D'accordo su tutto o quasi. Davvero i commissari viminaleschi possono accordare proroghe non ammesse dalla legge specie sulla nuova imposizione tributaria territoriale che anche quelli di M5S hanno contribuito a varare omettendo o non essendo in grado di fare opposizioni pertinenti ed inibenti. Se la senetrice fosse bene informata dovrebbe fare una interrogazione parlamentare come quelle che fornivo a Garavini. Il comune invece dovrebbe essere messo di fronte alla mannaia per loro di una bene motivata istanza di autotutela ai sensi della legge vigente, come ho fatto una volta. Il resto è ciarla come ho scritto ai parlamentari del PD proprio oggi.
sabato 25 gennaio 2014
folgorandoli con domande come queste: ma il PD che prende le mosse dal PCI perché evade ogni forma di tassazione comunale con quello strano immobile di proprietà occultata. Ma i signori del PD di oggi renianamente edulcorati ascoltano solo le sirene ex DC e PSI. . Mi nominassero commissario di partito anziché affidare un tesoro politico a quegli unni che sono scesi in campo per i loro calcoli personali di tasca mia assolverei quegli oneri
Attorno al secondo/terzo secolo dopo Cristo dei conductores libici sono scesi a Racalmuto (allora non so come si chiamasse) ed hanno attivato delle ophphicinae sulphuree. Le tecniche, gli attrezzi, le procedure non erano molto dissimili da quelle in uso sino ai forni Gill. L'organizzazione industriale romana era di certo migliore di adesso. Sotto le balate di zolfo imprimevano con caratteri a sbalzo scritti da destra a sinistra il sigillo dell'officina produttrice. Vi forniamo sotto una di codeste matrici racalmutesi. Ne furono rinvenute un paio di millenni dopo dalla famiglia dei nuovi ricchi di Racalmuto, i La Mantia. Ne informano l'avvocato Picone che esercitava ad Agrigento. L'avvocato Picone si rende conto dell'importanza del ritrovamento, ne informa il Ministero. Scende ad Agrigento il Mommsen. Le studia e le chiama TEGULAE SULPHURIS facendone poi pubblicazione nei ponderosissimi volumi dei suoi CIL. Un secolo dopo saccenti professori catanesi reputano inadatto il nome e le chiamano TEGULAE. Quisquilie. In effetti non si tratta né di Tegole né di Tavole.
I moderni fabbricanti nel nuvo piano regolatore di Racalmuto nulla sanno di tutto questo e lasciano senza salvaguardia le lande archeologiche che poi sono quelle dotto il Cimitero adiacenti al CHIANU DI LA CURSA. Anche e agrigentine autorità che per i soldi ricevuti questo ed altro sanno, brillano per l'incuria verso le cose nostre racalmutesi di grande valore archeologico. Ne scrivo in CONTRA OMNIA RACALMUTO; fingono di non leggermi.
Lunedì vanno tre deputati PD dai commissari viminalaschi: ignari gli uni incompetenti gli altri sarà un vero tripudio della ciarla accidiosa.
Dico: perché non informarsi prima da chi queste cose sa. A costo di apparire un presuntuoso, posso superare anche esami accademici al riguardo. I tre deputati PD prima di andare dai commissari viminaleschi. da me si dovrebbero informare per evitare che quei signori romani li mettano in imbarazzo folgorandoli con domande come queste: ma il PD che prende le mosse dal PCI perché evade ogni forma di tassazione comunale con quello strano immobile di proprietà occultata. Ma i signori del PD di oggi renianamente edulcorati ascoltano solo le sirene ex DC e PSI. . Mi nominassero commissario di partito anziché affidare un tesoro politico a quegli unni che sono scesi in campo per i loro calcoli personali di tasca mia assolverei quegli oneri
I moderni fabbricanti nel nuvo piano regolatore di Racalmuto nulla sanno di tutto questo e lasciano senza salvaguardia le lande archeologiche che poi sono quelle dotto il Cimitero adiacenti al CHIANU DI LA CURSA. Anche e agrigentine autorità che per i soldi ricevuti questo ed altro sanno, brillano per l'incuria verso le cose nostre racalmutesi di grande valore archeologico. Ne scrivo in CONTRA OMNIA RACALMUTO; fingono di non leggermi.
Lunedì vanno tre deputati PD dai commissari viminalaschi: ignari gli uni incompetenti gli altri sarà un vero tripudio della ciarla accidiosa.
Dico: perché non informarsi prima da chi queste cose sa. A costo di apparire un presuntuoso, posso superare anche esami accademici al riguardo. I tre deputati PD prima di andare dai commissari viminaleschi. da me si dovrebbero informare per evitare che quei signori romani li mettano in imbarazzo folgorandoli con domande come queste: ma il PD che prende le mosse dal PCI perché evade ogni forma di tassazione comunale con quello strano immobile di proprietà occultata. Ma i signori del PD di oggi renianamente edulcorati ascoltano solo le sirene ex DC e PSI. . Mi nominassero commissario di partito anziché affidare un tesoro politico a quegli unni che sono scesi in campo per i loro calcoli personali di tasca mia assolverei quegli oneri
Istanze inevase
Gentilissimi (quando presenti) signori commissari viminaleschi Salerno Galeani Buda
Nei tempi e nelle forme di legge e di regolamento ebbi a presentare al vostro predecessore PETRALIA le sottospecificate istanze. Nessuna risposta. Non è vostro compito appurarne la debita istruttoria e darmi qualche comunicazione anche eventualmente per le contrapposizioni nelle sedi opportune a tutela dei miei diritti di cittadino racalmutese?
Sono stradaccordissimo con te. Conosco il carcere meneghino OPERA per le tragiche corrispondenze del mio amico l'ergastolano
Ora si strumentalizza anche Toto Riina! Professionisti della mafia? Magari voleva solo dire che Sciascia aveva un coraggio superiore ad un mafioso? Certo essendo u zi Toto'
" pedi di crita" e siciliano non si sara' esoresso in perfetto italiano? Cmq pare che la sua spagliata culturale stia servendo gia' a qualcuno. Trasi antimafia e nesci sanzizza!!
" pedi di crita" e siciliano non si sara' esoresso in perfetto italiano? Cmq pare che la sua spagliata culturale stia servendo gia' a qualcuno. Trasi antimafia e nesci sanzizza!!
Israele a Racalmuto
Anche questa è Racalmuto; una Racalmuto triste, rurale, dimessa. senza sole, cadente, collabente. Racalmuto senza fiori, priva di tripudi esistenziali, demente ma per angoscia, per un esistere quasi senza domani. A vederla così, in una plumbea giornata di febbraio, credo una quindicina di anni fa, sono stati due israeliani, venuti da noi a curiosare chissà che a spiare chissà chi. Una si dichiarò giornalista amica del vecchio direttore di Lotta Continua Enrico De Aglio, l'altro era fotografo di accompagnamento. Questa ed altre foto finirono in una rivista patinata in dotazione ad una compagnia aerea israeliana. A guidare i due infreddoliti ospiti furono un ancor giovane Cicciu Carrara e il giocondo attore comico signor Scibetta.
REPRINT
sabato 9 febbraio 2013
Le favole della dittatura di Agato Bruno
Questo il quadro di Agato Bruno e questa la favola di Sciascia pubblicata da Bardi
Mi riferisco all’uomo in divisa e la scimmia del foglio 33
Per me Sciascia si riferisce a cose della sua prima gioventù: la scimmia in gabbia è il suo amico-nemico invidioso (quello che furtivamente lordava la sua minestra buttando una mosca. V. altra scrittura): L’uomo in divisa è lo stesso Sciascia liberatosi dalla gabbia della mediocrità e divenuto già lo scrittore di Galleria.
Il quadro di Agato ha altra cifra di lettura. Abbiamo in prati ormai ben coltivati scimmie ancora in gabbia che, pur stando bene, invidiano la divisa del potere (un corazziere di Roma lustro e longilinio come si addice ad una società passata dalla realtà contadina a quella di inquinante opulenza.
In vista della prossima mostra: LE FAVOLE di SCIASCIA le TAVOLE di BRUNO della DITTATURA
domenica 17 febbraio 2013
LE FAVOLE DELLA DITTATURA DI SCIASCIA E LE FAVOLE DELLA DITTATURA DI AGATO BRUNO - LA FAMIGLIA SCIASCIA CHE DICE? - PIERO CARBONE: A TE IL POMO DELLA DISCORDIA!
PIERO CARBONE – LE FAVOLE DELLA DITTATURA DI SCIASCIA – BARDI EDITORE – 1950 – LE VIRGILIANE TAVOLE DELLA DITTATURA DI AGATO BRUNO – RACALMUTO ATTENDE
Ormai son mesi che dire mai queste mie note non placide. Si tratta di cosa gravissima, di un attentato alla cultura libera e non succube o sussiegosa che non può essere andata da Racalmuto, contro tutto e al di sopra di tutto, MALGRADO TUTTO.
Mi attendo una risposta, una smentita, una precisazione. Sinora nulla. Gli interessi familiari pare che abbiano scelto la via del silenzio. I direttori scelti sul letto di morte dal grande Sciascia pare abbiano dirottato solo verso supponenze ostili a D’Alema, i commissari stanno tacitando le ire dei racalmutesi per una pretesa TARSU del decaduto 2006 (e pare che ci stiano riuscendo: me ne rallegro).
Io qui mi rivolgo alla brillante penna, alla lucida mente all’animo terso di Piero Carbone perché chieda ed ottenga la supervisione e la competente direzione culturale della Fondazione Sciascia, del Teatro Comunale e del Museo Chiaramontano.
