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Eros che incorda l'arco - Copia romana in
marmo dall'originale di
Lisippo conservata nei
Musei Capitolini di
Roma.
In un frammento di una tragedia perduta di Euripide, da lui scritta prima del 422 a.C.,
Stheneboia (Σθενέβοια) si sostiene che esistano due Eros
[1]. Così come nella sua
Ifigenia in Aulide (406 a.C.) compaiono due ambiti del dio Eros e, per la prima volta, l'immagine del dio armato di arco e di frecce:
« Avventurato chi prova fa della dea dell'amore con temperanza e misura, e con grande placidità lungi dagli estri folli, perché duplice è l'arco della beltà che l'Amore (Eros) tende su di noi: l'uno ci porta felicità, l'altro la vita torbida fa. » |
(Euripide Ifigenia in Aulide 542-50. Traduzione di Filippo Maria Pontani in Euripide Le tragedie. Milano, Mondadori, 2007) |
Uno degli Amori provoca la
sophia, mentre l'altro distrugge l'anima dell'uomo
[2].
"Eros con delfino", opera romana del II secolo d.C. in marmo bianco a grana fine, utilizzata come ornamento di una fontana: dalla bocca del delfino fuorusciva l'acqua. Già appartenente alla
Collezione Farnese è oggi conservata al
Museo Archeologico Nazionale di Napoli. La presenza di immagini di Eros accompagnato da un delfino è testimoniata da pitture vascolari risalenti fin dal V secolo a.C. e origina dalle iconografie proprie del "giovane sul delfino".
Amor e Psyche. Scultura romana su modello greco risalente al II secolo d.C. conservata all'Altes Museum di Berlino. La vicenda di Amor e Psyche è narrata nelle Metamorfosi [3] di Apuleio (II d.C.). Il dio Amor (Eros) si innamora della bellissima fanciulla Psyche e le fa visita ogni notte con il patto che ella non cerchi mai di vedere il suo volto. Psyche tradisce il patto e Amor si allontana da lei. Per riconquistare l'amato, Psyche si sottopone a durissime prove impostegli da Venere (Afrodite) finché lo stesso dio Giove (Zeus), mosso a compassione, non l'aiuta facendogli così conquistare l'immortalità e quindi accogliendola sull'Olimpo come sposa di Amor. Amor e Psyche rappresentano l'amore umano e quello divino, inteso come il percorso spirituale che l'anima umana (Psyche) deve intraprendere per tornare ad essere puramente "divina" dopo aver scontato i propri errori. Il tema è spesso raffigurato nei sarcofaghi come immagine della felicità nell'oltretomba.
Eros (Ἔρως) è, nella
religione greca, il dio dell'
amore fisico e del desiderio
[4][5].
Nella cultura greca ἔρως (ὁ) (
eros (ho), l'amore) è ciò che fa muovere verso qualcosa, un principio divino che spinge verso la bellezza
[6][7]. In ambito greco, quindi, non vi era una precisa distinzione tra «la passione d'amore e il dio che la simboleggiava»
[8].
