Per
il rilancio di Pescorocchiano
Non sono
cicolano, ma sono legatissimo al Cicolano. A questo lembo di paradiso
che si diparte dal mezzo della vallata sotto il Velino sino alle
bocche di Caprodosso.. e da lassù dalla radura soave e pastorizia di
Racino sino alle porte di ciò che si disse lo Stato Pontificio.
Sono
siciliano, provengo da un paese che diede i natali ad uno scrittore
eccelso che oggi comincia a declinare, parlo di Racalmuto patria di
Leonardo Sciascia. Mi sento legato però a questa terra tra Rieti e
l'Aquila anche perché mia dimora estiva, quando fuggo da una Roma in
caldo umido. Mi accoglie Santa Lucia di Fiamignano in una casetta che
mia moglie, figlia di una antica famiglia di antiche radici nella
Baronia, possiede a metà con una sua nipote.
Conosco
quindi i problemi amministrativi di almeno metà del Cicolano, di
Pescorocchiano e Fiamignano. So come si dibattono in difficoltà
insormontabili i rispettivi sindaci, le rispettive giunte, i
rispettivi consigli. Gli impiegati sono diligenti e cercano il meglio
per le cittadinanze. Faccio il confronto con la Sicilia. a qui, nel
Cicolano, non c'è mafia, non vi sono infiltrazioni mafiose, le
amministrazioni non si sciolgono perché visitatori prefettizi
inventano motivi per chiedere alla signoura ministro degli interni
commissariamenti.
Ma qui
talora fragilità conoscitive di leggi, leggine, provvedimenti,
regolamenti, competenze, espoliazioni, arroganze, sono lesive. Manca
una vigilanza democratica.
Per
mestiere, per incombenze varie, per incarichi ministeriali, per studi
e ricerche, per investigazioni storiche, ho qualche freccia al mio
arco per taluni suggerimenti, per certe astuzie amministrative, per
inusuali impostazioni di bilancio, per una più accorta politica
fiscale ed altro.
Sono stato
ieri a parlare con il signor sindaco di Pescorocchiano. Persona
degna, rispettosa e rispettabile, capace di ascoltare senza
degnazione o arroganza. In tanto concordiamo; per alcune questioni,
no.
Non
condivido le pretese della curia vescovile quanto a Nerse. A Nerse fu
trovata una lapide di eccezionale valore storico ed archeologico. Era
incisa in osco. Si trova rappresentata e commentata nei CIL del
Mommsen, oltre ad essere mirabilmente inquadrata dal sempre più
sorprendente testo del grande medico Domenico Lugini. La civiltà
osca - precedente addirittura a quella romana - è ancora molto in
ombra. La landa di Nersae non può restare così abbandonata, senza
neppure un segnale turistico, non recintata, non protetta. La curia
se davvero ne è proprietaria avrebbe obblighi di conservazione e di
tutela che ictu oculi non sono rispettati. C'è materia per
provvedimenti di rigore. Se la cura vescovile getta ombre inibenti
sulle pubbliche autorità civili, il Comune non può non reagire. Né
valgano pretese economiche esose: se ho ben capito la curia non ha
titoli di proprietà; non subentra per fantasiose usucapioni a
vecchie confraternite che curavano le sepolture nel sottosuolo delle
chiese con diritto alla c.d. quartarie.
L'infiltrazione
longobarda arriva a Pescorocchiano. Non mi risulta che sia davvero
arrivata a Fiamignano o a Santa Lucia di Fiamignano. A Val di Varri
si rinviene una tomba di un guerriero longobardo. Finisce in un primo
tempo con grande onore e bella ricostruzione nel Museo Pigorini di
Roma. Di questi anni, è però la rimozione della tomba e pare che
tutto sia finito incomposto nei sotterranei. E' dovere
dell'amministrazione di Pescorocchiano chiedere conto e ragione al
Pigorini e se a loro non serve, bene si restituisca la tomba al
Comune che potrebbe e dovrebbe collocarla in un antiquarium dentro il
recuperato maniero dei Morelli o altrove in qualcuno dei tanti
edifici pubblici chiusi. Se poi i privati nicchiano, il comune
eserciti la giusta vigilanza sull'assolvimento dei tanti tributi
locali che non credo regolarmente assolti. Come dicono i gesuiti, in
taluni casi la compensazione di coscienza è permessa e non è
peccato di furto o nel nostro caso di pubblico ricatto.
Non parlo
qui del Castello di Macchiatimone che va salvaguardato. Mi si dice: e
i soldi? Lasciando da parte i fondi comunitari - che se incentrati
in intelligenti progetti, sono facilmente reperibili - vi sono poi le
doverose impostazioni in bilancio dei crediti di imposta,
anticipabili dalla Cassa DD. e PP. e monetizzabili dalla banca
tesoriera con operazioni che noi in vigilanza BI denominavano
"operazioni ponte".
Vi è poi la
questione in sospeso dei proventi dall'occupazione delle acque del
lago Salto. Le superfetazioni per distribuire appannaggi ad
amministratori del nulla vanno ripensate e soprattutto disciolte. Noi
non siamo né per l'accorpamento della provincia con Viterbo né con
l'Aquila, ma siamo per la provincia a Rieti. I parametri per dire che
si scioglie una provincia perché di territorio o di popolazione
insufficiente non le ha imposto il medico. I parametri vanno
ripensati. Se ha una provincia ha tradizioni antiche, acclarati
ancoraggi con il territorio, non è l'invenzione recente per dare
sfogo a questo o a quel satrapo politico, non ci si può appigliare
al regresso abitativo di poche migliaia di persone magari per una
vorace requisizione del terrirorio da sistemare ad invaso di laghi
artificiali che producono energia elettrica per vastissime regioni.
Al danno si vuole aggiungere la beffa?
Tralascio la
faccenda dell'ACEA di Roma fruitrice delle acque del Cicolano. Certo
la presenza di tre piccoli evanescenti comuni con diritti capitari,
capaci di imporre la loro personalissima volontà ad un vasto
territorio del grande comune limitrofo è faccenda da sistemare; sono
comuni da sopprimere, questi sì e non province che tanto PIL
producono come Rieti. Sì, signori di Roma, sciogliete Province come
Rieti ed i vostri drammatici problemi di riavvio del prodotto
interno lordo nazionale vedrete come si acuiscono, come il vostro PIL
si riavvita.
Calogero
Taverna
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