sabato 15 novembre 2014

Poggio Poponesco Famiglia Papale

PPoggio Poponesco fu il vero centro abitato sotto la sua svettante torre appena usciti dal medieevo. Disponiano di un "apprezzo dello Stato di Cicoli (1651)" che ci riporta addirittura al1595 ove emerge la indubitabile maggiore importanza  di quella che allora si chiamava "Terra seu Castello di Poggio popinisco" rispetto alle sue pertinenti "sei ville con habitationi del modo infrascritto di fuochi  cento e diecinove nella nuneratione dell'anno 1595" (vedasi ìallegata riproduzione di carte relazionali custodite nell'archivio di Napoli).
 
Fiamignano? Beh solo "prima villa". Denominata Fiamignano  ... sta distante un quarto di Miglio di fuochi effettivi n.ro 28 aperta et esposta à mezzo giorno, et ponente  sotto la falda della montagna nominata Serra".
 
Fiamignano invero era però quasi pianeggiante: "l'habitatione edificata  [è] la maggior parte in fuochi piani  et poco in loco pennente verso ponente; fabricate de pietre vive in primo e secondo ordine et alcune in terzo ordine coverte al geneale à tetti, con suffitti et à parte d'esse con intempiature, et ornamenti alle porte, finestre , et Ciminere de pietre de tufo forte di color  pardiglio essendovene di cinque Case  comode con buona abitatione. Dentro l'habitato di detta villa è un sola chiesa parrocchiale  sotto titolo di SS. Fabiano et Sebastiano a due nave coverta à tetti ... "
 
Avremo tempo per altri dettagli religiosi e civili. Fermiamoci qui. Chi poteva abitare in quelle CINQUE CASE "comode"? Niente Maoli né Ferretti, né Mari, né Novelli. Effettivamente stavano altrove. Vi stavano però gli Aniballi impresari dei trasporti. Erano VATICALI. La cosa mi interessa particolarmente trattandosi di antenati di mia moglie.  Vi erano pure i Lugini anche se purtroppo il "bracciale" Gioachino Lugini di anni 42 in moglie aveva Anna aria Marrone di anni 38. Vi stavano anche i Massimetti, i Ferrarese, i Fontana, i LANCIA, i Quinti e i D'Alessandro- Non mancavano i Morelli, che peraltro erano imparentati con i Silvi.  Massaro Marcantonio Fabri di anni 46 occupava  l'ultimo fuoco e non solo credo numericamente.  Purtroppo di spicco erano  i Calabrese, i Giuliani, e poi anche massaro Nicola di Giovanni Pasquale Angelini di 68 anni stava pure lì in certa rilevanza al fuoco con "codice E 36". Ho detto purtroppo in quanto all'improvviso cercano di massacrarmi. Ma ovvio sono io coriaceo per impressionarmi
 
Invece valido ora e valida la sua famiglia era quella del PAPALE. Ferdinando Papale  di anni 32 "vive del suo" al n.ro  E21 di codice. La moglie Giovanna ha 28 anni, il figlio Felice di 7 anni "studia", credo destinato a farsi prete.
 
Don Ferdinando PAPLE ha ben 4 figli ad appena 32 anni. Ma deve addossarsi il peso di due sorelle nubili (Casimira e Colomba, rispettivamente di 20 e 18 anni). Comunque si può permettere un garzone permanente in casa: Lorenzo Fontana d 18 anni. (Cfr. fotocopia sotto). 
 
Don Ferdinando Papale è proprio ricco: ha proprietà immobiliari e terreni proprio sconfinati  Ne riportiamo giù fotocopia. Possiede 12 appezzamenti di terreno a Rascino;  a Le Cese sopra Poggio Poponesco; un Cerqueto sopra la Madonna (Fiamignano) e là anche un terreno sodivo; sotto la terra dei Cappuccini: cerqueti, terreni sodivi e terreni arativi. ben di Dio alla Fonte dell'Acera; altri beni della specie alle Calcara e sotto le case di Fiamignano. Beni anche sotto San Sebastiano, castagneti alla Selva; prati naturali all'Aquilente, a Rascino Lacosecco, Capo il Campo e sopra Lacosecco e li Coppi- Dentro Fiamignano ha la sua dimora, sicuramente una delle cinque Case Comode con un orto per uso proprio  vasto 37 canne.
Complimenti  don Ferdinando Papale.    
 
 
 
 
 
 
 
 

Ci rivefremo a Filippi signor trio Angelini,Calabrese,Giuliani

I montanari, si sa, che non vanno per il sottile nei cimenti letterari e storici; abituati i loro macellai a scuoiar pecore se, assolutamente non chiamati in causa, han purtuttavia il carbone bagnato per avere trafugato su un fetido furgoncino addirittura una pala d'altare secentesca, senza autorizzazione de beni culturali ecco come si esprimono "non è per rispetto ma siccome sono felice pei cazzi miei (sic) non ti denunzio per calunnia". "Non scrivere CAZZATE che tanto sei un demente". In prima battuta me la prendo a ridere. Ed ecco che il macellaio quasi avesse in mano una roncola anziché una testiera del computer, si lancia in invettive, dileggi, e offese gravi che mi spingono a rendere pan (fresco di semola) per facaccia (un maldestro quanto acido cuddriruni di montagna). Gente che si era prostrata ai miei piedi volendomi come amministratore del loro fortunato blog ora cambia improvvisamene rotta, mi dispensa un supponente LEI e si prona riverente e contrito dinanzi alla veemenze del cafonesco suo omologo carnezzaro. Ho inviato il post che qui sotto subito noterete ma credo che mi hanno già con protervia classica di selvaggi montanari cassato. Parto per la Sicilia. Al ritorno appurerò e sapranno che tipo è un ex superispettore del SECIT di Reviglio che tanta storia ha fatto, anche in seno agli specialistici testi dei crack bancari alla Sindona.
Fine modulo
Lillo TavernaQUELLI DEL CICOLANO
4 ore fa • Roma •
Prendo atto che arbitrariamente e illegittimamente il signor Calabrese ha censurato la coda della mia controversia con lui e con quelli che arbitrariamente si sentono i soli despoti di questo blog. Parlavo di sagrestani e di illegittimità nel trafugamento della tela da Santa Lucia, chiamavo in causa il prete polacco, segnalavo gli arbitri penali nel sequestrare tutt'ora una pala d'altare seicentesca che appartiene alla chiesa di Santa Lucia ove è da secoli che veniva venerat...a. Il vezzo di credere che si possa fare giustizia da sé negli impervi ruderi di Poggio Poponesco. pare che sia duro a morire. Un certo Mauro Marrone cerca di fare dello stalking nella mia corrispondenza privata di FB. Una tale Giuliana De Sanctis si permette il lusso di non "permettermi". Giustificata invero dall'atto insolente del signor Calabrese che prima amputa le mie controdeduzioni a lui sgradite e poi di colpo si prodiga in una riverente prostrazione al potente macellaio di Fiamignano, sbattendosene del fatto che l'offeso ero stato io ed offeso tanto infondatamente quanto gravemente (demente, calunniatore, dedito alle "cazzate", sbadato nelle mie scritture. E tutto questo quando ero ancora per loro scelta "AMMINISTRATORE" del blog. Oggi, certo, in quanto dimissionario non lo sono più. Non so manco se resto "iscritto". Forse neppure apparirà questo mio commiato. E dire che avevo tanta voglia di mettere a disposizione del Cicolano e di Fiamignano in modo particolare la mia alta professionalità, le mie conoscenze storiche, archeologiche giuridiche e manageriali. Avevo abbozzato già progetti tanto validi quanto quasi a costo zero. Pare che il mio massimo limite sia stato quello di chiamare palazzo Maoli di Fiamignano un palazzaccio di recente acquistato ad alto prezzo. Per questo chiedo venia.