La prima apparizione della nozione di
Eros è nelle opere attribuite ad
Omero. In tale contesto
Eros non viene personificato, quanto piuttosto come principio divino corrisponde all'irrefrenabile desiderio fisico come quello vissuto da
Paride nei confronti di
Elena:
(GRC) « ἀλλ' ἄγε δὴ φιλότητι τραπείομεν εὐνηθέντε οὐ γάρ πώ ποτέ μ' ὧδέ γ' ἔρως φρένας ἀμφεκάλυψεν » | (IT) « Ma ora andiamo a letto e facciamo l'amore: non mi ha mai preso il cuore un desiderio (ἔρως ) tanto possente » |
(Iliade III, 441-442. Traduzione di Guido Paduano in Omero Iliade. Milano, Mondadori, 2007.) |
o ancora lo stesso desiderio provato da
Zeus nei confronti di
Era:
(GRC) « Ἥρη δὲ κραιπνῶς προσεβήσετο Γάργαρον ἄκρον Ἴδης ὑψηλῆς· ἴδε δὲ νεφεληγερέτα Ζεύς. ὡς δ' ἴδεν, ὥς μιν ἔρως πυκινὰς φρένας ἀμφεκάλυψεν, οἷον ὅτε πρῶτόν περ ἐμισγέσθην φιλότητι εἰς εὐνὴν φοιτῶντε, φίλους λήθοντε τοκῆας. » | (IT) « Era raggiunse rapidamente la cima del Gargano, sull'alto Ida, e la vide Zeus che raduna le nubi, e quando la vide la passione (ἔρως) invase il suo animo saggio, come quando per la prima volta s'unirono nell'amore e andarono a letto, all'insaputa dei genitori » |
(Iliade XIV, 293-295. Traduzione di Guido Paduano in Omero Iliade. Milano, Mondadori, 2007.) |
o, infine, ciò che rende tremanti le membra dei
proci di fronte a
Penelope:
(GRC) « τῶν δ' αὐτοῦ λύτο γούνατ', ἔρῳ δ' ἄρα θυμὸν ἔθελχθεν, πάντες δ' ἠρήσαντο παραὶ λεχέεσσι κλιθῆναι. » | (IT) « Ed ecco i ginocchi dei proci si sciolsero, furono sedotti da amore (ἔρω) bramarono tutti di giacere al suo fianco nel letto » |
(Odissea XVIII, 212-3. Traduzione di Aurelio Privitera in Omero Odissea. Milano, Mondadori, 2007) |
Tale desiderio irrefrenabile si spiritualizza nei
lirici greci del VII/VI a.C. ma presenta comunque delle caratteristiche crudeli e ingestibili. Manifestandosi improvvisamente,
Eros agita in modo cupo le sue vittime:
« Ma per me Eros non dorme in nessuna stagione: come il vento di Tracia infiammato di lampi infuria accanto a Cipride e mi riarde di folli passioni, cupo, invincibile, con forza custodisce l'anima mia. » |
(Ibico VI. Traduzione di Marina Cavalli, in Lirici greci. Milano, Mondadori, 2007, pag. 369) |
(GRC) « Ἔρος δηὖτέ μ' ὀ λυσιμέλης δόνει, γλυκύπικρον ἀμάχανον ὄρπετον » | (IT) « Eros che scioglie le membra mi scuote nuovamente: dolceamara invincibile belva » |
(Saffo 61. Traduzione di Marina Cavalli, in Lirici greci. Milano, Mondadori, 2007, pag. 273) |
« Eros tremendo, le Follie ti furono nutrici: per te cadde la rocca di Troia, per te il grande Teseo, l'Egide, cadde, e Aiace Oileo, il valoroso per la loro follia.[9] » |
(Teognide II, 1231. Traduzione di Marina Cavalli, in Lirici greci. Milano, Mondadori, 2007, pag. 181) |
« non è Afrodite, ma il folle e insolente Eros che come fanciullo gioca, sfiorando il sommo dei fiori - ma che non me li tocchi - del cipero. Eros di nuovo, a causa di Cipride, dolce mi invade, riscalda il cuore. » |
(Alcmane 147-8. Traduzione di Marina Cavalli, in Lirici greci. Milano, Mondadori, 2007, pag. 617-619) |
In
Anacreonte questo vissuto viene presentato come colui che colpisce violentemente:
« Ancora Eros m'ha colpito: con un gran maglio, come un fabbro, e mi ha temprato tuffandomi in una fiumana invernale. » |
(Anacreonte 19. Traduzione di Marina Cavalli, in Lirici greci. Milano, Mondadori, 2007, pag. 335) |
Statua in marmo di Eros addormentato risalente al II d.C. di provenienza sconosciuta, è conservata al Museo archeologico nazionale di Atene. Il giovane Eros alato è addormentato su una roccia, il braccio sinistro funge da cuscino mentre un giovane leone fa la guardia al dio.
