Il notaio Angelo Maria Cavallaro
Nella seconda metà del XVIII secolo si afferma una nuova grande famiglia a Racalmuto, i Cavallaro. Muore giovanissimo, ma in tempo per lasciare ampie tracce di sé Angelo Maria Cavallaro, notaio.
All’archivio di stato di Agrigento diversi tomi di atti notarili lo riguardano ed al contempo forniscono un quadro della vita paesana racalmutese, particolarmente suggestivo.
Era il 1767 e con bella calligrafia viene chiosato l’esordio del repertorio del Cavallaro. «Jesus Maria Joseph – abbiamo nell’intestazione – Nota minutarum mei D. Angeli Mariae Cavallaro Notarii Racalmuti, anni primae inditionis 1767 et 1768 Regnante Serenissimo Invictissimo et Potentissimo D.no Nostro Ferdinando, Dei gratia, inclito Siciliane, Hyerusalem Regi Infante Hispaniarum, Duce Parmae, Placentiae Castri etc. Magno Haereditario, Etruriae Principe etc.»
Il 12 novembre del 1767 don Francesco Vinci bussa alla porta del giovanissimo notaio; ha da redigere un atto con mastro Stefano Rizzo e, come dicevasi allora, “consorti”; oggetto una compravendita di tre mondelli ed una quarta di terre bonificate (vi sono venti alberi diversae speciei intus). Il podere è sito nello “stato” di Racalmuto, in contrada “Perdicis” (Pernici) vicino a certe terre di Calogero Barberi. Censi ve ne sono: tarì 1 e grana 17 annuali da corrispondere al feudatario, al conte di Racalmuto iure proprietatis. Il valore del cespite è di 5 onze e tarì uno, giusta la stima effettuata dall’estimatore mastro Giuseppe Maria Fusco.
Il notaio Cavallaro è diligente; raccoglie persino un certificato di buona fede redatto dall’arciprete del tempo don Strefano Campanella.
Il successivo giono 15 è la volta di un notabile ancora più in vista, il barone dr Nicolaus Antonius Grillo. Questa volta si tratta di un complesso inventario a titolo di eredità. Il de cuius è il quondam D. Nicolaus Tirone; gli eredi: D. Rosa Spinola e Tirone vedova di d. Stefano Tirone ed il figliolo di questa d. Nicolò Tirone. E’ il gota dell’epoca. Oggetto dell’eredità: «in primis, due muli uno maschio di pilo baio castano et l’altra femina di pilo bajo, che trovansi in società con Gaetano e Salvatore Pillasi; un baldoino pizzato, due maratarazzi di linazza, due coltre di lana sfiloccate, una allarama di Genova e l’altra alla stella; salmi quattro e tumuli dieci di frumento; salmi quattro di tomminia; salmi dodici di orzo; salme sette di fave; cinque stipe con duodeni botte di vino d’entro; sei vombari; uno zappollore; due zappolle; una cascia di legname segata; tre bisaccie longhe di lana; una pegnata di ramo; un palo di ferro; due piconi; un ferraiolo; una giammerosa; un cappello e finalmente dieci e nove resti di fico.»
Nello stesso giorno viene stilato un documento di grosso risalto per la storia feudale del paese. Actus gravaminis, viene denominato ed è redatto a richiesta ed a tutela di un gabellotto dell’epoca, don Gaspare Farrauto. «Io sottoscritto D. Gaspare Farrauto – possiamo tra l’altro leggere – offerisco alla gabella del mosto che si sta bandiando nella piazza di questa terra di Racalmuto con tutte le sue pertinenze, annessi e connessi, onze 150 da pagarsi cioè l’incirca medietà dopo che si termina la cima del mosto, che si dovrà fare in questa terra casa per casa, e l’altra incirca medietà all’ultimo di agosto venturo prima ind. 1768. Col patto che la cima del musto la devo fare io gabellato immediate, dopo che stipulerò il contratto di d.a gabella in depondenza casa per casa col patto che qualora a Dio piacendo verrà l’ora dell’esigenza che sarà al primo di luglio ventuto prossimo 1768, io infrascritto gabellato dovrò esigere la detta gabella secondo la cima che o hatto ora, servendomi del braccio baronale senza alcuna dipendenza. Col patto che la Sgrezia di questa mi deve difendere la sudetta gabella, ed io la cautelo colle chiuse di terre che ho in questo stato ed altre pleggerie. E mi sottoscrivo: D. Gaspare Farrauto.» Racalmuto, all’epoca, apparteneva all’ill.ma donna Raffaela Gaetani e Buglio, duchessa di Val Verde. Suo governatore risultava D. Antonio Grillo.
