venerdì 24 marzo 2017

Una sfida vorrei lanciarla, a racalmutesi di ogni ceto, colti e miserelli, preti e sagristi, docenti e soccombenti: chi riesce a leggerem decriptare, storicizzare questio atto di morte della prima vittima del lavoro in miniera racalmutese? Mi dico e mi domando: ma alla Fondazione - acquisito gratis il mio archivio informatico - una scuola di paleografia locale (e vi darei il mio non spregevole apporto, ovvio sempre gratis) quale grande richiamo culturale e turistico avrebbe? Cosa vi osta? quale il costo? Niente di niente. D'ostacolòo solo l'avversione dei NOCINI sciasciani per la mia non prona figura di eretico. Quel signore che metteva in dubbio il possesso mio di archivi pregiati continua ancora nella sua proterva miscredenza?. Un cenno scusante non me lo merito? Dottor Calogero Taverna racalmutese verace.
Abbiamo visto che per Sciascia:"a ricordo dei vecchi, una disgrazia simile non era frequente nelle saline, nelle zolfare questi crolli spesso avvengono, raramente nelle saline". Eppure è toccato a noi smentire in quelache modo il grande Sciascia. Piluccando nell'archivio parrocchiale della Matrice avemmo mod di appurare che il primo morto in miniera finito negli annali paesani fu un salinaio all'inizio del Secolo dei Lumi.
Scrivemmo in testi di un qualche successo - Racalmi...to nei millenni e la Signoria Racalmutese dei Del Carretto- questa rievocazione::
Dopo quelle testimonianze (che pare riguardino un’attività che partendo dall'anno 180 d.C. si protrae sino al IV secolo d.C.) si fa un salto di oltre quindici secoli per avere notizie certe su una presenza mineraria racalmutese: risale all'inizio del Settecento una nota negli archivi parrocchiali della Matrice che ha attinenza con le miniere. Sotto la data del 22 ottobre 1706 il cappellano dell'epoca registra un infortunio sul lavoro: Giacomo Giangreco Cifirri, di 34 anni, sposato con la sig.a Nicola, periva sotto una valanga di salgemma, mentre scavava dentro una miniera di sale. Il giovane minatore veniva sepolto nella Matrice. «In fovea salinae, ob ruinam salis repentinam, defunctus est», è la malinconica annotazione in latino. Il Giangreco Cifirri moriva dunque nella caverna di una salina, per il repentino crollo di massi di sale.
Abbiamo visto che per Sciascia:"a ricordo dei vecchi, una disgrazia simile non era frequente nelle saline, nelle zolfare questi crolli spesso avvengono, raramente nelle saline". Eppure è toccato a noi smentire in quelache modo il grande Sciascia. Piluccando nell'archivio parrocchiale della Matrice avemmo mod di appurare che il primo morto in miniera finito negli annali paesani fu un salinaio all'inizio del Secolo dei Lumi.
Scrivemmo in testi di un qualche successo - Racalmi...to nei millenni e la Signoria Racalmutese dei Del Carretto- questa rievocazione::
Dopo quelle testimonianze (che pare riguardino un’attività che partendo dall'anno 180 d.C. si protrae sino al IV secolo d.C.) si fa un salto di oltre quindici secoli per avere notizie certe su una presenza mineraria racalmutese: risale all'inizio del Settecento una nota negli archivi parrocchiali della Matrice che ha attinenza con le miniere. Sotto la data del 22 ottobre 1706 il cappellano dell'epoca registra un infortunio sul lavoro: Giacomo Giangreco Cifirri, di 34 anni, sposato con la sig.a Nicola, periva sotto una valanga di salgemma, mentre scavava dentro una miniera di sale. Il giovane minatore veniva sepolto nella Matrice. «In fovea salinae, ob ruinam salis repentinam, defunctus est», è la malinconica annotazione in latino. Il Giangreco Cifirri moriva dunque nella caverna di una salina, per il repentino crollo di massi di sale.


 


A) Le chiese di Racalmuto nella ricognizione dei visitatori regi.