Nell'opera teogonica di
Esiodo sono due i passaggi che riguardano Eros qui attestato per la prima volta come quel dio primordiale in grado di domare con la passione sia gli dèi che gli uomini:
(GRC) « Ἦ τοι μὲν πρώτιστα Χάος γένετ᾽, αὐτὰρ ἔπειτα Γαῖ᾽ εὐρύστερνος, πάντων ἕδος ἀσφαλὲς αἰεὶ ἀθανάτων, οἳ ἔχουσι κάρη νιφόεντος Ὀλύμπου, Τάρταρά τ᾽ ἠερόεντα μυχῷ χθονὸς εὐρυοδείης, ἠδ᾽ Ἔρος, ὃς κάλλιστος ἐν ἀθανάτοισι θεοῖσι, λυσιμελής, πάντων δὲ θεῶν πάντων τ᾽ ἀνθρώπων δάμναται ἐν στήθεσσι νόον καὶ ἐπίφρονα βουλήν. » | (IT) « Orbene, innanzitutto venne all'esistenza lo Spazio beante[10], poi a sua volta la Terra dal largo petto, sede per sempre sicura di tutti gli immortali che abitano le cime del nevoso Olimpo, e il Tartaro nebbioso nel fondo della Terra dalle larghe strade, poi Eros che è il più bello tra gli dei immortali e scioglie le membra[11], e di tutti gli dei, come di tutti gli uomini, doma nel petto il pensiero e la saggia volontà. » |
(Teogonia 120-122. Traduzione di Cesare Cassanmagnago, in Esiodo. Tutte le opere e i frammenti con la prima traduzione degli scolii. Milano, Bompiani, 2009, pag. 121) |
A tal proposito
Ilaria Ramelli e
Carlo del Grande evidenziano come:
« La Teogonia Esiodea sembra riflettere la dottrina teogonica dei sacerdoti di Apollo delfico. In origine sarebbe stato il Χάος, il "vuoto primordiale" e poi αῖα, la Terra, ed Ἔρως o amore, come attrazione reciproca e principio di unione ed armonia » |
(Ilaria Ramelli e Carlo del Grande. Teogonia in Enciclopedia filosofica vol. 11. Milano, Bompiani, 2006, pag. 1416) |
In un secondo passaggio Esiodo evidenzia Eros come quel dio che, insieme ad Himeros, accompagna Afrodite appena nata
[12]:
(GRC) « Τῇ δ᾽ Ἔρος ὡμάρτησε καὶ Ἵμερος ἕσπετο καλὸς γεινομένῃ τὰ πρῶτα θεῶν τ᾽ ἐς φῦλον ἰούσῃ. » | (IT) « L'accompagnò Eros e il bel Desiderio[13] la seguì non appena venuta alla luce e avviata a raggiungere la razza degli dei » |
(Teogonia 201-202. Traduzione di Cesare Cassanmagnago, in Esiodo. Tutte le opere e i frammenti con la prima traduzione degli scolii. Milano, Bompiani, 2009, pag. 127) |
Connesso all'opera di Esiodo vi è il richiamo nella
Biblioteca di
Apollodoro dove, riferendosi a
Io:
« Esiodo e Acusilao affermano che era figlia di Pirene. Io era sacerdotessa di Era, e Zeus la violentò. Scoperto da Era, toccò la fanciulla, la trasformò in una bianca giovenca e giurò che non si era unito a lei. Perciò Esiodo dice che i giuramenti fatti per amore (ἔρωτος) non attirano l'ira degli dei. » |
(Biblioteca II,6. Traduzione di Maria Grazia Ciani, in Apollodoro I Miti greci (a cura di Paolo Scarpi. Milano, Fondazione Lorenzo Valla/Mondadori, 2008, pag. 87) |
Il culto di Eros è attestato da
Pausania in
Beozia, segnatamente a
Tespi:
« Il dio che i Tespiesi onorano fin dai tempi antichi e più di ogni altro dio è Eros e di Eros hanno una statua antichissima, costituita da una pietra grezza. Chi abbia istituito presso i Tepiesi l'usanza di anteporre Eros a tutti gli dei, io non so. » |
(Pausania. Periegesi IX, 22, 1. Traduzione di Salvatore Rizzo, in Pausania Viaggio in Grecia - Beozia. Milano, Rizzoli, 2011, pag.225) |
