora si ostinano a chiamare la banca di Sindona. Falso. La Privata, contro tutti e contro tutto, invocando le dieci righe l’art. 64 della vecchia legge bancaria, riuscii a giubilarla. Nonostante Andreotti Macchiarella il Banco di Roma tutta la finanza meneghina e mettiamoci per contorno l’arcivescovo Marcinkus, l’orso americano del mio Soldi Truccati. Ma Sindona era ancora in auge nonostante profugo negli USA di Cosa Nostra. Scrisse e tutta la stampa pubblicò: “pare che un certo Calogero Taverna le abbia chiarito le cose”. Si rivolgeva allo scattoso Guido Carli. Il Baffi mi sbeffeggiò in un convivio aziendale quale un quivis de polulo . Ora è la Cernigoi che fa il bis. Le avevo scritto: 6 giugno 18.17.40 lei dovrebbe essere l'autrice di foglietti infamanti il dottore Ettore Messana già ispettore generale di pubblica sicurezza. In contatto con la nipote di tanto grande personaggio della storia di Italia ho fatto e continuo a fare ricerche che la smentiscono in pieno Non so se reputa di procedere ad una sorta di resipiscenza operosa. Sappia che la signora Giovanna Messana non è persona da oppiare. Certo non ha avuto tempo per inseguire e perseguire codesti sedicenti storici fabbricanti di calunnie nei confronti del suo grande avo. Ma ora ha deciso. Le avevo scritto molto riservatamente e a ben vedere in termini molto educati, ad onta del mio caratteraccio. Ma la Cernigoi sfacciatamente, in pubblico, dopo 14 giorni così osa irridermi (e contraddirmi): La Nuova Alabarda 20 giugno • APPUNTI SU ETTORE MESSANA. Ho ricevuto negli ultimi tempi alcuni messaggi da tale Lillo Taverna, che mi "accusa" di "essere l'autrice di foglietti infamanti il dottore Ettore Messana", del quale Taverna starebbe ricostruendo una biografia. In effetti ho avuto modo di scrivere alcune note su questa persona, denunciata come criminale di guerra alle Nazioni unite, basandomi su documenti ufficiali dei quali ho indicato anche la collocazione archivistica. Pertanto ritengo opportuno rinfrescare la memoria su questa persona. Com’è noto, il 6/4/41 l’Italia fascista invase la Jugoslavia, in perfetto accordo con l’esercito di Hitler, creando la “Provincia italiana di Lubiana” e mettendo ai posti di comando dei propri funzionari. Così, a dirigere la questura di Lubiana fu posto il commissario Ettore Messana, che resse l’incarico fino a giugno 1942, e successivamente fu a Trieste fino a giugno 1943. Il nome di Messana risulta nell’elenco dei criminali di guerra denunciati dalla Jugoslavia alla Commissione delle Nazioni Unite per i crimini di guerra (United Nations War Crimes Commission). Il rapporto di denuncia, redatto in lingua inglese ed inviato dalla Commissione statale jugoslava in data 14/7/45 (Copia del rapporto originale in lingua inglese si trova nell’Archivio di Stato di Lubiana, AS 1551 Zbirka Kopij, škatla 98, pp. 1502-1505), lo accusa (sulla base di documentazione che era stata trovata in possesso della Divisione “Isonzo” dell’Esercito italiano di occupazione) di crimini vari: “assassinio e massacri; terrorismo sistematico; torture ai civili; violenza carnale; deportazioni di civili; detenzione di civili in condizioni disumane; tentativo di denazionalizzare gli abitanti dei territori occupati; violazione degli articoli 4, 5, 45 e 46 della Convenzione dell’Aja del 1907 e dell’articolo 13 del Codice militare jugoslavo del 1944”. Nello specifico viene addebitata a Messana (in concorso con il commissario di PS Pellegrino e col giudice del Tribunale militare di Lubiana dottor Macis) la costruzione di false prove che servirono a condannare diversi imputati (tra i quali Anton Tomsič alla pena capitale, eseguita in data 21/5/42) per dei reati che non avevano commesso. La responsabilità di Messana e Pellegrino in questo fatto è confermata da documenti dell’archivio della questura di Lubiana (oggi conservati presso l’Archivio di Stato di Lubiana, AS 