Gentilissimo professore Casarrubea

Chissà se il Sindaco Messana da Racalmuto (non parente di Ettore Messana) è disposto a presiedere addirittura un dibattito sulla figura del grande ISPETTORE GENERALE DI PS, quello del caso Giuliano, il celebre bandito di Montelepre, per eventualmente dedicargli una via, dato che il Messana questore è di Racalmuto? Preciso che il Casarrubea è riluttante a venire a Racalmuto per presiedere ad un dibatto sui risultati delle sue pregevoli ricerche storiche, specie alla luce dei documenti americani dell'OSS, l'antenata della CIA.

Gentilissimo professore Casarrubea,
La ringrazio per le belle parole che ha voluto elargirmi. In fin dei conti io Le sono debitore di scuse e di scuse molto gravi. Non La conoscevo, non sono né storico né giornalista. Da ex ispettore bankitalia mi scontro con il mio ex sindaco che riportava giudizi feroci sul Messana desumendole dai Suoi scritti. Quelle accuse mi apparveso pretestuose ed esagitate servendomi solo del mio vizietto ispettivo del sospetto innanzitutto. Quindi potei leggere su un blog locale, Malgrado Tutto, che si rifà a Leonardo Sciascia, una dele Sue pagine più cattive contro il Messana, cui seguiva una flaccida difesa di un sedicente nipote di colui che + ancora noto in  paese come il Questore. Apriti cielo: mi scateno sia pure con i miei miserelli strumenti informatici.
Arrivo alla signora Cernigoi: per logica quelle della triestina mi apparvero farneticazioni calunniose. E dato il mio caratteraccio non ho mancato a mandargliele a dire. Lei, da studioso serio e profondo mi pare che mi abbia perdonato; la signora Cernigoi ancora, no. Ma spero prima o poi di farmi perdonare anche da lei. Diciamo che non abbiamo motivo alcuno di accapigliarci più di tanto.
A questo punto ho da rivorgerLe una pressante istanza. Forse sono ripetitivo. Perché non viene a Racalmuto ad animare un dibattito storico sul Messana, sui tempi in cui dovette cimentarsi, sulle evoluzioni delle ricerche storiche-
 Appena ne disporrò Le farò avere una relazione anonima che ho trovato tra i faldoni del SIS di PS a Roma. Credo che lì la  lezione sul ruolo americano nella lotta al comunismo in Italia  tra il 1945 e il 1947 impone risvolti del tutto nuovi e per tanti versi persino sconcertanti e mi pare che al di là del fuorviante caso Messana vanno nella direzione dei Suoi novelli indirizzi interpretativi di quei ribollenti tempi storici.
La ringrazio e la saluto con deferenza profonda. Calogero Taverna

I montanari, si sa, che non vanno per il sottile nei cimenti letterari e storici; abituati i loro macellai a scuoiar pecore se, assolutamente non chiamati in causa, han purtuttavia il carbone bagnato per avere trafugato su un fetido furgoncino addirittura una pala d'altare secentesca, senza autorizzazione de beni culturali ecco come si esprimono "non è per rispetto ma siccome sono felice pei cazzi miei (sic) non ti denunzio per calunnia". "Non scrivere CAZZATE che tanto sei un demente". In prima battuta m

I montanari, si sa, che non  vanno per il sottile nei cimenti letterari e storici; abituati i loro macellai a scuoiar pecore  se, assolutamente non chiamati in causa, han purtuttavia il carbone bagnato per avere trafugato su un fetido furgoncino addirittura una pala d'altare secentesca, senza autorizzazione de beni culturali ecco come si esprimono "non è per rispetto ma siccome sono felice pei cazzi miei (sic) non ti denunzio per calunnia". "Non scrivere CAZZATE che tanto sei un demente".  In prima battuta me la prendo a ridere. Ed ecco che il macellaio quasi avesse in mano una roncola  anziché una testiera  del computer, si lancia in invettive, dileggi, e offese gravi che mi spingono a rendere pan (fresco di semola) per facaccia (un maldestro quanto acido cuddriruni di montagna).  Gente che si era prostrata ai miei piedi volendomi come amministratore del loro fortunato blog ora cambia improvvisamene rotta, mi dispensa un supponente LEI e si prona riverente e contrito dinanzi alla veemenze del cafonesco suo omologo carnezzaro. Ho inviato il post che qui sotto subito noterete ma credo che mi hanno già con protervia classica di selvaggi montanari cassato. Parto per la Sicilia. Al ritorno appurerò e sapranno che tipo è un ex superispettore del SECIT di Reviglio che tanta storia ha fatto, anche in seno agli specialistici testi dei crack bancari alla Sindona.
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Lillo Taverna‎QUELLI DEL CICOLANO
4 ore fa • Roma •
Prendo atto che arbitrariamente e illegittimamente il signor Calabrese ha censurato la coda della mia controversia con lui e con quelli che arbitrariamente si sentono i soli despoti di questo blog. Parlavo di sagrestani e di illegittimità nel trafugamento della tela da Santa Lucia, chiamavo in causa il prete polacco, segnalavo gli arbitri penali nel sequestrare tutt'ora una pala d'altare seicentesca che appartiene alla chiesa di Santa Lucia ove è da secoli che veniva venerat...a. Il vezzo di credere che si possa fare giustizia da sé negli impervi ruderi di Poggio Poponesco. pare che sia duro a morire. Un certo Mauro Marrone cerca di fare dello stalking nella mia corrispondenza privata di FB. Una tale Giuliana De Sanctis si permette il lusso di non "permettermi". Giustificata invero dall'atto insolente del signor Calabrese che prima amputa le mie controdeduzioni a lui sgradite e poi di colpo si prodiga in una riverente prostrazione al potente macellaio di Fiamignano, sbattendosene del fatto che l'offeso ero stato io ed offeso tanto infondatamente quanto gravemente (demente, calunniatore, dedito alle "cazzate", sbadato nelle mie scritture. E tutto questo quando ero ancora per loro scelta "AMMINISTRATORE" del blog. Oggi, certo, in quanto dimissionario non lo sono più. Non so manco se resto "iscritto". Forse neppure apparirà questo mio commiato. E dire che avevo tanta voglia di mettere a disposizione del Cicolano e di Fiamignano in modo particolare la mia alta professionalità, le mie conoscenze storiche, archeologiche giuridiche e manageriali. Avevo abbozzato già progetti tanto validi quanto quasi a costo zero. Pare che il mio massimo limite sia stato quello di chiamare palazzo Maoli di Fiamigano un palazzaccio di recente acquistato ad alto prezzo. Per questo chiedo venia.

venerdì 14 novembre 2014

cari precari di Racalmuto venite fregati lo stesso


 

Né fannulloni né risorse del paese, ma problema irrisolvibile. Intanto, magari per tacitarmi la coscienza, dico che ancora una volta: al lupo, al lupo! Ma il lupo latita,  sta lontano. Nessuno licenzierà i precari. La parte residuale dello Stato Assistenziale manterrà tutta questa bardatura usque ad consumationem saeculi. Tutti dimenticano che certe "assunzioni" furono fatte come "ammortizzatori sociali". Doveva essere una cosa provvisoria e quando si tratta di "clientes" il 'provvisorio' è eterno. Ed io ne sono contento. In fin dei conti cosa si spreca? carta moneta! Cosa da nulla. Andatevi a leggere un vecchio bilancio della Banca d'Italia e se vi intendete di ragioneria vi divertirete nel  sapere quanto costava stampare  e distribuire "carta moneta".