Ho al contempo da rivolgergli richiesta a patrocinare una mostra-studio sulle FAVOLE DELLA DITTATURA di Leonardo Sciascia – BARDI EDITORE 1950.
L’amico e dirigente scolastico e pittore affermato Agato Bruno ha aderito ad una mia iniziativa: ha tradotto in 21 tavole quelle elaborazioni giovanili di Leonardo Sciascia. Sono una meraviglia. Vanno esposte ed illustrate. Invito Piero Carbone a dire qualcosa su colui che lui predilisse come “IL MIO SCIASCIA”.
Spero che Piero possa tradurre in fatti concreti, ininiziative culturalim in una bella mostra per la Festa del Monte quuesta mia supplice invicazione!
Col massimo della gentilezza di cui son capace interpellai l’ADELPHI. La sera stessa venni contattato per filo e mi si chiesero ragguagli. Fui invitato a farne una delucidazione scritta. La inviai e passarono settimane. Finalmente mi si risponde ad m…m e mi si nega ogni autorizzazione anche quelladi tipo non richiesto. Quasi, quasi mi si vieta l’opera dell’ingegno altrui di un pittore vivente, vivo e vegeto. A prescindere dalla mia salace risposta, mi sovviene una strana lettera inviatami dalla moglie di Sciascia che mi premuro di pubblicare qui sotto. Se non capisco male, Sciascia per disposizione testamentaria vieta “la pubblicazione di tutti i suoi inediti, le sue lettere, gli articoli sparsi nei giornali”. Allora come si giustifica questo introvabile vol. 400 del catalogo Adelphi; chi l’ha autorizzato? E soprattutto è stato coerente con le disposizioni testamentarie la stampa e la divulgazione di un volume di inediti che si intitola mi pare “Fuoco sull’Acqua” ? La Fondazione Sciascia non cura il buon nome dello Scrittore? Che ha da dire il direttore Di Grado? E i nostri transeunti Commissari (uno è presidente della Fondazione) non se ne curano?
Gentilissimi Signori,
ho avuto tra le mani l'edizione Bardi del 1950 delle Favole della Dittatura di Leonardo Sciascia. Ho cercato di farle rivisitare da pittori affermati. Un pittore mio amico del Veneto ha quasi finito questa singolare illustrazione come forse riuscirò a farvi vedere dagli allegati. Certo le favole non hanno titolo e quindi è molto arduo farvi riferimento. So, per vie traverse, che i diritti d’autore dopo una certa contesa giudiziaria vi spettano appieno. Le favore risultano pubblicate da Voi al n. 400 di un vostro catalogo. Non voglio assolutamente ledere i vostri diritti. Potreste però indicarmi modi e tempi per concordare una qualche legittima intesa. La mia e-mail è qui già indicata.
Ringrazio per la cortesia che vorrete concedermi e porgo distinti saluti
Calogero Taverna
Subject: Re: Le favole della dittatura di L. Sciascia edite nel 1950 da Bardi e i diritti i Adelphi
Gentile Sig. Taverna,
la ringraziamo per averci scritto ma siamo spiacenti di comunicarle che Adelphi non è interessata al progetto e non concede pertanto la sua autorizzazione.
Un cordiale saluto,
--
Marco Saggioro
Ufficio Diritti
Adelphi Edizioni S.p.A.
Via San Giovanni sul Muro, 14
20121 Milano – Italia
A:
|
rights.dept@adelphi.it (rights.dept@adelphi.it)
|
Ringrazio per la cortese attenzione e per il resto ho ben altre vie da poter percorrere più onorevolmente. Resta comunque in sospeso il problema dei diritti d'autore di Leonardo Sciascia. Vi fu un tempo la faccenda del contrasto tra Verga e Mascagni; fatte le debite proporzioni, mi auguro di non dovere incorrere in simili dissidi. Si abbiano i miei rispettosi ossequi. Calogero Taverna
Ad un amico di diverso avviso
Lei mi sorprende sempre di più, ma del resto è normale, siamo stati tutti giovani, una splendida ballata dei Genesis, i gruppi rock sono quelli che hanno sfornato le miglior ballate, i cosiddetti pezzi lenti
Lillo Taverna Ridimensionami: sono canti e suoni che io rifletto dai miei "amici" anche per dare loro un segno della mia stima e simpatia. Un merito di FB è anche quello che consente a culture diverse e persino opposte di intessere colloqui che arricchiscono. Guarda quello che succede tra te e me: vediamo e sogniamo mondi stellarmente distanti, litighiamo anche e sul serio, eppure FB ci consente di metterci a confronto ed apprezzare la vastità dell'intelletto umano. Ecco perché ogni pessimismo è infondato. L'umanità cresce in bellezza e verità giorno per giorno, ora per ora. Ecco perché mi permetto di contraddire anche gli amici che stimo e ammiro di più perché ognuno di noi deve sapere che ad ogni nostra tesi si contrappone l'antitesi altrui e guarda caso basta incontrarsi e scontrarsi anche perché si determini una sintesi che prelude a superiori antitesi per una nuova sintesi che tutti ci migliora.
Al sig. Palumbo faccio quindi ogni augurio e gli testimonio qui la mia profondissima stima e la mia ammirazione. Grazie sig. Palumbo anche per quello che sono sicuro farà per i beni archeologici (oggi impunemente violati) di Racalmuto.
A proposito della visita del sig. Palumbo a Racalmuto
Conosco ed ho avuto modo di apprezzare il sig. Palumbo di Milena. Ci siamo incontrati una decina di anni fa per la solerte intermediazione del sig. Carmelo Mulé. Il sig. Palumbo da par suo ben mi rappresentò lo stato della necropoli di Fra Diego che per gli studi della contigua facies archeologica milenese da parte del prof. La Rosa dovrebbe essere arretrata di un paio di millenni almeno rispetto alla diceria di derivazione tucidea secondo cui quella necropoli di tombe c.d. a forno che si denominano sicane sarebbe da datare né più né meno al XVIII secolo a.C. Il signor Palumbo - espertissimo - dando
con i suoi chiodati scarponi un calcio qui un calcio là ci significava che potrebbero esservi ancora tombe non violate che debitamente esplorate tanto potrebbero dirci su questi nostri, comunque si chiamino, antenati. Le tombe c.d. sicane di Fra Diego sono oggetto permanente della vandalica espoliazione dei tombaroli che trovano il ben di Dio per i loro affari. Ma il Sig. Calderoni, unitamente al sig. Mulé, portò alle competenti Autorità fazzolettate di reperti già da lui inventariati. Tutto disperso. Scrivo e riscrivo su quella faccenda che sarebbe comica se non fosse tragica dell'inversione in sede di individuazione catastale delle località di rilevanza archeologica vincolate dalla Fiorentini. Con il sig. Palumbo ebbi anche modo di visitare un importante rudere archeologico in contrada Pantano: una tomba pare a tholos lasciata incompleta, testimonianza dunque
di una dispersione di popolazioni preistoriche a Racalmuto. Certo tutto da studiare, tutto da inverare. Nulla si è fatto né alcuna attenzione da parte delle competenti Autorità si riesce ad ottenere. Mi auguro che questa bella iniziativa della terrazza del Serrone sia pronuba di interventi di recupero e salvaguardia archeologica a Racalmuto. Al sig. Palumbo faccio quindi ogni augurio e gli testimonio qui la mia profondissima stima e la mia ammirazione. Grazie sig. Palumbo anche per quello che sono sicuro farà per i beni archeologici (oggi impunemente violati) di Racalmuto.
con i suoi chiodati scarponi un calcio qui un calcio là ci significava che potrebbero esservi ancora tombe non violate che debitamente esplorate tanto potrebbero dirci su questi nostri, comunque si chiamino, antenati. Le tombe c.d. sicane di Fra Diego sono oggetto permanente della vandalica espoliazione dei tombaroli che trovano il ben di Dio per i loro affari. Ma il Sig. Calderoni, unitamente al sig. Mulé, portò alle competenti Autorità fazzolettate di reperti già da lui inventariati. Tutto disperso. Scrivo e riscrivo su quella faccenda che sarebbe comica se non fosse tragica dell'inversione in sede di individuazione catastale delle località di rilevanza archeologica vincolate dalla Fiorentini. Con il sig. Palumbo ebbi anche modo di visitare un importante rudere archeologico in contrada Pantano: una tomba pare a tholos lasciata incompleta, testimonianza dunque
di una dispersione di popolazioni preistoriche a Racalmuto. Certo tutto da studiare, tutto da inverare. Nulla si è fatto né alcuna attenzione da parte delle competenti Autorità si riesce ad ottenere. Mi auguro che questa bella iniziativa della terrazza del Serrone sia pronuba di interventi di recupero e salvaguardia archeologica a Racalmuto. Al sig. Palumbo faccio quindi ogni augurio e gli testimonio qui la mia profondissima stima e la mia ammirazione. Grazie sig. Palumbo anche per quello che sono sicuro farà per i beni archeologici (oggi impunemente violati) di Racalmuto.
Sciascia - vecchia miscellanea
Maria Carta - Canzonissima 1974 - Amore disisperadu
Tavola sciasciana di pag. 28 Edizione Bardi. Il nobile cavallo e il concreto mulo: Leonardo Sciascia: beffardo. Bucolico,sereno: Agato Bruno. Animali quieti in prati freschi di verdura, in radure solatie ma senza stoppie, in una Racalmuto satura di limpida luce. Quando Sciascia compone, i galantuomini del Circolo Unione - quello all'epoca frequentato da Nanà con giovanile sornioneria - persa l'antica boria fan quasi ora la fame; manco il bramato gioco d'azzardo possono più permettersi, quello si pratica ormai al Mutuo Soccorso di Angilu Cuddura - così dice Sciascia, ma tavolta si sbaglia.