1796, III, 6, 11), che fanno riferimento ad una “operazione di polizia politica” condotte dal vicequestore Mario Ferrante e dal vicecommissario Antonio Pellegrino sotto la direzione personale di Messana, contro una “cellula sovversiva di Lubiana” della quale facevano parte, oltre al Tomsič prima citato, anche Michele Marinko (condannato a 30 anni di reclusione), Vida Bernot (a 25 anni), Giuseppina Maček (a 18 anni) ed altri tre che furono condannati a pene minori. Messana e gli altri furono anche accusati di avere creato false prove nel corso di una indagine da loro condotta, in conseguenza della quale 16 persone innocenti furono fucilate dopo la condanna comminata dal giudice Macis. Si tratta dell’indagine per l’attentato al ponte ferroviario di Prešerje del 15/12/41, per la quale indagine, come risulta da altri documenti della questura di Lubiana dell’epoca, Messana, il suo vice Ferrante, l’ufficiale dei Carabinieri Raffaele Lombardi ed altri agenti e militi furono proposti per onorificenze e premi in denaro per la buona riuscita delle indagini relative: Messana ricevette come riconoscimento per il suo operato la “commenda dell’Ordine di S. Maurizio e Lazzaro”. Il 21/9/45 l’Alto Commissario Aggiunto per l’Epurazione di Roma inviò una nota al Prefetto di Trieste nella quale era segnalato il nome di Ettore Messana. Il Prefetto richiese un’indagine alla Polizia Civile del GMA (ricordiamo che all’epoca Trieste era amministrata da un Governo Militare Alleato e la polizia era organizzata sul modello anglosassone), il cui risultato è contenuto in una relazione datata 6/10/45 e firmata dall’ispettore Feliciano Ricciardelli della Divisione Criminale Investigativa, dalla quale citiamo alcuni passaggi. “Il Messana era preceduto da pessima fama per le sue malefatte quale Questore di Lubiana. Si vociferava infatti che in quella città aveva infierito contro i perseguitati politici permettendo di usare dei mezzi brutali e inumani nei confronti di essi per indurli a fare delle rivelazioni (…) vi era anche (la voce, n.d.a.) che ordinava arresti di persone facoltose contro cui venivano mossi addebiti infondati al solo scopo di conseguire profitti personali. Difatti si diceva che tali detenuti venivano poi avvicinati in carcere da un poliziotto sloveno, compare del Messana, che prometteva loro la liberazione mediante il pagamento di ingenti importi di denaro. Inoltre gli si faceva carico che a Lubiana si era dedicato al commercio in pellami da cui aveva ricavato lauti profitti. Durante la sua permanenza a Trieste, ove rimase fino al giugno 1943, per la creazione in questa città del famigerato e tristemente noto Ispettorato Speciale di polizia diretto dal comm. Giuseppe Gueli, amico del Messana, costui non riuscì ad effettuare operazioni di polizia politica degne di particolare rilievo. Ma anche qui, così come a Lubiana, egli si volle distinguere per la mancanza assoluta di ogni senso di umanità e di giustizia, che dimostrò chiaramente nella trattazione di pratiche relative a perseguitati politici (…)”. Questa relazione è conservata in Archivio di Stato di Trieste, fondo Prefettura gabinetto, b. 18. L’Ispettore Ricciardelli aveva già svolto servizio in polizia sotto il passato regime fascista ed era stato internato in Germania sotto l’accusato di favoreggiamento nei confronti di ebrei che sarebbero stati da lui aiutati a scappare. A fronte di tutto ciò ci si aspetterebbe che Messana sia stato, se non condannato per quanto commesso sotto il fascismo, quantomeno “epurato” dalla Pubblica Sicurezza. Invece lo ritroviamo nell’immediato dopoguerra nella natia Sicilia, a dirigere, alle dipendenze dell’ex funzionario dell’OVRA a Zagabria, Ciro Verdiani, un “Ispettorato generale di PS per la Sicilia”, un “organo creato per la repressione della delinquenza associata, e specificamente per la repressione del banditismo che faceva capo a