Un altro Farrauto, il sacerdote don Lorenzo, frattanto (21 novembre 1767) riusciva ad aggiudicarsi dal Principe di Pantelleria il vicivo feudo di Nadorello. Uno scambio di terre (appena un tumulo ed un mondello in contrada Pernice) avveniva tra Francesco Vinci e Stefano Lo Brutto. Si cercava di razionalizzare la proprietà terriera, molto frazionata. Così, don Francesco Pomo si accaparra da Maria Magno «modium unum et quartas tres terrarum cum duobus centum sexaginta sex vitibus vineae et 4 arboribus amigdalarum in c/da Mentae.» Il piccolissimo appezzamento di terra era gravato da un censo di tarì 1 e grana 10, spettante, iure propietatis, al venerabile Convento di S. Maria del Monte Carmelo. Antonino Fucà ne fu il pubblico estimatore del valore in linea capitale (3 once, tarì 6 e grana 10).
Gli eredi del quondam Giuseppe Martorana e Salvo Sentinella hanno bisogno del notaio, il 29 novembre 1767, per una divisione di asse ereditario. Calogero d’Ippolita dismette delle terre (due tumoli) in contrada Lago, in faroe di D. Francesco Vinci. Il 5 del successivo mese di dicembre, mastro Calogero Romano acquista da Maria Rao e Russo «domum et catodium cum antro parvo intus, contigua et collateralia existentia in hac predicta terra et quarterio della Lavanca, quibus cohesent domus ipsius de Romano, domus Calogeri Avarelli, domus Philippi Rizzo et aliis.»
L’8 dicembre 1767, Antonino Tornabene viene messo a bottega presso il ciabattino (cerdo) mastro Pietro Picone. Se ne redige atto pubblico in questi termini: viene affidato a «magistro Petro Picone cerdoni [perché usufruisca dell’] opera et servitia personalia» il minorenne Antonino Tornabene di soli quindici anni. Il ragazzo «adiuverit artem cerdonis et hoc pro annis 4 ab hodie numerandum … et hoc pro mercede granorum quorum singulis diebus tam festis quam pro festis pro primo anno; pro secondo granorum trium, pro terbio granorum quatuor; pro quarto tandem granorum quinque.» Il Tornabene è però svincolato da ogni rapporto per i mesi di luglio ed agosto: ovviamente dovrà seguire i suoi nella “campagnata”.
I La Matina, gente facoltosa, ha problemi di divisione di terre facenti parte dell’asse ereditario del quondam Francesco La Matina. Si tratta, fra l’altro, di «tumuli septem et modium unum terrarum cum quibusdam terris rampantibus in eis inclusis in c/da S. Martae.» Vi insiste un censo di 23 tarì e 9 grana. Nella parte scoscesa «fuit constructm calcatorium sive palmentum». Era l’ultimo atto del 1767 cui si accingeva il notaio Angelo Maria Cavallaro.
Il 1768 si apriva con un atto dotale che val la pena di riportare per lo spaccato che vi traspare. Filippa La Licata si fidanza con Vincenzo Schillaci ed ecco il “piazzo” della futura sposa:
«Item bona mobilia scilicet un matazarro ed un sacco di letto novo, un paro di linzoli grossi novi, un lenzuolo sottile ingroppato novo, una culta bianca usata, un vantiletto usato ingroppato, un spongiatore ingroppato novo, due para di piomazzi, cioè un paro usati ed un paro novi, due para di piumazzelli novi, due para d’ imbesti di facciletti ingroppati novi, un padiglione usato ingroppato, una cascia usata, tre tovagli di faccia novi, una culta di lana e filato novi, un paro di cervelli d’oro prezzo ventiquattro tarì, quali si trova all’orecchi sud.a sposa, un chippone in tocco di lilla, un manto di scotto novo, una falcetta per la messa in tocco di canni due di saja, tre camicie di donna novi, tre bocciatori cioè due di filodente, ed uno d’Olanda ingroppato novi, un spito ed una candela di ferro e finalmente la zita vestuta per la casa, come si trova.» Deliziosa quella «zita vestuta per la casa, comu si trova».