La rivolta sociale in fermento a Racalmuto. I contadini emigrano: le terre dei galantuomini restano abbandonate: per questi quasi l'indigenza; per li jurntara, per i figli o i nipoti dei carusi di un tempo quasi l'agiatezza: se tornano per la Festa del Monte dal Belgio o dalla Germania ti può anche capitare di vederli pavoneggiare su auto della dismisura americana, sia pure d'anteguerra. Una beffa una rabbia. Sciascia coglie quegli umori. "Il cavallo non si avvicinava alla mangiatoia se non quando il mulo e ne allontanava .. Sì la tua razza è pura - pensava il mulo - ma il fieno che mangi è quella che io ti lascio".
Agato Bruno, ora a distanza di un sessantennio, ha altra ispirazione: gioiosa, giocosa. Abbagliato dal rappreso cromatismmo dello Zaccanello, vede solo pacifici animali beati in radure che in vero sono magari stopposi con i ruderi delle vecchie cadenti ville che un tempo furono dei grandi signori di Racalmuto. ora decaduti, i baroni, i Tulumello, i Matrona. Ma Bruno ha occhi ormai veneti per badare a siffatti rigurgiti della antica rivolta paesana .Sciascia invece la viveva.
Mulo e cavallo ormai rappacificati
Tavola sciasciana di pag. 28 Edizione Bardi. Il nobile cavallo e il concreto mulo beffardo. Bucolico,sereno Agato Bruno. Animali quieti in prati freschi di verdura, in radure solatie ma senza stoppie, in una Racalmuto satura di limpida luce. Quando Sciascia compone i galantuomini del Circolo Unione - quello all'epoca frequentato da Nanà con giovanile sornioneria - persa l'antica boria fan quasi ora la fame; manco il bramato gioco d'azzardo possono più permettersi, quello si pratica ormai al Mutuo Soccorso di Angilu Cuddura - così dice Sciascia, ma tavolta si sbaglia.
La rivolta sociale in fermento a Racalmuto. I contadini emigrano: le terre dei galantuomini restano abbandonate: per questi quasi l'indigenza; per li jurntara, per i figli o i nipoti dei carusi di un tempo quasi l'agiatezza: se tornano per la Festa del Monte dal Belgio o dalla Germania ti può anche capitare di vederli pavoneggiare su auto della dismisura americana, sia pure d'anteguerra. Una beffa una rabbia. Sciascia coglie quegli umori. "Il cavallo non si avvicinava alla mangiatoia se non quando il mulo e ne llontanava .. Sì la tua razza è pura - pensava il mulo - ma il fieno che mangi è quella che io ti lascio".
Agato Bruno, ora a distanza di un sessantennio, ha altra ispirazione: gioiosa, giocosa. Abbagliato dal rappreso cromatismmo dello Zaccanello, vede solo pacifici animali beati in radure che in vero sono magari stopposi con i ruderi delle vecchie cadenti ville che un tempo furono dei grandi signori di Racalmuto. ora decaduti, i baroni, i Tulumello, i Matrona. Ma Bruno ha occhi ormai veneti per badare a siffatti rigurgiti della antica rivolta paesana .Sciascia invece la viveva.
Partecipazione di Maria Carta alla popolare trasmissione TV CANZONISSIMA edizion...e 1974 il brano è eseguito col modulo de "sa Disisperada"; Testo di Maria Car...Visualizza altro
Calogero Taverna Splendida versioneclon accompagno di mariarruni
Calogero Taverna Morsi cu morsi e cu m'amava persi, / comu fineru li jochi e li spassi! / La bedda libirtà comu la persi, / hannu 'mputiri li canazzi corsi./ Chianciunu tutti, li liuna e l'ursi, / chianci me matri ca vivu mi persi. / Cu dumanna di mia, comu 'un ci fussi, / scrivitimi a lu libru di li persi Non credo che molti abbiano afferrato questi splendidi versi siciliani
Calogero Taverna La traduzione in lingua italiana da Sciascia (v. Cruciverba - Guttuso). "E' morta chi è morta ed ho perso chi mi amava: i giochi e gli spassi sono finiti. Ho perso la bella libertà, sono ormai in potere degli sbirri; e perciò piangono tutti, anche i leoni e gli orsi; e piange mia madre, vivo mi perse. A chi domanda di me, come non ci fossi: scrivetemi nel libro dei persi."
martedì 27 agosto 2013
mercoledì 26 dicembre 2012
Il mio 45° Compleanno...
FRA QUALCHE GIORNO COMPIO IL MIO 45° COMPLEANNO QUALE SOCIO DI UN CIRCOLO CHE NON AMO PIU'
Guardo con acuta nostalgia, con scoramento anche, il mio libretto 166° Genetliaco [del] Circolo Unione e a pag. 54 mi ritrovo: il 1° gennaio 1967 facevo finalmente parte del Circolo Unione. Avevo doppiato lo scoglio arcigno ed inflessibile dell'avv. Pillitteri. Avevo avuto le palline bianche più che sufficienti. Tanti - migliori di me - non l'avevano avute nel passato; neppure chi ora si crede il santone intoccabile di un sodaliziao ex nobiliare, divenuto con un colpo di mano statutario tutt'altra cosa con signorini né nobili né ignobili che sembrano più intenti a cantar messa e portarvi mistici preti che mantenere la grintosa aria laica (per non dire massonica) di questa mirabile congrega elitaria della Racalmuto ottocentesca ed anche novecentesca e persino della prima decade di anni di questo nuovo millennio.
Mi accoglievano allora presidenti del calibro del p.a. Nicolò BARTOLOTTA; deputati come il rag. Luigi Cutaia, l'ins. Guglielmo Bellavia, l'ins. Felice Caratozzolo, il longevo dottore Salvatore Restivo Pantalone, l'ins. Gaetano Mattina, l'ins. Alfonso Farrauto: meno il padre dell'ex sindaco, tutti di là e da tempo. Sbircio tra quelli che mi precedevano e trovo una istituzione come il dottore Ettore Vinci, il mio simpantico e sfortunato amico il geometra Alfonso Delfino, l'austero prof. Domenico Romano, e quindi, amici da sempre, Nicu Piazza, 'Ngilino Morreale, Nnazziu Pillitteri e chi ancora ci serba trepido affetto come ma cuscinu Totinu Scimè e il mio vicinu di casa là a la Funtana, il dottore Jachinu Trumeddu (per non dire Catallo). Seguono i miei coevi SESSANTASETTINI e siamo diciannove (o meglio eravamo: vivi meno della metà. Chi ricordare? : l'avv. Garlisi e l'avvocato Buscarino.
Ma tanti pur viventi non bazzicano più le sale del Circolo dei Galantuomini: non è più per i loro gusti.
Io avevo deciso, quest'anno, di tagliare la corda. Che ci sto più a fare in un sodalazio paraclericale, in mano a rampanti che vogliono affermarsi in nome di uno Sciascia che poi non amava tanto quel circolo come sta a dimostrare qualche carta che tenuta segreta, post mortem la famiglia ha ritenuto di dare ad Adelphi per un impropabile FUOCO sul MARE (attendo l'apprezzabile opinione del prof. Di Grado). Ne ho scritto, ma è come parlare a sordi: ho credo chiarito che il frate (veramente semplice chierico) DIEGO LA MATINA nato a Racalmuto nel marzo del 1621 era ancora vivo e vegeto nella pasqua del 1666; non poteva quindi esere stato bruciato nel 1658. Come se dicessi castronerie. Mi si fa pure l'affronto di salmodiare nelle sale del circolo che sovvenziono da quaranticinque anni non so quali prefiche commemorative. Non si degneranno neppure di almeno scomunicarmi per non scomodarsi. Vi sono interessi teatrali di chissà chi e tanto basta.
Per rabbia ho deciso di non dimettermi: pagherò ancora una volta il canone annuale come non stanziale e forse mi deciderò di pagare il mio avvocato di fiducia per seguire le orme del Farmacista Calogero Argento, fu Michelangelo, abitante in via Rapisardi 35 di Racalmuto. Era il 4 gennaio 1945. Lo si voleva massone e liberale e forse lo era ma non voleva appartenere alla DEMOCRAZIA DEL LAVORO dell'altro galantuomo il sig. Amedeo MESSANA. Così come io - clericale cattolico ma non credente - non voglio finire sotto l'egida di nuovi sagristanelli dell'era di padre Ciucia.
Mi accoglievano allora presidenti del calibro del p.a. Nicolò BARTOLOTTA; deputati come il rag. Luigi Cutaia, l'ins. Guglielmo Bellavia, l'ins. Felice Caratozzolo, il longevo dottore Salvatore Restivo Pantalone, l'ins. Gaetano Mattina, l'ins. Alfonso Farrauto: meno il padre dell'ex sindaco, tutti di là e da tempo. Sbircio tra quelli che mi precedevano e trovo una istituzione come il dottore Ettore Vinci, il mio simpantico e sfortunato amico il geometra Alfonso Delfino, l'austero prof. Domenico Romano, e quindi, amici da sempre, Nicu Piazza, 'Ngilino Morreale, Nnazziu Pillitteri e chi ancora ci serba trepido affetto come ma cuscinu Totinu Scimè e il mio vicinu di casa là a la Funtana, il dottore Jachinu Trumeddu (per non dire Catallo). Seguono i miei coevi SESSANTASETTINI e siamo diciannove (o meglio eravamo: vivi meno della metà. Chi ricordare? : l'avv. Garlisi e l'avvocato Buscarino.