Giuliano (il “bandito” Salvatore Giuliano, n.d.a.)” (questa definizione è tratta dalla sentenza di Viterbo, emessa il 3 maggio 1952 dalla Corte d’assise di Viterbo, presieduta dal magistrato Gracco D’Agostino, in merito alla strage di Portella della Ginestra del 1/5/47). Per sapere come i due alti funzionari di PS svolsero il compito loro affidatogli, leggiamo alcuni stralci dalla sentenza emessa in merito alla strage di Portella della Ginestra, dove gli uomini di Giuliano spararono sulla folla che si era radunata per festeggiare il Primo maggio, uccidendo undici persone tra cui donne e bambini e ferendone molte altre. “L’Ispettore Verdiani non esitò ad avere rapporti con il capo della mafia di Monreale, Ignazio Miceli, ed anche con lo stesso Giuliano, con cui si incontrò nella casetta campestre di un sospetto appartenente alla mafia, Giuseppe Marotta in territorio di Castelvetrano ed alla presenza di Gaspare Pisciotta, nonché dei mafiosi Miceli, zio e nipote, quest’ultimo cognato dell’imputato Remo Corrao, e dal mafioso Albano. E quel convegno si concluse con la raccomandazione fatta al capo della banda ed al luogotenente di essere dei bravi e buoni figlioli, perché egli si sarebbe adoperato presso il Procuratore Generale di Palermo, che era Pili Emanuele, onde Maria Lombardo madre del capo bandito, fosse ammessa alla libertà provvisoria. E l’attività dell’ispettore Verdiani non cessò più; poiché qualche giorno prima che Giuliano fosse soppresso, attraverso il mafioso Marotta pervenne o doveva a Giuliano pervenire una lettera con cui lo si metteva in guardia, facendogli intendere che Gaspare Pisciotta era entrato nell’orbita del Colonnello Luca (si tratta dell’ex generale dei Carabinieri Ugo Luca, che tra il 1949 e il 1950 coordinò l’uccisione di Giuliano in Sicilia”, già “uomo di fiducia personale di Mussolini”, come scrive Giuseppe Casarrubea in “Storia segreta della Sicilia”, Bompiani 2005) ed operava con costui contro Giuliano”. Quanto a Messana leggiamo che “l’Ispettore Generale di PS Messana negò ed insistette nel negare di avere avuto confidente il Ferreri (Salvatore Ferreri, detto “fra Diavolo”, sarebbe stato infiltrato nella “banda” di Giuliano per farlo catturare; Ferreri sembra essere stato tra gli organizzatori degli attacchi contro i sindacalisti a Partinico del 1947; fu ucciso dai Carabinieri pochi giorni dopo il massacro di Portella della Ginestra), ma la negativa da lui opposta deve cadere di fronte all’affermazione del capitano dei Carabinieri Giallombardo, il quale ripetette (sic) in dibattimento che Ferreri fu ferito dai carabinieri presso Alcamo, ove avvenne il conflitto in cui restarono uccise quattro persone; e, ferito, il Ferreri stesso chiese di essere portato a Palermo, spiegando che era un agente segreto al servizio dell’Ispettorato e che doveva subito parlare col Messana”; Salvatore Ferreri era “conosciuto anche come Totò il palermitano, ma definito come pericoloso pregiudicato, appartenente alla banda Giuliano, già condannato in contumacia alla pena dell’ergastolo per omicidio consumato allo scopo di rapinare una vettura automobile”. Verdiani morì a Roma nel 1952, e il suo “decesso fece in modo che il suo ruolo in quegli anni piano piano si dissolvesse sotto i riflettori”. Per approfondire la questione dei rapporti tra la “banda” Giuliano, l’Ispettorato generale di Messana e Verdiani ed i servizi segreti statunitensi ed italiani, nonché sul riciclaggio da parte di questi di personale che aveva operato con la Decima Mas di Borghese, vi rimandiamo al citato studio di Casarrubea, “Storia segreta della Sicilia”. Non crederete che l’abbia lasciata in pace. L’ho costretta a offendermi e stizzita a chiudermi persino i canali di FB. Diversamente da lei si è invece comportato quel gran signore e profondo studioso del prof. Casarrubea. Come credo avete potuto legge qui da me. Calogero Taverna