Sulle visite del De Ciocchis attorno agli anni Trenta del 'Settecento v'è ampia letteratura.


 


Mi diffondo sull’argomento perché indottovi da alcuni documenti trovati presso l’Archivio Centrale dello Stato di Roma sui poteri inquisitori della Monarchia della Sicilia sullo stato delle chiese. Basilare, in ordine al diritto ecclesiastico di Sicilia, appare la visita di Mons. De Ciocchis che si svolse tra il  4 maggio 1741 (data iniziale dell’incarico ricevuto da Carlo III a Portici) e il 27 giugno 1743. Il De Ciocchis fu un visitatore molto diligente, sino forse alla pignoleria. Le risultanze di quella visita devono trovarsi a Palermo, ma non posso escludere che in gran parte siano finite a Napoli, presso la corte borbonica. Molti suoi provvedimenti saranno stati raccolti in processi lasciati presso le varie curie vescovile. Mi pare che il prof. Manduca abbia trovato qualcosa ad Agrigento, tra i documenti dell’Archivio Vescovile. Ma è certo che, data l’importanza delle varie disposizioni del De Ciocchis - considerate valide sino all’unità d’Italia -, si è proceduto nel 1836 alla pubblicazione in due volumi del materiale di quel visitatore regio. Nel primo volume dedicato alla Valle di Mazara, alle pagine pp. 235-372, si parla della diocesi di Agrigento.  Là, di certo, v’è molto materiale sulle chiese di Racalmuto. Per le tue ricerche vi possono essere spunti preziosi. L’opera s’intitola: DE CIOCCHIS, GIOVANNI ANGELO: SACRAE REGIAE VISITATIONIS PER SICILIAM  ACTA DECRETAQUE OMNIA, Palermo 1836, Diari Letterarii .


L’opera è praticamente introvabile fuori della Sicilia. Riscontro in una pubblicazione specializzata “CLIO” che una copia trovasi presso la Biblioteca Universitaria di Messina. Ma qualche copia deve pure essere disponibile in Palermo. Guarda, dunque, un po' se puoi procurarti le fotocopie almeno delle pagine che riguardano Racalmuto.


Per le vicende di Santa Rosalia, andrebbero consultate le visite dei predecessori del De Ciocchis. Secondo quel che ne leggo in un importante libro del 1846 (GALLO AVV. ANDREA  CODICE ECCLESIASTICO SICOLO - PALERMO DALLA STAMPERIA CARINI - 1846 VOL. 1 E 2 - ) essi sarebbero:


- Pietro Pujades


«Si elegge un visitatore di tutte le Chiese di Sicilia, al quale si conferisce la potestà di far decreti relativi al culto divino.


L'imperatore Carlo V re di Sicilia - A Pietro Pujades Ab. del Monistero di Noara dell'Ordine di S. Bernardo. Bruxelles 22 dicembre  V Ind. 1516 apud Di Chiara de regio Sacram. Visit. per Sicil. jure; Mantis. monument. num. III, pag. 5».


- D. Nicolò Daneo


«Si elegge altro Visitatore di tutte le chiese regie di Val di Mazara e di Valdemone, con gli incarichi come sopra. M. Antonio Colonna Vicerè di Sicilia.


Nel nome del re  al rev. D. Nicolò Daneo ab. di s. Maria di Terrana, Palermo 19 maggio VII ind. 1579 apud cit. Di Chiara n. VI pag. 10 (pag. 135)


DIPLOMA CCXXI


... vi eligemo, deputamo, e nominamo visitatore, e commissario generale delle Prelazie, Abbatie, Commende, Priorati, ed altri beneficii del jus patronato regio, i quali siano fondati nelle Valli di Mazzara, e Demini, et anche etc. .. e delli loro membri, pertinentie, grancie, acciocché abbiate a provvedere ...


Datum Panormi die 19 Maii 7 ind. 1579»


 


- D. Lupo del Campo


«Si nomina un visitatore delle chiese di regio patronato, per la reintegrazione dei beni usurpati ed alienati in danno di dette chiese, al quale si conferiscono pieni poteri.