L'origine
mitica di tale culto, culto forse di origini preistoriche
[14], è così spiegata da
Conone:
« A Tespi, in Beozia (la città non è molto lontana dall'Elicona), c'era un ragazzo di nome Narciso, molto bello, ma che disdegnava Eros e i suoi amanti. Tutti quelli che l'amavano finirono per rassegnarsi, a eccezione di Amenia che si ostinava a corteggiarlo. Ma Narciso non cedeva alle sue preghiere e perfino gli inviò una spada. Amenia allora si uccise davanti alla porta di Narciso, implorando la vendetta del dio. E Narciso, vedendo il proprio viso e la propria bellezza riflessi nell'acqua di una fonte, divenne, stranamente, amante di se stesso: il primo e l'unico. Alla fine spinto dalla disperazione e avendo compreso che soffriva giustamente per aver respinto l'amore di Amenia, si uccise. A seguito di ciò gli abitanti di Tespi decisero di onorare e di servire Eros, e di rendergli sacrifici sia in pubblico che in privato. E la gente del paese pensa che il fiore del narciso è nato dal loro suolo, laddove fu versato il sangue di Narciso » |
(Conone Racconti XXIV, tramandato da Fozio, III, 134b.) |
Pausania riporta anche di un
altare ad Eros posto di fronte all'ingresso dell'
Accademia:
« Davanti all'ingresso dell'Accademia[15] c'è un altare di Eros la cui epigrafe attesta che Carmo[16] fu il primo degli Ateniesi che abbia dedicato un altare ad Eros » |
(Pausania. Periegesi I, 30, 1. Traduzione di Salvatore Rizzo, in Pausania Viaggio in Grecia - Attica e Magaride. Milano, Rizzoli, 2011, pag. 269) |
Tuttavia, come nota
Gerard Krüger[17]:
« a questa venerazione mancano realmente la piena dignità ed il valore di un servizio religioso: Eros non è un dio del culto statale. » |
(Gerard Krüger. Ragione e passione: l'essenza del pensiero platonico. Milano, Vita e Pensiero, 1996, pag. 34) |
Tanto che così ci si lamenta nell'
Ippolito di
Euripide[18]:
« Invano, invano, sull'Alfèo, nei templi di Febo a Delfi, addensa la Grecia ecatombi se d'Amore tiranno dell'uomo, ch'è custode dei letti figliolo d'Afrodite, non c'è riguardo, e non si venera il dio che tutto rovina e dà calamita all'uomo, se giunge. » |
(Euripide. Ippolito 535 sgg. Traduzione di Maria Pontari, in Euripide, Le tragedie vol. 1, Milano, Mondadori, 2007, p.279) |
Eros possiede un ruolo fondante in alcune teogonie orfiche. Questo emerge già nella teogonia di tipo "parodistico", ma di derivazione orfica, presente in
Aristofane (V-IV secolo a.C.) negli
Uccelli (vv. 693-702)
[19]:
- in principio vi sono Chaos, Nyx (Notte), Erebo e Tartaro;
- nel buio Erebo, Nyx genera un Uovo "pieno di vento";
- da questo Uovo emerge Eros dalle ali d'oro;
- unitosi durante la notte al Chaos, Eros genera la stirpe degli "uccelli";
- quindi genera Urano (Cielo) e Oceano, Gea (Terra) e gli dèi.
Tale brano è ritenuto il testo più antico attribuibile all'orfismo, «esso riproduce sinteticamente la forma scritta più antica delle
teogonie orfiche, evocata anche da Platone, da Aristotele e trasmessa da Eudemo»
[20].