Martedì 9:31



La Nuova Alabarda 20 giugno • . APPUNTI SU ETTORE MESSANA. Ho ricevuto negli ultimi tempi alcuni messaggi da tale Lillo Taverna, che mi "accusa" di "essere l'autrice di foglietti infamanti il dottore Ettore Messana", del quale Taverna starebbe ricostruendo una biografia. In effetti ho avuto modo di scrivere alcune note su questa persona, denunciata come criminale di guerra alle Nazioni unite, basandomi su documenti ufficiali dei quali ho indicato anche la collocazione archivistica. Pertanto ritengo opportuno rinfrescare la memoria su questa persona. Com’è noto, il 6/4/41 l’Italia fascista invase la Jugoslavia, in perfetto accordo con l’esercito di Hitler, creando la “Provincia italiana di Lubiana” e mettendo ai posti di comando dei propri funzionari. Così, a dirigere la questura di Lubiana fu posto il commissario Ettore Messana, che resse l’incarico fino a giugno 1942, e successivamente fu a Trieste fino a giugno 1943. Il nome di Messana risulta nell’elenco dei criminali di guerra denunciati dalla Jugoslavia alla Commissione delle Nazioni Unite per i crimini di guerra (United Nations War Crimes Commission). Il rapporto di denuncia, redatto in lingua inglese ed inviato dalla Commissione statale jugoslava in data 14/7/45 (Copia del rapporto originale in lingua inglese si trova nell’Archivio di Stato di Lubiana, AS 1551 Zbirka Kopij, škatla 98, pp. 1502-1505), lo accusa (sulla base di documentazione che era stata trovata in possesso della Divisione “Isonzo” dell’Esercito italiano di occupazione) di crimini vari: “assassinio e massacri; terrorismo sistematico; torture ai civili; violenza carnale; deportazioni di civili; detenzione di civili in condizioni disumane; tentativo di denazionalizzare gli abitanti dei territori occupati; violazione degli articoli 4, 5, 45 e 46 della Convenzione dell’Aja del 1907 e dell’articolo 13 del Codice militare jugoslavo del 1944”. Nello specifico viene addebitata a Messana (in concorso con il commissario di PS Pellegrino e col giudice del Tribunale militare di Lubiana dottor Macis) la costruzione di false prove che servirono a condannare diversi imputati (tra i quali Anton Tomsič alla pena capitale, eseguita in data 21/5/42) per dei reati che non avevano commesso. La responsabilità di Messana e Pellegrino in questo fatto è confermata da documenti dell’archivio della questura di Lubiana (oggi conservati presso l’Archivio di Stato di Lubiana, AS 1796, III, 6, 11), che fanno riferimento ad una “operazione di polizia politica” condotte dal vicequestore Mario Ferrante e dal vicecommissario Antonio Pellegrino sotto la direzione personale di Messana, contro una “cellula sovversiva di Lubiana” della quale facevano parte, oltre al Tomsič prima citato, anche Michele Marinko (condannato a 30 anni di reclusione), Vida Bernot (a 25 anni), Giuseppina Maček (a 18 anni) ed altri tre che furono condannati a pene minori. Messana e gli altri furono anche accusati di avere creato false prove nel corso di una indagine da loro condotta, in conseguenza della quale 16 persone innocenti furono fucilate dopo la condanna comminata dal giudice Macis. Si tratta dell’indagine per l’attentato al ponte ferroviario di Prešerje del 15/12/41, per la quale indagine, come risulta da altri documenti della questura di Lubiana dell’epoca, Messana, il suo vice Ferrante, l’ufficiale dei Carabinieri Raffaele Lombardi ed altri agenti e militi furono proposti per onorificenze e premi in denaro per la buona riuscita delle indagini relative: Messana ricevette come riconoscimento per il suo operato la “commenda dell’Ordine di S. Maurizio e Lazzaro”. Il 21/9/45 l’Alto Commissario Aggiunto per l’Epurazione di Roma inviò una nota al Prefetto di Trieste nella quale era segnalato il nome di Ettore Messana. Il Prefetto richiese un’indagine alla Polizia Civile del GMA (ricordiamo che all’epoca Trieste era amministrata da un Governo Militare Alleato e la polizia era organizzata sul modello anglosassone), il cui risultato è contenuto in una relazione datata 6/10/45 e firmata dall’ispettore Feliciano Ricciardelli della Divisione Criminale Investigativa, dalla quale citiamo alcuni passaggi. “Il Messana era preceduto da pessima fama per le sue malefatte quale Questore di Lubiana. Si vociferava infatti che in quella città aveva infierito contro i perseguitati politici permettendo di usare dei mezzi brutali e inumani