Filippo II re di Sicilia.


A Lupo del Campo. Madrid 24  febbraio 1588. apud. Cit. Di Chiara n. VII pag. 12.


DIPLOMA CCXXII


... tibi dicto Doctori D. Lupo del Campo commictimus, praecipimus, et mandamus etc. ....


Datum Matriti die 24 mensis februarii anno a nativitate Domini 1588 - YO EL REY».


 


 


Ma stando agli studi di Virgilio Titone (Origini della Questione Meridionale - Riveli e Platee del Regno di Sicilia - Milano 1961, pag. 56) abbiamo un elenco completo di codesti Visitatori Regii (ad eccezione invero di d. Lupo del Campo di cui sopra, anno 1588).


Il Titone a pag. 56 dice sul Puyades: «Le sacre visitazioni di cui abbiamo memoria, hanno inizio quasi nello stesso tempo dei riveli. La prima sembra essere stata quella di Pietro Puyades, abate di Nohara, negli anni 1511, 1514, 1516, e parecchie se ne ebbero nel corso di quel secolo.. Ma dal 1580 al 1743 se ne ricordano solo due, l’una fatta nel 1603, l’altra iniziata, ma non compiuta, nel 1683.»


Il Titone ci indica anche dove si trovano gli atti a Palermo.  Aggiungo, da parte mia,  solo che ho riscontrato nella “GUIDA GENERALE DEGLI ARCHIVI DI STATO ITALIANO” 1986 - N - R nella parte riguardante Palermo a pag. 303 la seguente voce che ci conduce agli atti di quelle visite: CONSERVATORIA di REGISTRO. Al suo interno, trovo: <VISITE ECCLESIASTICHE>. Queste ultime contengono sicuramente i documenti del Vento (1542, n. 1305-07); dell’Arnedo, anno 1552, nn.° 1308-10;  del Manriquez, anno 1576, n.° 1314-17; dell’Afflitto, anno 1579, nn.° 1310 e 1319; del Daneo, anno 1579, nn.° 2015-16; del Pozzo, anno 1580, nn.° 1326-29; dello Iordio, anno 1603, nn.° 1330-34; di Fortezza e Manriquez, anno 1683, nn.° 1337-39.


Il Titone non dà estremi d’archivio per il Puyades perché la sua visita è antecedente alla raccolta di Palermo che come si è visto parte dal 1542.


Per il De Ciocchis, il Titone -  non so perché - si limita a citare soltanto il libro del 1836 (quello per me introvabile qui a Roma).


 


 


b) la possibilità di reperire alcuni documenti su Diego La Matina


 


La vicenda di fra Diego La Matina sta diventando una mia ossessione; reputo la questione molto falsata da Leonardo Sciascia nel suo libro “Morte dell’Inquisitore” per preconcetto anticlericalismo.


Sciascia scrive: «Volentieri ci daremmo al diavolo con una polisa, se in cambio potessimo avere quel libro che fra Diego scrisse ”di sua mano con molti spropositi ereticali, ma senza discorso e pieno di mille ignoranze...”». (pag. 219 dell’edizione Laterza 1982)


Quel libro - semmai fu scritto - difficilmente si troverà. Bruciato da Caracciolo, forse, nel rogo del 27 giugno 1782 ([4])


Forse qualche accenno alle eresie - se mai queste vi siano state - poteva trovarsi in un manoscritto del Consultore del Santo Officio, il Matranga, tanto citato e tanto bistrattato da Leonardo Sciascia. Consultando il Mongitore della “Biblioteca Sicola”, la mia attenzione si è soffermata su questo passo: «Pre parata reliquit haec opera, quae in Bibliotheca S. Joseph Panormi servantur, nempè: «Fidei Acropagum, in quo propositiones innumerae quas ferrea nostra aetas, aut temerè vomit, aut callidè evulgandas protulit, subtilissime  examinantur, et nota theologica incrementur; plurimaeque reorum causae ad Tribunal  S. Inquisitionis spectantes referentur; Criminum qualitas, et circumstantiae expendentur, deque iis judicium fertur». [vedi  Biblioteca op. cit.  pag. 281 - ove Girolamo Matranga viene segnato come palermitano chierico regolare, nato nel 1605, che prese l’abito il 25.3.1620. Fu per 40 anni consultore del S. Ufficio, censore oculatissimo. Esaminatore sinodale dell’arcivescovado di Palermo. Conosceva latino, greco ed ebraico. Morì in Palermo il 28 agosto 1679 all’età di 73 anni.]


