Carissimo mio figlio
selettivo Alfredo,
è da molto che ho il
dovere di scriverti ma stavolta non ne avevo voglia. E sai perché? Mi sei
sembrato una sorta di figliol prodigo risorto, risorto alla vita alla speranza
alla positività alla serenità alle cose del mondo. Mi sei sembrato come uno che
avesse dissolto forse oniricamente le sbarre del tuo ferocissimo carcere
ostativo.
Ho avuto paura che ti
potessi far tornare nella disperata cajenna delle nostre dissolventi scritture.
Insomma avevo paura di
svegliarti come una genitrice quando il suo bambino malato si addormenta finalmente
dopo tanto piangere e lo lascia dormire per ore. Non se la sente di svegliarlo.
Quindi ora sarò breve,
brevissimo. Spero che quella frenesia esistenziale che mi è sembrata di cogliere
puranco nell’asettico tuo ormai esperto dattilografare, riesploda ancora più
forte finalmente giuliva.
Attendo altre notizie,
allegre, vitali, teatrali,
esibizionistiche, collaborative. Lo Stato poi non è così spietato e disumano
come qualche volta tra quegli umidi androni di Opera fondatamente vi appare.
Notizie belle sino a quella che attendo da tanto: la fine almeno di questa tua
assurda OSTATIVITA’ perenne, fine pena mai.
Ciao
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