Ma quello che è tragico non è il mantenimento del posto di lavoro ma il pauroso decrescere  del valore reale della retribuzione dispensata.

 

Per di più, sta succedendo la sclerotizzazione della produttività della compagine impiegatizia. Volete una prova: come mai a Roma a mia moglie per un appartamento signorile di 150 mq. fanno pagare di monnezza soli 232,21  euro ed a Racalmuto mi fanno pagare per una casa in campagna calcolata da loro in mq.150 fatta con la Bucalossi quale casa in verde stagionale  435,64 euro  pur essendo la prima casa, pur essendo residente, pur sporcandola sì e no venti giorni l’anno, pur essendo a oltre 600 dal primo cassonetto utile. Pur non avendo acqua perché il ripartitore è più basso etc.?  Tante, tante ragioni, certo. Ma guardate come il Comune di Roma che pure quanto a tassomania non scherza giustifica la sua richiesta e come invece se la sbrigano gli addetti alle tasse racalmutesi.

 

Patetico questo nostro ufficio tributi. Non sanno né peggio riescono a individuare con quale regolamento ci intimano di subire supertasse per monnezze inesistenti. Omettono questo indispensabile atto di legittimazione e il "funzionario responsabile” disinvoltamente firma.



 [nota mia personalissima: mi intimano di pagare qui a Roma quando sanno anche per turbolenti contrasti che ormai la mia residenza è a Racalmuto e per di più mi inviano gli F24 con otto giorni di ritardo. Forse mi faranno pagare anche la mora, ma queste sono bazzecole anche se rivelatrici delle carenze organizzative del sullodato ufficio.]

Renzo sa molte cose e maliziosamente ha mandato uno strale velenosissimo. Anche noi sappiamo ma tralasciamo. Certo non è colpa dei "precari" trasformati in superagenti delle tasse. Non si acquisisce alta professionalità tributaria magari aiutando il coniuge a  vendere cavoli al collegio. Niente personalismi di grazia. Ma certo se piagnucolando il signor Sindaco si prostra innanzi a chi di dovere svelando che per una azienda di manco 10 milioni di fatturato pensa di mantenere una compagine impiegatizia di 240 elementi, induce allo scherno:  è andato a confessare che è talmente dissennato da volere mantenere  un'azienda i cui addetti non vanno oltre i 41.666 euro di massa di fatturato amministrato. Già ma si tratta di un Comune. Senonché dopo l'entrata nell'Euro, dopo la conversione di massa all’anticomunismo, dopo la logica delle leggi di mercato e dopo anche il tripudio del federalismo fiscale siffatte perverse logiche liberiste oggi ci dominano tutti. Quindi un Comune che ancora è abbarbicato agli “ammortizzatori sociali” non ha più ragione di esistere. Certo non ti licenziano ma piano piano ti succhiano ogni capacità di acquisto. D'Alema - che tanti stupidamente denigrano – l’ha denunciato chiaro e tondo l'altra sera alla televisione. Non è questione di crisi economica, solo viene sempre più rastremata la  liquidità delle famiglie, la loro capacità di acquisto. Che succederà? la gente migliore lascerà specie se non potrà più abusare dell'assenteismo e resteranno le vecchie zie dal culo grosso  che tanto tra stare a casa o fingere di sapere concedere una carta d'identità è lo stesso. Intanto anche i vecchi volponi dell’amministrazione comunale si mettono in pensione ma non possono venire sostituiti perché c'è il blocco delle assunzioni. Povero Emilio, come ti piango. Pagherai tu le colpe degli altri. Soluzioni? Per me ce ne sarebbero. Ho cercato di suggerirle. Nessuna delle sei liste concorrenti a sindaco mi ha voluto. Ma ho altri svaghi senili per prendermela. MI DIVERTO LO STESSO.

Non vi dovrebbero essere dubbi che anche la Baronia è CICOLANO. In fin dei conti gli EQUI stavano più a Nerse che a S. Elpidio e penso che l'amico Papale, serratissimo in materia, non mi smentisca.


Temporibus illis tentavo di sensibilizzare il signor sindaco di Pescorocchiano su un mio progetto: una no-profit volta ad affrontare e risolvere almeno tre grosse questioni della Baronia.

 Cioè: a) il recupero della tomba del guerriero longobardo di Val Dei Varri, oggi riseppellita al Museo Pigorini di Roma,
b) la faccenda del riparto delle competenze fiscali sul Lago del Salto;
c)  e terzo il recupero di Nerse con annesso antiquarium oggi in effetti detenuto in un proprio maniero dalla famiglia Morelli.

Il signor sindaco fu molto gentile ma si concluse nulla.

Questa la bozza della proposta che cercavo di farmi avvalorare.

La ripropongo qui. Chissà se il signor Sindaco di Pescorocchiano non abbia voglia di riprendere il colloquio con il sottoscritto, magari presso la sede di QUELLI DEL CICOLANO.

Non vi dovrebbero essere dubbi che anche la Baronia è CICOLANO. In fin dei conti gli EQUI stavano più a Nerse che a S. Elpidio e penso che l'amico Papale, serratissimo in materia, non mi smentisca.
 
 

L'integerrimo Ispettore Generale di PS Messana da Racalmuto

 
 
 
 
Credevo che Li Causi fosse un avvocato ed invece no! Laureato in quella che oggi si direbbe laurea in economia e commercio ed a Palermo e in tempi di oscurantismo universitario nella Sicilia palermitana, molto leguleia e apicale nelle scienze mediche ma risibile in quella delle faccende economiche e finanziarie, egli faceva tutto sommato il politico giornalista, una schiatta che non mi è molto simpatica.
 
Se fosse stato avvocato, come Montalbano magari, sarebbe stato più accorto, meno populista in questa rutilante aggressione denigratrice del Messana. Siamo a metà luglio del 1947. Li Causi sa bene che il Messana proprio da Scelba era stato già giubilato.  Eppure il Li Causi doveva essere un po' grato al commendator Messana che gli aveva salvaguardata la vita dalle ire del bandito Giulano. Ma i politici, si sa, e i politici giornalisti ancor di più dinanzi ad una sceneggiata magniloquente sotto le lampade dei cinegiornali, non resistono.
 
Dunque in estrema sintesi Li Causi dice tre cose: Messana stragista di Stato nel 1919 a Riesi; criminale di guerra a Lubiana e capo del banditismo politico siciliano in combutta con Giuliano nel biennio tra il 1945 e il 1947.
 
