ARCHIVIO SEGRETO VATICANO - ASV -
richiesta di fotoriproduzione Roma 2 dicembre 1994 (Ricevute il 19/12/1994)
SACRA CONGREGAZIONE VESCOVI E REGOLARI -
Anno 1599 - pos. C-L (posizione G) - Fascicolo inserito.
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Ill.mi et Rev.mi Mons.ri oss.mi
L’Abbadessa e Moniche del Monasterio di Santa Maria del Soccorso detto l’Abbatiola dela Città di Girgento dicino alle ss. VV.Ill.me e Rev.me che detto Monasterio tiene buona quantità di rendite e ni spera maggiori tanto per dote assignata alle donne moniche quanto per raggione di successioni di heredità, sebe ha speso et spende molta quantità di denari e rendite di detto monasterio ed attribuendoli ad altre opere ad essi loro benviste. Supplicano le ss. VV.Ill.me e Rev.me voglino restare servite ordinare un decreto con qualche pena che tali prelati non voglino alienare nè movere dette rendite nè denari, ma quelli lasciarli spendere ed augumentare in aiuto della detta Casa e fabriche conforme al dovere ed intentione delle persone che l’hanno lasciate, che altrimente si facesse molti restarianodi portarci èiù entrade e lasciarli heredità ed essendo la domana giusta sperano dalle ss. VV.Ill.me e Rev.me ogni favore et ita sup.t
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All’Illmi e Rev.mi sig.ri oss.mi li s.ri Cardinali della sacra Congregatione sopra Regolari.
Giorgento
Per
L’Abbadessa e Moniche de S.ta Maria del Soccorso di Girgenti.
Che il Monasterio ha buona quantità di rendite, quali sono acquistati con le doti di dette monache, et altre lasciate per heredità. Acciò non siano diminuite dall’Ordinario pro tempore, supplicano per un decreto proibitivo che non ne possano porvi sopra la mano, nè impedirsi di dette entrate.
XXX Martii 1599 ...
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Ill.mi et Rev.mi Mons.ri oss.mi
La Priora e Moniche di Santa Maria delle Racomandate, detto la Batiella della città di Girgento, sotto la regola del terzo ordine di S. Francesco espongono alle ss. VV.Ill.me e Rev.me che se bene il Rev.mo Mons.r Don Diego d’Haedo all’hora Vescovo di detta Diocese, per sua devotione havesse fondato detto Monasterio acciò in quello potessero entrare e fare la professione tanto donne Vergini come Vedove, pirchè non siano state meretrici, nè di mala fama come nell’atto chiaramente si vede, e per tal causa all’hora veni entrassero quattro vedove e tutte le altre donne vergini; havendo per la esperienza conosciuto convenire più al servigio del Signore e buon stato di detto Monasterio che in quello non vi sia tal mescolanza, con la protettione delli Prelati hanno atteso à ricevere donne vergini e non più vedove talchè due solamente sono rimaste; E desiderando per l’advenire non possino essere astrette à ricevere tli vedove non convenendo allo stato loro tal mescolanza sicome il Rev.mo Vescovo e la città fan fede alle ss. VV.Ill.me e Rev.me humilmente le supplicano restino servite ordinare che detto Monasterio sia solamente di donne vergini e non altre del servigio di N.ro Sig.or Iddio che sarà maggiore quel luogo haverà più utile poichè vi entraranno persone facultose e nobili per monacarsi quali per tal dubio adesso non vi entrano, Ed essendo la domanda tanto giusta sperano dalle ss. VV.Ill.me e Rev.me ogni gratia per le cui Ill.me persone continuamente pregaranno et ita sup.
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Ill.mi e rev.mi SS.ri
In questa città di Giorgento vi è un monasterio di donne Monache del terzo ordine di Santo Francesco dotato e fondato per lo Rev.mo Don Diego d’Haedo all’hora vescovo di questa Città con clausola che in quello si dovesse ricevere donne vergini et vedove purchè siano state di bona vita e fama e non donne meretrici ad effetto di monacarsi. Nel quale si bene nel principio v’entrarono alcune donne vedove dall’hora in qua che sono anni undici in circa sempre in quello s’have atteso à ricevere donne vergini parendo più conveniente allo stato di religiose che non vi fosse tal mescolanza . Il che per gratia del Signore ha riuscito cossì havendo trovato io in detto Monasterio ogni buono odore di vere religiose, è buona edificatione delli popoli; poichè al presente in detto Monasterio vi sono dieci Vergini professi et dieci per monacarsi, e molte altre desiderano intrarvi per detto effetto e per dubio che l’indetto monasterio v’è tal libertà, si sono restati. Il che viene ad essere alcun danno al detto luogo desiderando esse conferma che questa Ill.ma Congregatione che detta Casa sia sola per donne Virgine, mi ha parso accompagnarle con questo facendo fede alle SS.VV.Ill.me che tal licenza se gli puotrà concedere restando però libertà del Prelato permettere che alcuna donna vidova honesta però per il grand’utile che tal monasterio potesse riceverci concedergli che in quello poss’intrare à far la professione. Del resto fo fine con pregare N.S. Dio per ogni contento et aumento di dignità delle SS.VV. Ill.me e Rev.me
Da Giorgento à 8 di febraro 1599
Ill.mi et rev.mi SS.
de le SS.VV.Ill.me et rev.me
prompitissime servitor
El Obspo de Girgento.
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Mons. don Didaco de Haedo Vescovo di questa Città di Girgente adesso Arcivescovo di Palermo già si fanno anni undici incirca fondò un Monasterio di donni in detta città di terzo ordine de San Francescoin una chiesa di Santa Maria. La recomandata ad effetto di ricevere in quello donne vergini per monacarse, ed anco vedove pur che fossero di buona vita et che non fossero state meretrici, siccome per atto di fondatione appare. Per il che, da principio con alcune donne vergini ci entrarono anco quattro donne de quali hoggi due che pervivono, et vedendosi l’incoveniente che di questo ni resoltava non stando bene tal mescolanza, sempre doppo in detto monasterio, ci hanno entrato donne donne vergini essendo in quello hoggi monache velatediece, et altre tante novitie con una servitrice ( quali sia sempre lodato il N.S.r ) hanno donato bono odore di zsantità di vita loro, con grandissima edificatione di tutta la nostra Città, per le molte virtù loro et esercitij che si fanno in quello, et parendo à noi per esperienza convenire essere solamente vergine in detto monasterio del quale tiene questa città protetione particolare come per atto di detto Rev.mo Monsignore appare, humilmente supplicamo le Ss.VV.Ill.me vogliano ordinare si facci un ordine che solamente in quello si ricevano donne vergini e non di altra sorte, il che sarà gran contento di tutta la nostra città ed utile del monasterio, essendo che molti temendo di entrarci per causa di tal mescolanza, resta il monasterio di augmentarsi di rendite, ed essendo la domanda giusta, e le SS.VV. Ill.me attendendo al maggior servigio di Idio e decoro di religiosi, sperano dalle Ill.me loro mani ogni favore restando prontissimi à quanto degniranno comandarci con pregar per ogni augmento di dignitàet contentodelli SS.ri VV. Ill.
Da Girgente del Regnio di Sicilia il dì V^ di febraro 1599
Ill.mi et Rev.mi Signori
Delli SS. VV. Ill.
prontissimi servi - Li giurati della città di Girgente
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All’Ill.mi e Rev. SS.ri Cardinalidella Sacra Congregatione sopra Regolari.
Giorgento
Che il Monasterio dell’Abbatiella
l’anno 1589 fù fondato dall’
Vescovo di quel tempo con questo
che si dovessero ricevere in esso
zitelle, et vidove, come fi fatto
et perché par che convenghi più
al servitio di Dio che siano tutti
zitelli
supplicano che si ordini che nell’
avvenire non si possino ricerversi
in detto Monasterio se non Vergini
Vi è lettera del Vescovo et Città
che fanno instanza per questo.
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Per
La Priora e Moniche de la Batiella de Girgento Die XXX martij 1599 Ad Signaturam S.m
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Ill.mi e rr.mi SS.ri Oss.mi
Il Vescovo di Girgento dice alla SS.VV.Ill.me che conforme all’ordine datoli dalla Sacra Congregatione per un atto giuridico è deputato il Decano di quella Cathedrale Dr. Geronimo Zanghi giudice delle cause e prosecutioni contro li Can.ci Don RamondoVitali e Don Francesco Navarra, come per l’incluse lettere responsali, le SS.VV.Ill.meresteranno servite vedere, acciò conischino la prontezza in eseguire gl’ordini di questa Sacra Congregatione alla quale per sempre sarà ubidientissimo.
E perché ha inteso che detti canonici hanno celebrato, et al presente celebrano, assistendo parimenti nel clero con grandissima meraviglia di quella città e scandalo, sapendo li delitti di quali son prosecuti, essere di grandissima qualità, e meritarsi ogni rigore di giustizia, e credesi non essere questa la mente delle Ss.VV.Ill,me perciò le supplica restino servite ordinare che durante la detta prosecutione si vogliano astenere, ed ordinare al Decano che constandoli giuridicamente essere veri li capi delle loro prosecutioni vogli provvedere à carceratione, affinché non solo si punischino li delitti, e si levino li scandali, ma gli altri temano di commettere simili enormità e delitti in opprobrio della sacerdotale dignità, ed honestà, che oltre di essere giustizia e servigio di Dio si riceverà per gratia e pregarà per le SS.VV.Ill.me Quas Deus ...
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Ill.mi et Rev.mi Monsignori et Patrone Oss.mi
A instanza di Don Raimundo Vitali et Don Francisco Navarra mi sono stati presenteti lettere di V.S. Ill.ma et rev.ma del tenro seguenti, v.l. Ill.mo et Molto Rev.do signore come fratello, Poichè monsignor vescovo di Mazara non ha voluto acceptare la comissione delle cause di don Francesco Navarra e don Raimondo Vitale sopra le imputatione et capi per i quali erano molestati nella corte di V.S. questi miei signori ill.mi della Sacra Congregatione hanno resoluto che lei debia in loco suo elegere et deputare il Decano di questa Cathedrale judice delle sudette cause al quale se ne scrive acciò accetti la comissione et diffinisca le sudette cause. Però non manchi V.S. di deputare subito detto Decano remossa ogni ecceptione et qualsivoglia scusa con actu juridico con tutta l’autorità che a lei medesma dipotere intendere, procedere, sententiare et exeguire come serà justo in tutte le sudette cause et loro annexi et connexi, emergenti et dependenti sensa intromettersi lei nè per se stessa nè per mezo di altra persona in esse volendo che in tutto e per tutto la jurisditione rest libera a lo detto signor Decano alle provisione del quale debiano tutti ministri di lei prontamente obedire et sinchè non siano spedite le sudette cause dal Decano, vogliono le ss.ie loro Ill.mi che per il recorso che esso don Francesco ha havuto in questa et per qualsivoglia causa lui nè li soi padre et madre siano molestati nel tribunale di V.S. Si è inteso che V.S. ha mandato novo visitatore per la diocese il quale imitando le vestigie degli altri maltratta il clero. Però V.S. lo facci soprasedere sino che al suo arrivo a Roma si dia altro ordine. Cossì la non macherà di fare exeguire subito. Il Signore per dine sia con lei.
Da Roma adi VI° settembre 1599.
Di V.S. ill.ma et molto Rev.da come fratello El Cardinale Ferensa All.
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All’Ill.i et Molto Rev.do sig. Come fratello Mons.r Vescovo di Girgenti. In sua absensa al Vicario episcopale che examina le quale lettere, essendosi hoggi stati presentati per il detto di Navarro, quelli subito foro da noi executi et per obedire come siamoobligati alli mandati di quotesta Santa Sede Apostolica fecimo l’acto iuridico in persona di detto Decano et quello ci habiamo presentato per exeguirlo come l’exeguirà justa la forma del comandamento che li ss.ri vv. ill.mi per l’inserite lettere ni hanno dato et cossì sempre, con prompta obedientia, si exesiguirà quanto comanderanno. Il visitatore già se ne retornò della visita per ordine di Mons.r Vescovo prima che lui si partisse di Palermo... Con che suplicamo sua divina majestà per la felicità di V.S. Ill.mi et Rev.mi
Di Girgenti il di XJ° 8bre 1599.