 


Mi ero chiesto se in quel FIDEI ACROPAGUM fossero riportate anche le tesi che avrebbe sostenuto fra Diego La Matina  e quali contradeduzioni avesse addotto l’erudito Matranga. Sciascia, che ha fatto (e per quel che mi risulta, ha fatto fare) indagini sul nostro frate di Racalmuto,  non accenna a questa opera del Matranga. Resta da vedere che cosa intendeva il Mongitore riferendosi alla “Biblioteca di San Giuseppe di Palermo” ed eventualmente dove sono andati a finire i manoscritti che quest’ultima conteneva. In ogni caso bisognerebbe vedere che fine ha fatto il manoscritto del Matranga citato dal Mongitore.


 


In un primo momento, ho ritenuto che il tutto fosse reperibile nella Biblioteca di Palermo o nell’Archivio di Stato di Palermo. Per quest’ultimo, la consultazione della relativa Guida mi porta ad escludere manoscritti provenienti da quella Biblioteca di S. Giuseppe. Resta la Biblioteca del Comune. Investigazioni fatte qui a Roma in proposito, purtroppo mi sono tornate infruttuose.


 


Quanto a fra Diego La Matina, non è da escludere che nella sezione del “Tribunale del S. Ufficio” dell’Archivio di Palermo (vedi Ricevitoria ed anche Carceri 1604-1765, vol. 8 <pag. 315 della Guida generale citata>) possa ritrovarsi qualche cosa. (La pubblicistica su questa sezione dell’Archivio è, nelle mie conoscenze, limitata a Notizie Archivi di Stato NAS 1954 pp. 79-81 e Rassegna Archivi di Stato RAS 1971 pp. 677/689).


 


 


Le date su cui concentrare l’attenzione potrebbero essere queste:


 


- 1644 fra Diego la Matina commette un reato che ricade sotto la giustizia ordinaria, ma viene rimesso al Sant’Uffizio (Sciascia op. cit. pag. 195, ma dai Diari del D’Auria );


 


-  1645  “fra Diego è di nuovo davanti al sacro tribunale” (sempre Sciascia, pag. 199);


 


- 1646 - ritorna per la terza volta sotto il giudizio del Santo Officio che ne “volle punire l’ostinazione se non l’eresia” (Sciascia, pag. 200);


 


- 12 gennaio 1648 fra Diego «usci allo spettacolo la seconda volta assoluto, e tornò in galera» (Auria, citato da Sciascia ibidem);


 


- 7 agosto 1649 «sedusse alcuni forzati di galera» (ibidem. pag. 201);


 


- 1650 «uscì per la terza volta allo spettacolo ... condannato e recluso murato  in perpetuo in una stanza» (ibidem);


 


- 1656 «Dallo Steri fra Diego evase nel 1656: aprì con meraviglia di chi vide il loco, ed il fatto udì, delle segrete Carceri fortissimo muro (Matranga) e fuggì con il laccio della tortura, quale trovò in certo luogo (Auria)» Sciascia, pag. 202);


 


 


4 aprile 1657 - «Si seppellì - annota Auria (Sciascia, pag. 176) - ...D. Giovanni Lopez Cisneros, inquisitore [morto per le molte percosse dategli da] fra Diego La Matina della terra di Ragalmuto, dell’ordine della Riforma di s. Agostino, detti li padri della Madonna della Rocca..»;


 


- 2 marzo 1658 Matteo Perino annuncia per il 17 marzo 1658 lo Spettacolo Generale di Fede, nel piano della Madre Chiesa (Sciascia, pag. 208);


 


- 17 marzo 1658 - Si abbandona «fra Diego al suo destino infernale ... (bruciato vivo sopra un)  mucchio di legna, nel piano di S. Erasmo» (Sciascia, pag. 212).