Un frammento, che richiama Eudemo da Rodi (IV secolo a.C.) riprende la Notte come origine di tutte le cose e Eros al terzo posto:
« La teologia esposta nell'opera del peripatetico Eudemo come se fosse di Orfeo ha taciuto tutto ciò che è intelligibile, in quanto totalmente indicibile e inconoscibile [...] ha posto come principio la Notte, dalla quale inizia pure Omero, anche se non ha reso continua la genalogia. Infatti non si deve accogliere l'affermazione di Eudemo che inizi da Oceano e Teti: infatti egli sembra essere consapevole che pure la Notte è una divinità grandissima, a tal punto che anche Zeus la venera: "Infatti egli temeva di compiere azioni sgradite alla Notte veloce". Ma Omero stesso deve cominciare dalla Notte; invece mi pare di capire che sia stato Esiodo per la prima volta, narrando del Caos ad aver chiamato il Caos la natura inconoscibile dell'intelligibile e compiutamente indifferenziata e a far derivare da lì la Terra come il principio primo, come il principio primo, se così si può dire, dell'intera generazione degli dei; a meno che il Caos non sia il secondo dei due principi, mentre la Terra, il Tartaro e Eros i tre oggetti dell'intuizione ed Eros è al terzo posto, in quanto contemplato secondo un ritorno. Questa espressione è impiegata pure da Orfeo nelle rapsodie: la Terra è al primo posto, in quanto per prima si è solidificata in una massa solida e stabile, il Tartaro a quello intermedio, perché già mosso verso una differenziazione. » |
(Eudemo da Rodi. Frammento 150, in Orfici. Testimonianze e frammenti nell'edizione di Otto Kern, 28 [1]; traduzione di Elena Verzura. Milano, Bompiani, 2011, p.227) |
Nel complesso queste teogonie presentano un inizio caratterizzato da una sfera perfetta nella Notte cosmica, quindi una totalità rappresentata da
Phanes (Φάνης, Luce, "vengo alla Luce", anche Fane, Protogono Πρωτογόνος, Erichépaio Ἠρικεπαῖος) androgino e con le ali dorate, completo in sé stesso ma dai lineamenti irregolari, e, infine, da questa unità ancora perfetta un insieme di accadimenti conducono a dei processi di differenziazione. Quindi emerge Zeus in cui tutto viene riassorbito e rigenerato nuovamente per una seconda processione, dalla quale emerge Dioniso che, tuttavia, per una macchinazione di Era, sposa di Zeus, verrà divorato dai Titani. Zeus irato scaglia contro costoro il fulmine: dalla fuliggine provocata dalla combustione dei Titani sorgono gli uomini composti dalla materia di questa, mischiata con la parte dionisiaca frutto del loro banchetto.
E «Primo nel governare il mondo, Fane-Protogono-Erichépaio si chiama anche Eros»
[21].
- Il tema di Eros/Amore è citato in Parmenide (V sec. a.C.) [22] ma in Empedocle (V sec. a.C.) acquisisce un ampio impianto teologico quando il filosofo siceliota pone accanto alle quattro "radici" (ριζώματα), poste a fondamento del cosmo, e motore del loro divenire nei molteplici oggetti della realtà, due ulteriori principi: Φιλότης (Amore) e Νεῖκος (Odio, anche Discordia o Contesa); avente il primo la caratteristica di "legare", "congiungere", "avvincere" (σχεδύνην δὲ Φιλότητα «Amore che avvince» [23]), mentre il secondo possiede la qualità di "separare", "dividere" mediante la "contesa". Così Amore nel suo stato di completezza è lo Sfero (Σφαῖρος), immobile (μονίη) uguale a sé stesso e infinito (ἀλλ' ὅ γε πάντοθεν ἶσος 〈ἑοῖ〉 καὶ πάμπαν ἀπείρων [24]). Egli è Dio. Significativo è il fatto che Empedocle appelli Amore con il nome di Afrodite (Ἀφροδίτη)[25], o con il suo appellativo di Kýpris (Κύπρις)[26], indicando qui la «natura divina che tutto unisce e genera la vita»[27]. Tale accostamento tra Amore e Afrodite ispirò al poeta romano Lucrezio l'inno a Venere, collocato nel proemio del De rerum natura. In questa opera Venere non è la dea dell'amplesso, quanto piuttosto «l'onnipotente forza creatrice che pervade la natura e vi anima tutto l'essere», venendo poi, come nel caso di Empedocle, opposta a Marte, dio del conflitto.