Ill.mi et Rev.mi ss.ri e Patroni oss.mi - di VV.SS. Ill.me et Rev.me - prontissimo servitore e continuo onoratore
El dottor don Antonio Perez.
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All’ill.mi ert Rev.mi ss.ri et Patroni Mei oss.mi Li ss.ri Cardinali della sacra Congreg.ne sopra Vescovi.
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Da conto di havere subbito esseguito
l’ordine della Congregatione nelle
cause delli Canonici Raimondo Vitale
et Navarra, con haverli deputato per suo
giudice il Decano di Giorgento.
Supplica per ordine al Decano che constandoli
delli delitti de quali sono stati processati,
proveda à carcerali acciò siano puniti, nè permetta
che celibrino, né tampoco assistino in choro
mentre dura la speditione delle cause loro,
dicendo che sia di scandalo alla Città.
provando la medesima lettera la
deputatione del giudice.
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All’Ill.mi e Rev.mi sig. Cardinali della sacra Congregatione sopra Vescovi - Giorgento
Decanus procedatur ut juris - Per il Vescovo di Girgento
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Beatissimo Padre
L’Episcopo di Girgente del Regno di Sicilia dice à V.B. che l’è, pervenuto à notitia che alcune persone maligne per calunniare la bona vita et amministration che l’ha fatto et fa esso supplicante per esse et per esse et sommisse persone persone hanno informato et fatto informare à V.B. et alla Sacra Congregation di Cardinali che esso exponente habbia fatto diversi eccessi in detto vescovado se ben l’esponente non sappia particolarmente le sinistre antepositioni che hanno fatto perché da conto suo ha la conscentia limpia et non può sapere respondere ne dar disciplina se fosse bisogno à quanto havessero anteposto contra esso nondimeno è, ben securo delle parti contrarie che ponno haver fatto tal sinistre machinationi per li menazzi che generalmente hanno fatto più volte fo voler con la lor potentia suppeditare all’exponente per respetto che hanno tentato di farsi exenti della giurisditione della Santa Ecclesia hanno procurato et procurano di tenere li prelati subditi per farci fare quello che li torna gusto contra la verità et la giustitia et come avvezzati à far quello che vonno senza obedire et reconoxere li ministri della Santa Chiesa non havendo potuto far questo con esso exponente procurano calunniarlo et levarselo d’innante perchè li pare che habbino molto di non poter più usurpare beni della giurisditione della Ecclesia come hanno fatto per il passato et perciò con la conrespondenza che tenno con quella mala gente di detta città di Girgente la quale hà sempre stato inimica di prelati et l’hà procurato maltrattare et calunniare et particolarmente con don Petro et don Gastone del Porto di detta città di Girgente che hanno usato tanto poco rispetto anzi con sfrenata audacia et temerità hanno provisto contra l’exponente et l’honore della Santa Ecclesia come appare per informatione, li quali volendo diffugere il condegno castigo s’hanno congiurato contra esso exponente et fra l’altri sono il Principe di Castelvetrano, la duchessa di Bivona, il Marchese di Giuliana, il Conte di Raxhalmuto, il conte di Vicari, il Baron di Rafadal, il Baron di San Bartolomeo Don Bartolomeo Tagliavia, diocesani di esso exponente, la magior parte delli quali son parenti concertati à calunniar l’exponente per causa che esso Principe di Castelvetrano volia che l’exponente condennasse indebitamente al Cler: don Calcerano Serravilla per usar contrafoco et per far desistere à detto di Serravilla che non domandasse come domandava innante il viceRè di detto Regno molti migliaia di scudi che il procuratore et agente generale del detto Principe Alfonso Posterla s’havia pigliato per forza et con violenza della casa di detto di serravilla del che ni pretende fin hoggi prosecutione come si vede per una lettera viceregia del viceRè di detto Regno et per altre scritture et recusando l’exponente di far aggravio à detto di Serravilla anzi non potendolo tener carcerato havendolo provisto conforme al dovere di detto di Posterla appellao per via di gravame alla corte metropolitana archivescovale di Palermo per la quale fù confirmata la provista fatta per la corte del exponente del che restao sdegnatissimo esso exponente et ancor perché esso exponente l’ha stato facendo vedere alcune scritture per tentare una lite contra esso Principe d’un fegho chiamato dello Muxaro che è, fegho del Ecclesia appartenente à detto vescovado et se lo tene occupato esso Principe et la detta duchessa di Bivona sta colerica et sdegnata contra esso exponente per haver processo contra don Pietro Cardona suo creato Capitanio della sua città di Bivona come inobediente dell’Ecclesia et della giurisditione ecclesiastica. Et il detto Marchese di Giuliana haveria voluto che esso exponente havesse sopportato che il Capitanio della sua terra di Chiusa habbia preso un clerico et straxxinatolo in terra con darci molti colpi et ferite, et dopo carceratolo senza che vi facesse resentimento esso exponente il quale non potendo soffrire che fosse strapazzata in questa manera la dignità dell’Ecclesia et persone ecclesiastiche ha processo contra esso Capitanio con disgusto di esso Marchese come ha processo anchora contra un delegato destinato per esso Marchese il quale per le sue giornate estorquio et come si prese li denari colti dell’elemosina nella confraternità di Santa Maria dell’Assuntione di detta terra di Chiusa, tanto più trovando esso exponente che altra volta detto Marchese, non curando delle censure ecclesiastiche ne del debito honore di ministri d’Iddio, fece prendere un prete et lo fece mettere sopra una bestia imbardata, attaccato con tanto vilipendio et dishonore, come consta per informationi prese alcuni anni sonno per li predecessori d’esso exponente.
Il detto Conte di Raxhalmuto per respetto che s’ha voluto occupare la spoglia del arciprete morto di detta sua terra facendoci far certi testamenti et atti fittitij, falsi et litigiosi, per levar la detta spoglia toccante à detta Ecclesia, per la qual causa, trovandosi esso Conte debitore di detto condam Arciprete per diverse partite et parti delli vassalli di esso Conte, per occuparseli esso conte, come se l’have occupato, et per non pagare ne lassr quello che si deve per conto di detta spoglia, usao tal termino che per la gran Corte di detto Regno fece destinare un delegato seculare sotto nome di persone sue confidenti per far privare ad esso exponente della possessione di detta spoglia, come in effetto ni lo fece privare, con intento di far mettere in condentione la giurisditione ecclesiastica con lo regitor di detto Regno. Et l’exponente processe con tanta pacientia che la medesme giustitia seculare conoscio haver fatto errore et comandao fosse restituta ad esso exponente la detta spoglia. Ma con tutto questo, esso Conte non ha voluto pagare quello che si deve et si tene molti migliara di scudi et molti animali toccanti à detta spoglia, non ostanti l’excommuniche, censure et monitorij promulgati per esso exponente et che detta spoglia tocca al exponente appare per fede che fanno li giurati, per consuetudine provata, et per le misme lettere della giustitia secolare che ordinao fosse restituta al exponente.
Et più esso Conte ha voluto et vole conoscere et haver giurisditione sopra li clerici che habitano in detta sua terra di Raxhalmuto et vole che stiano à sua devotione privi della libertà ecclesiastica, con poterli carcerare et mal trattare come ha fatto à Cler: Jacopo Vella che l’ha tenuto con tanto vituperio et dispregio dell’Ecclesia in una oscura fossa “in umbra mortis”, con ceppi, ferri et muffuli per spatio di doi anni et fin hoggi non ha voluto ne vole remetterlo al foro ecclesiastico. Anzi, perchè il vicario generale d’esso exponente impedio a don Geronimo Russo, genniro d’esso Conte et gubernatore di detta sua terra, che non dasse, come volia dare, certi tratti di corda à detto clerico et essendo stato bisognoso per tal causa procedere à monitorij et excommunica, il detto Conte fece tanto strepito appresso lo regitore di detto Regno che fece congregare il Consiglio per farlo deliberare che chiamasse ad esso exponente et al detto Vicario Generale et lo reprendesse, che è, stata la prima volta che in detto Regno si mettesse in difficultà la potestà delli prelati per la potentia di detto Conte.
Con lo quale di più esso exponente have liti civili per causa di detti beni ecclesiastici, per causa di detto archipretato.
Et di più don Cesare parente di detto Conte, per il suo favore, fece scappare dalle carceri à doi prosecuti dalla corte episcopale di Girgente, et perchè ni fù prosecuto, diventano innimici delli prelati.
Et il detto conte di Vicari have havuto et hà colera con esso exponente perchè li hà requesto che non castigasse al clerico Pietro Canzoneri prosecuto di nefando crimine per don Gio: Villaraut et perchè detto Conte và contrariando in ogn’attione al detto di Villaraut per respetto che esso di Villaraut habbia procurato d’assintare la pretensione del Cardinal Alexandrino, bona memoria, circa la terra et baronia di Prizzi et à mettere in chiaro che detta baronia e, delli beni dell’ecclesia non havendo voluto l’exponente far passare senza castigo à detto di Canzoneri, esso Conte di Vicari l’è, diventato innimico, et lo detto barone di Rafadale perché hà preteso et pretende lo jus patronatus della magior Cathedral Ecclesia et sederci esso barone et li soi figli, parenti et amici et detoo capitulo restare senza il suo conveniente et solito loco, havendosi deliberato usar forzo et con violenza cacciare detto capitulo da detto loco nell’ecclesia in tal manera che fù costretto il detto capitolo fare instantia che si ni dasse avviso al regitor di detto regno perchè non lassasse usare tal violentia, nè succedesse tumulto, et in questa maneraa ci raparao. Et con haver esso exponente processo benignamente et con submissione, per non far succedere rumori, vedendo al detto barone tanto indurato et congiurato con tutta la sua parentela, et vedendosi esso barone che non hà potuto haver detto loco, resta disperatissimo contra esso exponente in tal manera che quando non li hà possuto far altro hà subdutto l’officiali di detta città, et particolarmente il secreto et giurati del anno, che s’occupassero, come s’occuparo, la giurisditione che have havuto detto capitolo ab antiquo in una fera che si fà à San Giorlando, dalla quale ci ni cavano alcuni proventi per mantenere lo servitio del culto divino et si ni sustentano li preti che servino in detta ecclesia et fece far tanto rumore à detti secreto et giurati che li fece occorrere al regitore del detto regno à lamentarse d’esso exponente che difendia detta giurisditione.
Et come che s’antiponia pregiudicio di giurisditione del Rè di Spagna per non si mettere l’exponente in tal contentione, lassao pigliare à detti secreto et giurati la giurisditione di detta ecclesia, non potendose defendere per lo detto respetto, non essendo intentione della detta volontà di detto Rè, ma iniquità di detti barone, secreto et giurati.