 
 
 
Le mie modeste ricerche su basi documentali e respirando polvere d'archivio mi portano a ritenee senza ombra di dubbio che:
 
A) A Riesi il giovane commissario nel 1919 non c'era o se c'era ebbe parte tanto marginale e subordinata da passare del tutto inosservato;
 
B) A Lubiana come questore vi stette appena un anno e fu subito esautorato dal cosiddetto ALTO COMMISSARIO PER LA PROVINCIA DI LUBIANA, il triestino Emilio Grazioli, quello che persino emanò leggi marziali che comminavano la pena di morte anche per inezie, nel Settembre del 1941, e tra il Grazioli e il Messana fu subito gelo anche per faccende razziali, essendo il questore persino del Sud.  Inviso ai fascisti, non gradito alle SS,  dopo un anno il Messana, colpevole di non essere colpevole, viene ibernato a Trieste ove anche il suo più feoce denigratore, il Ricciardelli, un poliziotto della Politica fascista, deve ammettere che  il questore Messana fu "insignificante". E allora turre le bubbole che anche Blu Notte s'inventa? Lo dobbiamo a due superfetazioni denigratrici della  Cernigoi che mal capendo, omettendo doverosi convalidamenti, fregandosene della documentazione esistente nell'Archivio Centrale dello Stato, finge di non accorgersi che si trattava in un caso di una sparata vendicatia dei titini vittoriosi che non ebbe  seguito alcuno e  nell'altro l'assurda demigrazione di un Ricciardelli che a Trieste, lui Irpino, credeva ormai di far parte di un'altra nazione in quel 1947 e sfoga il suo malinomo di subordinato  complessato. Nessun fatto, solo sospetti e dispetti i suoi tanto che quello malevolo sfogo resta là a Trieste e manco arriva a Roma. Si trattava di mandare alla fucilazione un Ispettore Generale di PS per crimini di guerra contro l'umanità,  non dei riferimenti per una promozioe al grado uperiore. E poi questo umile questurino della "politica" di Trieste che autorevolezza poteva mai avere per giudicare un suo superiore che nel 1943 non aveva voluto aderire alla RSI e si allontana dall'ufficio rimettendoci persino lo stipendio! Diversamente il suo censore, che a Trieste rimane e si fa persino deportare per pochi giorni a Dakao per una facecnda ebraica rimasta oscura;
 
C)  Messana non potè essere CAPO DEL BANDITISMO POLITICO SICILIANO, data tutta la sua azione represiva delle bande armate svolta  come ISPETTORE GENERALE DI PS nel biennio tra il 1945-1947. Per non farla qui lunga, dico che le carte della NARA relative alle infiltrazioni della OSS americana in quegli anni, ritrovate e studiade dallo storico di vaglia, il professore   Giuseppe Casarrubea,   portano in tutt'altro versante. Portano all'antenata della CIA. E Messana vi si scontrò come dimostrano relazioni ardite da me rivenute negli archivi statali dell'EUR. Io arrivo a conclusioni estreme. Il professore Casarrubea, ovviamente, è  molto più cauto. Noto certi tentennamenti nel suo ultimo libro sulla Sicilia Segreta di Bompiani.  ma non posso prmettermi processi alle intenzioni per
 di più di un valentissimo
 
 
 storico che ora riscuote la mia massima stima. Al principio di questa mia esogena avventura non l'avevo capito. Gli ho chiesto e gli chiedo pubbliche scuse.
 