- Con Platone (V-IV sec. a.C.) si compie il fondamentale passo filosofico e teologico inerente a Eros. Nel Fedro[28] l'anima (ψυχή, psyché) umana decade dal mondo perfetto e intelligibile nel corpo fisico, durante il suo esilio prova un'irresistibile nostalgia per la condizione perduta. Nel Simposio[29] Eros è un demone figlio di Indigenza (Πενία Penia, la madre) e Espediente (Πόρος , Poros, il padre). Povero come la madre, Eros aspira alla ricchezza del padre: Eros è quindi anche una tendenza, una mania (μανία), uno stato emotivo provocato dalla bellezza terrestre che stimola il ricordo di quella perfetta e intelligibile, celeste, da cui l'anima è caduta [30]. Non è tuttavia la "bellezza" l'oggetto del desiderio dell'anima ma la sua fecondità[31]. A questo punto il filosofo ateniese individua due tipi di Eros: l'amore sensuale (πάνδημος ἔρως, pandemos eros) attratto dalla bellezza dei corpi provocante la fecondità fisica, e l'amore celeste (ουράνιος ἔρως , oruanios eros) attratto dall'amore spirituale e provocante al fecondità spirituale[32]: «E malvagio è quell'amante che è volgare e ama il corpo più dell'anima»[33]. Il vero amante si eleva quindi per sei gradi di attrazione che lo conducono dall'attrazione fisica alla realizzazione spirituale [34]: amore per un corpo bello; amore per la bellezza fisica in sé; amore per la bellezza delle attività, delle condotte; amore per la bellezza del sapere; amore per la Bellezza in sé: «È questo il momento della vita, o caro Socrate -disse la straniera di Mantinea-, che più di ogni altro è degno di essere vissuto da un uomo, ossia il momento in cui un uomo contempla il Bello in sé. E se mai ti sarà possibile vederlo, ti sembrerà ben superiore all'oro, alle vesti, e anche ai bei ragazzi e ai bei fanciulli [...] Che cosa, dunque, noi dovremmo pensare -disse- se ad uno capitasse di vedere il Bello in sé assoluto, puro, non affatto contaminato da carni umane e da colori e da altre piccolezze mortali, ma potesse contemplare come forma unica lo stesso Bello divino?».
- Il filosofo ed esegeta di Platone, Plotino (III sec. d.C.), continuatore coerente dell'opera del filosofo ateniese, riprende, nelle Enneadi, le conclusioni dello stesso inserendo tuttavia tra le tre entità/persone da lui indicate con il termine di hypostasis (ὑπόστᾰσις): Hen (ἕν, l'Uno), il Nous (νοῦς, l'Intelletto) e la Psyche (ψυχὴ, Anima) una relazione di "processione" (πρόοδος). Dal che l'unica "realtà" consiste in queste tre hypostasis che procedono una dall'altra: dall'Uno (il Bene, il primo, inconoscibile e ineffabile mistero dell'unità, intuibile solo per mezzo dell'esperienza religiosa) procede l'Intelletto (altro dall'Uno, è la prima molteplicità che "pensa", il mondo eterno delle Idee, è il logos dell'Uno che contempla l'Uno e da questa contemplazione deriva la sua generazione delle Idee), dall'Intelletto procede l'Anima universale (Afrodite celeste) che intermedia fra l'essere costituito dalle tre hypostasis e il mondo sensibile. Se l'Uno rende conto dell'unità del reale, e l'Intelletto della sua intelligibilità, l'Anima universale rende conto della vita e del movimento contemplando l'Intelletto con la sua parte superiore, mentre rende conto delle forme sensibili con la sua parte inferiore (Afrodite terrestre). Al di fuori di queste tre ipostasi eterne tutto il resto, quindi il mondo sensibile, è privo di realtà, è pura apparenza, inganno e non-Essere. Dall'Anima universale (Afrodite celeste) procedono l'Anima del mondo (Afrodite terrena) e le anime individuali dei viventi. Ma se l'Anima del mondo essendo vincolata al corpo dell'universo con un legame non dissolubile risulta eterna nelle sue caratteristiche sensibili, le anime individuali sono in qualche modo destinate a "ribellarsi" alle leggi dell'universo, oppure ad armonizzarsi alle stesse. Nel primo caso sono destinate alla corruzione, trasmigrando di esistenza in esistenza, cambiando corpi fisici ma potendo, se lo vogliono, riconquistare la condizione dell'unità perduta. Nella teologia plotiniana ciò che è relativo ai sensi non solo riguarda quell'ambito, ma rimanda sempre alla realtà intellegibile da cui procede. Quindi ciò che è "bello" per i sensi rimanda sempre all'"Idea" del Bello assoluto di cui l'arte ne è una rivelazione. Quindi l'artista non produce da sé, ma rivela l'Essere di cui intuisce la portata. Chi contempla l'opera d'arte esce da sé per vivere l'esperienza dell'opera solo apparentemente, in realtà è l'opera stessa con la sua bellezza che lo mette in contatto con la sua vera natura, con l'anima che è in lui. Allo stesso modo nella vita affettiva il bello corporeo può avere la funzione di rivelare ciò che è vero in noi stessi. Ne consegue che se l'uomo ricerca i beni o le bellezze sensibili lo fa innanzitutto perché questi lo richiamano all'Uno, al Bene, alla sua vera natura di cui sono immagine. Così Eros è sia una divinità che aiuta l'uomo a ricongiungersi al Bene, sia un diverso essere, un demone, che lo spinge a mischiare l'anima con la materia. Essendo molteplici gli Eros delle anime, Plotino li intende come Eroti (Erotes).