nei confronti di essi per indurli a fare delle rivelazioni (…) vi era anche (la voce, n.d.a.) che ordinava arresti di persone facoltose contro cui venivano mossi addebiti infondati al solo scopo di conseguire profitti personali. Difatti si diceva che tali detenuti venivano poi avvicinati in carcere da un poliziotto sloveno, compare del Messana, che prometteva loro la liberazione mediante il pagamento di ingenti importi di denaro. Inoltre gli si faceva carico che a Lubiana si era dedicato al commercio in pellami da cui aveva ricavato lauti profitti. Durante la sua permanenza a Trieste, ove rimase fino al giugno 1943, per la creazione in questa città del famigerato e tristemente noto Ispettorato Speciale di polizia diretto dal comm. Giuseppe Gueli, amico del Messana, costui non riuscì ad effettuare operazioni di polizia politica degne di particolare rilievo. Ma anche qui, così come a Lubiana, egli si volle distinguere per la mancanza assoluta di ogni senso di umanità e di giustizia, che dimostrò chiaramente nella trattazione di pratiche relative a perseguitati politici (…)”. Questa relazione è conservata in Archivio di Stato di Trieste, fondo Prefettura gabinetto, b. 18. L’Ispettore Ricciardelli aveva già svolto servizio in polizia sotto il passato regime fascista ed era stato internato in Germania sotto l’accusato di favoreggiamento nei confronti di ebrei che sarebbero stati da lui aiutati a scappare. A fronte di tutto ciò ci si aspetterebbe che Messana sia stato, se non condannato per quanto commesso sotto il fascismo, quantomeno “epurato” dalla Pubblica Sicurezza. Invece lo ritroviamo nell’immediato dopoguerra nella natia Sicilia, a dirigere, alle dipendenze dell’ex funzionario dell’OVRA a Zagabria, Ciro Verdiani, un “Ispettorato generale di PS per la Sicilia”, un “organo creato per la repressione della delinquenza associata, e specificamente per la repressione del banditismo che faceva capo a Giuliano (il “bandito” Salvatore Giuliano, n.d.a.)” (questa definizione è tratta dalla sentenza di Viterbo, emessa il 3 maggio 1952 dalla Corte d’assise di Viterbo, presieduta dal magistrato Gracco D’Agostino, in merito alla strage di Portella della Ginestra del 1/5/47). Per sapere come i due alti funzionari di PS svolsero il compito loro affidatogli, leggiamo alcuni stralci dalla sentenza emessa in merito alla strage di Portella della Ginestra, dove gli uomini di Giuliano spararono sulla folla che si era radunata per festeggiare il Primo maggio, uccidendo undici persone tra cui donne e bambini e ferendone molte altre. “L’Ispettore Verdiani non esitò ad avere rapporti con il capo della mafia di Monreale, Ignazio Miceli, ed anche con lo stesso Giuliano, con cui si incontrò nella casetta campestre di un sospetto appartenente alla mafia, Giuseppe Marotta in territorio di Castelvetrano ed alla presenza di Gaspare Pisciotta, nonché dei mafiosi Miceli, zio e nipote, quest’ultimo cognato dell’imputato Remo Corrao, e dal mafioso Albano. E quel convegno si concluse con la raccomandazione fatta al capo della banda ed al luogotenente di essere dei bravi e buoni figlioli, perché egli si sarebbe adoperato presso il Procuratore Generale di Palermo, che era Pili Emanuele, onde Maria Lombardo madre del capo bandito, fosse ammessa alla libertà provvisoria. E l’attività dell’ispettore Verdiani non cessò più; poiché qualche giorno prima che Giuliano fosse soppresso, attraverso il mafioso Marotta pervenne o doveva a Giuliano pervenire una lettera con cui lo si metteva in guardia, facendogli intendere che Gaspare Pisciotta era entrato nell’orbita del Colonnello Luca (si tratta dell’ex generale dei Carabinieri Ugo Luca, che tra il 1949 e il 1950 coordinò l’uccisione di Giuliano in Sicilia”, già “uomo di fiducia personale di Mussolini”, come scrive Giuseppe Casarrubea in “Storia segreta della Sicilia”, Bompiani 2005) ed operava con costui contro Giuliano”. Quanto a Messana leggiamo che “l’Ispettore Generale di PS Messana negò ed insistette nel negare di avere avuto confidente il Ferreri (Salvatore Ferreri, detto “fra Diavolo”, sarebbe stato infiltrato nella “banda” di Giuliano per farlo catturare; Ferreri sembra essere stato tra gli organizzatori degli attacchi contro i sindacalisti a Partinico del 1947; fu ucciso dai Carabinieri pochi giorni dopo il massacro di Portella della Ginestra), ma la negativa da lui opposta deve cadere di