Vi sono pure dei beni immobili, poca cosa, che comunque rendono un poco più giustificabile il ricorso al notaio per una dote che oggi neppure verrebbe presa in considerazione. Alla sposa va «medietas vineae cum terris uti vulgare dicitur “lavorativi” … in contrada Perdicis, [nonché] domus terranea in quarterio Ss. Crucifixi pauperum apud domum Filippi d’Ippolita, domum d.i Ignatii dotantis et alios ..»
Un «domunculum terraneum existentem in quarterio S.i Joseph» compra il 16 gennaio 1767 Calogero Taibi Corbo da Giuseppe Milazzo Sorcillo: i soprannomi – molti dei quali ancor oggi in uso – sono consuetudinari, come si vede.
In contrada Noce - anche all’epoca, prestigiosa – Francesco Scimé riesce a farsi vendere dal notabile d. Francesco Pomo «tumulos sex et quartas duas terrarum cum quinque millibus rt bis centum vitibus vineae et erboribus diversae speciei in contrada Nucis.» L’atto, schematicamente, precisa: «omnes vero summae harum terrarum de lordo ascendunt ad dictas uncias septuaginta novem et tarinos sexdecim.»
Dove e come abbia potuto il popolano Francesco Scimé raggranellare quella enorme cifra, non sappiamo. Da lì, una nuova famiglia assurge a vette di rispetto nell’angusta società racalmutese: nell’Ottocento e nel Novecento gli Scimé sono di varia levatura economica. Un filone, però, svetta, e domina sino ai nostri giorni.
Seguiamo, ora, quest’altro atto dotale: Nicoletta Bufalino fa promessa matrimoniale a Francesco Salvo. Il suo “piazzo” annovera:
«item due matarazzi nuovi pieni di resca, tre para di piomazzi, tre para di faccioli, due para di lenzuoli grossi, una cultra rossa alla gioia, un giraletto rosso, un cortinaggio novo alla gangitana, una cultra con un giraletto tessuti all’onda sfiloccati, un paio di lenzuoli sottili, un paro di piomazzi con suoi faccioli sottili inguarnazionati, sei tovagli di faccia sottili, canni quattro di tovagli grossi, un sponziatore sottile con guarnigizione, un manto, due falcette, una di giambollottino nero, ed una altra rossa nova, un panno novo, quattro gipponi, cioè uno di perpetecello azzolo, uno di pepeticello verde, uno di benforte, ed un altro di spinno, cinque veli cioè tre di filindente, e due d’Olanda, una cassa nova alla genovesa, e finalmente la zita vestita come si trova.» Oltre alla “robba” alla sposa spettano 4 tumoli di terra con 700 viti ed alberi, siti nel feudo di Gibillini.
Don Francesco Vinci riesce a fare una permuta di terre con Paolo Salemi. Antonino Scimé può permettersi di comprare da Filippo Castiglione solo «modium unum terrarum cum biscentum quadraginta tribus vitibus vineae et arboribus fici in c/da Fanarae.»
Un contratto dotale avviene tra Rosalia Franco e mastro Carmelo Napoli. Rosalia Franco viene data in isposa a soli 14 anni. La fidanzatina si distingue per un anello d’oro, un paio di circelli d’oro ed una collana d’ambra. E’ il 30 gennaio 1768.
Il successivo 9 febbraio Ciro Rizzo compra da Lorenza Galifa una casa a S. Giuliano per il prezzo di onze 4.13.14. Giovanni Carbone acquista da Giovanni Capitano e consorti un mondello di terra ed una quarta. Francesco Lauricella da Lorenzo Salvo una casa; Giovanni Tirone da Francesco Lo Brutto e consorti, tre mondelli di terra a Rocca Russa; Francesco Marsala di Grotte scende a Racalmuto per un contratto con Mario d’Arnone.
Siamo a fine marzo del 1768: Anna Tulumello pensa all’anima sua e dona alla Cappella di S. Maria del Suffragio «intus matricem» un tumulo di terra da estrapolare dai 5 che possiede alla Menta. In cambio, i responsabili della Venerabile Cappella debbono «celebrare facere missam solemnem cum interventu et assistentia totius cleri et semel capere duas bullas.»