 
Ed ecco la concione del pubblicista Li Causi che credo di avere efficacemente sgonfiata.
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C'è di più: in quei giorni, sia l'Ispettore di pubblica sicurezza, sia il Comando dei carabinieri, sia la Questura di Palermo rendono noto (anche attraverso circolare) che Giuliano sta preparando delle aggressioni contro le sedi e gli uomini dei partiti di sinistra. Si soggiunge poi a voce: "Badate che la nostra vita è in pericolo". Ci accorgiamo di trovarci di fronte a tutta un'azione, la quale vorrebbe localizzare l'esplosione e la responsabilità dei misfatti avvenuti in Sicilia, attorno a questo mito evanescente, a questo personaggio che si chiama Giuliano, per dire: "Tutto il resto non c'entra. Che c'entra la mafia? Tutti galantuomini! Che cosa c'entrano i partiti politici? È impensabile che ci possano essere degli uomini nei vari partiti politici che possano essere individuati come responsabili di sì orrendi misfatti". Si cerca di creare intorno a noi una psicosi di paura, aggiungendo che la polizia ci proteggerà, e che sarà fatta tutta un'azione in comune perché Giuliano sia preso. Ma, scusate, perché Giuliano finora non è stato preso?
In un rapporto del Comando dei carabinieri si dice, fra l'altro: "Giuliano ha preso contatto con l'aristocrazia e gli uomini politici, si è dato a dettar legge e a scrivere lettere minacciose, ecc.". Il rapporto continua: "È stato in questi ultimi tempi accertato - siamo alla fine del 1946 - che il bandito Giuliano, certamente a seguito dell'azione intensa svolta sulle montagne dalle squadriglie, si è trasferito con i suoi uomini a Palermo e nei comuni limitrofi, protetto da qualche elemento della mafia, appoggiato di certo da qualche famiglia molto in vista. Non si creda, pertanto, di poter catturare Giuliano con le armi in mano, anche per la vicinanza di quasi tutti gli altri banditi i quali, specie se giovani e arditi, ben provvisti di denaro -- Giuliano dai soli sequestri ha ricavato più di cento milioni -- sono stati notati alla spicciolata qui in Palermo".
Ebbene, queste cose sono state dette a quest'ultima operazione, con i duemila uomini, fra soldati e carabinieri, che sono stati mandati a Montelepre, conferma la giustezza del giudizio espresso dal generale dei carabinieri. Si vuol creare cioè tutta una coreografia allo scopo deliberato di stornare, come dicevo, l'attenzione del pubblico da quella che è la vera situazione e da quello che veramente ci vorrebbe per stroncare questa situazione, per recidere appunto i legami fra questo banditismo, fra una parte della mafia, e quelle famiglie in vista, quelle famiglie aristocratiche che fanno parte di quei partiti ben individuati nelle relazioni ufficiali.
Si ha, in altre parole, questa precisa situazione, che il banditismo politico in Sicilia è diretto proprio dall'ispettore Messana: e l'ispettore di pubblica sicurezza, il quale dovrebbe avere per compito quello di sconfiggere il banditismo -- il suo compito veramente sarebbe quello di socnfiggere il banditismo comune e non già quello politico -- l'Ispettore di pubblica sicurezza, dicevo, diventa invece addirittura il dirigente del banditismo politico.
Ma c'è di più: il Messana non avrebbe dovuto intervenire nella ricerca di esponenti politici indiziati e invece egli è andato sempre in cerca di questi elementi. Quando, nel settembre dello scorso anno, furono uccisi, a bombe a mano, alcuni contadini riuniti nella sede della cooperativa ad Alia per discutere sul problema della divisione delle terre, non si sa perché è intervenuto l'ispettorato di pubblica sicurezza, dopo che la Questura di Palermo aveva operato dei fermi di indiziati, e i fermati vengono rilasciati. Alla vigilia del 2 giugno avviene a Trabia un tipico delitto di mafia; la camionetta dove si suppone che siano i responsabili viene fermata a Misilmeri, alle porte di Palermo: ebbene, nonostante che su quella camionetta si trovassero armi, secondo una prima versione della polizia, i fermati vengono dopo un giorno rilasciati.
Questa impressione non è dunque cervellotica, ma ha un fondamento molto serio e l'onorevole ministro dell'interno lo sa perché sono stato io personalmente ad accompagnare da lui un altro collega che gli ha detto: "Ma come fai a fidarti di Messana, tu che dici di essere un repubblicano sincero? Messana, infatti, non solo ha svolto opera per il trionfo della monarchia prima del 2 giugno, ma ha continuato a complottare contro la Repubblica dopo il 2 giugno, designato come era Ministro degli interni di un restaurando Regno di Sicilia, se Umberto fosse sbarcato a Taormina o in non so quale altro punto della costa siciliana; e bada che io sono un testimone auricolare, uno che ha partecipato a queste trattative, respingendole".
Ma è possibile che il Ministro Scelba si possa fidare di un uomo di cui si presume che conosca anche il passato? Lasciamo stare che Messana è nell'elenco dei criminali di guerra di una nazione vicina; questo può far piacere ad una parte della Camera, la quale pensa: "Va bene, è un massacratore; però, di stranieri!", ma Scelba come può ignorare che Messana ha iniziato la sua carriera facendo massacrare dei contadini siciliani? Il 9 ottobre del 1919, infatti, cadevano a Riesi più di sessanta contadini, di cui tredici morti: trucidati a freddo, sulla piazza, dove si svolgeva un comizio. I vecchi di quest'Aula ricorderanno come in quell'occasione il Ministero Nitti ordinò un'inchiesta mandando sul posto il generale dei carabinieri Densa, mentre la Magistratura iniziò un'inchiesta giudiziaria soprattutto per accertare le cause della morte misteriosa di un tenente di fanteria, che si rifiutò di eseguire l'ordine di far fuoco del Messana, che ne disapprovò apertamente la condotta, e che il giorno dopo fu assassinato.
Questi i precedenti del commendator Messana, noti al ministro dell'Interno. Ci troviamo, come vedete, di fronte ad un uomo che per istinto è contro il popolo, e trova, nei legami con i nemici del popolo, il modo di esercitare la professione di massacratore di contadini. Oggi, sfacciatamente, questo non può farlo, per quanto nel clima creatosi in Sicilia è possibile -- in Sicilia, terra dei "Vespri" -- che i poliziotti di Scelba, ministro siciliano, aggrediscano un pacifico corteo di donne che dimostrano contro il carovita.
Oggi è possibile in Sicilia questo, perché agli interni c'è un ministro siciliano, così come nel 1894 a soffocare nel sangue il movimento dei fasci dei lavoratori fu un altro ministro siciliano, Francesco Crispi. Si è tentato, come nei primi decenni del secolo, di stroncare il movimento contadino, assassinando capilega e segretari di Camere del lavoro; a quest'azione di intimidazione il popolo siciliano risponde con la superba affermazione democratica del 20 aprile; allora l'agraria, la mafia ricorre al terrore di massa e si hanno Pian della Ginestra e le stragi del 22 giugno. Ma l'Ispettore Messana, che ha il compito di proteggere agrari e mafiosi, che è uomo che obbedisce a pressioni di parte, ordisce intrighi politici, suggerisce a Scelba la parola d'ordine che il Ministro fa subito sua: le stragi siciliane sono opera di banditi comuni, e Messana diviene il perno di una situazione infernale: Messana si allea ai banditi di strada. Il popolo siciliano, il popolo italiano tutto, hanno diritto di chiedersi come sia possibile il perdurare di un tale stato di cose.
All'annunzio dell'orrendo crimine di Pian della Ginestra, subito, d'impulso le più alte autorità preposte all'ordine pubblico in Sicilia hanno detto: "Questo è un tipico delitto di mafia; bisogna iniziare un'azione a fondo contro questi assassini"; ma è intervenuto il Ministro Scelba prima alla Costituente, poi in Sicilia; ma credete che sia andato laggiù per disporre l'azione di ricerca e pronta punizione dei veri responsabili? No; è andato solamente per salvare la mafia, per dire: "Niente; questo è banditismo comune; basta con gli arresti di mafiosi e mandanti indiziati". E degli ufficiali dei carabinieri sono venuti da me, piangendo, a dirmi: "Vedete, questi sono i telegrammi di contr'ordine che sospendono le operazioni di polizia che avevamo iniziato".
Ora, il diritto di sospettare che una collusione esista fra banditismo, certi partiti politici e, fino a prova contraria, governo è legittimo e allarma la popolazione siciliana, allarma e commuove giustamente tutto il Paese; è quindi assolutamente necessario uscire da questa situazione e oggi esistono condizioni favorevoli per farlo; c'è il movimento delle masse lavoratrici in Sicilia capace di aiutare questo processo di risanamento nel campo sociale; ci sono i partiti democratici che debbono costringere tutte le forze politiche della Sicilia ad assumere la propria responsabilità, a liberarsi dai legami con la mafia, con questa cancrena, con questo banditismo politico-sociale che continua a vivere di ricatti, di prepotenze, di estorsioni, di omicidi. Oggi esistono queste condizioni: sfruttiamole, poggiamo sul movimento delle masse, poggiamo sui partiti veramente democratici, e su questa azione inseriamo l'azione di polizia che sarebbe confortata da tutta quanta l'opinione pubblica.

Il "pubblicista" LI CAUSI se la prende con Messana

 
 
 
 
Credevo che Li Causi fosse un avvocato ed invece no! Laureato in quella che oggi si direbbe laurea in economia e commercio ed a Palermo e in tempi di oscurantismo universitario nella Sicilia palermitana, molto leguleia e apicale nelle scienze mediche ma risibile in quella delle faccende economiche e finanziarie, egli faceva tutto sommato il politico giornalista, una schiatta che non mi è molto simpatica.
 
Se fosse stato avvocato, come Montalbano magari, sarebbe stato più accorto, meno populista in questa rutilante aggressione denigratrice del Messana. Siamo a metà luglio del 1947. Li Causi sa bene che il Messana proprio da Scelba era stato già giubilato.  Eppure il Li Causi doveva essere un po' grato al commendator Messana che gli aveva salvaguardata la vita dalle ire del bandito Giulano. Ma i politici, si sa, e i politici giornalisti ancor di più dinanzi ad una sceneggiata magniloquente sotto le lampade dei cinegiornali, non resistono.
 
Dunque in estrema sintesi Li Causi dice tre cose: Messana stragista di Stato nel 1919 a Riesi; criminale di guerra a Lubiana e capo del banditismo politico siciliano in combutta con Giuliano nel biennio tra il 1945 e il 1947.
 