fronte all’affermazione del capitano dei Carabinieri Giallombardo, il quale ripetette (sic) in dibattimento che Ferreri fu ferito dai carabinieri presso Alcamo, ove avvenne il conflitto in cui restarono uccise quattro persone; e, ferito, il Ferreri stesso chiese di essere portato a Palermo, spiegando che era un agente segreto al servizio dell’Ispettorato e che doveva subito parlare col Messana”; Salvatore Ferreri era “conosciuto anche come Totò il palermitano, ma definito come pericoloso pregiudicato, appartenente alla banda Giuliano, già condannato in contumacia alla pena dell’ergastolo per omicidio consumato allo scopo di rapinare una vettura automobile”. Verdiani morì a Roma nel 1952, e il suo “decesso fece in modo che il suo ruolo in quegli anni piano piano si dissolvesse sotto i riflettori”. Per approfondire la questione dei rapporti tra la “banda” Giuliano, l’Ispettorato generale di Messana e Verdiani ed i servizi segreti statunitensi ed italiani, nonché sul riciclaggio da parte di questi di personale che aveva operato con la Decima Mas di Borghese, vi rimandiamo al citato studio di Casarrubea, “Storia segreta della Sicilia”. Mi piaceMi piace • • Condividi . Commenti più in vista Piace a Maria Pia Calapà e altri 8. .. 2 condivisioni . Lillo Taverna Scrivi un commento... . . Lillo Taverna E’ la seconda volta che mi capita nella mia ormai purtroppo lunga vita. La prima volta avvenne nel lontano ultimo quarto degli anni Settanta. Tra il luglio e il settembre del 1974 fui inviato dalla Banca d’Italia a giubilare la Bana Privata Finanziaria che tutti ancora si ostinano a chiamare la banca di Sindona. Falso. La Privata, contro tutti e contro tutto, invocando le dieci righe l’art. 64 della vecchia legge bancaria, riuscii a giubilarla. Nonostante Andreotti Macchiarella il Banco di Roma tutta la finanza meneghina e mettiamoci per contorno l’arcivescovo Marcinkus, l’orso americano del mio Soldi Truccati. Ma Sindona era ancora in auge nonostante profugo negli USA di Cosa Nostra. Scrisse e tutta la stampa pubblicò: “pare che un certo Calogero Taverna le abbia chiarito le cose”. Si rivolgeva allo scattoso Guido Carli. Il Baffi mi sbeffeggiò in un convivio aziendale quale un quivis de polulo . Ora è la Cernigoi che fa il bis. Le avevo scritto: 6 giugno 18.17.40 Lei dovrebbe essere l'autrice di foglietti infamanti il dottore Ettore Messana già ispettore generale di pubblica sicurezza. In contatto con la nipote di tanto grande personaggio della storia di Italia ho fatto e continuo a fare ricerche che la smentiscono in pieno Non so se reputa di procedere ad una sorta di resipiscenza operosa. Sappia che la signora Giovanna Messana non è persona da oppiare. Certo non ha avuto tempo per inseguire e perseguire codesti sedicenti storici fabbricanti di calunnie nei confronti del suo grande avo. Ma ora ha deciso. Le avevo scritto molto riservatamente e a ben vedere in termini molto educati, ad onta del mio caratteraccio. Ma la Cernigoi sfacciatamente, in pubblico, dopo 14 giorni così osa irridermi (e contraddirmi): La Nuova Alabarda 20 giugno APPUNTI SU ETTORE MESSANA. Ho ricevuto negli ultimi tempi alcuni messaggi da tale Lillo Taverna, che mi "accusa" di "essere l'autrice di foglietti infamanti il dottore Ettore Messana", del quale Taverna starebbe ricostruendo una biografia. In effetti ho avuto modo di scrivere alcune note su questa persona, denunciata come criminale di guerra alle Nazioni unite, basandomi su documenti ufficiali dei quali ho indicato anche la collocazione archivistica. Pertanto ritengo opportuno rinfrescare la memoria su questa persona. Etc. etc. Che ne penserebbe la Cernigoi di un preteso storico che un domani prendesse l’insolente e infondato articolo di Melchiorre Gerbino e lo adducesse come prova indubitabile della denigrabilità della Nostra, procurando anche danni d’immagine sulla sua famiglia? Non crederete che l’abbia lasciata in pace. L’ho costretta a offendermi e stizzita a chiudermi persino i canali di FB. Diversamente da lei si è invece comportato quel gran signore e profondo studioso del prof. Casarrubea. Come credo avete potuto legge qui da me. Calogero Taverna Mi piace • Rispondi • 7 min .. VOGLIAMO RADIOANCHIO E LA RAI SENZA BERLUSCHINI non fatevi intimorire Mi piace • Rispondi • 1 • 21 giugno alle ore 20.52 .. La Nuova Alabarda certo che no! Mi piace • 22 giugno alle ore 8.34 ..