Et lo detto barone di San Bartholomeo don Bartholomeo Tagliavia, parente del Rev.mo Cardinal Terranova, et di detti Principe di Castelvetrano et del detto Conte di Raxhalmuto, cognato di detto Principe et di detto barone di Rafadale, ha conceputo odio contra esso exponente, perchè esso exponente processe ad interdirci l’ingresso dell’ecclesia et declararlo incorso in excommunicatione della bolla «In cena Domini» et del capitulo «si quis, suadente diabolo», perchè, come pretenso Capitan d’armi in la città di Xacca, volse impedire la visita che faceva il vicario generale d’esso exponente, non volendo fossero prohibiti li soldati del concubinato continuo, et volendo conoscere li clerici, come con effetto processe à conoscerli et mettere, le mani, che senza respetto alcuno della dignità ecclesiastica et con disobedientia sfacciata, prese et carcerao un clerico in una carcere oscura chiamata la «grutta di l’oglio» di questo titulo perchè in quella non ci par mai giorno et fece mettere in ordine la tortura et diede fama che lo volia appicare di fatto et fece assediare un altro clerico dentro la magio ecclesia di detta città facendoci entrare li soldati con archibuxi et armi fin dentro lo thesauro et sacristia per pigliarlo et perchè il detto vicario generale volse difendere la giurisdition dell’ecclesia et mandao al capitano delli ministri della sua corte giontamente con il promotor fiscale, et tutta la corte formata ad inhibire al carcerario che non consignasse detto clerico al detto Tagliavia, il quale, incontrando l’officiali ecclesiastici, spinto dal diavolo, pose le mani sopra li detti officiali, et maltrattato al detto capo delli ministri ecclesiastici, rompendoci la virga, strappazzandolo per terra et mandandolo carcerato, con haver detto molte ingiurie al detto promotor fiscale. Il che vedendo esso vicario generale fece monitorio che nessuna persona impedisse nè disturbasse la giurisditione ecclesiastica, sotto pena d’excommunica. Et il detto di Tagliavia minazzava li clerici et ministri che li promulgavano detto monitorio di volerci dare tratti di corda et finalmente tenne carcerato et assediato al proprio vicario generale con haver fatto sonare tamburi et congregato tutta la compagnia di soi soldati, li quali pose per guardia alla casa dove stava detto vicario, levandoci lo commercio et tenendolo talmente prohibito di conversare che non permettia che ci potessero andar medici à medicare in detta casa, nè confessori ad examinarsi in detta visita et perchè non potesse detto vicario dar avviso di tal vexatione, fece serrar tutte le porte di detta città che è, caso non soccesso altra volta fra christiani, di tal manera che il mismo regitore di detto regno ci mandao ubn delegato per castigare à detto di Tagliavia. Et non potendo esso exponente tollerare un dispegio tanto notorio dell’ecclesia, declarao ad esso di tagliavia per excommunicato papale senza citarlo, parendoci che per essere stato il delitto notorio non ci sia stato bisogno citatione et volendo procedere contro d’esso exponente per lettere di l’Archivescovo di Palermo, per respetto che esso don Bartholomeo di Tagliavia ottenne lettere «perveniant acta via gravaminis» dal detto Arcivescovo, et non potendo l’exponente contrastare con la potentia di dette persone, domandao il bracchio del vice Rè di detto regno et lo carcerao nelli propri carceri dove lo tenne per alcun tempo et vedendo esso don Bartholomeo non poter diffugire per detta strada recorse all’Inquisitori di detto regno pretendendo che come familiare non potesse esser conosciuto et non havendo expresso la causa della sua prosecutione forno fatte lettere inhibitorie per detti Inquisitori al Exponente innante li quali esso don Bartholomeo comparse con memoriale contra esso exponente con parole di pochissimo respetto et di pregiuditio della dignità vescovale d’esso exponente, ett essendo poi informati li detti inquisitori non si intromessiro più in detta causa, però con tutto questo esso exponente non hà potuto castigarlo conforme alli soi tanti demeriti, perchè il giudice della Monarchia di detto regno impedia al exponente di non poterla fare et declarao che sia stato fatto aggravio à detto di Tagliavia di non essere stato citato volendo tenere opinione contra la commune dottrina di legisti che in delicto notorio ci sia bisogno citatione et perché esso Principe, detto Conte di Raxhalmuto et esso don Bartholomeo et anco il Marchese di Montemagiore, parrastro per affinità di detto don Bartholomeo, non hanno possuto far desistere ad esso exponente che non prosequisca al sudetto di Tagliavia ci sonno intrati in magior odio et pare à tutte le predette persone che non possano usare la loro solita et sfrenata potentia di volere essere superiori delli prelati della santa Chiesa et di usurparse la giurisditione et li beni di quella et perchè non sonno più patroni come sonno stati delli preti, clerici et persone ecclesiastice, habitanti nelle loro terre, stati et baronie, perchè esso exponente non li hà voluto tollerare questo, non per ambitione ma per zelo della giurisditione et ministri della santa Chiesa, come tutto questo che sìhave exposto appare per scritture piblice in questo incartamento et per tal causa hanno procurato con sinistre informationi et con falsie concertate per submisse persone, con depositioni di loro vassalli et persone confiderati et gente devota ad essi senza monstrar, scoprirse, calunniare ad esso exponente appresso V.B. et detta sacra Congregation di Cardinali come si n’hanno già attato ? amminazzandolo publicanmente nella cittòà di Palermo et in altre parti et non li manchiranno testimonij falsi tanto per la potentia loro che son patroni di tanti vassalli, apparentati con signori di detto regno, quanto perchè in detto regno vi è, abondantia et copia di falsie et testimonij falsi et li sanno molto ben concertare. Perchè non è, giusto che habbino loco le calunnie contra l’honore di un prelato per le potentie di persone seculari che sarria darci magior audacia di perder del in tutto il respetto alli prelati et ministri della santa Chiesa. Supplica perciò V.B. sia servita restare informata di questa verità che è, conforme (et) have exposto et comandare che l’exponenti possi sapere quello che hanno anteposto per dare sodisfatione sofficientissima et farria chiarire che son tutte calunnie et falsie d’emoli et per poter V.B. castigare à dette persone, innimici delli ministri d’Iddio et Dio li conceda à V.B. salute et longa vita.
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Alla S.tà di N. S.
Alla Congregatione de Vescovi
Il Vescovo di Girgento
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Vita di Don Giovanni Horosco Covarruvias Vescovo
di Girgento da tre anni in quà ch’è in
questa Diocesi
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1. - la sua persona una conditione che per il soverchio pasto che fà et per il bevere una volta il giorno et una la notte lansa (?) et per questo effetto ne succeddono molti inconvenienti circa l’amministratione et cura d’Anime che non sa dove sia nè tampoco quello che fà che vive peggio di un animale, onde li medici concludono che un giorno sarà che con il vomitare tanto spesso che fà, lo soffocarà il pasto, per attendere tanto al cibo che tutto il giorno stà sonnachioso et quasi semihuomo et non sà far altro che dormire.
2. -
Scandaloso et scommunicato
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Alle visite de monasterij s’hà dimostrato molto inesperto à tale officio, non sapendo cosa sia visita di prelato nè tampoco letto ma letto si bene cose d’huomini morti nell’inferno come come appare nel suo studio che non tiene eccetto libri d’historia onde in quelli facendo visita la vigilia di S. Pietro all’Abbatia grande si pose in una camera di moniali facendo venire collatione et in presenza di tante moniali et huomini in sua presenza si pose a fare collatione nel detto monastero et fatta collatione si faceva dare da bere dalla più bella monacha che si trovava nel monasterio ponendoci la sua beretta sopra il capo, toccandola con la mano in faccia, alli mascilli, diceva: questa è grande amica mia.
Et doppo fatto questo si pose à dormire nella propria camera et altri suoi creati stavano nel monasterio, non convenendo. Alla risvegliata si fece venir acqua dalla sopradetta; si lavò le mani e la faccia; dimandò l’orinale; orinò inante tante monache ad un canto di camera, non convenendo à suo officio farlo.
3.- In Xacca fece cose mirabili. Mangiò et fece collatione come di sopra pigliandosi presenti, contra le declaratione fatta in Palermo alli monasterij moniali, non poter li monache far presenti, pigliando amicitia con certe monache, partendosi partendosi li soleva scrivere. Accapitò una lettera di risposta d’una monacha al detto Vescovo in mano d’un Religioso. Facendola leggere in confessione ad alcuni canonici , si vidde in quella grandissimo animo male et lascivo alle cose dedicate al Signor, onde la tenne riservata con molta antia. Et certi sacerdoti molto di buona vita di quelle parti dicono cosi mirabili et in mezo della piazza si parlava et mormorava publicamente. Dicevano che non conveniva farlo prelato ma farlo far monaco, che magnasse et dormisse come è il suo solito et doppò lansa che il pasto et attende che alla crapula come è il suo intento.
4. -
Il detto, venendo furfanti che saltavano in banco, si li faceva venir al suo Vescovado et illà recitavano cose profane non convenendo recitare d’innante ad esso prelato et di sua persona lo carnevale faceva vestire un suo paggio di donna. Quale dormiva innanti il suo lettoet doppò lo faceva ballare, ond’esso alle volte faceva la sua parte. Et questo impara a suoi creati in presenza di molti cavaglieri. In una farsa esso teneva la guida di detta farsa come haversi stato comediante; far ripresentare comedie lascive in sua casa publicamente, essendo proibito à prelati questo.
5. -
Il detto, convitando la città il Giovedì santo, et il capitolo ancora, et doppò haver fatto solenne apparato et banchetto, non convenendo farlo, infine della mensa dove doveva fare inessortatione et predica, come conveniva à Prelato à tal giorno, havendosi seppellito et postosi al monumento N. Sig.re, al contrario, fece pigliare un suo nano buffone, con suo vestito quartiato di bianco e di turchino, con un capoccio in testa à modo d’una simia - cosa ridicolosa à vederlo - sopra detta mensa, et con le sue proprie mani ci sonava una tavola, et lo fece ballare sopra la detta mensa, facendoci fare cacatombi (sic). Et le voci andavano sino al ciel et li risi grandissimi, con molta admiratione di cui fù presente et lo seppe.
6. -
Un Giorno, facendo il detto ordinationi generali, essendo vestito Pontificale, si pose il mastro notaro à chiamare quelli che dovevano esser ordinati, infrà li quali fece mettere il suo nano buffone la soprapelliccia è farlo chiamare come ordinante. Et comparso il nano buffone mezo l’ordinanti, che parce più tosto come comedia che ordinatione, et furno tanti li risi et gridi che fecero gl’ordinanti che per un pezo non si sentiva nessuno. Arrivato il detto nano buffone innanti d’esso, ci levò la soprapelliccia et li tagliò con li forfici il tuppo della fronte.
7: -
Concorse il detto alla morte di Luciano lo Messinese, che per haverci ammazzato il suo sergente, in compagnia con il s.r Michel la Seta, Gioseppo Xaxa et suo genero, che li compagni del detto bandito l’havessero ammazzato, come fù , mandandoci signali ch’era la sua volontà, come ci mandò il suo annello delle mani, promettendoci il viato, come ad istanza del detto Michele la Seta l’hebbero, declarando essi banditi inanti ad alcuni amici come Monsignore ci lo fece fare.
8.-
Disobediente della Sede Apostolica.
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S’imagina exssere Papa et Rè: fà quel che vuole et non obedisce nè consig. nè moti proprij nè tampoco determinationi di Cardinali, delli quali si vede che ordina li suoi creati innati li tre anni contro quelli Capitoli del sacro Concilio Tridentino, che «incipit Episcopus familiarem suorum &», come al licentiato Ferdinando l’ordinò sudiacono et Diacono innanti il sudetto tempo; et anco ordinò D. Mario di Palermo sudiacono con non haver stato à pena un’anno0 senza patrimonio et benefitio, nè tampoco sà leggere si hà supplicato al detto che quando teneva carcerati alcun’huomini constituti in dignità, che ci desse cercere competente al grado suo, come è stato dichiarato dall’Ill.mi Cardinali alli Canonici di Messina, et esso non hà voluto eseguire, anzi ponerli in inferiore loco alli carceri maggiori della città di Girgente.
9. -
Il detto, per i grandissimi aggravij che ha fatto alli poveri prosecuti indegnamente et à tanto per non voler eseguire i suoi falsi mandati, gl’hà processato et quelli havendo ricorso al metropoli di gravaminis trasmettendoci gl’atti et fattoci suppliche protestatorij in lettre con grandissime spese del Metropoli, quelli non hà voluto esseguire, et appellando detti prosecuti alla Santità di Papa Clemente vjjj et alla santa Sede Apostolica, ci denegò il recurso à detta Sede Apostolica, consultandola con la Regia Monarchia, dando altro superiore a S. Santità, come appare alle scritture di Don Francesco Navarra Canonico Agrigentino.
10. -
Contra il Motu proprio di Sisto.
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Il detto ha ordinato persone poenitus ignoranti che non sanno tampoco leggere nè scrivere il suo nome contra il motu proprio della fe: mem: di Papa Sisto et di quel Capitolo “contra male promotos”, n’hà ordinato infinitissimi, come per sua Diocesi et extra.
11.- Il detto hà ordinato persone irregolari et certi chierici prosecuti di Naro con grandissimo scandalo et romore, doppò che l’hebbe ordinato.