Ma tanti pur viventi non bazzicano più le sale del Circolo dei Galantuomini: non è più per i loro gusti.
Io avevo deciso, quest'anno, di tagliare la corda. Che ci sto più a fare in un sodalazio paraclericale, in mano a rampanti che vogliono affermarsi in nome di uno Sciascia che poi non amava tanto quel circolo come sta a dimostrare qualche carta che tenuta segreta, post mortem la famiglia ha ritenuto di dare ad Adelphi per un impropabile FUOCO sul MARE (attendo l'apprezzabile opinione del prof. Di Grado). Ne ho scritto, ma è come parlare a sordi: ho credo chiarito che il frate (veramente semplice chierico) DIEGO LA MATINA nato a Racalmuto nel marzo del 1621 era ancora vivo e vegeto nella pasqua del 1666; non poteva quindi esere stato bruciato nel 1658. Come se dicessi castronerie. Mi si fa pure l'affronto di salmodiare nelle sale del circolo che sovvenziono da quaranticinque anni non so quali prefiche commemorative. Non si degneranno neppure di almeno scomunicarmi per non scomodarsi. Vi sono interessi teatrali di chissà chi e tanto basta.
Per rabbia ho deciso di non dimettermi: pagherò ancora una volta il canone annuale come non stanziale e forse mi deciderò di pagare il mio avvocato di fiducia per seguire le orme del Farmacista Calogero Argento, fu Michelangelo, abitante in via Rapisardi 35 di Racalmuto. Era il 4 gennaio 1945. Lo si voleva massone e liberale e forse lo era ma non voleva appartenere alla DEMOCRAZIA DEL LAVORO dell'altro galantuomo il sig. Amedeo MESSANA. Così come io - clericale cattolico ma non credente - non voglio finire sotto l'egida di nuovi sagristanelli dell'era di padre Ciucia.
Sciascia-Bruno, il cavallo e il mulo rappacificati.
Tavola sciasciana di pag. 28 Edizione Bardi. Il nobile cavallo e il concreto mulo: Leonardo Sciascia: beffardo. Bucolico,sereno: Agato Bruno. Animali quieti in prati freschi di verdura, in radure solatie ma senza stoppie, in una Racalmuto satura di limpida luce. Quando Sciascia compone, i galantuomini del Circolo Unione - quello all'epoca frequentato da Nanà con giovanile sornioneria - persa l'antica boria fan quasi ora la fame; manco il bramato gioco d'azzardo possono più permettersi, quello si pratica ormai al Mutuo Soccorso di Angilu Cuddura - così dice Sciascia, ma tavolta si sbaglia.
La rivolta sociale in fermento a Racalmuto. I contadini emigrano: le terre dei galantuomini restano abbandonate: per questi quasi l'indigenza; per li jurntara, per i figli o i nipoti dei carusi di un tempo quasi l'agiatezza: se tornano per la Festa del Monte dal Belgio o dalla Germania ti può anche capitare di vederli pavoneggiare su auto della dismisura americana, sia pure d'anteguerra. Una beffa una rabbia. Sciascia coglie quegli umori. "Il cavallo non si avvicinava alla mangiatoia se non quando il mulo e ne allontanava .. Sì la tua razza è pura - pensava il mulo - ma il fieno che mangi è quella che io ti lascio".
Agato Bruno, ora a distanza di un sessantennio, ha altra ispirazione: gioiosa, giocosa. Abbagliato dal rappreso cromatismmo dello Zaccanello, vede solo pacifici animali beati in radure che in vero sono magari stopposi con i ruderi delle vecchie cadenti ville che un tempo furono dei grandi signori di Racalmuto. ora decaduti, i baroni, i Tulumello, i Matrona. Ma Bruno ha occhi ormai veneti per badare a siffatti rigurgiti della antica rivolta paesana .Sciascia invece la viveva.
Mulo e cavallo ormai rappacificati
Tavola sciasciana di pag. 28 Edizione Bardi. Il nobile cavallo e il concreto mulo beffardo. Bucolico,sereno Agato Bruno. Animali quieti in prati freschi di verdura, in radure solatie ma senza stoppie, in una Racalmuto satura di limpida luce. Quando Sciascia compone i galantuomini del Circolo Unione - quello all'epoca frequentato da Nanà con giovanile sornioneria - persa l'antica boria fan quasi ora la fame; manco il bramato gioco d'azzardo possono più permettersi, quello si pratica ormai al Mutuo Soccorso di Angilu Cuddura - così dice Sciascia, ma tavolta si sbaglia.
La rivolta sociale in fermento a Racalmuto. I contadini emigrano: le terre dei galantuomini restano abbandonate: per questi quasi l'indigenza; per li jurntara, per i figli o i nipoti dei carusi di un tempo quasi l'agiatezza: se tornano per la Festa del Monte dal Belgio o dalla Germania ti può anche capitare di vederli pavoneggiare su auto della dismisura americana, sia pure d'anteguerra. Una beffa una rabbia. Sciascia coglie quegli umori. "Il cavallo non si avvicinava alla mangiatoia se non quando il mulo e ne llontanava .. Sì la tua razza è pura - pensava il mulo - ma il fieno che mangi è quella che io ti lascio".
Agato Bruno, ora a distanza di un sessantennio, ha altra ispirazione: gioiosa, giocosa. Abbagliato dal rappreso cromatismmo dello Zaccanello, vede solo pacifici animali beati in radure che in vero sono magari stopposi con i ruderi delle vecchie cadenti ville che un tempo furono dei grandi signori di Racalmuto. ora decaduti, i baroni, i Tulumello, i Matrona. Ma Bruno ha occhi ormai veneti per badare a siffatti rigurgiti della antica rivolta paesana .Sciascia invece la viveva.
lunedì 26 agosto 2013
LETTERA SPEDITA DIFFUSA PROMULGATA. RISPOSTE? NESSUNA! COME PRIMA, PEGGIO DI PRIMA!!! DOVESSE TROVARE LA VICE PREFETTO DOTTORESSA MARIA SALERNO QUALCHE SOSPESO, VUOL DARMENE RAGGUAGLIO?
LETTERA SPEDITA DIFFUSA PROMULGATA. RISPOSTE? NESSUNA! COME PRIMA, PEGGIO DI PRIMA!!! DOVESSE TROVARE LA VICE PREFETTO DOTTORESSA MARIA SALERNO QUALCHE SOSPESO, VUOL DARMENE RAGGUAGLIO?
Egregio don Filippo de Romana gente,
sono un civis romanus che a quasi ottant'anni volevo rimpatriare. Ho chiesto la residenza al mio paese. Sa, gli educati dalla sua predecessora confondendo la mia richiesta di residenza in richiesta di domicilio coatto non me l'hanno accordata. E dire che avrebbero potuto fruire dell'addizionale sull'irpef: non sono ricco come Berlusconi ma suvvia neppure indigente come il defunto Lillo Marino. Avrei contribuito magari marginalmente a comprimere un tantinello il baratro delle spese comunali. Per la trasparenza, Ella mi dirà mai quanto è costato l'onore di avere al vertice di questo scellerato Comune una prefettessa del taglio della Tramonto? e quanto è ricaduto, per appannaggi spese e rimborsi agli altri due suoi colleghi, su codesto disastrato bilancio comunale? Mi ha divertito il predecessore del suo predecessore che nella prima decade di maggio venne solo due volte per prendersi le sue carte e dare doverose consegne. Beh! si è fatto liquidare anche un congruo rimborso spese e diarie con uso del mezzo proprio. Un compagnuccio che stava a fare l'albo pretorio ce ne ha dato notizia. Dopo, la signora al Tramonto mi pare che abbia oscurato codesti come chiamarli violazioni dei segreti di ufficio.
Veda egregio don Filippo de Romana gente se anche lei viene qui a Racalmuto per sbaragliare le infiltrazioni mafiose Lei perde tempo e noi - sa non l'addizionale sull'irpef ma la l'IMU alle stelle, per insipienza come potrei dimostrare, quella la pago e come - ci rimettiamo tanti soldini per suoi rimborsi spese e salati ammennicoli vari. Se Lei - esperto anche in diritto amministrativo - viene per appurare vecchia e nuova mala gestio, allora tutti ci potremmo guadagnare.
La sua antecedente in gonnella ebbe a gloriarsi di avere stroncato un mezzo stipendio di un becchino già ergastolano. Fece piangere un mio fragile parente perché non avendo risposta superiore non stroncò l'abuso cercando peraltro di non farsi impallinare come il don abbondio manzoniano dato che non c'è barba di cardinale borromeo che ti possa levare da dosso un paio di pallettoni. Ma la signora al Tramonto - che tanto pontificava sulle abnormi eccedenze dell'organico impiegatizio - si premurò subito di confermare contratti a termine per qualche centinaio di protetti comunali. A toccare quei fili, i pallettoni arrivavano a lei e suoi consorti. Oh! che bel coraggio. Quanta a tanta altra mala gestio non curò neppure di rendersene conto. Scrissi e riscrissi. Non mi ascoltò, non mi convocò, neppure mi rispose. A dire il vero dubito che gli astuti intermediari in funzioni segretariali le abbiano fatto pervenire le mie lagne.