 


 


c) la questione dei “maragmeri”.


 


Il Titone scrive (op. cit. pag. 58 nota 8): «Maramma val quanto fabbrica: masse e maramme si chiamano quindi le amministrazioni delle rendite destinate al mantenimento e restauri dei sacri edifizi». Il termine “maramma” è dialettale, ma risale a data antica (lo ritrovo in un diploma del 15 luglio 1489). E’ termine giuridico, tant’è che trovo un intero titolo del Codice Ecclesiastico Sicolo di Andrea Gallo (libro III, pag. 121 e segg.) dedicato appunto alle maramme. Stando ad alcune disposizioni del De Ciocchis, emergono la seguente terminologia e le seguenti locuzioni:


« XIV. Della riparazione delle chiese, delle Maramme e degli spogli dei prelati.»; « introitus Maragmatis»; «reditus Maragmatis  administrantur antiquitus per duos Maragmerios qui a rege tamquam Ecclesiae Patrono eligebantur»; «.. hi duo Maragmerii non ecclesiastici a solo Senatu [eletti]»;  «Caeterum quod expensiones, quietantiae, mandata syngraphe de recepto, ac omnes quicumque actus, ab utroque simul Maragmerio fiant sub poena nullitatis»;  «capsa depositi Maragmatis, servetur in thesauro Ecclesiae»


Ferdinando II di Castiglia Re di Sicilia e per lui Ferdinando di Acugna Vicerè di Sicilia sancisce che «niuno officiale marammiere che ha incarico della costruzione di una Chiesa, vi possa apporre, dipingere o scolpire le sue armi gentilizie.» [ Palermo 15 luglio 1489. Prag, Regni Siciliae Tom. II. tit. 42. pragm. Unica pag. 404].


 


Da quanto sopra mi pare che emerga che il “marammeri” o “marammiere” (alla latina “maragmeri”) più che un tecnico simile al nostro “geometra” era un amministratore (religioso, ma qualche volta laico) di istituzioni per la costruzione o la conservazione di edifici sacri (Fabbrica, massa , maramma, dice il Titone).


 




[1] ) PARTE II. libro I - DELLA SICILIA NOBILE [VILLA BIANCA] VENTIMIGLIA - TERRA BARONALE, pag. 74 e segg.
[2] ) Leonardo SCIASCIA Le parrocchie di Regalpetra - ed. Laterza 1982 Bari U.L., pag. 21.
[3] Leonardo SCIASCIA Le parrocchie di Regalpetra - ed. Laterza 1982 Bari U.L., pag. 19.
[4]) Trascrivo un’efficace pagina del Gallo che mi pare illuminante su quegli eventi della soppressione del Tribunale del Santo Officio:
« E la Sicilia tributa lodi di riconoscenza ad un Marchese Caracciolo, per la cui opera il nostro sovrano Ferdinando III, con suo Real Dispaccio, dato in Napoli il dì 16 marzo 1782, abolì ed estinse siffatto Tribunale. Era allora inquisitor supremo e generale Mr. Ventimiglia già vescovo di Catania e poi arcivescovo in partibus di Nicomedia; quando a 12 marzo 1782, giorno del pontefice s. Gregorio, il Consultor del Governo Saverio Simonetti si portò al Palazzo del S. Officio, una volta chiamato Palazzo Steri che significa domum cospicuam (Amico Lex. Topograph. t.I p. II, pag. 372) oggi de' Tribunali, e sigillò l'Archivio. Nel dì 27 dello stesso Marzo, mattina del Mercoledì Santo, il Vicerè Marchese Caracciolo si recò a quel Palazzo; entrò nella sala del Segreto, in cui trovavansi riuniti lo Arcivescovo di Palermo, il giudice della Monarchia, il Consultore ed il Segretario del Governo, tutto il Sacro Consiglio, il Pretore ed il Capitano della Città. Preso ciascuno il suo posto, dal segretario del Governo fu letto il Diploma dell'abolizione. Dopo tale lettura il Vicerè entrò nell'Archivio Segreto stato sigillato nel giorno 12 dal Consultor Simonetti, ed indi nelle carceri segrete, dando libertà a que' meschini che vi si ritrovavano rinchiusi.
Nell'anno appresso, a 27 giugno, nel giardino dell'alcaide barone Zappino, per ordine sovrano fu in presenza dello stesso Vicerè dato principio all'abbruciamento di tutto l'archivio segreto, che durò per due giorni sino a mezzodì, vigilia dei SS. apostoli Pietro e Paolo, fintantochè col fuoco fu consumata ogni minima memoria del S. Officio, comprese le mitre, abiti gialli, ritratti d'inquisiti, e qualunque altra minuzia appartenente all'inquisizione: che anzi, per togliere qualsivoglia vestigio e rimembranza del già abolito Tribunale, quel vicerè, la cui memoria ci sarà sempre grata, con suo biglietto dei 3 luglio 1782 ordinò, come fu infatti eseguito, che il Crocifisso, il quale trovavasi nella cappella della sala del segreto, si fosse trasportato nella chiesa sotterranea della real cappella di S. Pietro nel regio Palazzo: Ved. il Parroco Alessi Miscell. Sicilient. n. 485. MSS. che si conserva  nella Bibl. del Comune di Palermo .
98 ) Conc. Trid. sess. XXIII,....»