12. - Il detto hà huomini di malissima vita, li quali lo consigliano; hanno campato et campano come secolari, tenendo puttane in casa et extra, facendoci figli maschi et femine. Li quali li maritano publicamente, essendoli detti sacerdoti et constituti in dignità. Et esso gl’ha fatto visitatori di monasterij moniali, mandandoli lupi tra li pecore et delli monaci cui è guardata di quà et di là, cosa certo pessima ad intendersi da tutti, et le povere monache parlando sopra di questo che non conveniva nè tampoco era buono, furno poste carcerate come appare nel monastero grande di Girgenti, et quelli tenevano le chiavi di dette monache hor cogitate.
13. -
Il detto hà tenuto et tiene l’intrate et pensioni che deve alla chiesa, non curandosi di scommunica, di poi ch’è venuto. Et quella detta chiesa stà per cadere per essersi fatte alcune fessure, come hanno dichiarato i capi mastri del Regno che caderà frà poco tempo con scritture publiche fatte di sue proprie mani, che non basteranno, se lei cade, da numero di sessanta mille scudi. Et esso non n’hà voluto far niente anzi c’hà tenuto li sudetti et poco si cura di questo et chi ni parlasse gl’era nimico capitale et lo poneva carcerato.
14. -
Il detto, havendosi ricuperato 300 et tante oncie dalla Regia Corte per la morte del q- Don Francesco del Pozzo della pensione dell’Episcopato che deve 500 scudi, l’hanno applicati alla detta fabrica ecclesiastica, il detto sol l’hà pigliato senza scrupolo di censuirla et spenderseli à suo modo et alla detta Chiesa senza spenderci un quattrino, come appare per polize fatte al Thesoriero di tali dennari.
15. -
Il detto si prese un thesauro ecclesiastico dove stavano le robbe della detta Chiesa et lo volsi “loco mutui” per un’anno sinchè si faceva il suo studio et hora son passati tanti tempi, onde la Chiesa patisce rt hà patito tanti danni, perdite et maltrattamenti di robba, essendo gittati trà lochi stretti et non conviene maltrattare detta robba stando con bona conscienza, pigliandosi giucali, tovaglie, paramenti di calici, candilori, calici et patene d’oro, pigliandosi reliquarij aprendoli auctoritate propria del Thesauro oro, argento; levandole messe della Chiesa dell’obligo per sparagnare non tenendo capellano et se la fà dire entro il suo Episcopato.
16. - Li suoi creati et praecisè il suo confessore passato, huomo di grandissima malavita, essendo monaco fuori della sua Religione, che non potendo havere (sendo carnale) donne per sfogare il suo male appetito quelle faceva processare li riduceva carcerate in una carcere et ivi redotte sotto l’auttorità della giustitia le violavano publicamente la notte e’l giorno.
17. - Il detto suo confessore frà Giovanni era tanto lascivo della carne ch’era la notte incontrato con la mula di Mnsignore che andava un di Petra sua puttana et quella attaccava dietro la porta. Diceva la messa ogni mattina con grandissimo scandalo. Di più lo detto teneva li dennari dell’elemosina et li poveri andavano un di esso et esso per fama publica si diceva per la città haver profanato molte vergini figliole ch’andavano à domandarci l’elemosina. Come s’è visto che una donna povera di conditione nobile andò al detto frà Giovanni et espose la sua necessità che teneva una figliola; quel tempo era d’haverla collocata et per non potere per essere povera donna supplicò sua Reverenza trattare con Monsignore li volesse dar la charità. Il detto Episcopo li mandò à dire che ci voleva dare oncie 5. et il buon Padre le disse: «ho fatto quanto havete voluto. Monsignore vi dona oncie cinque et oncie cinque vi dono io et lasciatemi colcare con vostra figlia inanti che si marita, altrimenti non haverete nè l’uno nè l’altro.» Et la donna lo incominciò à riprendere et lo seppe Monsignore dallì à tempo et non ne fece niente, anzi disse che non era vero come fù vero, essendoci testimonij degni di fede.
18.- Vi fù un monaco suo theologo dell’ordine di S. Augustino il quale si chiamava P.dre Honofrio, quale Monsignore mandava spessisime volte delegato. Arrobava publicamente essendo essaminatore con il Vicario generale. Passò certi ignoranti che à pena sapevano leggere della Licata et se ne presero oncie dodici facendo simonia. Et da certi altri ordinanti certi cantari di formaggio et cascicavalli. Et facendosene parole di questo intrà la sala sopravenne Monsignore. Volse sapere ciò si trattava; li fu detto il tutto et Monsignore disse: «io tengo carta che quelli ci lo diranno in faccia», et dicendo tiri spagnuoli tra essi l’un l’altro si posero molto à ridere et non se ne trattò più.
19. -
Di più, portò un huomo con esso da Spagna, chiama[to] Gio: Dios, il qual di subito ch’arrivò à Girgente, lo fece visitare et sopra di delegato in Diocesi. Et si partì et conferisi nella città di Sambuca. Incominciò ad arrobbare publicamente che furno costretti ricorrere all’Arcivescovo di Palermo, et in fine al Vicerè, onde venute molte lettere che Monsignore ci lo mandasse in Palermo acciò desse conto del tutto: come stava che buoi, giomenti, muli, porci, frumenti, orzo, formagio et robbe tutte queste così rubbatole. Et vedendosi così affrontato il detto Monsignore lo fece imbarcare per Malta per non essere affrontato. Et doppò che fù arrivato in Spagna il detto Gio: Dios incominciò à dir male de l’ Episcopo che ci fece fare in sua diocesi, et doppò non fù habile favorirlo, onde lo seppe suo cognato; fattoci lettere di riprensioni grandissime; se queste cose havessero arrivato all’orecchie, di subito l’haveria prohibito del suo beneficio, ond’esso con grandissima malitia investigò et scrisse che Jan Dios non è venuto per esso chiamato da S. E.; ma fù mentita perch’esso l’haveva prosecuto. Essendo qua esso sindi fuggito, il che non fù vero et havendo havuto questa nuova, di subito voleva dare testimonij alcuni canonici con dire che Jan Dios era adultero et si godea Donna Petronilla sua criata. Li fù detto che non ne sapevano niente et se esso lo sapeva lo doveva castigare et proseguire quando era qua et non hora che è andato.
20. -
Senza nulla saputa del Capitolo fece fare una una lettera approbatoria del Consiglio falsa per la risposta, fatta di Spagna et curò ? con diligenza che Monsignore si prese il sigillo del Capitolo; sigillò la lettera confidandosi al Cancellere. Et questo si fece per non si sapere sua malavita. S’ha accompagnato con questi huomini delli quali sindi spagna (?) et lo portano dove vogliono essi che hanno rovinato questa povera Diocesi; che li poveri preti non possono più; se ne vanno fuori ad altra diocesi, finchè N.S. li provederà dal Cielo, cosa che non s’ha saputo à tempi antichi quello che si fà oggi.
Il detto frà Giovanni et frate Honofrio, per le gran lettere che vennero di Palermo dall’Arcivescovo et da S.E. che li volesse mandare di sua casa, che non conveniva à Prelati tener huomini così di mala vita, come non li mandò.
21.-
Teneva uno in casa sua qual’era apostata reuscito (?) della sua Religione, chiamato nell’habito frate Antonino d’Amore dell’Ordine di Santo Domenico; prete, si faceva chiamare D. Francesco d’Amore, il quale lo fece molte volte delegato et fece tanti miracoli che altro. Xacca, il Burgio, Caltavellota et Chiusa tutto il giorno et notte non predicano, nè si può scrivere che si non era chiamato da questa Santa Sede Apostolica, come molti furno chiamati, di quest’habito haveria stato una gran rovina. Et era come un orso traditore: peccava di malo vitio et per questo effetto stette sette anni in galera; et non v’era peccato che non l’havesse adoperato. Monsignore, tutto così, lo favoriva.
22. -
Il detto Monsignore hà proseguito molti suoi creati delegati et quelli mandandoli à pigliare à posta et provandoci con testimonij cosi mirabili, arrobamenti et sopra questi officij si facevano chimarare la tale et la tale donna per causa di testimonij, et doppò che erano ridotti nelle loro case, le violavano con andare li sudetti delegati di notte con liuti, tenendo gioco di carte nelle case loro. Quelli li pose carcerati et voglio fare et voglio dire con farci inventario di tutta la loro robba, pigliandoci quanti dennari havevano et dippò di là à pochi giorni erano tristi. Li fece delegati et sono al presente che dove passano ardino largo.
23. -
Et per essere costoro ignoranti se bene malitiosi et astuti al male, à molte parti fecero inciuntione à donne maritate, su pena di oncie dieci et della frusta che non dovessero pratticare con li tali et anco alla persona sospetta. Pervenendo questo a l’orecchie di mariti et parenti, da subito l’ammazzorno, come in Caltavillotta, che il marito ammazzò una donna honesta, senza peccato: non convenendo à persone far inciuntione per il gran pericolo dell’homicidio, come hà successo. Tutto ciò è stato causante il detto Monsignore che doveva mandar delegati huomini dabene et non figlioli tristi et di mala vita, onde che alle volte, senza peccato mortale, si partiro delegati à tarì quaranta, ad instanza del fisco, come fosse giudice della gran corte.
24. -
Si dice che le giornate che fanno li delegati se le piglia Monsignore et per questo vanno tanti delegati il giorno che fanno un Perù et questo si verifica quando morì un beneficiale, esso si piglia tutti li frutti non toccandoci et lo povero beneficiale che viene vuol pagare duoi annate della pensione che deve della sua pensione, come si vede in Girgente alla parochia di S. Pietro, che se la riscote tutta esso et lo povero benefitiale non hebbe niente et si moria di fame.
Il simile ha fatto per la morte de l’Arciprete di Raxhalmuto di detta terra.
25. -
Disobediente della Sede Apostolica.
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Il detto Monsignore per la gran cupidità di dennari che tiene in gabelle li giorni festivi per tutta la sua diocesi et per queste donò, modo et causa, à quelli che tal gabella prendono d’arrobare essendo tant’alto il prezzo che c’impongono, non potendo esso Vescovo ingabellare tali giorni, stante esser così provisto dalla Sacra Congregatione de’ Cardinali. Et di quelli non si cura poichè quelli giorni festivi si devono esseguire da l’ordinarij delli luochi et dalli ad opere pie. Ma esso se l’imborsa.
26. -
Il detto Vescovo suole suducere testimonij con darvi à mangiare et bere et offerirci dennari per sostentare loro famiglia et giurassero quello che dice esso, come fece con Vincenzo Cillebba che lo fece giurare contra certi sacerdoti et canonici dandoci à mangiare nel suo Vescovato in un suo camerino, mandandoci il mangiare con frà Gio: suo confessore. Et giurò come volse esso Vescovo. Promettendoci che da subito lo voleva scarcerare, lo lasciò un giorno carcerato: esso s’imaginò esser tradito; incominciò dire publicamente inanti tanti carcerati nel castello le carezze et l’intento che teneva lo sopradetto. Et doppò l’indomani l’uscìo et se lo portò à sua casa, tenendolo per servitore et creato, onde commessi certi delitti et fù appicato ad istanza di S.E. nella città di Girgenti. Et inanti ch’havesse morto, facendosi scrupolo di tal fatto, essendo in potere delli bianchi et di molti sacerdoti, canonici et secolari, declarò esso confitente che non fù mai quel che giurò esser la verità ma bugia, dimandando perdono à chi haveva offeso, che ci fù fatto fare. Et quello diceva per sgravare sua conscienza.