In quel marzo qualche strana tassa sulle professioni dovettero inventare i Borboni: ecco che Don Francesco Savatteri «nolle amplius exercere officium aromatarii». L’avrà fatto dopo abusivamente.
Salvatore Piccione compra da Giuseppe Milazzo una casa sita a S. Nicola per il prezzo di onze 10.16.10; Filippo d’Ippolita la compra per onze 5.4.0 da Luciano Morreale Campanella: è casa però diruta ed è posta in quartiere ut dicitur della Rocca della za Betta.
Don Calogero Tirone ottiene da Rosa Spinola e consorti domus terranea existens in S. Maria Montis. Filippo Rizzo compra da Calogero La Mendola e consorti tumoli 1 et quarte 2 con 800 viti e 2 alberi di pero in Gibillini, contrada di Gargilata «apud terras dicti d. Rizzo, terras Calogeri Palermo, terras Batoli Scimé. Dette terre sono soggette a onze 3 «singula salma iure proprietatis debitis Ill.° Baroni d. feudi Gibillinorum». Il prezzo: onze 5.5.
«Calogero La Mendola e Venera Diana, marito e moglie, campano poveri», attesta l’arciprete D. Stefano Campanella; sono quindi facoltizzati a vendere quel po’ di beni immobili che possiedono a titolo dotale.
Data all’11 aprile 1768 «testamentum Christophalae Baeri, uxor Raimondi Borsellino». Angelo Tulumello compra terre da d. Gioacchino Lo Brutto per l’esorbitante cifra di onze 7. E giungiamo al 22 di aprile del 1768 quando un antenato di Leonardo Sciascia spitula un contratto societario di grosso momento. Si tratta del padre del «nonno del nonno» dello scrittore, che non solo non viveva, come vorrebbe il celeberrimo pro nipote, a Bompensiere, ma operava come conciatore di pelli nelle nostre lande. L’atto descrive la singolare societas tra mastro Giuseppe Alfano e mastro Carmelo Bellavia che conferivano «uncias quadraginta unam et tarenos decem et octo» per comprare 24 cuoi di bue e lavorarli, «in pretio vigenti quatuor coriorum bovum.» Da una parte affiancava mastro Giuseppe Alfano mastro Pietro Picone, dall’altra era proprio mastro Leonardo Sciascia che si associava a mastro Bellavia. Su tale Leonardo Sciascia troviamo in matrice questi dati:
1754; 7.1.1754; SCIASCIA LEONARDO M.°, di m.° Giovanni ed Anna Scibetta; sposa ALFANO INNOCENZA di m.° Bartolomeo e Caterina olim fugati. - Matrimoni 1751-1763 - 67 – Nota: d. Albertus Avarello -- Cl. Mario Borsellino e Cl. Giuseppe Lipari, testi; furono benedetti da d. Giuseppe Pirrera.
Il secolo dei lumi si chiude tristemente per Racalmuto: necessita il paese dei vessatori mutui della locale Comunia della Matrice – cui con sussiego accondiscende il famigerato vescovo Ramirez – onde i presoti all’Annona racalmutese riescano ad approvvigionarsi delle più urgenti vettovaglie.
XAVERIUS
Rever. Archipresbitero et deputatis ...terrae Racalmuti, Salutem..
Ci rappresentano codesti Giurati, Proconservatori, e Sindaco le gravi pressanti urgenze, che si sperimentano in codesta Popolazione, a segno che si teme molto della furia della Popolo perché pressato dalla fame, e dalla miseria. Onde sono in penziero di occorrere quanto si può con mutui, eccedono, e chiedono che per conto di Codesta matrice Chiesa vi sia nella Cassa una certa somma, che la reputano sufficiente ad impiegarla nelle presenti istanze, bastevole a soccorrere la indigenza comune. Noi dunque avendo in considerazione l'espressati sentimenti del Magistrato, e volendo per quanto ci sarà permesso anche aiutare codesto Publico, venghiamo colle presenti ad eccitare la vostra carità , il vostro zelo ed il vostro patrimonio acché concorriate per quanto si può a sollevarlo nelle urgenti angustie e miserie. Essendovi dunque nella Cassa la indicata somma, qualora si appronta una sufficiente bastevole fideiussione di restituirla nell'imminente Agosto e riposta in Cassa, potrete apprestarla a beneficio comune per distribuirsi in mutuo secondo le intenzioni del Magistrato. Nostro Signore vi assista. Datum Agrigenti die 23 februarii 1799. = Canonicus Thesaurarius Caracciolo Vicarius Generalis = Canonicus Trapani Cancell.