- Il filosofo tardo platonico Proclo (V sec. d.C.) è, tra l'altro, autore di un inno ad Afrodite che riassume poeticamente la teologia platonica sul tema:
(GRC) « ῾Υμνέομεν σειρήν πολυώνυμον ’Αφρογενείης καί πηγήν μεγάλην βασιλήιον, ής άπο πάντες αθάνατοι πτερόεντες ανεβλάστησαν ’’Ερωτες, ών οι μέν νοεροίσιν οιστεύουσι βελέμνοις ψυχάς, όφρα πόθων αναγώγια κέντρα λαβούσαι μητέρος ισχανόωσιν ιδείν πυριφεγγέας αυλάς: οι δέ πατρός βουλήσιν αλεξικάκοις τε προνοίαις ιέμενοι γενεήσιν απείρονα κόσμον αέξειν ψυχαίς ίμερον ώρσαν επιχθονίου βιότοιο. άλλοι δέ γαμίων οάρων πολυειδέας οίμους αιέν εποπτεύουσιν, όπως θνητής από φύτλης αθάνατον τεύξωσι δυηπαθέων γένος ανδρών: πάσιν δ’ έργα μέμηλεν ερωτοτόκου Κυθερείης. αλλά, θεά, πάντη γάρ έχεις αριήκοον ούας, είτε περισφίγγεις μέγαν ουρανόν, ένθα σέ φασι ψυχήν αενάοιο πέλειν κόσμοιο θεείην, είτε καί επτά κύκλων υπέρ άντυγας αιθέρι ναίεις σειραίς υμετέραις δυνάμεις προχέουσ’ αδαμάστους, κέκλυθι, καί πολύμοχθον εμήν βιότοιο πορείην ιθύνοις σέο, πότνα, δικαιοτάτοισι βελέμνοις ουχ οσίων παύουσα πόθων κρυόεσσαν ερωήν. » | (IT) « Cantiamo la stirpe onorata di Afrogenia e l'origine grande, regale, da cui tutti nacquero gli immortali alati Amori, dei quali alcuni con dardi intellettivi saettano le anime, affinché punte da stimoli sublimanti di desideri, agognino vedere le sedi d'igneo splendore della madre[35]; altri, invece, in obbedienza ai voleri e ai previggenti, salutari consigli del padre[36], desiderosi d'accrescere con nuove nascite il mondo infinito, eccitano nelle anime il dolce desiderio della vita terrena. Altri ancora sui vari sentieri degli amplessi nuziali incessantemente vigilano, onde da stirpe mortale immortale rendere il genere degli uomini oppressi dai mali e a tutti stanno a cuore le opere di Citerea, madre d'amore. Ma, o dea, poiché tu dovunque porgi orecchio attento, o che circondi il vasto cielo, dove dicono che tu sia l'anima divina del mondo eterno, o che risiedi nell'etere al di sopra dell'orbite dei sette pianeti[37], riversando su di noi, che da te discendiamo, indomite energie, ascolta, e il doloroso cammino della mia vita guida coi tuoi santissimi strali, o veneranda, placando l'impeto gelido dei desideri non pii. » |
(Proclo, Inno ad Afrodite. Traduzione di Davide Giordano, in Proclo, Inni, Firenze, Fussi, 1957, pp. 26-29) |
- ^ T. G. Rosenmeyer, Eros-erotes Phoenix 5 (1951): 12.