27. -
Il detto Vescovo, essendo in Roma ad effetto per essere approvato Vescovo di Girgente, come fù, ottenne lettera dalla Sacra Congregatione delli Ill.mi Cardinaliche li frutti della Sede vacante si dovessero reversare al nuovo successore, qual portò sigillata more solito. Come fù in Palermo l’aprì et la presentò alla giurisditione temporale, facendola essecutoriare in Regno senza saputa del Capitolo et di subito il Capitolo, dandone di questo avviso, mandò in Palermo à lor procuratore et da subito inviaro à S.S.tà, dal quale ottennero un breve da mons. Giusto che Mons. non movesse li canonici fin tanto che si determinasse in Curia et provassero l’horatori immemorab.e. Esso di subito fece intimare capitolo ad istanza sua mandando il suo Vicario generale. Espose la sua volontà che voleva tre mille scudi della sede vacante, onde alcuni Canonici, havendo coscienza mala essendo huomini di mala vita et tenendo figlij et puttane come ci fossero moglie, campano come preto greci et per questo si contorno pagare come mancia seicento scudi. Alcuni Canonici volendone per la giurisditione capitolare spettare la sentenza di sua B.ne et doppò pagare quello toccava giusto et li sopradetti Canonici, quelli che ci davano tali dennari per questo e davano quest’offerte acciò non facesse indulto della loro mala vita passata et non se ne trattasse di niente, come fù, tenendoli al suo palazzo per consigliere, facendoci fare mille errori il giorno et agl’altri ci cominciò à processare, come appare per suppliche fatte all’Arcivescovo di Palermocome Metropoli, che per non consentire alla partedi questa sede vacante et fece questo aggravio à processare. Onde doppò con tutti haverli processato et esserci escarcerati da detta Metropoli, li compose et sequestratoci cosi debiti non obstante ancora esser deffinito il negotio in Roma dalla Santità di Papa Clemente Ottavo come supremo dittatore (?) et quelli se l’hà tenuto et tiene per forza.
28. -
Si desidera sapere se il diavolo può celebrare et dir messaet se il Prelato se ne può servire famigliarmente come consultore et quel che dice esso si fà et facendolo à chi sia tenuto.
29. -
Anco si desidera sapere se uno sacerdote constituto in dignità accettasse esserci dato il titolo dal diavolo et fare suo officio et di quello si avanta tenendosi gloriosissimo appresso delli popoli; se esso può dir messa et se può tenere beneficio ecclesiastico. Et vedendo li popoli dir messa da lui, dicono il diavolo del Vescovo dir messa modo molto male et lo lascio considerare à cui spetta et provedere à chi può.
30. -
Il detto Vescovo non usa quelli termini paterni verso li prosecuti et contra di quello che dispone il sacro Concilio Tridentino et il Sinodo Diocesano, onde che à questi si deve fare prima, seconda e 3^ monicione inanti che li processasse; ma esso da subito prosequisce et quelli mette carcerati come appare nel Erario Fiscale essere ingarcerato. Et così si fà pagare à cui oncie dieci, a cui venti, à cui trenta, à cui quattro, et à chi tre, talchè niuno mai è castigato ma si castigano burli et li popoli dicono mormorando: «non peccamo et esso se ni piglia li denari sui ledendo l’autorità sua.»
31. - Il detto Vescovo, venuto che fù in Girgenti di fresco alla Chiesa, incominciò à mandar fuori del choro di detta chiesa molte persone che erano venute per ascoltare gl’officij divini, dicendo - esso Vescovo - che non conveniva los picaros con los nobles nè tampoco i prosecuti star inanti d’esso et l’inviavano carcerati, come fù una mattina vedendo la predica di quadragesima Don Natale Muserava et il medico Lauricella. Questi essendo carcerati à sua istanza dicevano: «noi tornamo carcerati per haver veduto la predica, non havendo lor fatto delitto». Et quello andando attorno, ogn’uno temeva venire alla detta Chiesa et si perse la frequentatione di detta Chiesa.
32. -
Il detto Vescovo, trattandosi di non si che atto di giurisditione della fera sopra le cosi comestibili et potabile, diede esso Monsignore ordine sub poena di scommunicatione che nissuno si volesse traperre (?) alla fera, pigliandosi l’autorità temporale adesso non auditi (?) li ..[giurati (?)] della città che erano soliti dar la metà sopra le cosi sopradette acciò non arrobassero li poveri che vanno et vengono in detta fera, havendo l’occhio alli poveri mandano in Palermo à S.E. dove fù previsto dal Real Patrimonio li giurati haver di far questo et non il Vescovo come appare per lettere executoriate nella detta città. Da subito li Giurati fecero exeguire quanto ci fù imposto. Il detto Vescovo, doppò haver veduto questo, si mosse et disse li Giurati c’erano incorsi in excommunicatione: così infamò la città di Girgenti, fugendo sin à Caltafaraci, loco molto vile, dove si dava herba à cavalli à tempo de state. Et doppò un esserli supplicato, chiese che se ne volessero venire, seppe che la città se ne voleva venire à pigliare in forma di città . Esso Vescovo se ne fuggì al Chiuppo ad una mandra in mezo d’huomini di fori svilendo sua dignità. Illà concorsero molti gentilissimi cavaglieri et Canonici ad espronarlo che se ne volesse venire. Et illà, in campagna, tra case private, sopra tavole et buffetti che servivano da mangiare, faceva dir messa come se fosse stato Papa. Onde et inde era scandalo molto non vi essendo chiesa né oratorio à tal effetto. Et quelli non volendo ascoltare, il sopradetto se ne fuggì à Cammarata à stare à S. Jo:, onde fù costretta la città farne di tutto consapevoli. Mandò duoi giurati con grandissime spese in Palermo à S. Ecc.a et fattoli ad indendere il tutto si fece assemblea di diverse parti, concludendo Monsignore haver il torto et li giurati non haver incorso in scommunica. Et in quella sua mala opinione, si partiro li giurati con grandissimo honore. Il Vicerè, come luoco tenente di S. Maestà, hebbe molte lettere acciò l’informasse perchè causa s’è partito da sua casa et lasciato sua residenza; se qualche inconveniente havesse stato illecito contra esso, voglia far esperienza di giustizia. Li rispose, per esser infermo voglìa mutar aria simulando perchè spettava la venuta del Duca di Machina che vuol rovinare tutti li giurati con grandissimo animo et odio. Li suoi creati questo publicaro in una processione. Onde si tiene huomo et prelato di molto poca conscienza et poco sapere. Da subito il Vicerè fè lettere al Vescovo con il regio patrimonio, che di queste cose vili che faceva n’erano per scrivere à S. Maestà, onde tre Canonici da bene et molti amati dalla città ci disposero haver sentito questo farlo venire acciò non si sapessero queste calamità et miserie. Trattano in somma la pace con la città et con il Vescovo et fatta la detta per lettere, da subito se ne venne, onde la città ci fece tanti regali che non gl’ha fatto giamai à nissuno prelato. Con un’entrata pomposissima mandò la città otto cavaglieri fin à Cammarata, duoi giurati con molta compagnia di cavaglieri fino alla metà del camino, facendoci un solenne banchetto. Vi fù il Barone di Rafadali come Capitan d’armi in guerra et vennero in compagnia molti ss.ri Canonici et preti, facendoci battagliare inanzi che lo incontrassero. Doppò fattoli la debita riverenza, se lo posero in mezo; gridavano con lagrime: «Iddio sia lodato che s’è fatta questa pace.» Li sacerdoti et clerici erano in processione; per spatio di sei miglia si vedeano un’esercito di clerici. Onde, doppò, nescì il Sig.r Barone di Cianciana con il sig.r Buvalandro, Barone di Montechiaro, Jurati in forma di città et li fecero tanto honore che non l’hanno fatto à nessun Vescovo.
Di poi haver scorto per spatio d’un miglio un corpo di vita pontificale, con molta compagnia di cavaglieri, con li maschi, trombette et tabale lo ricevero sotto Santo Petro et li fecero profondissima riverenza, non guardando à sua ingratitudine et infamia che l’haveva dnato ma all’’obedienza apostolica et à quella havendo l’occhio. All’entrata della città vi si trovò l’infanteria con sue bandiere spiegate et tabale. Facendo segno d’humiltà, sparavano et s’inchinavano spettando al prelato, non à sua persona - che non lo meritava. Inanti ch’entrasse la porta, sparò molti maschi che mai fù tale preparatorio. Et così lo condussero per tutta la città con grandissimo honore, facendo salva nell’entrata del vescovato. Li popoli dicevano. «Iddio sia laudato che habbiamo fatto raccogliere il Vescovo». Et di tutto questo murmoro et mal’essempio fù lui causa. Et passando pochi giorni, quelli poveri Canonici che fecero fare questa pace non li potè più vedere. Si servì, come si servì, di quelli che ci consigliavano che non c’havessero venuto acciò havessero esseguito loro mala conscienza et stare senza timore, dimostrando alli poveri clerici et sacerdoti essere tali lupi affamati. Tutto questo fece la città per dare loro intendere, ad esso et à tutto il mondo, ch’erano catholici come sono et come diceva esso che pigliava le cose al contrario, onde il Vicerè con il Real Patrimonio l’hebbe molto à caro et se bene l’haveva maltrattato tuttavia l’accettavano come padre et pastore et non come persona odiosa.
33. - Il detto Vescovo, facendo la visita, conferito che fù à Chiusa per li mali huomini che teneva et tiene, tenendo cresima in la maggiore Chiesa, li suoi creati stando alle porte, festeggiando certe nobili donne, s’avvidero li parenti, dove vi fù tumulto di popoli; sonorno campane all’armi et se non si salvavano in detta chiesa l’haveriano ammazzato dove era esso. Onde un suo creato dalla bocca per spatio di molti giorni mandava sangue et esso come levantino et subito interdisse la terra. Onde recorsero in Palermo li detti popoli, hebbero la gratia et con suo affronto sonaro le campane all’arme, facendo festa. Lo tennero et tengono per volubile et quasi pazzo et per questo s’ha visto esso che doveva far guerra non và più in visita et per questo manda li suoi visitatori.
34. -
Il detto Vescovo per tutta la sua Diocesi hà levato molti beneficij semplici con molto scandalo come fù per S. Stefano. Levata l’entrata alli padri di S. Domenico senza esser intesi, spogliò dove fù grandissimo rumore et scandalo di popoli havendosi ribellato, levando il pan di tanti servi di Dio per conferirlo ad un figliolo che non sà scrivere il suo nome. Così ha levato molti altri beneficij con obligo di messe conferendoli à suoi creati, dicendo che ci sono troppo messe in questa chiesa. Et così fà dove và facendosi cognoscere per huomo odioso. Et proprio ad ogni terra che ciò fà guerra et scandali molti che non si possono scrivere.
35. -
In Xacca ci furno fatti molti regali et bellissimi banchetti da molti cavaglieri et genti illustri. Et come fù al fine del mangiare, promise portare et transportare la sede episcopale in Xacca, onde incominciò à disegnare l’episcopato dicendo quà è buono stare l’episcopo che lo regalano muccio. Il simile fece in Naro, voleva trasportare la sede et illà voleva a S. Maestà che havria fatto quanto esso havrebbe voluto contandoci proragia. Quelli ss.ri vedendo questo cui ci offerse casa di tre mille scudi et cui dennari; la città ci offerse non sò quanti dennari contanti. Esso respondeva: «Io son obispos di Naro et non di Xuvento perchè quelli sono heretici», alli quali publicamente li chiamava et l’infamava. La cui è stata et è sempre Catholica patria, onde per le parole sue connobbero essere huomo molto leggiero et inhabile à tal dignità dicendo queste parole inanti tanti ss.ri Baroni et sacerdoti honorati et discorse molte parole contra S. Maestà Catholica come appare dalli Giurati di Girgenti, havendo scritto à S. Maestà Catholica, contra di cui ci diede il pane standone tutti attoniti et meravigliati, non solo essi cittadini, ma anco tutto il popolo.
36. -
Per il mal’essempio che hà dato di sua vita e stato mirabile, le cose ch’ha fatto non potremo noi altri Cavaglieri esplicarle nè narrarle con bocca, ma li diciamo esser bisogno che fossimo lettori un paro d’anni per legerci cose nuove et stupende, onde negli altri - come hò detto di sopra - non obedisce nessuno , non stà à legge. Ha fatto nel suo cortile fare guioco del toro con la ... in mezo cen..(?), dalli santi Dommi et ecclesia prohibito et esso stare ad una finestra che dava al detto cortile et ordinava come dovevano fare, ridendo dosirdinato, onde ne fù causata molta meraviglia et scandalo.