Veda egregio don Filippo de Romana gente Racalmuto non è Regalpetra, i coreuti dell'antimafia non sono Racalmuto, i sedicenti giornalisti hanno piccoli interessi nascosti per collaborare davvero: frastornano, egregio don Filippo de Romana gente, dirottano, censurano, ingannano, imbrogliano. E purtroppo anche lei sta scivolando nel malvezzo di accordare interviste esclusive per eccesso di fiducia, sol magari perché li crede consanguinei di letterati alla Consolo o nobilitati da frequentazioni nocesche,
A questi fiduciari assisi negli scranni della responsabilità amministrativa rivolgo umile preghiera a non intercettare, ad informare a passare le carte integre così come arrivano all'ufficio protocollo. Sa una volta volevo presentare una richiesta ai sensi di un bando dell'ottobre scorso. All'ufficio protocollo si nicchiò finché un capo ufficio che non mi ama non diede l'hokei. Dopo credo che la regolamentare istanza fu bloccata e non pervenne al missus panormitanus (se pervenne perché non mi si spiegano i motivi del rigetto?)
Veda egregio don Filippo de Romana gente, a Racalmuto non vi sono infiltrazioni mafiose, ma mala gestio tanta, occulta, surrettizia, strisciante, esplosiva, invereconda. Saprà Ella appurarla? E come fa, con tanti del suo contorno protesi a tutto occultare, a tutto derubricare, a tutto far confluire nelle paludi delle inesistenti infiltrazioni mafiose che fanno felice l'antimafia. Arriva a Racalmuto e subito si mette a colloquio col referente titolato dell'antimafia. Francamente non mi aspetto nulla di buono da lei come nel Gattopardo con il cavaliere savoiardo.
Veda egregio don Filippo de Romana gente poco ella saprà dell'epilogo giudiziario sulle infiltrazioni mafiose. Il suo Ministero intanto dovrà rifondere le spese di giudizio perché ha preso provvedimenti esiziali per la vita democratica di questo martoriato paese di nome Racalmuto, senza fronzoli, infangando due onestissimi consiglieri, il mio parente Campanella (che volevano bollare come infiltrato sol perché vari decenni fa pensò tentare un'impresa industriale con abile imprenditore che molto tempo dopo si dice che abbia deragliato) e tale Barravecchia divenuto nefando perché omonimo di un fratello che si era frattanto imparentato con taluno che i coreuti dell'antimafia rappresentarono come pericoloso malacarne di stampo mafioso. Una triade di visitatori prefettizi dimorò qui a Racalmuto, senza altri fronzoli, per sei mesi chiudendo carte nell'ufficio della porta accanto e giustificando diarie spese e rimborsi con la copiatura di stantii rapporti polizieschi già smunti da proscioglimenti in sede istruttoria, derubricati sensibilmente, con dilatori rinvii sine die. Ciò nonostante due evitandi alias ineligendi erano dimissionari ab immemorabili, uno perché all'inizio della legislatura aveva qualche problema con la droga, l'altro perché calunniato reagì. Pluriincriminato, per ora gli è stata comminata una risibile pena di quattro mesi con la condizionale, non appellata perché di costoso appello: qualcosa comunque che manco nel più lieve dei reati contravvenzionali si commina. E ciò prova deleterie infiltrazioni mafiose? Ma va' là! I restanti due ineligendi (alla latina) devono la loro gogna l'una per essere figlia di suo padre, sorella di suo fratello e soprattutto nipote di suo zio che la locale pubblicistica - tanto sussiegosa quanto dissennata - qualifica come trucidato CAPO MAFIA. Lu zzi Alfonso fu nel 1960 mio ospite a Modena perché aveva sposato una prima cugina di mio padre. Un altro po' e lo introducevo negli uffici modenesi della Banca d'Italia di cui ero segretario, vincitore di concorso non truccato di gruppo A, in esperimento. Va a finire che cinquanta anni dopo mi ritrovo anch'io tra gli infiltrati. Lu zzi Alfonso veniva da famiglia pre prefetto Moro, che insomma la coppola storta ce l'aveva davvero: erano tempi dell'abigeato e tanti pronipoti di chi voleva dare la cittadinanza onoraria come al Circolo Unione al Cavaliere Benito Mussolini, dovrebbero tacere anziché moraleggiare su blog vocianti antimafia ogni piè sospinto. Lu zzi Alfonso era sboccato, collerico ma incapace di far male ad una mosca: era un modesto proprietario di saline incappato per irrinunciabili eredità di famiglia in un favoreggiamento consistente nell'avere gettato una pistola fumante di altri sui canali del tetto morto di casa sua. Ebbe guai giudiziari a non finire, finì nelle patrie galere, versava lacrime di umilianti pianti in modo compassionevole. Altro che baldo capomafia che libercoli locali vorrebbero accreditare. La nipote è una brava ragazza che eletta al Comune poche volte lo frequentò, dedita a Palermo a nobile volontariato. L'altro figlio di un socialista autorevole e dignitoso, eletto persino senatore, farmacista in eterna loquela col telefonino, innocuo bravo figliolo che si innamora di una bella e brava ragazza di una famiglia che dicono inquinante mafiosamente gli appalti pubblici, vi si fidanza e per colmo di sventura si vede costretto ad interrompere il fidanzamento.
Veda egregio don Filippo de Romana gente dopo mesi e mesi di ispezioni commissariamenti visite semestrali prefettizie non si rinvengono altri infiltrati mafiosi nel comune di Racalmuto, solo quelli che ho citato: due assolti con addebito delle spese al suo Ministero; due già da tempo dimissionari e almeno a faccende mafiose estranei, e due che chiamarli mafiosi o infiltrati mafiosi c'è proprio da ridere (se non fosse penosamente tragico). Se lei egregio don Filippo de Romana gente è uomo d'onore dica alla ministra in gonnella (che se donna d'onore dovrebbe ascoltarla) che a Racalmuto non vi sono state infiltrazioni mafiose e quindi, come insegnavamo ai miei tempi nel SECIT di Reviglio, necessita un pronto atto resipiscente di AUTOTUTELA: serve poco sostituire in modo imbarazzante la signora al Tramonto; caduta in sue mani, la patata bollente potrà divenire ancora più scottante persino forse in sede parlamentare.
Parlavo però di mala gestio: come primo approccio mi dispensi dal parlarne egregio don Filippo de Romana gente. Ma se vuol subito sapere, si faccia dare le lettere firmate che ho mandato al Comune, i post che da oltre un anno ho mandato al blog REGALPETRA LIBERA con i commenti talora più salaci dei post; gli altri post che ho disseminato in questo profilo FB; quelli di esordio di un blog CASTRUM RACALMUTO DOMANI che io pensai che io denominai che io lanciai anche là dove il meneghino blogger mai sarebbe arrivato e che, finito in gran dispitto ad un anonimo sedente, secondo me, nello scranno di responsabilità di codesta amministrazione, mi ha inurbanamente zittito con un perentorio BASTA che mi risuona ancora nel mio orecchio irato.
Avrà un seguito questo approccio epistolare? Forse che sì forse che no! Dipende dal suo coraggio e dalla sua volontà a fare davvero giustizia. In ogni caso, egregio don Filippo de Romana Gente, non mi sottovaluti come la sua collega al Tramonto che l'ha preceduta.Calogero Taverna
Egregio don Filippo de Romana gente,
sono un civis romanus che a quasi ottant'anni volevo rimpatriare. Ho chiesto la residenza al mio paese. Sa, gli educati dalla sua predecessora confondendo la mia richiesta di residenza in richiesta di domicilio coatto non me l'hanno accordata. E dire che avrebbero potuto fruire dell'addizionale sull'irpef: non sono ricco come Berlusconi ma suvvia neppure indigente come il defunto Lillo Marino. Avrei contribuito magari marginalmente a comprimere un tantinello il baratro delle spese comunali. Per la trasparenza, Ella mi dirà mai quanto è costato l'onore di avere al vertice di questo scellerato Comune una prefettessa del taglio della Tramonto? e quanto è ricaduto, per appannaggi spese e rimborsi agli altri due suoi colleghi, su codesto disastrato bilancio comunale? Mi ha divertito il predecessore del suo predecessore che nella prima decade di maggio venne solo due volte per prendersi le sue carte e dare doverose consegne. Beh! si è fatto liquidare anche un congruo rimborso spese e diarie con uso del mezzo proprio. Un compagnuccio che stava a fare l'albo pretorio ce ne ha dato notizia. Dopo, la signora al Tramonto mi pare che abbia oscurato codesti come chiamarli violazioni dei segreti di ufficio.
Veda egregio don Filippo de Romana gente se anche lei viene qui a Racalmuto per sbaragliare le infiltrazioni mafiose Lei perde tempo e noi - sa non l'addizionale sull'irpef ma la l'IMU alle stelle, per insipienza come potrei dimostrare, quella la pago e come - ci rimettiamo tanti soldini per suoi rimborsi spese e salati ammennicoli vari. Se Lei - esperto anche in diritto amministrativo - viene per appurare vecchia e nuova mala gestio, allora tutti ci potremmo guadagnare.