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Postato da Blogger su Contra Omnia Racalmuto il 2/25/2017 10:43:00 PM

il salinaro morto

Eugenio Napoleone Messana, già sindaco ribelle di Racalmuto, è pregevole nel ragguagliarci su pagine di storia minore di questo impetuoso e iimpietoso mio paese natio. Molto mi interessa l'arido elenco di tutti i caduti per infortuni sul lavoro nelle varie miniere a Nord-Ovest di questa bipolare terra sicana.
E.N. Messana mi informa che nel corso della mia lunga vita (sono nato nel 1934) ben 51 padri di famiglia, spesso noti per la loro 'giuria sono stati divorati nell'estrarre sale e zolfo.
Scrive nel 1956 Leonardo Sciascia: "La Piazza era intrisa di quella estrema luce che alla persone conferisce non si sa che lontana malinconia, come di una smarrita identità; le sole luci accese erano sul balcone dei fascisti, una fiamma di lampade tricolori, e sul palchetto dei comunisti; segno che i due partiti avrebbero tenuto comizi.
"In fondo al corso, davanti la chiesa della Matrice, vidi improvvisamente la folla aggrumarsi. Mi avvicinai. Si diceva di una mortale disgrazia avvenuta nella salina Fontanella, qualcuno aveva portato la notizia e ora la folla gli si stringeva ansiosa: di uomini bloccati dentro una frana, si diceva, uno morto, forse più d'uno, due morti, un morto e due feriti, niente si poteva dire se prima non si sbloccava la galleria. Erano notizie confuse, continuamente smentite e riconfermate. "Partirono i carabinieri, il segretario della Dc, i salinari che erano di riposo corsero per portare aiuto. Più tardi, si seppe che c'era stato un solo morto; improvvisamente era crollata una volta e lo aveva seppellito, per tirarlo fuori avevano sparato cartucce di dinamite, lo avevano trovato irrigidito nel gesto di chi dà il palo verso l'alto, la morte era stata immediata. A ricordo dei vecchi, una disgrazia simile non era frequente nelle saline, nelle zolfare questi crolli spesso avvengono, raramente nelle saline. Giorni prima un salinaro mi diceva che nella zolfara il crollo di una volta, o di una massa di materiale che dalle pareti si stacca , è annunciato, ma per una frazione di secondo, da un suono come di violenta scucitura o strappo, a qualcuno riesce di buttarsi di lato; ma nelle saline il pericolo è silenzioso, non mortale come nelle zolfare, di solito si staccano piccole pietre di sale, gli infortuni son cose di ogni giorno.
"L'indomani il salinaro morto ebbe un funerale con banda corone e autorità. Un signore mi diceva - i tempi son davvero cambiati, trent'anni addietro una simile morte non faceva impressione, come fosse morto un cane. Sì, qualcosa di meglio c'è, per i salinari; almeno da morti la loro condizione è migliore; da vivi non direi."