37. - La vita sua la spende con huomini vili et con quelli mangia, come per la città, che da molti si è visto trasere che à sua dignità non conveniva, dimandando di fare colatione et smersare (?) alli casi di barbieri vili et dicralij (?) di detta corte, essendo persone vili, facendoci collatione. Anzi alla sua tavola si vidde una sera à Pinnavaijra, fossaro vile, vestito di lana, in compagnia del Capitanio et di molt’altri, et il detto fossaro lo burlava alla tavola; diceva à detto Vescovo: «Monsignore mio, vivi et con la bocca ci faccio il pidico (pidito ?)». Saputosi la mattina per la città conclusero essere huomo vile, indegno, immeritevole di tanto bene. Andando à star fuora come si vide alla vigna di edtto Pinnavarija, si pose che all’hora havendo finito di mangiare, fece collatione con il pane di Pinnavajra et notorio nigro come un panno, fomaggi, radici et cipolle zuppe ad un fiasco che fù spasso per tutta la città et ogn’uno s’ammormora di tal fatto.
38. -
S’hà visto molte volte con il suo nano buffone mandare à chiamare ad una giovinetta, mogllie di un suo creato choamato Roderico, giovane molto bella: quella con sua madre suole entrare nel Vescovato fin alla sua camera dove stà esso, in presenza di molti, onde non si hà potuto sapere quel che facevano, sebene dava molto scandalo et murmuro, che ci doveva parlare publicamente fuor dal vescovato, non andandoci occulto: Ma alla fine del Vespro all’hora che li parrini andavano à detta chiesa, havendo molte vesti nobili di drappi di seta, essendo essa vilissima et povera, s’imagina che esso ci l’habbia fatto con molto scandalo.
39. -
Delle cosi delli paramenti dell’Altare n’è indevoto che si vedono le tovaglie lordissime, standosene li mali suoi sporchi paggi, tenendoci piatti da mangiare di sopra, vedendosi tovaglie svoltate et strapazzate, pendendo una merà in terra et l’altro per aria, lo pariete dell’Altare stando nudo, il paraltare stracciato, non essendo suo ma della chiesa maggiore, con haverci così mala cura che ci dormono li daini la notte, animali sporchissimi, non convenendo à tal luoco.
40. -
Soleva publicamente in Santa Maria delli Greci far cavare un thesoro chiamato Bradamanti sotto un campanaro, facendo una cava tanto grande che per il gran peso del campanaro fece moto di cadere onde à N.S. non piacque. Soleva partirsi dal Vescovato solo in detta chiesa, facendosi dar le chiavi, con timore delli confrati, per cavare quella moneta, contra la pragmatica ch’all’hora v’era, con grande scandalo.
41. -
Soleva anco andare allo steri con donne vili et far cavare, volendo trovare il thesoro delli Chiaramonti credendo pure à sonni. Et quando si dicevano gl’offitiali divini, ch’esso non poteva andare, per non essere visto mandava il suo confessore fra Gio: et doppò finiti gl’officij, per essere la chiesa fuori di conversatione, andava esso et non era visto eccetto da duoi cittadini et forestieri, onde li suoi creati facevano molti peccati con certe donne. Et si diceva per la città: «Il Vescovo fà cavare una moneta nel steri et per questo ne pervenne morte». Havendo andato una donna à veder questo li fù imputata che Christoforo, suo nigromante, che hebbe conservatione carnale. Et lo diceva la predicatora ad alcune donne. Lo seppe lo marito et la mandò fuori di questa vita, come appare in quella Città di Girgenti notizia di tutti.
42. -
Il suo nigromante Christofaro andò à cavare per sonni di questa donnamaga, chiamata la predicatora, sopra la Favara et trovò li signali che disse essa. Esso Vescovo cavalcò, andò via, con grandissimo scandalo, dando credito à sonni.
43. -
Si diceva che il suo nigromante faceva fare il lapis philosophorum per i sogni che si vedevano scandalosi, onde lo ingannò: si prese molti denari et se ne fuggì, lasciandoci appresso il popolo malo nome di Prelato, attendendo alla pecunia et con mala coscienza con quelli pratticava.
44. -
Fece venire un distillatore che distillava notte et giorno. Ci voleva far far acque à proposito per fare oro et argento: voleva far fare quinti essenze quali Dio non volse farvi recusare. Restò burlato et ne vennero molti scandali, mali inconvenienti et murmuri delli popoli.
45. -
Si prese un argentero per far plattas et aniglios à sua persona, onde mai potero forgiare et finire una borstta. Si dice per la città che faceva l’archimia, non convenendo à prelato.
46. -
Il detto è stato murmurato, essendo prelato et non convenendo alla sua decenza ch’inanti il suo letto dormisse un paggio sbarbato per guardia.
47. - Il detto Monsignore fece il suo vescovato macello publicamente. Si faccia vacche, bovi, iuvenchi et vitelle contra il ben commune, che v’è prammatica Regia non si poter sfare vitelli acciò il Regno augumentasse li bestiami et si potesse seminare con facilità. Et esso publicamente quelli sfaccia molte il giorno facendo perdere al prossimo la gabella delle carni alli gabellotti Regij et quelli lamentandosi di questo li voleva carcerare, ricorsero à S.E. . Vennero lettere riprensive che non doveva far questo stante che l’officio del prelato non essere bucceri et cupido di dennari onde non ne fece più in sua casa et li faceva sfare in [...]
del suo diavolo per non essere soggetto à nissuno, nè vennero pur lettere et si quietò.
48. - Teneva à questo effetto un huomo di pessima vita chiamato Mattheo Tauro che in Xacca se ne predica. Et huomo così malo non s’hà saputo et quando questo non arrobbava diciva che hò dar guadagno con mangiare la sua casa di carne franca ce lo pneva carcerato. Et questo diciva molte volte inanti li Canonici dicendo: «se vuole che arrobbi che voi che faccia.» Fù accusato à S.E. ; vennero lettere che l’havessero per le mani et il detto Vescovo lo fece fuggire et non si sà s’è vivoo morto per non si sapere quanti furti fece, trovando robbati molti bistiami in Xacca. Ebbe molte scopettate alla Sambuca, molte ferite mortali et guarì facendolo delegato. Ebbe questo et per passare charitativamente inanti, stette molt’anni carcerato con haver tratti di corda, tre anni con ferri à piedi. Homo molto di poca conscienza che per un tarì haveria ammazzato cui voleva esso. Diceva il detto vescovo «costui è hombres mirables che fugge gl’huomini da bene.»
49. - Questo se verifica che fuggì al Sr Decano, huomo molto di santa vita, come sua fama sia per tutto il mondo, con il sig.r D. Raymondo Canonico Theologo et predicatore, huomo di molti beni, essendo sua vita esperimentata à servire Iddio. Et anco il sig. D. Vito Belguardo canonico, huomo da bene, intiero alla s.ta Chiesa et da bene alle cose dello spirito et molti altri canonici che seguitano. Cotesto SS.ri s’ha ributtatp et non li vuole vedere come son fatti. Per dirci la verità et ammonendolo di alcune cose che non convengono à prelato, l’ha voluto male. Si serve d’huomini di pessima vita facendo il suo diavolo fiscale acciò sapesse tutte cose di tutto. Si diletta ininfamar il prossimo, natare fra peccati et sapere la conscienza di questo et di quello di d. Thomaso di Leto, il quale doppò ch’è sacerdote et canonico è stato et stà con figli mascoli et femine, maritandole publicamente in sua casa et quella inanti di tanti parlava con consarci la gulera del collo come se fosse stata moglie vivendo da parete greco. Non dice mai messa, eccetto le feste mobili. Gl’altri li tace meno acciò, quando à Dio piacerà trovassero cose stupende; che in Ginevra non si fanno tal cose. Questi abbraccia et di questi si serve con il suo Vicario Generale, facendoci entrare gran dennari arrobbati.
50. - Costui dona credito à sonni et cose d’incantesimo che essendoci detto che in S. Nicola c’era un thesoro et per apriresi l’incanto ci voleva il Vescovo vestito à modo come diceva messa et doppò bisognava ragliare à modo d’un asino et così s’apriva l’incanto et si pigliava lo thesoro et così havevano l’intento. Dicevano che vedevano nell’aria certe sperone d’oro con [oro e soldi?]. Gli fù adivertito d’un huomo da bene et così si stette.
51. -
Con grandissimo scandalo, in vista et in sua città Agrigentina, li tempi prohibiti della S.ta Chiesa come la quadragesima, quattro tempi, et viglia, mangiava carne non essendo ammalato et con molto scandalo com’era in mezzo del pasto mangiava tunnina, sovra pesce, olive, cappari, minestra delicata, ova et anco cose di latticinij. Si ammalato era, non haveria mangiato cose delicate. Li boni [?] contemplativi dicono che non ci crede, overo per gustare lo mangiare et di là à poche hore ributtava. Ributtato ch’era, dimandava da smorsare per quetar il corpo. Alla sua bocca non si ci può accostare per l’odor di l’agro pasto indigesto, quando mangiava. Queste cose erano puclichissime in presenza de’ nobili et ignobili, canonici et sacerdoti.
52. - Il detto Vescovo diede al suo licentiato oncie 40 acciò perseguitasse et facesse uscire con delgato da S.E. contro certi innocenti come fù che venne li testimoij, l’haveva fatto pigliare esso Vescovo come volse. Fece subdurre [?] un suo mozzo di stalla chiamato lo Sardo che un povero notaro voleva scalare il Vescovato et voleva ammazzare lo licentiato et pigliarsi certi dennari, nel quale non c’era quattrino. Lo posero carcerato con certi altri et questo fù, diceva il suo notaro Gio. Turano per non haver voluto deporre contra li chiusaleni del rumore che fecero li suoi creati et per dimandarci le sue fatiche degl’atti che si fece della gabellatione del Vescovato si composero molti testimonij come sà esso povero notaro. Venne il delegato detto pigliarsi li testimonij per essi; li repete parte citata; li pose alla corda; detto notaro per essere ammalato confessò quel che non era et li altri suoi compagni furno negativi, onde il detto delegato di subito fece far le forche, ponendole in loco sacro et perchè si vidde la irregolarità di sopra, si compone che non l’impedisse ma lo mandasse in galera, come fù. Lo frustorno et lo manderno in galera per anni dieci onde esso notaionon haveva commesso delitto et quando li testimonij giurorno che esso voleva far questo delitto ci diede testimonio ch’era ammalato in letto con lo medico, non bastente l’andar in galera. Et doppò il detto Vescovo ordinò il suo licentiato di questa mala causa con grandissimo murmuro.
53. - Si desidera sapere se il licentiato persequendo iniustè, è irregolare et se può ascendere à cura d’anime.
54. - Anco si desidera sapere se il Vescovo lo poteva ordinare sapendo che era irregolare.
55.-
Anco si desidera sapere se il Vescovo può con buona conscienza sborsare li cento scudi à far proseguire li sopradetti, dando agiuto al liceniato et consiglio, farli andare alla corda et in galera.
56.-
Il detto Vescovo dandosi ad intendere che li compagni del bandito che fece ammazzare per causa non ci haver venuto lo criato per molti giorni si fece venire molti greci con sue scopetteinserragliate, carricati et bulogni caduti. Dava gran timore alli popoli et le povere donne si spagnavano di disertarsi alcuno. Dicevano onde «Volemo andare à S. Gerlando frà tanti greci cui sà che succederà». Et esso tra la sua sedia si voltava verso loro stendendo il braccio con la mano serrata come ci havesse voluto dire: «state forte» et quelli mettevano le mani all’armi dandoci animo di far male. Quando n’usciva per la città, pareva un bargello di campagna et un caporale di sbirri che un prelato, facendosi mormorare et doppò venuto il viato [?], vennero li banditi nel suo Vescovato. E.L.m. molte volte accompagnarlo con scopette et così diede licenza alli greci.
Hor vedete se questa è vita di prelato o di fuoruscito. Si crede essere più presto pazzo per haver letto tante historie.
57. - Hà tenuto molt’huomini letterati onde al presente tiene uno chiamato il letterato et quello tramuta l’emblemi di suo zio di lingua spagnola in versi et in prosa. Essendo posti in luce se l’attribuisce à se stesso per darsi fama et per il salario di costui l’hà posto in un’Abbatia per confessore, sparagnandosi il salario. Ci levò il sig.r Decano molto di santa vita, il quale per molt’anni l’haveva servito. Et li monaci il detto litterato non volendo. Il detto Mons.r andò co’l suo diavolo. Et il sig.r D. Thomaso, huomo castissimo come il Venere et carcerò molti vergini udendo: «vogliamo scrivere à S.B. del torto li faccia». Er ogn’uno si spagniava onde furno costrette quello accettare contra sua voglia, non potendo combattare contra un leone affamato et contra il suo diavolo, on potendoci andare d’inanti. Onde si giudica che le povere monache, per quel che si vede, non frequentano bene i santissimi sacramenti come facevano per il passato raffreddando lo spirito. Et in somma fà quel che vuole; dice male di tutti; non conosce nessuno pe superiore et fa un fico à tutti.
