Via Cecilia

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La Via Cecilia (o Caecilia), è una via romana che staccandosi dalla Via Salaria al 35º miglio da Roma raggiungeva la costa adriatica.


Percorso[modifica | modifica wikitesto]

Il suo percorso costeggiava Amiternum (nella piana di L'Aquila e raggiungeva anche Hatria (l'odierna Atri). Un ramo della via Cecilia attraversava anche Interamnia Praetuttiorum (Teramo) (dopo aver oltrepassato la limitrofa Necropoli di Ponte Messato) e quindi probabilmente raggiungeva la costa a Castrum Novum (Giulianova), a una distanza di circa 151 miglia da Roma.
Vi è incertezza su chi sia stato il costruttore della via Cecilia, che potrebbe identificarsi con il console Lucio Cecilio Metello Calvo nel 142 a.C. oppure con Lucio Cecilio Metello Diademato nel 117 a.C.
Anche il percorso della via Cecilia è alquanto incerto e in fase di discussione. Al riguardo vi sono due documenti: un'iscrizione rinvenuta a Roma, vicino Porta Collina, con la quale si ricorda l'appalto di alcune opere di risistemazione della via la cui datazione potrebbe essere del periodo di Silla; il secondo documento è una pietra miliare ritrovata a Sant'Omero, in provincia di Teramo, nel territorio del Piceno. In questa pietra si citano il console L. Caecilius Q.f. Metellus, che si presume possa essere il costruttore della via, e la distanza da Roma è di 119 miglia.

Reperti[modifica | modifica wikitesto]

La Via Cecilia lungo la Strada maestra del Parco in prossimità del bivio per il Lago di Campotosto e nei pressi del Passo delle Capannelle, nel cuore del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga
Le due iscrizioni, si riferiscono al tratto iniziale e al tratto finale della via Cecilia e quindi non danno indicazioni sul suo percorso intermedio nella regione della Sabina.
L'opinione diffusa tra gli studiosi, che trova un riscontro negli atlanti storici, la Cecilia si distaccava dalla Salaria in territorio sabino (nella zona di Trebula Mutuesca, a monte di Rieti come appare nella mappa del Barrington Atlas), avrebbe poi costeggiato Amiternum a sud dell'Anfiteatro dove sono visibili gli scavi di un tratto della stessa, passava rasente il teatro dove poco dopo c'è un grande sepolcro e superava lo spartiacque appenninico, con un percorso incerto (attuale via Teramana di Marruci o in linea retta ad Arischia dove c'è il resto di un sepolcro), in quello che oggi si chiama il Passo delle Capannelle, a 1300 m sul livello del mare, per poi scendere la valle del Vomanus (Vomano) che divide la catena del Gran Sasso dalla catena dei Monti della Laga.
Dopo le Capannelle, in località Porcinari, esisteva un tratto visibile con le "crepedines" ancora "in situ" e in località Paladini ritrovati i resti del pilone di un ponte.
Altre pietre miliari sono state trovate nella zona di Poggio Umbricchio (il cippo indicante il miglio romano CIIII conservato nella locale chiesa) e a Valle San Giovanni (il cippo indicante il miglio CXIIII).
Gerhard Radke, studioso e autore della pubblicazione sulle Viae publicae Romanae nella Realencyclopädie der classischen Altertumswissenschaft, ha però contestato l'opinione comune, poggiando la sua tesi sul fatto che una via di grande comunicazione romana con poca probabilità avrebbe seguito un percorso impervio come quello appena indicato.
Radke è invece dell'opinione che la via Cecilia ricalcasse esattamente, nella prima parte, la vecchia via Salaria; da Ascoli si sarebbe diretta verso Castrum Novum (l'odierna Giulianova) e Hadria (l'odierna Atri). Il prolungamento della Cecilia dunque avrebbe sostanzialmente interessato solamente l'area che in età augustea farà parte della regio V Picenum.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Giammario Sgattoni, Strade e commerci di ieri e di oggi. Scoperto a Valle San Giovanni un "miliario" della "Via del Batino", in Notizie dell'Economia, Teramo, Camera di Commercio, anno 1993, nn.3-4, pp. 60–66;
  • Giammario Sgattoni, Strade e commerci di ieri e di oggi. Roma attraversò le montagne per i traffici con Hatria e Interamnia, in Notizie dell'Economia, Teramo, Camera di Commercio, anno 1993, nn.5-6, pp. 97–106;
  • Valentina Savini e Vincenzo Torrieri, La Via Sacra d'Interamnia alla luce dei recenti scavi, Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Abruzzo, Teramo, 2002;
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