Mercoledì 14:27




 




CIAO CARISSIMO ,SONO RIENTRATA QUESTA MATTINA ,STO LEGGENDO QUANTO HAI SCRITTO SE NON DISTURBO TI CHIAMO DOPO COLAZIONE



Sono stato in biblioteca a cercare dati su tuo nonno. Sono rientrato per il pranzo ed ora sono libero. Ben tornata









ti ho chioamato sul cell ora riprovo



bene



Giovedì 15:19



MI SCRIVONO e reitero anonimamente qui quanto sotto, a dimostrazione di quale calunniosa campagna di stampa e cinematografica è stato vittima il gr.uff. comm. Dell’ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, l’Ispettore Generale di PS, dottore Ettore Messana da Racalmuto. Non credo che dopo la gran mole di documenti e ricerche che con qualche merito credo di avere acquisito e pubblicato possano più avere diritto di asilo tante calunniose insinuazioni. Credo che il prof. Casarrubea me ne abbia dato atto. Non così la Cernigoi, una testarda goriziana, che persiste nelle sue denigrazioni dell’intemerato Messana. Credo che abbia voglia di subire querele penali e soprattutto citazioni civili per risarcimento anni. Quanto al Lucarelli non abbiamo avuto modo, né io né la famiglia di contattarlo. Si vedrà. • * * * CREDO CHE QUESTE NOTIZIE L'AVRAI GIA’ LETTE La Resistenza antifascista in Slovenia e l'ispettore Messana casarrubea.wordpress.com Accursio Miraglia Ettore Messana, il braccio destro di Scelba ha un ruolo nella strage di Portella della Ginestra ma anche nell'insabbiamento delle indagini per la morte del sindacalista di Sciacca Accursio Miraglia. Questi fatti sono stati oggetto di Blu notte di Lucarelli, per esempio http://www.youtube.com/watch?v=ipJgrLQLRDQ al minuto 9. Stranamente sono espressi meglio nella voce di wikipedia in inglese che in quella italiana. "He also claimed that police inspector Ettore Messana - supposed to coordinate the prosecution of the bandits - had been in league with Giuliano and denounced Scelba for allowing Messana to remain in office". [Le valutazioni sono di parte e senza fonte.] Ma te prego! IL VIDEO è STAO STATO ELIMINATO BUONA GIORNATA.