 
 
 
Le mie modeste ricerche su basi documentali e respirando polvere d'archivio mi portano a ritenee senza ombra di dubbio che:
 
A) A Riesi il giovane commissario nel 1919 non c'era o se c'era ebbe parte tanto marginale e subordinata da passare del tutto inosservato;
 
B) A Lubiana come questore vi stette appena un anno e fu subito esautorato dal cosiddetto ALTO COMMISSARIO PER LA PROVINCIA DI LUBIANA, il triestino Emilio Grazioli, quello che persino emanò leggi marziali che comminavano la pena di morte anche per inezie, nel Settembre del 1941, e tra il Grazioli e il Messana fu subito gelo anche per faccende razziali, essendo il questore persino del Sud.  Inviso ai fascisti, non gradito alle SS,  dopo un anno il Messana, colpevole di non essere colpevole, viene ibernato a Trieste ove anche il suo più feoce denigratore, il Ricciardelli, un poliziotto della Politica fascista, deve ammettere che  il questore Messana fu "insignificante". E allora turre le bubbole che anche Blu Notte s'inventa? Lo dobbiamo a due superfetazioni denigratrici della  Cernigoi che mal capendo, omettendo doverosi convalidamenti, fregandosene della documentazione esistente nell'Archivio Centrale dello Stato, finge di non accorgersi che si trattava in un caso di una sparata vendicatia dei titini vittoriosi che non ebbe  seguito alcuno e  nell'altro l'assurda demigrazione di un Ricciardelli che a Trieste, lui Irpino, credeva ormai di far parte di un'altra nazione in quel 1947 e sfoga il suo malinomo di subordinato  complessato. Nessun fatto, solo sospetti e dispetti i suoi tanto che quello malevolo sfogo resta là a Trieste e manco arriva a Roma. Si trattava di mandare alla fucilazione un Ispettore Generale di PS per crimini di guerra contro l'umanità,  non dei riferimenti per una promozioe al grado uperiore. E poi questo umile questurino della "politica" di Trieste che autorevolezza poteva mai avere per giudicare un suo superiore che nel 1943 non aveva voluto aderire alla RSI e si allontana dall'ufficio rimettendoci persino lo stipendio! Diversamente il suo censore, che a Trieste rimane e si fa persino deportare per pochi giorni a Dakao per una facecnda ebraica rimasta oscura;
 
C)  Messana non potè essere CAPO DEL BANDITISMO POLITICO SICILIANO, data tutta la sua azione represiva delle bande armate svolta  come ISPETTORE GENERALE DI PS nel biennio tra il 1945-1947. Per non farla qui lunga, dico che le carte della NARA relative alle infiltrazioni della OSS americana in quegli anni, ritrovate e studiade dallo storico di vaglia, il professore   Giuseppe Casarrubea,   portano in tutt'altro versante. Portano all'antenata della CIA. E Messana vi si scontrò come dimostrano relazioni ardite da me rivenute negli archivi statali dell'EUR. Io arrivo a conclusioni estreme. Il professore Casarrubea, ovviamente, è  molto più cauto. Noto certi tentennamenti nel suo ultimo libro sulla Sicilia Segreta di Bompiani.  ma non posso prmettermi processi alle intenzioni per
 di più di un valentissimo
 
 
 storico che ora riscuote la mia massima stima. Al principio di questa mia esogena avventura non l'avevo capito. Gli ho chiesto e gli chiedo pubbliche scuse.
 
 
Ed ecco la concione del pubblicista Li Causi che credo di avere efficacemente sgonfiata.
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C'è di più: in quei giorni, sia l'Ispettore di pubblica sicurezza, sia il Comando dei carabinieri, sia la Questura di Palermo rendono noto (anche attraverso circolare) che Giuliano sta preparando delle aggressioni contro le sedi e gli uomini dei partiti di sinistra. Si soggiunge poi a voce: "Badate che la nostra vita è in pericolo". Ci accorgiamo di trovarci di fronte a tutta un'azione, la quale vorrebbe localizzare l'esplosione e la responsabilità dei misfatti avvenuti in Sicilia, attorno a questo mito evanescente, a questo personaggio che si chiama Giuliano, per dire: "Tutto il resto non c'entra. Che c'entra la mafia? Tutti galantuomini! Che cosa c'entrano i partiti politici? È impensabile che ci possano essere degli uomini nei vari partiti politici che possano essere individuati come responsabili di sì orrendi misfatti". Si cerca di creare intorno a noi una psicosi di paura, aggiungendo che la polizia ci proteggerà, e che sarà fatta tutta un'azione in comune perché Giuliano sia preso. Ma, scusate, perché Giuliano finora non è stato preso?
In un rapporto del Comando dei carabinieri si dice, fra l'altro: "Giuliano ha preso contatto con l'aristocrazia e gli uomini politici, si è dato a dettar legge e a scrivere lettere minacciose, ecc.". Il rapporto continua: "È stato in questi ultimi tempi accertato - siamo alla fine del 1946 - che il bandito Giuliano, certamente a seguito dell'azione intensa svolta sulle montagne dalle squadriglie, si è trasferito con i suoi uomini a Palermo e nei comuni limitrofi, protetto da qualche elemento della mafia, appoggiato di certo da qualche famiglia molto in vista. Non si creda, pertanto, di poter catturare Giuliano con le armi in mano, anche per la vicinanza di quasi tutti gli altri banditi i quali, specie se giovani e arditi, ben provvisti di denaro -- Giuliano dai soli sequestri ha ricavato più di cento milioni -- sono stati notati alla spicciolata qui in Palermo".
Ebbene, queste cose sono state dette a quest'ultima operazione, con i duemila uomini, fra soldati e carabinieri, che sono stati mandati a Montelepre, conferma la giustezza del giudizio espresso dal generale dei carabinieri. Si vuol creare cioè tutta una coreografia allo scopo deliberato di stornare, come dicevo, l'attenzione del pubblico da quella che è la vera situazione e da quello che veramente ci vorrebbe per stroncare questa situazione, per recidere appunto i legami fra questo banditismo, fra una parte della mafia, e quelle famiglie in vista, quelle famiglie aristocratiche che fanno parte di quei partiti ben individuati nelle relazioni ufficiali.
Si ha, in altre parole, questa precisa situazione, che il banditismo politico in Sicilia è diretto proprio dall'ispettore Messana: e l'ispettore di pubblica sicurezza, il quale dovrebbe avere per compito quello di sconfiggere il banditismo -- il suo compito veramente sarebbe quello di socnfiggere il banditismo comune e non già quello politico -- l'Ispettore di pubblica sicurezza, dicevo, diventa invece addirittura il dirigente del banditismo politico.
Ma c'è di più: il Messana non avrebbe dovuto intervenire nella ricerca di esponenti politici indiziati e invece egli è andato sempre in cerca di questi elementi. Quando, nel settembre dello scorso anno, furono uccisi, a bombe a mano, alcuni contadini riuniti nella sede della cooperativa ad Alia per discutere sul problema della divisione delle terre, non si sa perché è intervenuto l'ispettorato di pubblica sicurezza, dopo che la Questura di Palermo aveva operato dei fermi di indiziati, e i fermati vengono rilasciati. Alla vigilia del 2 giugno avviene a Trabia un tipico delitto di mafia; la camionetta dove si suppone che siano i responsabili viene fermata a Misilmeri, alle porte di Palermo: ebbene, nonostante che su quella camionetta si trovassero armi, secondo una prima versione della polizia, i fermati vengono dopo un giorno rilasciati.
Questa impressione non è dunque cervellotica, ma ha un fondamento molto serio e l'onorevole ministro dell'interno lo sa perché sono stato io personalmente ad accompagnare da lui un altro collega che gli ha detto: "Ma come fai a fidarti di Messana, tu che dici di essere un repubblicano sincero? Messana, infatti, non solo ha svolto opera per il trionfo della monarchia prima del 2 giugno, ma ha continuato a complottare contro la Repubblica dopo il 2 giugno, designato come era Ministro degli interni di un restaurando Regno di Sicilia, se Umberto fosse sbarcato a Taormina o in non so quale altro punto della costa siciliana; e bada che io sono un testimone auricolare, uno che ha partecipato a queste trattative, respingendole".
Ma è possibile che il Ministro Scelba si possa fidare di un uomo di cui si presume che conosca anche il passato? Lasciamo stare che Messana è nell'elenco dei criminali di guerra di una nazione vicina; questo può far piacere ad una parte della Camera, la quale pensa: "Va bene, è un massacratore; però, di stranieri!", ma Scelba come può ignorare che Messana ha iniziato la sua carriera facendo massacrare dei contadini siciliani? Il 9 ottobre del 1919, infatti, cadevano a Riesi più di sessanta contadini, di cui tredici morti: trucidati a freddo, sulla piazza, dove si svolgeva un comizio. I vecchi di quest'Aula ricorderanno come in quell'occasione il Ministero Nitti ordinò un'inchiesta mandando sul posto il generale dei carabinieri Densa, mentre la Magistratura iniziò un'inchiesta giudiziaria soprattutto per accertare le cause della morte misteriosa di un tenente di fanteria, che si rifiutò di eseguire l'ordine di far fuoco del Messana, che ne disapprovò apertamente la condotta, e che il giorno dopo fu assassinato.
Questi i precedenti del commendator Messana, noti al ministro dell'Interno. Ci troviamo, come vedete, di fronte ad un uomo che per istinto è contro il popolo, e trova, nei legami con i nemici del popolo, il modo di esercitare la professione di massacratore di contadini. Oggi, sfacciatamente, questo non può farlo, per quanto nel clima creatosi in Sicilia è possibile -- in Sicilia, terra dei "Vespri" -- che i poliziotti di Scelba, ministro siciliano, aggrediscano un pacifico corteo di donne che dimostrano contro il carovita.
Oggi è possibile in Sicilia questo, perché agli interni c'è un ministro siciliano, così come nel 1894 a soffocare nel sangue il movimento dei fasci dei lavoratori fu un altro ministro siciliano, Francesco Crispi. Si è tentato, come nei primi decenni del secolo, di stroncare il movimento contadino, assassinando capilega e segretari di Camere del lavoro; a quest'azione di intimidazione il popolo siciliano risponde con la superba affermazione democratica del 20 aprile; allora l'agraria, la mafia ricorre al terrore di massa e si hanno Pian della Ginestra e le stragi del 22 giugno. Ma l'Ispettore Messana, che ha il compito di proteggere agrari e mafiosi, che è uomo che obbedisce a pressioni di parte, ordisce intrighi politici, suggerisce a Scelba la parola d'ordine che il Ministro fa subito sua: le stragi siciliane sono opera di banditi comuni, e Messana diviene il perno di una situazione infernale: Messana si allea ai banditi di strada. Il popolo siciliano, il popolo italiano tutto, hanno diritto di chiedersi come sia possibile il perdurare di un tale stato di cose.
All'annunzio dell'orrendo crimine di Pian della Ginestra, subito, d'impulso le più alte autorità preposte all'ordine pubblico in Sicilia hanno detto: "Questo è un tipico delitto di mafia; bisogna iniziare un'azione a fondo contro questi assassini"; ma è intervenuto il Ministro Scelba prima alla Costituente, poi in Sicilia; ma credete che sia andato laggiù per disporre l'azione di ricerca e pronta punizione dei veri responsabili? No; è andato solamente per salvare la mafia, per dire: "Niente; questo è banditismo comune; basta con gli arresti di mafiosi e mandanti indiziati". E degli ufficiali dei carabinieri sono venuti da me, piangendo, a dirmi: "Vedete, questi sono i telegrammi di contr'ordine che sospendono le operazioni di polizia che avevamo iniziato".
Ora, il diritto di sospettare che una collusione esista fra banditismo, certi partiti politici e, fino a prova contraria, governo è legittimo e allarma la popolazione siciliana, allarma e commuove giustamente tutto il Paese; è quindi assolutamente necessario uscire da questa situazione e oggi esistono condizioni favorevoli per farlo; c'è il movimento delle masse lavoratrici in Sicilia capace di aiutare questo processo di risanamento nel campo sociale; ci sono i partiti democratici che debbono costringere tutte le forze politiche della Sicilia ad assumere la propria responsabilità, a liberarsi dai legami con la mafia, con questa cancrena, con questo banditismo politico-sociale che continua a vivere di ricatti, di prepotenze, di estorsioni, di omicidi. Oggi esistono queste condizioni: sfruttiamole, poggiamo sul movimento delle masse, poggiamo sui partiti veramente democratici, e su questa azione inseriamo l'azione di polizia che sarebbe confortata da tutta quanta l'opinione pubblica.