REGISTRO ANNO1802-1803
RACALMUTO N. 369
Licenzia pro monal. Sr. Grazia Scibetta die 30 julii 1802..
Legato di Antonino Morreale
Rev. mo Archipresbitero terre Racalmuti salutem.
Ci è stata presentata la dispenza del matrimonio sciolto della R.M. cum .. in favor di Giuseppe Schillaci vedovo e Giuseppa Taverna ... vogliate sopra li medesimi ricevere testimoni degni di fed, esaminandoli bene sopra la causa della scienza, facendogli nominare li nomi et cognomi delle persone che che formarono li gradi della parintela e di quello possiedono di stabile, gli oneri che annualmente pagano e che gli resta di limpito, nonche ancora il mobile prezioso oro, argento, ... frumento, legumi, vino, ed animali il prezzo delli medesimi, formandone anche voi di tutto ciò una fede giurata. Fratanto viceversa il giuramento separato di ambi li sposi, che colla buona fede, senza che avessero saputo che fra loro vi era canonico impedimento contrassero sponzali, conversarono assieme, e per tale conversazione ne nacque sospetto di avere avuto fra loro copula carnale benche falsa. Imporrete alli medesimi 1- infrascritta penitenza cioè di farlo stari in ginocchio innanzi la porta di cod.sta Chiesa madre con corona di spine e fune al collo per tutto il tempo che durerà la messa cantata, e questa finita l'assolverete dalla cenzura giusta la forma del Rituale Romano; imponendo alli medesimi di farli adempire 1 - infrascritta penitenza salutare cioè di fare n.o 4 digiuni comuni, e nelli giorni di digiuno recitare dieci poste di SS.mo Rosario innanzi il Divinissimo.
Terminata la quanto di noi di sopra vi abbiamo ordinato, ci rimetterete la vostra fede, una colla copia dei testimoni ...
Xaverius ..
Rev. Vic. For. Terre Racalmuti salutem - Ritrovasi in questi carceri vescovili l'accolito Don Salvatore Alfano di codesta. Perciò in vigor delle presenti vi ordiniamo di far sapere a codesti Giurati l'obbligo, che hanno di contribuire al amntenimento del sopra detto Chierico a tenor delle circolari su tal vincolo, mentre resterà nelle carceri curerete di farvi passare a mano il denaro corrispondente, e farlo arrivare a noi, per impiegarlo in alimento del sud.to ch. carcerato . Tanto eseguirete con darcene conto .. Datum Agrigenti 9 9bris 1802. Car. Vicari P. Vic. Generl. = Can. Trapani Cancell..
Agrigenti die 12 Novembre 1802
E.F. litterae Dispensationis Matrimoni a Trib. R.M. et C.l. in favorem Josephi Schillaci et Joseph Taverna Racalmuti super impedimento secundi in lin. Consanguinitatis in formam solitam.
Xaverius
Ven. Vic. for. Terrae racalmuti salutem - Il Sac. Don Marco Borzellino va in debito in onze 63.4 alla Ven.le Cappella del SS. Sacramento, e per pagarli implora una larga dilazione corrisponedente alle di lui forze; proponendo anche nella sua sipplica, volerne compensare in prezzo di case assignandone alla d.a Cappella onze 30. Non potendosi questi assegnare per essere le chiese proibite di nuovi acquisti, incaricandoci delle circostanze, incarichiamo di fargli accordare da chi si appartiene una dilazione proporzionata...
Nos d. Joseph Vicari P.V.G.
Dilecto nobis in Xristo filio Sac.ti don Josepho Tulumello Terrae Racalmuti salutem = Ex quo per Rev. Archipresbiterum Racalmuti D.n Gaetanum Mantione luguntur sacri Canones in hoc Collegio SS: Augustini et Thomae absens ea propter a sua residentia et Te de Tulumello inOeconomum Parochialis Eccles. seu administratorem elegit, idcirco Nos huiusmodi .. rerum Oeconumum et admnistratorem illius Parochiali Ecclesiam durante absentia, imo et electionem .. confirmamus et approbamus , monentes Te, ut Oeconomi partes fideliter et dilingenterque excerceas, ac quae sunt sui munera, omnino adimpleas. In quorum omnium. Dat. Agrigenti die 14 dicembris 1802. Can Vicari P.V.G. . Can Trapane Canc.