58. -
Di puù, il Vescovo non osserva i decreti della Sacra Congregatione sopra Vescovi applicando à sè le [spremute ?] pene, essendo stato ordinato et determinato che le sopradette pene s’applicano à luoghi pij, spendendosi et distribuendosi per deputati. Et di più ha affittato et affitta l’officio di mastro notaro facendosi pagare molto esorbitante et l’Indulgenze le quali nostro Sig. in omnibus et per omnia etiam ad scripturam omnia gratis et pro Deo concede et fà gratia, se ne fà pagare per l’essecutione.
59. - Tiene un’appetito et conditione mirabile di dennari ch’è cosa meravigliosa à dirsi nè si può esplicare et quelli ci sono veri amici ch’arrobbano et fannoci entrare dennari come si vede hoggi il giorno à Caltavillotta delegato il licentiato et anco à Xacca contra cittadini, à Bivona et à Cammarata D. Giovanni Gamez, à Naro D. Diego et alla Licata D. Thomasso di Leto, huomo santissimo dell’Inferno. Il Padre don Cipriano fà la visita.
Hor vedete se queste cose possono persistere. Et sopra il visitatore duoi altri visitatori à vedere quel che hà fatto il visitatore tirando dupla visita.
60. - Tiene una persona tanto mala et iniqua che con la sua bocca lo tiene et lo nomina il diavolo, come si vede che quando vuol far giustitia dice il detto: «chiamatemi il diavolo» et quello che dice esso diavolo si fà. et con questo ch’è così di mala vita si confessa publicamente et lo tiene per suo confessoreet li popoli dicono il Vescovo confessarsi co’l diavolo, non convenendo à tal officio nè à persona tale tenerlo in casa sua dando molto scandalo allo popoli.
61. - Un giorno il detto volendo far ordinationi, il diavolo ci consigliò che non la faceva, ma la doveva far per trè ò quattro, fra li quali ci approbò et nominò un clerico di Caltaniscetta. Et dissero ch’era ricco et laureato et il detto Episcopo rispose: «Costui deve essere ben assortato et avventurato poichè lo favorisce il diavolo», dando intendere alle persone devote che la fortuna et buona sorte sia al diavolo et non à Nostro Signore da cui dipende ogni bene, in presentia di tanti canonici et sacerdoti.
Multa quidem et alia fecit, quae non sunt scripta in libro hoc.
Da Palermo il di 13 di xbre 1597.
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Ill.mi et Rev.mi Sig.ri
Essendo il Vescovo di Giorgente chiamato da questa Congregatione per il fumo [?] et cause rilevanti per il suo òamlgoverno con grandissimo danno di quella povera diocese, si escusa dicendo esser querelato per difender la giurisditione della chiesa. Il che non è come si vede chiaramente per sup.ce presentata à Mons.r Morra, autentica, decretata del detto Vescovo. Dicendo habbia recorso alla Monarchia del Vice Re di Cicilia, negando l’autorità pontificia, che per assai manco di questo, il Vescovo di Lecce è stato travagliato in questa Corte di Carcere et sta tuttavia. Dice anco per voler castigar, et reformare il suo capitolo, il che non hè vivendo m.ti di quel capitolo tanto scandalosamente e in publico concubinate con m.ti figli per uno, dotandole publicamente matrimoniali presentati in poter di Mons. Morra. Si supplica le SS.VV. Ill.mi vogliano provedere à tanti ecessi è chiarirsi di questi et m.ti altre cose più d’importanza, anzi scandalosa nella persona del Vescovo praticando in case di sospette, che mancando persona di qui intiera e di buona mente, libereranno quella povera Città et Diocese di tanti furti, confr.ne et estorsione che hanno fatto li suoi creati delegati che tutto sarà opera grata, et acetta. Iddio,
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Che essendo chiamato qui il Vescovo di Girgento per la causa del suo mal governo, si scusa esser querelato per haver difeso la Giurisditione della Chiesa , il che non è poichè anzi esso è ricorso alla monarchia di Sicilia, come appare da una supplica presentata. Dice anco detto vescovo voler riformare il suo capitolo e pur consta che vi sono alcuni canonici che hanno figli e vivono in concubinato, come appare da un contratto matrimoniale presentato. Dice ancho che detto Vescovo prattica in case di persone sospette. e .. Supplica la S. Congregatione volere provvedere in tanto inconveniente d’uno vescovo con mandar persona di buona mente a liberar quella città di molte estorsioni.
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All’Ill.mi et Rev. Sig.ri Cardinali sopra Vescovi e Regolari
Per ...
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Ill.mi et Rev.mi Sig.ri
Don Francesco Navarra canonico di Giurgento humilmente fà intendere à questa Sacra Congregatione che in detta Cathedrale sono dui canonici Don Jacomo Menga, et don Tomasso di Leto, quali per esser l’uno Fiscale, l’altro capo notaro della corte episcopale, tengono tal vita licentiosa, che in dispregio delle sacre leggi, et del decoro sacerdotale in gravisimo scandalo del publico tengono continuamente nelle proprie case loro la concubina, et di esse ne hanno figlioli, et figliole et le maritano, come si vede per publica scrittura de partibus, quale si essibisce: et maritano ancora le istesse concubine et poi repigliano le altre moderne, per non star senza: et inoltre per poter meglio mantenere dette concubine, et governare et maritar le figliole ci mandano spesso commissari delegati per la diocese, dove procedono tanto rigorasamente che in ogni cannuccia benchè minima, tanto contra preti e religiosi, quanto contra laici, fanno pagare grosse pene: oltre che loro godono la provisione di quaranta tarini il giorno deputate à detti commissarij. Et così rovinando detta diocese, la quale reclama di tanto ingiusto procedere. Et il Vescovo non ci hà mai provvisto, nè il suo Vicario, anzi questi sono li loro favoriti. Per tanto l’oratore in benef.° publico e di detta diocese, et massime de poveri oppressi et per quiete di tutti, et per decoro della vita sacerdotale supplica le ss.vv. ill.me et Rev.me à rimediare à tanti inconvenienti, che oltre sarà opera pia, riceverà per gratia etc.
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Die XIJ° Maij viiij^ Ind.is 1596.
Pro felici et prospero Matrimonio in Dei nomine feliciter contracto disponsato asubarrato, in facieme Eccl.e praecessis prius debits denunciationibus juxta formam et dispositione Sacri Concilij tridentini infra Catherinellam filiam Joannellae Palamango sponsam ex una parte et Baldassarem filium legitimum et naturalem quondam Mariani lu Ginduso et Margaritae viventis, olim jugalium sponsum parte ex altera, cogitos notario praesentes, coram nobis modo et in scriptis raedapto secundum tenorem, formam infrascriptorum capitolorum per eos ad invicem scriptorum et firmatorum mihi presentatorum tenor quorum in omnibus et pro omnia talis est ut infra sequitur VL. ...........
Capituli dello felici et prospero matrimonio in Dei nomine feliciter contrahendo secundo la costumi del rito et Consuetudine di greci secus Verius secundo li liggi et ragioni communi ditti vulgarmenti alla greca, fatti prima li debiti denunciationi et solemnità conformi alli sacri Canoni infra Catherinella figlia di Joannella Palamengo, virgini in capillo, spusa di una parte et Baldassaro figlo legittimo et naturali de lo quondam Mariano Lo Ginduso et Margarita viventi olim jugali, spuso del altra parti secundo la forma delli infrascritti capituli. V.L.
Per contemplacioni et decorationi dello quali felici matrimonio Don Thomasi di Leto Canonico Agrigentino dotau et dota et per titulo et causa di doti constituio et constituisce ad essa Catherinella spusa et per essa ad esso Baldassaro spuso unzi cinquecento del piso generali del modo et forma infrascritti. V.L.
Item unzi cento in prezo di tanti porchi, vitellazi, et ginizi quali ditto donanti si obliga consignari a ditto spuso ad ogni sua semplici requista nello territorio della Pitrusa quali porchi, vitillazi si digiano estimari per dui Communi Amici comunimenti da eligersi in pace ......... _/ 100.
Item unzi cento del piso generali in prezo di tanti gioij di oro et argento laurato da estimarsi per dui Comuni argenteri comunimenti da eligersi, quali oro et argento laurato detto dotanti si obligau et obliga consignarsi a detto spuso ad ogni pura et semplici requesta di detto spuso, inguagiata prima detta spusa et non altrimenti. In pacem .......... -/ 100
Item unzi dui cento in tanta robba bianca et arnesi exstimati per dui Comuni Amici comunimenti da eligersi juxta la forma della consuetudini di questa città di Girgenti con lo debito della terza parti di più, quali unzi duicento in robba detto dotanti si obligau et obliga consignari a ditti spusi incontinenti inguagiati che sarranno. In pacem ...... 200
Et per li altri unzi cento restanti in denari a compimento delli ditti unxi cento di dota ditto donanti per esso et soi heredi et successori in solutum detti et dona, vindio et sugiugau et sugiuga et pro titulo et causa di detta in solutum dationi et subiugationi cum patto et cartagiura di recattari come appresso si dirrà, concedio et concedi al detto Baldassaro spuso stipulanti con la authorità et consensu, interventu di Geronimo Gallo suo curatore presenti et se contentanti et la sua authorità prestanti a detto Baldassaro stabilitanti et consulenti per esso et soi heredi e successori unzi dechi annuali censuali, rendali, franchi et liberi et exempti da qualsivoglia dono, nova impositione seu colletta, dicunti et da pagarsi ogni anno per detto dotanti et soi heredi et successori in perpetuum per tutto lo misi di agusto.
onzi 10 di rendita subiugati et in solutum ut supra ditto dotanti et subjuganti per esso et soi heredi et successori in perpetuum constituio, impossi et assecurau constituisci, imponi et assecura allo ditto spuso stipulanti con l’authorità di detto suo curatore per se et soi heredi et successori specialmenti et expressamenti sopra una vigna existenti nelli territorij di questa Città di girgenti con soi terri et arbori nello territorio di Racalmari con soi stancij, fontana, et altri in quello existenti, confinanti per livanti con li terri et chiusi delli heredi del quondam m.° Stanto di Carlo artium medicinae doctoris, per mezo jorno con li terri del territorio di Racalmari et similmenti per ponenti et con lo fegho di li Cummatini.
Item sopra lu ditto territorio di Racalmari posito nelli territorij di questa preditta terra di Girgento confinanti per levanti con la vigna et terri di Marco et Bartholo Fanara, per punenti et tramontana con lo fegho delli Commitini, mezo jorno con li detti terri di detti di Fanara.
Item sopra uno tenimento di casa di esso dotanti consistenti in corpi decisette quali olim erano dello quondam Caloijro di Liuni et di Blasi Failla con lo sua Cortiglio di abaxo et un altro cortiglio della altra parti con dui cisterni et tri puzi in questa Città di Girgenti, in contrata della Ecclesia della Consulacioni, confinanti per levanti et ponenti con la via publica, tramontana e con li casi di Mattheo di Oliveri, mezo Jorno con li casi di Blanca .....
Item sopra altri salmi quattrodechi di terri con suo jardino, chianta, fontana in detto territorio di Girgenti et agregati con ditto territorio di Racalmari, confinanti per livanti con la via publica, punenti et mezo giorno con li terri dello fegho di Cummitini, tramuntana con li terri dello fegho delli Grutti rt altri confini.
Item sopra un altro suo tenimento di casi consistenti in corpi quattordechi con suo astraco, dui cisterni, dui puzi con lo baglo per livanti existenti in questa Città di Girgenti et contrata della Ecclesia di santa Maria di greci, confinanti per livanti et punenti con la via publica, et tramontana con lo tenimento di casi di don Rogeri Salamone, mezo Jorno con li casi di Don Jacopo Mengha et altri confini.