L'on. Li Causi non era avvocato. Mi ero sbagliato. Rettifico



...per mestiere spiego bene agli altri quello che per me non comprendo.

sabato 15 febbraio 2014

Li Causi, chi era l'on. Girolamo Li Causi. Ci imbattiamo in codesto grande comunista in queste nostre attuali ricerche sulla massiccia figura del questore Messana. Se amiamo la verità, necessita una indagine a trecentosessanta gradi ormai con spirito storico, distaccato, per quanto possibile avalutativo. Come vedremo Casarrubea si appoggia a Li Causi per infangare Messana. Ne vedremo a suo tempo le distorsioni persino calunniatrici

Li Causi, chi era l'on. Girolamo Li Causi. Ci imbattiamo in codesto grande comunista  in queste nostre attuali ricerche sulla massiccia figura del questore Messana. Se amiamo la verità, necessita  una indagine a trecentosessanta gradi ormai con spirito storico, distaccato, per quanto possibile avalutativo. Come vedremo Casarrubea si appoggia a Li Causa per infangare Messana. Ne vedremo a suo tempo le distorsioni persino calunniatrici.
 

 

 

Girolamo Li Causi

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

 

 

sen. Girolamo Li Causi

 

Bandiera italiana
 Parlamento italiano
Senato della Repubblica
 

GirolamoLiCausi.jpg
 

Luogo nascita


Termini Imerese

Data nascita


1º gennaio 1896

Luogo morte


Palermo

Data morte


14 aprile 1977

Titolo di studio


Laurea in scienze economiche

Professione
Pubblicista

Partito
PCI

Legislatura
I, V

Gruppo
Comunista

Incarichi parlamentari

Vicepresidente della commissione speciale pdl enti locali regione siciliana dal 9 marzo 1950 al 24 giugno 1953
Vicepresidente della commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della "mafia" dal 13 novembre 1968 al 24 maggio 1972

Pagina istituzionale


on. Girolamo Li Causi

 

Bandiera italiana
 Parlamento italiano
Camera dei deputati
 

Legislatura
II, III, IV

Gruppo
Comunista

Collegio
Palermo

Incarichi parlamentari

Vicepresidente della Commissione Speciale Per L'esame Del Disegno Di Legge N.1: "Autorizzazione All'esercizio Provvisorio Del Bilancio Per L'anno Finanziario 1953-1954" dal 25 giugno 1953 all'11 giugno 1958
Vicepresidente della Giunta Per I Trattati Di Commercio E La Legislazione Doganale dal 6 ottobre 1953 all'11 giugno 1958
Vicepresidente della Camera dei Deputati dal 12 giugno 1958 al 15 maggio 1963
Vicepresidente della commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia in Sicilia dal 5 giugno 1963 al 4 giugno 1968

Pagina istituzionale


on. Girolamo Li Causi

 

Bandiera italiana
 Assemblea costituente
 

Collegio
Unico Nazionale
Pagina istituzionale

« Perché avete fatto uccidere Giuliano? Perché avete turato questa bocca? La risposta è unica: l'avete turata perché Giuliano avrebbe potuto ripetere le ragioni per le quali Scelba lo ha fatto uccidere. Ora aspettiamo che le raccontino gli uomini politici, e verrà il tempo che le racconteranno. »
(Girolamo Li Causi. Intervento alla Camera dei deputati nella seduta del 26 ottobre 1951[1])

Girolamo Li Causi (Termini Imerese, 1º gennaio 1896 – Palermo, 14 aprile 1977) è stato un politico italiano. È stato il primo segretario del PCI siciliano.