La sua antecedente in gonnella ebbe a gloriarsi di avere stroncato un mezzo stipendio di un becchino già ergastolano. Fece piangere un mio fragile parente perché non avendo risposta superiore non stroncò l'abuso cercando peraltro di non farsi impallinare come il don abbondio manzoniano dato che non c'è barba di cardinale borromeo che ti possa levare da dosso un paio di pallettoni. Ma la signora al Tramonto - che tanto pontificava sulle abnormi eccedenze dell'organico impiegatizio - si premurò subito di confermare contratti a termine per qualche centinaio di protetti comunali. A toccare quei fili, i pallettoni arrivavano a lei e suoi consorti. Oh! che bel coraggio. Quanta a tanta altra mala gestio non curò neppure di rendersene conto. Scrissi e riscrissi. Non mi ascoltò, non mi convocò, neppure mi rispose. A dire il vero dubito che gli astuti intermediari in funzioni segretariali le abbiano fatto pervenire le mie lagne.
Veda egregio don Filippo de Romana gente Racalmuto non è Regalpetra, i coreuti dell'antimafia non sono Racalmuto, i sedicenti giornalisti hanno piccoli interessi nascosti per collaborare davvero: frastornano, egregio don Filippo de Romana gente, dirottano, censurano, ingannano, imbrogliano. E purtroppo anche lei sta scivolando nel malvezzo di accordare interviste esclusive per eccesso di fiducia, sol magari perché li crede consanguinei di letterati alla Consolo o nobilitati da frequentazioni nocesche,
A questi fiduciari assisi negli scranni della responsabilità amministrativa rivolgo umile preghiera a non intercettare, ad informare a passare le carte integre così come arrivano all'ufficio protocollo. Sa una volta volevo presentare una richiesta ai sensi di un bando dell'ottobre scorso. All'ufficio protocollo si nicchiò finché un capo ufficio che non mi ama non diede l'hokei. Dopo credo che la regolamentare istanza fu bloccata e non pervenne al missus panormitanus (se pervenne perché non mi si spiegano i motivi del rigetto?)
Veda egregio don Filippo de Romana gente, a Racalmuto non vi sono infiltrazioni mafiose, ma mala gestio tanta, occulta, surrettizia, strisciante, esplosiva, invereconda. Saprà Ella appurarla? E come fa, con tanti del suo contorno protesi a tutto occultare, a tutto derubricare, a tutto far confluire nelle paludi delle inesistenti infiltrazioni mafiose che fanno felice l'antimafia. Arriva a Racalmuto e subito si mette a colloquio col referente titolato dell'antimafia. Francamente non mi aspetto nulla di buono da lei come nel Gattopardo con il cavaliere savoiardo.
Veda egregio don Filippo de Romana gente poco ella saprà dell'epilogo giudiziario sulle infiltrazioni mafiose. Il suo Ministero intanto dovrà rifondere le spese di giudizio perché ha preso provvedimenti esiziali per la vita democratica di questo martoriato paese di nome Racalmuto, senza fronzoli, infangando due onestissimi consiglieri, il mio parente Campanella (che volevano bollare come infiltrato sol perché vari decenni fa pensò tentare un'impresa industriale con abile imprenditore che molto tempo dopo si dice che abbia deragliato) e tale Barravecchia divenuto nefando perché omonimo di un fratello che si era frattanto imparentato con taluno che i coreuti dell'antimafia rappresentarono come pericoloso malacarne di stampo mafioso. Una triade di visitatori prefettizi dimorò qui a Racalmuto, senza altri fronzoli, per sei mesi chiudendo carte nell'ufficio della porta accanto e giustificando diarie spese e rimborsi con la copiatura di stantii rapporti polizieschi già smunti da proscioglimenti in sede istruttoria, derubricati sensibilmente, con dilatori rinvii sine die. Ciò nonostante due evitandi alias ineligendi erano dimissionari ab immemorabili, uno perché all'inizio della legislatura aveva qualche problema con la droga, l'altro perché calunniato reagì. Pluriincriminato, per ora gli è stata comminata una risibile pena di quattro mesi con la condizionale, non appellata perché di costoso appello: qualcosa comunque che manco nel più lieve dei reati contravvenzionali si commina. E ciò prova deleterie infiltrazioni mafiose? Ma va' là! I restanti due ineligendi (alla latina) devono la loro gogna l'una per essere figlia di suo padre, sorella di suo fratello e soprattutto nipote di suo zio che la locale pubblicistica - tanto sussiegosa quanto dissennata - qualifica come trucidato CAPO MAFIA. Lu zzi Alfonso fu nel 1960 mio ospite a Modena perché aveva sposato una prima cugina di mio padre. Un altro po' e lo introducevo negli uffici modenesi della Banca d'Italia di cui ero segretario, vincitore di concorso non truccato di gruppo A, in esperimento. Va a finire che cinquanta anni dopo mi ritrovo anch'io tra gli infiltrati. Lu zzi Alfonso veniva da famiglia pre prefetto Moro, che insomma la coppola storta ce l'aveva davvero: erano tempi dell'abigeato e tanti pronipoti di chi voleva dare la cittadinanza onoraria come al Circolo Unione al Cavaliere Benito Mussolini, dovrebbero tacere anziché moraleggiare su blog vocianti antimafia ogni piè sospinto. Lu zzi Alfonso era sboccato, collerico ma incapace di far male ad una mosca: era un modesto proprietario di saline incappato per irrinunciabili eredità di famiglia in un favoreggiamento consistente nell'avere gettato una pistola fumante di altri sui canali del tetto morto di casa sua. Ebbe guai giudiziari a non finire, finì nelle patrie galere, versava lacrime di umilianti pianti in modo compassionevole. Altro che baldo capomafia che libercoli locali vorrebbero accreditare. La nipote è una brava ragazza che eletta al Comune poche volte lo frequentò, dedita a Palermo a nobile volontariato. L'altro figlio di un socialista autorevole e dignitoso, eletto persino senatore, farmacista in eterna loquela col telefonino, innocuo bravo figliolo che si innamora di una bella e brava ragazza di una famiglia che dicono inquinante mafiosamente gli appalti pubblici, vi si fidanza e per colmo di sventura si vede costretto ad interrompere il fidanzamento.
Veda egregio don Filippo de Romana gente dopo mesi e mesi di ispezioni commissariamenti visite semestrali prefettizie non si rinvengono altri infiltrati mafiosi nel comune di Racalmuto, solo quelli che ho citato: due assolti con addebito delle spese al suo Ministero; due già da tempo dimissionari e almeno a faccende mafiose estranei, e due che chiamarli mafiosi o infiltrati mafiosi c'è proprio da ridere (se non fosse penosamente tragico). Se lei egregio don Filippo de Romana gente è uomo d'onore dica alla ministra in gonnella (che se donna d'onore dovrebbe ascoltarla) che a Racalmuto non vi sono state infiltrazioni mafiose e quindi, come insegnavamo ai miei tempi nel SECIT di Reviglio, necessita un pronto atto resipiscente di AUTOTUTELA: serve poco sostituire in modo imbarazzante la signora al Tramonto; caduta in sue mani, la patata bollente potrà divenire ancora più scottante persino forse in sede parlamentare.
Parlavo però di mala gestio: come primo approccio mi dispensi dal parlarne egregio don Filippo de Romana gente. Ma se vuol subito sapere, si faccia dare le lettere firmate che ho mandato al Comune, i post che da oltre un anno ho mandato al blog REGALPETRA LIBERA con i commenti talora più salaci dei post; gli altri post che ho disseminato in questo profilo FB; quelli di esordio di un blog CASTRUM RACALMUTO DOMANI che io pensai che io denominai che io lanciai anche là dove il meneghino blogger mai sarebbe arrivato e che, finito in gran dispitto ad un anonimo sedente, secondo me, nello scranno di responsabilità di codesta amministrazione, mi ha inurbanamente zittito con un perentorio BASTA che mi risuona ancora nel mio orecchio irato.
Avrà un seguito questo approccio epistolare? Forse che sì forse che no! Dipende dal suo coraggio e dalla sua volontà a fare davvero giustizia. In ogni caso, egregio don Filippo de Romana Gente, non mi sottovaluti come la sua collega al Tramonto che l'ha preceduta.Calogero Taverna
LETTERA SPEDITA DIFFUSA PROMULGATA. RISPOSTE? NESSUNA! COME PRIMA, PEGGIO DI PRIMA!!! DOVESSE TROVARE LA VICE PREFETTO DOTTORESSA MARIA SALERNO QUALCHE SOSPESO, VUOL DARMENE RAGGUAGLIO?
LETTERA SPEDITA DIFFUSA PROMULGATA. RISPOSTE? NESSUNA! COME PRIMA, PEGGIO DI PRIMA!!! DOVESSE TROVARE LA VICE PREFETTO DOTTORESSA MARIA SALERNO QUALCHE SOSPESO, VUOL DARMENE RAGGUAGLIO?
Egregio don Filippo de Romana gente,
sono un civis romanus che a quasi ottant'anni volevo rimpatriare. Ho chiesto la residenza al mio paese. Sa, gli educati dalla sua predecessora confondendo la mia richiesta di residenza in richiesta di domicilio coatto non me l'hanno accordata. E dire che avrebbero potuto fruire dell'addizionale sull'irpef: non sono ricco come Berlusconi ma suvvia neppure indigente come il defunto Lillo Marino. Avrei contribuito magari marginalmente a comprimere un tantinello il baratro delle spese comunali. Per la trasparenza, Ella mi dirà mai quanto è costato l'onore di avere al vertice di questo scellerato Comune una prefettessa del taglio della Tramonto? e quanto è ricaduto, per appannaggi spese e rimborsi agli altri due suoi colleghi, su codesto disastrato bilancio comunale? Mi ha divertito il predecessore del suo predecessore che nella prima decade di maggio venne solo due volte per prendersi le sue carte e dare doverose consegne. Beh! si è fatto liquidare anche un congruo rimborso spese e diarie con uso del mezzo proprio. Un compagnuccio che stava a fare l'albo pretorio ce ne ha dato notizia. Dopo, la signora al Tramonto mi pare che abbia oscurato codesti come chiamarli violazioni dei segreti di ufficio.