Che io abbia una stima sconfinata del dottor Silvano penso sia più che assodato; che Il dottor Silvano possa scivolare nei banali idola baconiani del momento mi impressiona.

Il vitalizio parlamentare compete a chi ha reso questa Italietta postfascista la SETTIMA potenza economica del mondo (merito anche della c.d. economia globale che incolti dileggiano senza saperne nulla).

Siamo quindi nell'evangelico canone del dar la giusta mercede agli operai alla stregua magari di clinici illustri ed a riparo degli scialacqui a pro' di drogati calciatori della squadra del cuore.

Il giorno in cui ci si rende conto che la pensione non è un diritto ma la si dovrebbe scontare intera con i premi pagati di tasca propria, forse non verrò assordato da imbecillità.

Che tanta povera gente non arrivi a fine mese, ecco un'altra frottola. I dati ISTAT dànno Racalmuto con un reddito annuo medio pro-capite al di sotto di mille euro; gli studiosi e ricercatori delle università toscane dicono invece che Racalmuto vanta un reddito medio pro.capite di 13.500 euro, più della Milano, capitale economica d'Italia.

Ovvio il 'nero' e l'evasione fiscale consentono tante ipocrite lagrime a prefiche senza idonea cervice.

Quanto al lavoro, tutti sperimentiamo che mancano i lavoratori non il lavoro. Certo i saprofiti di uno stato assistenziale fortunatamente comimciano a scemare.

Mi dilungo non certo per istruire il colto dottor Silvano ma per metterlo sull'avviso: mediti sulle imbecillità che i suoi vacui sodali gli vanno appiccicando facendo evapore il concerto lamentoso ma ammonitore del suo alato pensare e meditare.

Calogero Taverna

giovedì 23 marzo 2017

Che io abbia una stima sconfinata del dottor Silvano penso sia più che assodato; che Il dottor Silvano possa scivolare nei banali idola baconiani del momento mi impressiona.

Il vitalizio parlamentare compete a chi ha reso questa Italietta postfascista la SETTIMA potenza economica del mondo (merito anche della c.d. economia globale che incolti dileggiano senza saperne nulla).

Siamo quindi nell'evangelico canone del dar la giusta mercede agli operai alla stregua magari di clinici illustri ed a riparo degli scialacqui a pro' di drogati calciatori della squadra del cuore.

Il giorno in cui ci si rende conto che la pensione non è un diritto ma la si dovrebbe scontare intera con i premi pagati di tasca propria, forse non verrò assordato da imbecillità.

Che tanta povera gente non arrivi a fine mese, ecco un'altra frottola. I dati ISTAT dànno Racalmuto con un reddito annuo medio pro-capite al di sotto di mille euro; gli studiosi e ricercatori delle università toscane dicono invece che Racalmuto vanta un reddito medio pro.capite di 13.500 euro, più della Milano, capitale economica d'Italia.

Ovvio il 'nero' e l'evasione fiscale consentono tante ipocrite lagrime a prefiche senza idonea cervice.

Quanto al lavoro, tutti sperimentiamo che mancano i lavoratori non il lavoro. Certo i saprofiti di uno stato assistenziale fortunatamente comimciano a scemare.

Mi dilungo non certo per istruire il colto dottor Silvano ma per metterlo sull'avviso: mediti sulle imbecillità che i suoi vacui sodali gli vanno appiccicando facendo evapore il concerto lamentoso ma ammonitore del suo alato pensare e meditare.