 

Indice  [nascondi]
1 Biografia 1.1 Incarichi istituzionali
1.2 Portella della Ginestra 1.2.1 Documenti


2 Note
3 Bibliografia
4 Collegamenti esterni


Biografia[modifica sorgente]

Già dirigente socialista, aderì al Partito Comunista d'Italia nel 1924. Nel 1926 fu per alcuni mesi direttore de L'Unità. Nel 1928 venne arrestato per la sua attività antifascista e condannato a 21 anni di carcere.

Liberato nell'estate del 1943, diventò partigiano ed entrò nel CLNAI. Venne quindi rimandato nella natia Sicilia per organizzare la presenza del Partito Comunista, di cui divenne il primo segretario regionale. Il forte impegno politico contro la mafia caratterizzò subito la sua azione e per questo 16 settembre 1944 fu vittima di un attentato da parte di un gruppo di mafiosi guidato da Calogero Vizzini. In tale occasione, in cui vennero ferite 14 persone, Li Causi venne attaccato durante un comizio in cui stava intervenendo insieme a Gino Cardamone e Michele Pantaleone a Villalba[2].

Incarichi istituzionali[modifica sorgente]

Nel 1946 venne eletto deputato nell'Assemblea Costituente. Fu eletto per la Prima volta in Parlamento nel 1948 e, attraverso varie legislature, ricoprì la carica di Deputato e quella di Senatore. Fu vicepresidente della prima Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno mafioso.

Portella della Ginestra[modifica sorgente]

« Gli obiettivi immediati delle forze alleate in Sicilia furono dunque: a) mantenere l'ordine conservando nello stesso tempo buoni rapporti con la popolazione; b) ripristinare un tessuto sociale affidabile e conforme agli interessi anglo-americani, come si venivano delineando nel quadro strategico internazionale; c) stroncare le forze di sinistra prima di un loro troppo profondo radicamento sociale. »
(Nicola Tranfaglia in "Come nasce la Repubblica", pagine fra 91 e 98)

Li Causi fu probabilmente l’uomo politico più direttamente impegnato sulla strage di Portella della Ginestra: la denunciò all’opinione pubblica e ne seguì gli sviluppi, individuandone la principale causa nella vittoria, alle elezioni regionali, dell’alleanza elettorale di sinistra in un contesto di scontro tra il separatismo isolano e il movimento contadino che chiedeva l’applicazione della riforma agraria. Li Causi indirizzò inoltre durissime accuse anche alle forze di polizia, denunciando i loro legami con mafiosi e saparatisti, e al ministro Mario Scelba, più volte accusato di essere direttamente implicato nella vicenda.

Documenti[modifica sorgente]

Il 10 maggio 1950, durante la sua deposizione istruttoria, Girolamo Li Causi presentò alcuni significativi documenti. Venne esibita per prima una lettera mandata da Salvatore Giuliano all'Unità con richiesta di pubblicazione. Il timbro fa risalire la missiva al 2 ottobre 1948. Fra gli stralci di interesse investigativo si trova questo: "[...] oggi potrei mostrare una lettera che un amico intimo del signor Scelba, proprio alla vigilia delle elezioni, mi mandò e conteneva la promessa [...]".

Il secondo documento presentato, era una missiva autografa di Giuliano che rispondeva al comizio dello stesso Li Causi tenuto a Portella della Ginestra i 1º maggio 1949, quando venne scoperta la lapide dedicata alle vittime. In questo discorso che fece scalpore all'epoca, Li causi chiese direttamente a Giuliano di far i nomi dei mandanti della strage e nella lettera esibita Giuliano rispondeva: "I nomi possono farli coloro che tengono la faccia di bronzo, ma non un uomo [...]".

Li Causi esibì infine una terza lettera autografa di Giuliano, già pubblicata dall'Unità il 30 aprile 1950, in cui il malvivente minacciava senza mezzi termini Mario Scelba in riferimento al suo luogotenente Gaspare Pisciotta, in odore di tradimento.

« Il Giuliano allora si è avvicinato a me chiedendomi dove fosse mio fratello. Ho risposto che si trovava in paese con un foruncolo. Egli allora mi ha detto: 'E' venuta la nostra liberazione'. Io ho chiesto: -E qual è?- Ed egli di rimando mi disse: 'Bisogna fare un'azione contro i comunisti: bisogna andare a sparare contro di loro, il 1º maggio a Portella della Ginestra. Io ho risposto dicendo che era un'azione indegna, trattandosi di una festa popolare alla quale avrebbero preso parte donne e bambini ed aggiunsi: 'Non devi prendertela contro le donne ed i bambini, devi prendertela contro Li Causi e gli altri capoccia. »
(Dichiarazione di Gaspare Pisciotta, luogotenente di Salvatore Giuliano)

Tutte queste lettere, unitamente alla deposizione di Pisciotta in cui lo stesso sostiene la presenza di una corrispondenza tra Giuliano e il Ministro Mario Scelba (latore un deputato amico), non fornirono, secondo gli investigatori, riscontri oggettivi al proseguimento delle indagini in direzione di un intreccio destabilizzante fra Salvatore Giuliano e segmenti dell'ambiente politico. [1]

Note[modifica sorgente]
1.^ at Leinchieste.com
2.^ dai fatti raccontati da Alfio Caruso nel libro Turiddu il postelegrafonico

Bibliografia[modifica sorgente]
Girolamo Li Causi, "Terra di Frontiera. Una stagione politica in Sicilia 1944-1960", a cura di Davide Romano presentazione di Italo Tripi e della prefazione di Oliviero Diliberto Edizioni La Zisa, 2009.
Francesco Petrotta, Portella della Ginestra. La ricerca della verità, Ediesse 2007, ISBN 978-88-230-1201-1
Giuseppe Casarrubea e Mario J. Cereghino, Tango Connection, Bompiani
Carlo Ruta, Giuliano e lo Stato. Documenti e testimonianze sul primo intrigo della repubblica, Edi.bi.si., Messina 2002

Collegamenti esterni[modifica sorgente]
Lo sbarco Alleato ed il riemergere della mafia
Portella della Ginestra Intervento di Girolamo Li Causi all'Assemblea Costituente, seduta del 15 luglio 1947.
Mafia e banditismo Estratto da un documento del 18 settembre 1948, conservato presso l'Archivio Istituto Gramsci Siciliano, fondo "Girolamo Li Causi"
Il Filo Nero a cura di Vincenzo Vasile
Documenti statunitensi e italiani sulla Banda Giuliano, la X Mas e il neofascismo in Sicilia (1944 – 1947) a cura di Giuseppe Casarrubea