Veda egregio don Filippo de Romana gente se anche lei viene qui a Racalmuto per sbaragliare le infiltrazioni mafiose Lei perde tempo e noi - sa non l'addizionale sull'irpef ma la l'IMU alle stelle, per insipienza come potrei dimostrare, quella la pago e come - ci rimettiamo tanti soldini per suoi rimborsi spese e salati ammennicoli vari. Se Lei - esperto anche in diritto amministrativo - viene per appurare vecchia e nuova mala gestio, allora tutti ci potremmo guadagnare.
La sua antecedente in gonnella ebbe a gloriarsi di avere stroncato un mezzo stipendio di un becchino già ergastolano. Fece piangere un mio fragile parente perché non avendo risposta superiore non stroncò l'abuso cercando peraltro di non farsi impallinare come il don abbondio manzoniano dato che non c'è barba di cardinale borromeo che ti possa levare da dosso un paio di pallettoni. Ma la signora al Tramonto - che tanto pontificava sulle abnormi eccedenze dell'organico impiegatizio - si premurò subito di confermare contratti a termine per qualche centinaio di protetti comunali. A toccare quei fili, i pallettoni arrivavano a lei e suoi consorti. Oh! che bel coraggio. Quanta a tanta altra mala gestio non curò neppure di rendersene conto. Scrissi e riscrissi. Non mi ascoltò, non mi convocò, neppure mi rispose. A dire il vero dubito che gli astuti intermediari in funzioni segretariali le abbiano fatto pervenire le mie lagne.
Veda egregio don Filippo de Romana gente Racalmuto non è Regalpetra, i coreuti dell'antimafia non sono Racalmuto, i sedicenti giornalisti hanno piccoli interessi nascosti per collaborare davvero: frastornano, egregio don Filippo de Romana gente, dirottano, censurano, ingannano, imbrogliano. E purtroppo anche lei sta scivolando nel malvezzo di accordare interviste esclusive per eccesso di fiducia, sol magari perché li crede consanguinei di letterati alla Consolo o nobilitati da frequentazioni nocesche,
A questi fiduciari assisi negli scranni della responsabilità amministrativa rivolgo umile preghiera a non intercettare, ad informare a passare le carte integre così come arrivano all'ufficio protocollo. Sa una volta volevo presentare una richiesta ai sensi di un bando dell'ottobre scorso. All'ufficio protocollo si nicchiò finché un capo ufficio che non mi ama non diede l'hokei. Dopo credo che la regolamentare istanza fu bloccata e non pervenne al missus panormitanus (se pervenne perché non mi si spiegano i motivi del rigetto?)
Veda egregio don Filippo de Romana gente, a Racalmuto non vi sono infiltrazioni mafiose, ma mala gestio tanta, occulta, surrettizia, strisciante, esplosiva, invereconda. Saprà Ella appurarla? E come fa, con tanti del suo contorno protesi a tutto occultare, a tutto derubricare, a tutto far confluire nelle paludi delle inesistenti infiltrazioni mafiose che fanno felice l'antimafia. Arriva a Racalmuto e subito si mette a colloquio col referente titolato dell'antimafia. Francamente non mi aspetto nulla di buono da lei come nel Gattopardo con il cavaliere savoiardo.
Veda egregio don Filippo de Romana gente poco ella saprà dell'epilogo giudiziario sulle infiltrazioni mafiose. Il suo Ministero intanto dovrà rifondere le spese di giudizio perché ha preso provvedimenti esiziali per la vita democratica di questo martoriato paese di nome Racalmuto, senza fronzoli, infangando due onestissimi consiglieri, il mio parente Campanella (che volevano bollare come infiltrato sol perché vari decenni fa pensò tentare un'impresa industriale con abile imprenditore che molto tempo dopo si dice che abbia deragliato) e tale Barravecchia divenuto nefando perché omonimo di un fratello che si era frattanto imparentato con taluno che i coreuti dell'antimafia rappresentarono come pericoloso malacarne di stampo mafioso. Una triade di visitatori prefettizi dimorò qui a Racalmuto, senza altri fronzoli, per sei mesi chiudendo carte nell'ufficio della porta accanto e giustificando diarie spese e rimborsi con la copiatura di stantii rapporti polizieschi già smunti da proscioglimenti in sede istruttoria, derubricati sensibilmente, con dilatori rinvii sine die. Ciò nonostante due evitandi alias ineligendi erano dimissionari ab immemorabili, uno perché all'inizio della legislatura aveva qualche problema con la droga, l'altro perché calunniato reagì. Pluriincriminato, per ora gli è stata comminata una risibile pena di quattro mesi con la condizionale, non appellata perché di costoso appello: qualcosa comunque che manco nel più lieve dei reati contravvenzionali si commina. E ciò prova deleterie infiltrazioni mafiose? Ma va' là! I restanti due ineligendi (alla latina) devono la loro gogna l'una per essere figlia di suo padre, sorella di suo fratello e soprattutto nipote di suo zio che la locale pubblicistica - tanto sussiegosa quanto dissennata - qualifica come trucidato CAPO MAFIA. Lu zzi Alfonso fu nel 1960 mio ospite a Modena perché aveva sposato una prima cugina di mio padre. Un altro po' e lo introducevo negli uffici modenesi della Banca d'Italia di cui ero segretario, vincitore di concorso non truccato di gruppo A, in esperimento. Va a finire che cinquanta anni dopo mi ritrovo anch'io tra gli infiltrati. Lu zzi Alfonso veniva da famiglia pre prefetto Moro, che insomma la coppola storta ce l'aveva davvero: erano tempi dell'abigeato e tanti pronipoti di chi voleva dare la cittadinanza onoraria come al Circolo Unione al Cavaliere Benito Mussolini, dovrebbero tacere anziché moraleggiare su blog vocianti antimafia ogni piè sospinto. Lu zzi Alfonso era sboccato, collerico ma incapace di far male ad una mosca: era un modesto proprietario di saline incappato per irrinunciabili eredità di famiglia in un favoreggiamento consistente nell'avere gettato una pistola fumante di altri sui canali del tetto morto di casa sua. Ebbe guai giudiziari a non finire, finì nelle patrie galere, versava lacrime di umilianti pianti in modo compassionevole. Altro che baldo capomafia che libercoli locali vorrebbero accreditare. La nipote è una brava ragazza che eletta al Comune poche volte lo frequentò, dedita a Palermo a nobile volontariato. L'altro figlio di un socialista autorevole e dignitoso, eletto persino senatore, farmacista in eterna loquela col telefonino, innocuo bravo figliolo che si innamora di una bella e brava ragazza di una famiglia che dicono inquinante mafiosamente gli appalti pubblici, vi si fidanza e per colmo di sventura si vede costretto ad interrompere il fidanzamento.
Veda egregio don Filippo de Romana gente dopo mesi e mesi di ispezioni commissariamenti visite semestrali prefettizie non si rinvengono altri infiltrati mafiosi nel comune di Racalmuto, solo quelli che ho citato: due assolti con addebito delle spese al suo Ministero; due già da tempo dimissionari e almeno a faccende mafiose estranei, e due che chiamarli mafiosi o infiltrati mafiosi c'è proprio da ridere (se non fosse penosamente tragico). Se lei egregio don Filippo de Romana gente è uomo d'onore dica alla ministra in gonnella (che se donna d'onore dovrebbe ascoltarla) che a Racalmuto non vi sono state infiltrazioni mafiose e quindi, come insegnavamo ai miei tempi nel SECIT di Reviglio, necessita un pronto atto resipiscente di AUTOTUTELA: serve poco sostituire in modo imbarazzante la signora al Tramonto; caduta in sue mani, la patata bollente potrà divenire ancora più scottante persino forse in sede parlamentare.
Parlavo però di mala gestio: come primo approccio mi dispensi dal parlarne egregio don Filippo de Romana gente. Ma se vuol subito sapere, si faccia dare le lettere firmate che ho mandato al Comune, i post che da oltre un anno ho mandato al blog REGALPETRA LIBERA con i commenti talora più salaci dei post; gli altri post che ho disseminato in questo profilo FB; quelli di esordio di un blog CASTRUM RACALMUTO DOMANI che io pensai che io denominai che io lanciai anche là dove il meneghino blogger mai sarebbe arrivato e che, finito in gran dispitto ad un anonimo sedente, secondo me, nello scranno di responsabilità di codesta amministrazione, mi ha inurbanamente zittito con un perentorio BASTA che mi risuona ancora nel mio orecchio irato.
Avrà un seguito questo approccio epistolare? Forse che sì forse che no! Dipende dal suo coraggio e dalla sua volontà a fare davvero giustizia. In ogni caso, egregio don Filippo de Romana Gente, non mi sottovaluti come la sua collega al Tramonto che l'ha preceduta.Calogero Taverna
Egregio don Filippo de Romana gente,
sono un civis romanus che a quasi ottant'anni volevo rimpatriare. Ho chiesto la residenza al mio paese. Sa, gli educati dalla sua predecessora confondendo la mia richiesta di residenza in richiesta di domicilio coatto non me l'hanno accordata. E dire che avrebbero potuto fruire dell'addizionale sull'irpef: non sono ricco come Berlusconi ma suvvia neppure indigente come il defunto Lillo Marino. Avrei contribuito magari marginalmente a comprimere un tantinello il baratro delle spese comunali. Per la trasparenza, Ella mi dirà mai quanto è costato l'onore di avere al vertice di questo scellerato Comune una prefettessa del taglio della Tramonto? e quanto è ricaduto, per appannaggi spese e rimborsi agli altri due suoi colleghi, su codesto disastrato bilancio comunale? Mi ha divertito il predecessore del suo predecessore che nella prima decade di maggio venne solo due volte per prendersi le sue carte e dare doverose consegne. Beh! si è fatto liquidare anche un congruo rimborso spese e diarie con uso del mezzo proprio. Un compagnuccio che stava a fare l'albo pretorio ce ne ha dato notizia. Dopo, la signora al Tramonto mi pare che abbia oscurato codesti come chiamarli violazioni dei segreti di ufficio.
