martedì 16 febbraio 2016


Carissimo mio figlio selettivo Alfredo,

è da molto che ho il dovere di scriverti ma stavolta non ne avevo voglia. E sai perché? Mi sei sembrato una sorta di figliol prodigo risorto, risorto alla vita alla speranza alla positività alla serenità alle cose del mondo. Mi sei sembrato come uno che avesse dissolto forse oniricamente le sbarre del tuo ferocissimo carcere ostativo.

Ho avuto paura che ti potessi far tornare nella disperata cajenna delle  nostre dissolventi scritture.

 

Insomma avevo paura di svegliarti come una genitrice quando il suo bambino malato si addormenta finalmente dopo tanto piangere e lo lascia dormire per ore. Non se la sente di svegliarlo.

 

Quindi ora sarò breve, brevissimo. Spero che quella frenesia esistenziale che mi è sembrata di cogliere puranco nell’asettico tuo ormai esperto dattilografare, riesploda ancora più forte finalmente giuliva.

 

Attendo altre notizie, allegre, vitali,  teatrali, esibizionistiche, collaborative. Lo Stato poi non è così spietato e disumano come qualche volta tra quegli umidi androni di Opera fondatamente vi appare. Notizie belle sino a quella che attendo da tanto: la fine almeno di questa tua assurda OSTATIVITA’ perenne, fine pena mai.

Ciao

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