Calogero Taverna
Novità sul fronte casetta
dal momento che il sig. Domenici Egidio ha intenzione di chiedere l'usucapione, mi sono rivolto ad un legale dal quale ho ricevuto consigli che con lettera prot. 19/2016 ho inviato al Comune di Pescorocchiano. Il Comune ci ha risposto dicendo in sintesi che il Comitato deve dimostrare al Comune che il Domenici non ha i requisiti per richiedere l'usucapione.
Non che questo rappresenti un problema ma purtroppo il consiglio non ci costa nulla il cartaceo si. Insomma ricorderete già una volta il Comune ha preteso dal Comitato, dimostrare che il Domenici non èra proprietario, ora ci chiede che dobbiamo dimostrare che non ha i requisiti per chiedere l'usucapione. Ma come funziona non dovrebbe il Comune chiedere a Domenici queste cose ?
Faremo anche questo, poi bisognerà attenderci chissà quali altre cose tireranno fuori dal cilindro. 
Intanto le voci si fanno sempre più numerose e certe, sembrerebbe che il nostro assessore Silvi tenga in scacco l'ing. Marina costretta ad intralciare il Comitato. Sembrerebbe che L'ass. Silvi sarà candidato a sindaco, alle prossime elezioni.

Per fortuna anche la Procura di Rieti si è fatta sentire e ha ancora l'esposto del sig. Egidio con gli atti del Comune che aveva chiesto al Comitato la demolizione della casetta. A questo proposito attraverso il nostro legale abbiamo inviato memorie difensive e chiesto di essere sentito dal magistrato. Ciò avverrà nel prossimo mese di gennaio e a questo punto penso che presenteremo tutte le letterine senza senso che abbiamo ricevute dall'ufficio tecnico e magari chiederemo anche risarcimento dei danni subiti e chi sbaglia paghi.
Intanto sul fronte amministrativo il Genio Civile di Rieti ha chiesto integrazione documenti che sono stati già inviati dal tecnico geom Michetti. (Presumiamo che anche lui si presti alle volontà politiche, ma non ne siamo sicuri).

Tanto vi si deve e attendiamo suggerimenti e consigli.
Benedetto Di Matteo

P.S. Nella lettera prot. 25 troverete varie inesattezze: L'acqua mancava da 3 mesi mezzo paese era transitato nell'ufficio tecnico, ma l'ing. marina non ne sapeva nulla. Tutti sanno chi ha cagionato la rottura del tubo ma lei non sa e probabilmente non vorrà sapere.
"Articolo 1- Movimento Democratico e Progressista Rieti"
Articolo 1 - Movimento Democratico e Progressista Rieti
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Lillo Taverna allora si apre questa sezione a Pescorocchiano e si presenta questa lista con il presente simbolo? Calogero Taverna

mercoledì 22 marzo 2017

la festa di la Beddra Matri di lu Munti (feste e farina specie ora senza forca e il popolo giubila)
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Cronaca

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Niente stipendi a Studio 98, giornalisti scioperano: solidarietà di Assostampa

Il sindacato dei cronisti interviene per esprimere vicinanza ai colleghi che, per cinque giorni, si asterranno dal lavoro
I componenti della segreteria dell'Assostampa

I giornalisti dell'emittente televisiva Studio 98 scioperano contro il mancato pagamento degli stipendi e lamentano due anni di arretrati "e nessuna prospettiva a breve termine per il recupero". Sulla vicenda interviene la segreteria provinciale dell'Assostampa che, con una nota, esprime la propria piena solidarietà alla redazione di Studio 98, nelle persone di Nicolò Giangreco, Sergio Rizzo e Massimo Mattina, che già da 5 giorni e fino al prossimo 25 marzo si asterranno dal lavoro come forma di protesta contro il mancato pagamento degli stipendi".
“E' tempo – aggiungono i componenti della segreteria Gero Tedesco, Gioacchino Schicchi e Dario Broccio – che al centro del dibattito pubblico venga riportata l'allarmante situazione in cui vive gran parte dell'informazione locale. Una crisi gravissima che ha già prodotto effetti nefasti sui livelli occupazionali, con importanti professionalità che oggi hanno perso il proprio posto di lavoro. Il caso di Studio 98 è purtroppo in tal senso solo l'ultimo, ma non ultimo, tassello”.

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