Veda egregio don Filippo de Romana gente se anche lei viene qui a Racalmuto per sbaragliare le infiltrazioni mafiose Lei perde tempo e noi - sa non l'addizionale sull'irpef ma la l'IMU alle stelle, per insipienza come potrei dimostrare, quella la pago e come - ci rimettiamo tanti soldini per suoi rimborsi spese e salati ammennicoli vari. Se Lei - esperto anche in diritto amministrativo - viene per appurare vecchia e nuova mala gestio, allora tutti ci potremmo guadagnare.
La sua antecedente in gonnella ebbe a gloriarsi di avere stroncato un mezzo stipendio di un becchino già ergastolano. Fece piangere un mio fragile parente perché non avendo risposta superiore non stroncò l'abuso cercando peraltro di non farsi impallinare come il don abbondio manzoniano dato che non c'è barba di cardinale borromeo che ti possa levare da dosso un paio di pallettoni. Ma la signora al Tramonto - che tanto pontificava sulle abnormi eccedenze dell'organico impiegatizio - si premurò subito di confermare contratti a termine per qualche centinaio di protetti comunali. A toccare quei fili, i pallettoni arrivavano a lei e suoi consorti. Oh! che bel coraggio. Quanta a tanta altra mala gestio non curò neppure di rendersene conto. Scrissi e riscrissi. Non mi ascoltò, non mi convocò, neppure mi rispose. A dire il vero dubito che gli astuti intermediari in funzioni segretariali le abbiano fatto pervenire le mie lagne.
Veda egregio don Filippo de Romana gente Racalmuto non è Regalpetra, i coreuti dell'antimafia non sono Racalmuto, i sedicenti giornalisti hanno piccoli interessi nascosti per collaborare davvero: frastornano, egregio don Filippo de Romana gente, dirottano, censurano, ingannano, imbrogliano. E purtroppo anche lei sta scivolando nel malvezzo di accordare interviste esclusive per eccesso di fiducia, sol magari perché li crede consanguinei di letterati alla Consolo o nobilitati da frequentazioni nocesche,
A questi fiduciari assisi negli scranni della responsabilità amministrativa rivolgo umile preghiera a non intercettare, ad informare a passare le carte integre così come arrivano all'ufficio protocollo. Sa una volta volevo presentare una richiesta ai sensi di un bando dell'ottobre scorso. All'ufficio protocollo si nicchiò finché un capo ufficio che non mi ama non diede l'hokei. Dopo credo che la regolamentare istanza fu bloccata e non pervenne al missus panormitanus (se pervenne perché non mi si spiegano i motivi del rigetto?)
Veda egregio don Filippo de Romana gente, a Racalmuto non vi sono infiltrazioni mafiose, ma mala gestio tanta, occulta, surrettizia, strisciante, esplosiva, invereconda. Saprà Ella appurarla? E come fa, con tanti del suo contorno protesi a tutto occultare, a tutto derubricare, a tutto far confluire nelle paludi delle inesistenti infiltrazioni mafiose che fanno felice l'antimafia. Arriva a Racalmuto e subito si mette a colloquio col referente titolato dell'antimafia. Francamente non mi aspetto nulla di buono da lei come nel Gattopardo con il cavaliere savoiardo.
Veda egregio don Filippo de Romana gente poco ella saprà dell'epilogo giudiziario sulle infiltrazioni mafiose. Il suo Ministero intanto dovrà rifondere le spese di giudizio perché ha preso provvedimenti esiziali per la vita democratica di questo martoriato paese di nome Racalmuto, senza fronzoli, infangando due onestissimi consiglieri, il mio parente Campanella (che volevano bollare come infiltrato sol perché vari decenni fa pensò tentare un'impresa industriale con abile imprenditore che molto tempo dopo si dice che abbia deragliato) e tale Barravecchia divenuto nefando perché omonimo di un fratello che si era frattanto imparentato con taluno che i coreuti dell'antimafia rappresentarono come pericoloso malacarne di stampo mafioso. Una triade di visitatori prefettizi dimorò qui a Racalmuto, senza altri fronzoli, per sei mesi chiudendo carte nell'ufficio della porta accanto e giustificando diarie spese e rimborsi con la copiatura di stantii rapporti polizieschi già smunti da proscioglimenti in sede istruttoria, derubricati sensibilmente, con dilatori rinvii sine die. Ciò nonostante due evitandi alias ineligendi erano dimissionari ab immemorabili, uno perché all'inizio della legislatura aveva qualche problema con la droga, l'altro perché calunniato reagì. Pluriincriminato, per ora gli è stata comminata una risibile pena di quattro mesi con la condizionale, non appellata perché di costoso appello: qualcosa comunque che manco nel più lieve dei reati contravvenzionali si commina. E ciò prova deleterie infiltrazioni mafiose? Ma va' là! I restanti due ineligendi (alla latina) devono la loro gogna l'una per essere figlia di suo padre, sorella di suo fratello e soprattutto nipote di suo zio che la locale pubblicistica - tanto sussiegosa quanto dissennata - qualifica come trucidato CAPO MAFIA. Lu zzi Alfonso fu nel 1960 mio ospite a Modena perché aveva sposato una prima cugina di mio padre. Un altro po' e lo introducevo negli uffici modenesi della Banca d'Italia di cui ero segretario, vincitore di concorso non truccato di gruppo A, in esperimento. Va a finire che cinquanta anni dopo mi ritrovo anch'io tra gli infiltrati. Lu zzi Alfonso veniva da famiglia pre prefetto Moro, che insomma la coppola storta ce l'aveva davvero: erano tempi dell'abigeato e tanti pronipoti di chi voleva dare la cittadinanza onoraria come al Circolo Unione al Cavaliere Benito Mussolini, dovrebbero tacere anziché moraleggiare su blog vocianti antimafia ogni piè sospinto. Lu zzi Alfonso era sboccato, collerico ma incapace di far male ad una mosca: era un modesto proprietario di saline incappato per irrinunciabili eredità di famiglia in un favoreggiamento consistente nell'avere gettato una pistola fumante di altri sui canali del tetto morto di casa sua. Ebbe guai giudiziari a non finire, finì nelle patrie galere, versava lacrime di umilianti pianti in modo compassionevole. Altro che baldo capomafia che libercoli locali vorrebbero accreditare. La nipote è una brava ragazza che eletta al Comune poche volte lo frequentò, dedita a Palermo a nobile volontariato. L'altro figlio di un socialista autorevole e dignitoso, eletto persino senatore, farmacista in eterna loquela col telefonino, innocuo bravo figliolo che si innamora di una bella e brava ragazza di una famiglia che dicono inquinante mafiosamente gli appalti pubblici, vi si fidanza e per colmo di sventura si vede costretto ad interrompere il fidanzamento.
Veda egregio don Filippo de Romana gente dopo mesi e mesi di ispezioni commissariamenti visite semestrali prefettizie non si rinvengono altri infiltrati mafiosi nel comune di Racalmuto, solo quelli che ho citato: due assolti con addebito delle spese al suo Ministero; due già da tempo dimissionari e almeno a faccende mafiose estranei, e due che chiamarli mafiosi o infiltrati mafiosi c'è proprio da ridere (se non fosse penosamente tragico). Se lei egregio don Filippo de Romana gente è uomo d'onore dica alla ministra in gonnella (che se donna d'onore dovrebbe ascoltarla) che a Racalmuto non vi sono state infiltrazioni mafiose e quindi, come insegnavamo ai miei tempi nel SECIT di Reviglio, necessita un pronto atto resipiscente di AUTOTUTELA: serve poco sostituire in modo imbarazzante la signora al Tramonto; caduta in sue mani, la patata bollente potrà divenire ancora più scottante persino forse in sede parlamentare.
Parlavo però di mala gestio: come primo approccio mi dispensi dal parlarne egregio don Filippo de Romana gente. Ma se vuol subito sapere, si faccia dare le lettere firmate che ho mandato al Comune, i post che da oltre un anno ho mandato al blog REGALPETRA LIBERA con i commenti talora più salaci dei post; gli altri post che ho disseminato in questo profilo FB; quelli di esordio di un blog CASTRUM RACALMUTO DOMANI che io pensai che io denominai che io lanciai anche là dove il meneghino blogger mai sarebbe arrivato e che, finito in gran dispitto ad un anonimo sedente, secondo me, nello scranno di responsabilità di codesta amministrazione, mi ha inurbanamente zittito con un perentorio BASTA che mi risuona ancora nel mio orecchio irato.
Avrà un seguito questo approccio epistolare? Forse che sì forse che no! Dipende dal suo coraggio e dalla sua volontà a fare davvero giustizia. In ogni caso, egregio don Filippo de Romana Gente, non mi sottovaluti come la sua collega al Tramonto che l'ha preceduta.Calogero Taverna
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