Xaverius
Per clericum d. Salvatorem Alfano terrae Racalmuti non nulla delicta fuerunt patrata in eadem terra ..
Atto provisionale di Assessore in favor del d. Francisci Farrauto.
Francisci Farrauto terrae Racalmuti, tenore presentis ... (eum) elegimus et nominamus ac electum et nominatum volumus in Assessorem Curiae Foraneae eiusdem Terrae in ha causa criminali tantum contra clericum Salvatorem alfano una cum Vicario foraneo, et cum omnibus illis emolumentis, honoribus quoque et oneribus cum munus predicti Assesoris debite spectantibus et competentibus. 15/12/1802.
Xaverius
Rev. Oeconomo Matricis Eccl. Terrae Racalmuti salutem
Sottemetteste con una supplica : il tetto della chiesa esser così rovinoso, che minaccia pericolo di tutta la fabrica, esigge perciò un pronto, e celere riparo e non essendo in istato la maramma di contribuire la spesa necessaria, relatata pro once 21. 24 dal Capo M.ro Marammiere, domandaste che le Cappelle esistenti in detta Matrice chiesa contribussero la necessaria spesa. (Si consente) die 22 dicembre 1802.
Il Sac. don Carmelo Troisi viene nominato sostituto del Viacrio foraneo il quale cum ob nonnullas causas se transferre debeat... durante absentia d.i Vic. For.
(altra dispensa matrimoniale come quella dello schillaci per )
Nicolò Pirrera ed Anna d'Asaro.... trovarono viceversa che li sposi non ebbero tra loro copula carnale, ma solamente traspariva della loro libidine... stare in ginocchio inanzi la porta maggiore della madrice chiesa con corona di spine e fune al collo e candela nelle mani in giorno di festa per tutto il tempo della messa cantata come pure 15 poste del SS.mo Rosario, in ginocchio per tre giorni nelli quali dovranno digiunare in pane ed acqua, ed allo sposo solo di visitare sette chiese con corona di spine e fune al collo, accompagnato da un vostro ... .. et quindi l'assolverete entrambi dalla censura giusta la forma del Rituale Romano
Xaverius
Rev.do Vic. For. terre Racalmuti salutdem - Possiede codesta Sacra Distribuzione osia la Venerabile Cappella d. S. M. del Suffragio dentro codesta madrice Chiesa due piccole case nel q.o della Rocca della Zabbetta, vicino le case di Michelangelo lo Sardo, e Francesco Ippolita, vacue, abandonate e quasi cadenti, entrambe apprezzate dal Capo M.tro M.tro Alessandro Picone per la somma di once 6.21. e non potendosi queste locare, o censirarsi ne tampoco dalla stessa Sacra Distribuzione ripararsi, voi in nome di cod. Deputati ci avere sommesso vendersi ed il capitale impiegarsi in favore della stessa Sacra Distribuzione...Si approva... 19 aprile 1803.
F. 378
Xaverius
Nos Dilecto Nobis in Xsto filio Rev. Sac. don Josepho Tulumello terrae Racalmuti salutem.
Nuper facta per rev. Don Cajetanum Mantione Archipresbiteus renunciatione, quam Exmus et Rev,mus Dominus Episcopus libenter admisit, acceptavitque ne inculae eiusdem terrae detrimentum aliquod patiantur in Sacrorum administratione, et ne Ecclesia rectore caveret, tenore presentis, et omni alio meliori modo, quo possumus, Te predictum de Tulumello, eligimus, nominamus, et creamus in Oeconomum predictae terrae facta tibi facultate sacra administrandi, et praecipue Penitentiae et matrimonii, cum potestate substimendi Sacerdotes. Tibi benevisum et nobis adprobatum pro assistentia Sacramenti Matrimonii, cum tu ex legitima causa absens, vel infirmitate impeditus fueris, ac caetera administrandi, quae ad parochi officium pertinent; idque cum omnibus honoribus, et oneribus, ac consueto salario. Presentibus valimus usque novam provisionem d.i Parochatus et ad novum beneplacitum. In quorum omnium.. dat. Agrigenti die 12 Maji 1803 Can. Vicari V.G. . Can. Trapani Cancell.
3 giugno 1803 f. 379 v