- ^ T. G. Rosenmeyer, Eros-erotes Phoenix 5 (1951): 12-13.
- ^ Metamorphoseon anche conosciuta come L'asino d'oro (Asinus aureus)
- ^
« Eros was the ancient Greek god of sexual (either homosexual or heterosexual) love or desire. » |
(M. L.West (1987) Eleonora Cavallini (2005). Eros in Encyclopedia of Religion, vol. 4. New York, Macmillan, 2004, pag. 2832) |
- ^ Il corrispondente dio romano è indicato come Amor o Cupido
- ^ Ivan Gobry. Eros in Le vocabulaire grec de la Philosophie 2002, trad. it. Vocabolario greco di filosofia. Milano, Bruno Mondadori, 2004, pag. 80. Anche
« The word erōs is the ordinary noun denoting that emotion; it could be personified and treated as an external being because of its unfathomable and irresistible power over humans (and animals and gods). » |
(M. L.West (1987) Eleonora Cavallini (2005). Eros in Encyclopedia of Religion, vol. 4. New York, Macmillan, 2004, pag. 2832) |
- ^ La corrispondente nozione latina è resa come desiderium, amor, cupiditas, libido
- ^ George M. A. Hanfmann. Oxford Classica Dictionary. Oxford University Press, 1970. In italiano Dizionario delle antichità classiche, Cinisello Balsamo, Paoline, 1995, pag. 849.
- ^ Troia cadde per la passione di Paride. Aiace perse la vita sulla via del ritorno punito da Poseidon per aver egli violato, vittima della passione, la sacerdotessa Cassandra all'interno dello stesso santuario dedicato ad Artemide. Per quanto attiene Teseo, forse si riferisce al voto di morte nei confronti del figlio espresso nella vicenda di Fedra e Ippolito.
- ^ Nota Cesare Cassanmagnago, allievo di Giovanni Reale, (Op.cit. pag. 927 n. 23) come sia del tutto inopportuno rendere Χάος (Chaos) con il termine italiano di "caos" indicando questo uno stato di confusione che nulla ha a che fare con la nozione greca. Lo scoliaste lo indica come kenòn, lo spazio vuoto tra cielo e terra dopo che una possibile unità originaria fu spezzata. D'altronde lo stesso Esiodo lo indica come eghèneto non il principio quindi, ma ciò che da questo per prima appare.
- ^ George M. A. Hanfmann, nell'Oxford Classica Dictionary (Oxford University Press, 1970, in italiano Dizionario delle antichità classiche Cinisello Balsamo, Paoline, 1995, pag. 849) nota il collegamento tra questo passo esiodeo e il precedente omerico.
- ^ Nota George M. A. Hanfmann, nell'Oxford Classica Dictionary (Oxford University Press, 1970, in italiano Dizionario delle antichità classiche Cinisello Balsamo, Paoline, 1995, pag. 849) come molti studiosi ritengano che in realtà Eros non si limiti ad accompagnare Afrodite, ma può accompagnare qualsivoglia altra divinità quando ciò concerne episodi di amore.
- ^ "Desiderio ardente" (Ἵμερος, Himeros). Nota lo scoliaste che mentre Eros nasce dalla vista, Himeros nasce dal sentimento di brama (epythimeìn) dopo aver visto.
- ^ Il mito di Narciso e l’interpretazione di Plotino in L’Immagine riflessa, Anno X, 2001, n. 1, pag. 12
- ^ Qui intesa come quella vasta area a Nord-Ovest del Dyplon circondata a partire dal VI secolo a.C. dal Muro di Ipparco.
- ^ Aten.,13, 609d, da Clitodemo attidografo così riporta«Carmo fu amante di Ippia e fu il primo a innalzare la statua di Eros all'Accademia. L'iscrizione dice: "Eros dai varii inganni, a te quest'altare eresse/Carmo presso gli ombrosi confini del ginnasio». Cfr. Salvatore Rizzo. Op.cit. pag. 432.