https://fbstatic-a.akamaihd.net/rsrc.php/v2/yw/r/drP8vlvSl_8.gif
 




www.youtube.com



Venerdì 18:23



IL QUESTORE MESSANA E I FATTI DI RIESI Il crucifige di Ettore Mesana si consuma il 15 luglio del 1947. Il gran sacerdote che ne vuole la fine è l’on. Li Causi: tre i capi d’accusa (politica). Desumiamoli dallo stesso Li Causi, da un suo arrabbiatissimo discorso all’Assemblea Costituente, pronunciato nella Seduta del 15 luglio del1947. Per il sanguigno grande esponente del comunismo siciliano del dopoguerra, Messana andava giubilato: A) Perché c’era da domandarsi: «Scelba come può ignorare che Messana ha iniziato la sua carriera facendo massacrare dei contadini siciliani? Il 9 ottobre del 1919, infatti, cadevano a Riesi più di sessanta contadini, di cui tredici morti: trucidati a freddo, sulla piazza, dove si svolgeva un comizio. I vecchi di quest'Aula ricorderanno come in quell'occasione il Ministero Nitti ordinò un'inchiesta mandando sul posto il generale dei carabinieri Densa, mentre la Magistratura iniziò un'inchiesta giudiziaria soprattutto per accertare le cause della morte misteriosa di un tenente di fanteria, che si rifiutò di eseguire l'ordine di far fuoco del Messana, che ne disapprovò apertamente la condotta, e che il giorno dopo fu assassinato …» B) « Messana è nell'elenco dei criminali di guerra di una nazione vicina; questo può far piacere ad una parte della Camera, la quale pensa: "Va bene, è un massacratore; però, di stranieri!"…» C) «Si ha, [ …] , questa precisa situazione, che il banditismo politico in Sicilia è diretto proprio dall'ispettore Messana: e l'ispettore di pubblica sicurezza, il quale dovrebbe avere per compito quello di sconfiggere il banditismo -- il suo compito veramente sarebbe quello di ssconfiggere il banditismo comune e non già quello politico -- l'Ispettore di pubblica sicurezza, dicevo, diventa invece addirittura il dirigente del banditismo politico.» Ecco qui i tre capi di accusa: Riesi del 1919; Lubiana del 1941 (maggio)-giugno 1942; banditismo siciliano dal maggio 1945 al giugno del 1947. Sono mesi che scartabelliamo faldoni, giornali, documenti vari, pubblicazioni vecchie. Ebbene: non ci possono essere dubbi. Nessuno può dimostrare che davvero in quel terribile 9 ottobre del 1919 ci fosse addirittura un giovane agente di polizia che prese la “mitraglia” in mano nel campanile della chiesa prospiciente piazza Garibaldi e falcidiò sei, si disse in un primo momento, contadini rivoltosi; poi si disse dieci, poi invece si salì a quindici (qui sopra) e, di recente, dovendo sperperare soldi comunitari, sempre a Riesi, addirittura 20. Ci dispiace per Li Causi: non si può condannare alla damnatio memoriae un glorioso ispettore generale di Stato sulla base di quello che avrebbero dovuto ricordare a distanza di quasi trent’anni ‘vecchi padri costituenti’. Vi poté pur essere stata una inchiesta del generale dei carabinieri Densa ma questa ammesso che si sia mai conclusa nessun addebito poté formulare e formulò contro il giovane trentunenne cmmissario Messana, che, anzi, a fascismo consolidato e con Calogero Vizzini confinato, spiccò salti da gigante nei gradi della polizia e proprio perché senza macchia alcuna, lui figlio di un modesto e dissennato redditiere racalmutese, sperperatore del proprio patrimonio, lo sfaccendato Clemente Messama, diviene – giovanissimo - questore ed ebbe affidate questure strategiche del Nord. Ad onore e vanto della sua patria natia, Racalmuto. Analogo discorso per quell’inchiesta giudiziaria: noi abbiamo reperito una relazione del Prefetto di Caltanissetta del successivo natale. Altri sono i colpevoli, i fatti avvennero in termini ben diversi dal facile populismo cui si abbandona, comprensibilmente , il Li Causi. MESSANA, il grande assente. NON COLPEVOLE. Nel 1934 dopo 15 anni – troppi o pochi a seconda delle tesi che si vogliono formulare – un quasi pastore valdese scrive una storia di Riesi. Quei truculenti fatti vengono rievocati. Sì, è vero: nella memoria della gente è scolpito che una mitraglia militare sparò e uccise tanta gente. Enfasi della memoria tanta. Si parla di un “commissario di Pubblica Sicurezza”, si dice che insieme ad altri due un ufficiale dell’esetrcito ed un semplice soldato, in tre, tutti insieme eccoli a premere il grilletto del mitra. Fantasia. Improbabile. Ma a tutto concedere: il nome del Messana non c’è. Davvero Li Causi nella foga ciceroniana finisce con l’inventare e quindi diffamare e direi calunniare. Erano tempi incandescenti. Portella della Ginestra fu più di una sventura nazionale e - se le carte della N.A.R.A. già consultate dal prof. Casarrubea verranno tutte alla luce -sarà da parlare di crimine americano. Finalmente. Altro che insana criminalità di un ex giovane commissario di polizia in vena di scimmiottamenti dell’esecrando generale Bava-Beccaris fatto dal Re senatore del Regno. Ma noi abbiamo cercato notizie vere, coeve, indubitabili. Abbiamo consultato i microfilm del giornale L’Ora di Palermo e il Giornale di Sicilia dell’epoca. Messana non ci sta. I fatti son diversi da come amò trasfigurarli il Li Causi per sue polemiche politiche di stampo rosso scarlatto. Da vecchio comunista, per il quale la verità storica va piegata alla grande lotta di classe. Noi siamo per la lotta di classe ma di quelli che reputano che la VERITA’ E’ SEMPRE RIVOLUZIONARIA. [segue]



Venerdì 20:02








per le notizie sul'onoreficenza di Maurizio e Lazzaro ho trovato molto sulsitoOrdini dinasticicasa Savoia.it



Sabato 0:20








Mi riferivo a questa foto(se la vedi qui).