Et generalmente sopra tutti singuli altri soi beni mobili et stabili inclusi dinari, nomi di li debitori, ragioni et actioni, universi, presenti et futuri .
Li quali quidem predij territorii et beni ut supra specialmenti et generalmenti obligati et qualsivoglia di loro in solidum ditto donanti per esso et soi heredi et successori subiugao et subiugao et subiuga, submisi et submitti, obligao et hipotecau, obliga et hipoteca detto spuso per esso et soi heredi in detti unzi dechi di rendita ut supra subiugati et in solutum dati juxta la forma, tenuri et menti della bulla Apostolica di Papa Gregorio xiij et regia pragmatica sopra li subiugationi ordinati.- Ita quod la preditta speciali et expressa obligacioni subiugationi et hipoteca la prefata et infrascritta generali non geroga ne per contra ma à l’una per l’altra si corrobori et confirmi ac è converso et che si possi variari et mutari della generali alla speciali et e contra.
Delli quali quidem -/ 10 di rendita ut supra subiugati et in solutum dati detto dotanti per esso et soi heredi et successori dona la possessione lel quasi detto spusu stipulanti per se et soi heredi et successori del primo di settembre del anno viij ind.nis sequentis et hora pertanto et è converso inanti possa ditto spuso tenerli, possederli vel quasi exigere, consequitare et havere.
Et per questa causa ditto dotanti per esso et soi heredi et successori in virtù delli presenti si obligao et obliga ad esso spuso per esso et soi heredi et successori detti unzi dechi ogni anno pagarsi per tutto lo misi di agusto incominzando la prima paga per tutto lo misi di agusto dell’anno sequenti viij ind.s 1594 et cossì successive sequitarsi di anno in anno in pacem al quali annali pagamento detto dotanti per esso et soi heredi volsi essere tenuto et obligato come in casu di pesti, guerra et fami et ogni qualsivoglia altra sterilità di tempo, il che Iddio non permetta.
Ordinando detto dotanti a magio cautela a tutti singuli persune che gabbelliranno de terriranno et possediranno detti beni, territorij, predij, obligati che ogni anno per tutto agusto hagiano et digiano pagari a detto spuso a soi heredidetti unzi dechi ita che sia convento (?) di gni anno una paga circa li q. persuniet lor beni et heredi ditto dotante per esso et soi heredi cedio et cedi a ditto spusu per esso et soi heredi stipulanti et recipienti non con animo di vidiri li ragioni ma con pota.no di variariri come apresso si dici tutti singoli ragioni et actioni reali et personali, utili, diretti, misti, taciti et expressi et altri qual singola speranza et exercitio di quelli li quali havi, teni, po' et spera di haviri in detti onze 1o di rendita subiugati et in solutum dati ut supra alla sua annua exacioni et conventioni et vitioni et defensioni in ogni causa in virtù di qualsivoglia contratto et semptare constituendolo procuratori alla sua causa et mettendolo allo suo loco in questa parte etc.
Quali quidem doti, denari, robba, gioij, renditi et altri ut supra expressati et dotati siano et si intendano dotati a detta spusa per quella integra parte ad essa spusa toccanti come donatario di detto don Yhomasi dotanti di tutti et singoli quelli beni mobile et stabile, terri et altri contenti et expressati nello atto di donationi fatta per esso don Thomasi a detta spusa et a Francesco et Andrea et altri fratelli di detta spusa nelli atti di Notar Gian Domenico Bertuglia die 29 Aprilis p.^ Ind. 1588 et per la integra parte toccanti a ditta spusa di quelli beni et gioj consignati per detto Di Leto dotanti a Joannella Palamengo in virtù di atto di consignationi celebrato nelli atti di detto di Bertuglia die 2° Maij p.e Ind.s 1588 et ancora in virtù di altro atto di ratifica con incerto tenore fatta per detta Joannella Palamengo nelli atti di Notaro Antonino Aronica di Caltanixetta die 16 octobris iij^ ind.is 1589, et per tutte si voglia altri ragioni ad essa toccanti et per ragioni di alimenti et cossi ancora ad esso Baldassaro spusu di quelli si contentau et contenta tanto per esso come ancora per nome et parte di detta Catherinella spusa per la quali esso Baldassaro con l’authorità et consensu di detto di Gallo suo curatore presente et permetti di arato iuxta la forma dillu ritu della Regia Gran Corte et quoniam detta Catherinella spusa sarà di età di anni 18 compliti di presenti capituli et contratto da farsi matrimoniali ratificherà accettirà et confirmirà et si contentirà di tutti licosi nelli presenti capituli contenti per atto publico in margine o per altro notaro con lo inserto tenore di quelli altrimenti si possi procedere juxta la forma del detto .. contra esso Baldassaro li quidem unzi deci di rendita ut supra dotati et in solutum dati ditto dotanti per esso et soi heredi promisi et si obligau et obliga ad ditto spusu stipulanti per esso et soi heredi a detti beni specialiter et generaliter obligati sempri et ogni futuro tempore legitimamenti defendere di qualsivoglia molestanti persona etc. et di qualsivoglia evicioni esseri tenuto etc.
Item ditto spusu constistuixi a ditta spusa per ragione di dotario et antefato unzi quaranta del peso generali in denari quali ditta spusa possa consequitari supra li beni di detto spusu tanto si fanno figli quanto ancora senza figli ex fatto.
Item processi di patto che detta spusa possa in arcticulo mortis per una volta tanto disponere unzi cinquanta della somma di detti doti in denari et ancora in sanità quando li piace per una volta tanto a sua volontà et a cui li piaci.
Item processi di patto che detti doti ut supra dotati siano et si intendano dotati con questa condicioni che detto spusu haggia e deggia campare pacificamenti et quietamenti da vero et perfetto christiano et non perpetrari nè committeri delitto alcuno in crimine lesae maiestatis divinae et humanae nè qualsivoglia altro delitto per lo quali succedisse lo casu di confiscationi di beni altrimenti succedendo tal causa detti doti ut supra dotati ... in denari, robba, et renditi come in gioij ut supra expressati siano et si intendano acquistati alli figli di detti spusi da nasciri del presente matrimonio et in defetto che non havessero nati figli si intendano restituiti. In detto caso et ex nunc pro tunc et è concesso alla ditta Catherinella spusa come sua dota per mesi sei innanti la perpetrationi et comiso delitto tali casu et condicioni che dopoi impetrata et obtenta venia siano et si intendano un’altra volta dotati conforme alli presenti capituli et non altrimenti stanti che esso dotanti volse et vole che sempre restino detti dote inlese et intatte et reservate per la ditta Catherinella spusa et soi figli legittimi et naturali di patto etc.
Item cum per ornamento del presente matrimonio detto Baldassaro spusu con l’authorità et consensu di geronimo Gallo suo zio et curatore presenti et quillo authorizanti portau et porta nupcias la integra parte di esso spuso toccanti di tutti beni mobili stabili renditi ragioni actioni universi lassati dopo la morti del detto quondam Mariano Ginduso suo padre in virtù di suo testamento fatto manu publica die etc. et specialmenti di quelli renditi ogni anno che si devono per donna Francesca et don Micheli Morreali sopra la baronia di Castrofilippo et altri beni, in virtù di publici contratti manu publica die etc.
Item processi de patto che in casu di separatione del presente matrimonio quali forte succedisse per morte di essa spusa quali forte morisse senza figli del presente matrimonio o con figli legitimi et naturali et quilli nati et morti in minuri seu maiuri età et senza figli legitimi et naturali et in ogni et qualsivoglia altro casu di restitutione detto spuso sia tenuto et cossì si obligau et obliga in detto casu et hora per tando et è convento con l’authorità di detto suo curatore presente etc. ditti doti restituire a Francesco, Andria et Eufemia di Leto frati et sorodi detta spusa et loro figli legitimi et naturali et qualsivoglia persone vennero che succedendo lo casu di detta restitutione di dote vivente detta spusa si digiano ditti doti restituire a ditta spusa cioè li denari in denari li renditi in renditi et in detto lo prezo et la robba pezo per pezo come si troverà una con lo ditto antefatto et quilla robba che mancasse sia obligato ditto spusu restituirla et pagarla conforme alla stima et consuetudini preditta di questa Città di Girgenti etc.
Nello quali caso di restitutione et è converso detto spuso con l’authorità di detto di Gallo suo curatore presenti etc. per esso et soi heredi et successori specialmenti et expressamenti obligau et obliga, hipotecau et hipoteca ad esso dotanti, stipulanti et a cui ditta restitutione si doveva fare. Io notaro stipulanti per essi detti et singuli soi predetti beni, mobili, stabili, renditi et ragioni ut supra per esso propter nuptias apportati li quali tutti et singuli in dittu casu et hora per tando et è converso si li constituero et constituixi per constitutum per nome et parte di quelli alli quali si doveva fare detta restitutione, io notaro stipulanti per essi et hora per tando etc. tenioli et possedioli li quali stiano in ditto casu et da hora per tando inanti vinculati et vinculo restitutionis subiecti per lo retto casu di restitutione di detti doti.
Item cum patto che volendo ditti spusi stari alla casa di detto dotanti ipsu dotanti sia tenuto dari a ditti spusi una loro citella et cum garzuni et anni tri di tavola franca.
Item etiam cum pacto che volendo stari ditti spusi et habitari nellu tenimentu di casi che era di caoiro Liuni et Blasi Failla et uno appartamento di detti casi che vi possano habitari per quanto tempo vorrà ditto spuso di anni deci senza pagari loeri ex pacto etc.
Item cum pacto che detto spuso sia obligato detta spusa ingiagiare et desponsare in faciem Ecclesiae juxta la forma delli sacri Canoni et che delli presenti capituli se ni diggiano fari publico contratto con quelli patti clausoli cauteli obligationi et altri che in quelli si requedino et requesta di l’una et l’altra parti.
+ Io Baldassaro lo Ginduso spuso confirmo li presenti capituli-
+ Io don Thomaso di Leto confirmo li sopra detti capituli.
Die 18 februarij Vij^ ind.is 1593 fuerunt presencia capitula matrimonialia exibita et presentata mihi notario Filippo La Tona per don Thomaso de Leto dotantem et Baldassarem de Gindusio sponsum in infrascriptis capitulis nominatos cognitos mihi notario presentes etc. ipseque Baldassar cum aucthoritate et consensu Hieronimi Gallo eius avunculi et curatoris mihi notario cogniti presentis et eum authorizantis eciam ad effectum conservandi et ad eum requisicionem faciendi contractum matrimoniale juxta eorum seriem (?) et tenorem et sub pactis et obligationibus cum talibus requisitis unde ectiam coram presbitero Andrea Calì et clerico Vito Soldano.
Quibus quidem contractu et capitulis matrimonialibus lettis et declaratis et patefactis per me notarium infrascriptum de verbo ad verbum et de prima linea usque ad ultimam fermiter ut iacent in vulgari sermone prefatis Baldassari et Catherinellae Gindusio sponsis et don Thomae de Leto dotanti in ipsis contractu et capitulis matrimonialibus nominatis cognitis mihi notario presentibus et audientibus et per eos bene et optime intellectis perceptis et auditis et cum juramento dixeruntu ipse Baldassar et Catherinella Gindusio jugales et don Thomas de Leto dotans cives Agrigenti cogniti mihi notario coram nobis sponte ditta presentia capitula et contracta matrimonialia et cum omnibus et singulis in eis contentis ratificaverunt et ratificant acceptaverunt et acceptant laudaverunt et laudant, approbaverunt et approbant et plenissime confirmaverunt et confirmant juxta eorum seriem continentia et tenorem pleniorem et se obligaverunt et obligant una pars alteri et e converso stipulantibus hoc est dictus De Leto ad solutione dotium in pecunia raubae iugalibus redditibus et aliis infrascriptis et capitulis matrimonialibus dotatarum dittis jugalibus de Gindusio et dictus de Gindusio eidem De Leto ad restitutionem earumdem dotium in illis temporibus casibus solutionibus cateminis et in et sub illis pattis clausulis cautelis obligationibus renunciationibus ex alijs impedimentibus contacto et capitulis matrimonialibus contentis et expressatis. In pace etc.
et ultra dictus Baldassar vi presentis ratificavit et ratificat et plenissime confirmavit et confirmat omnes et singulos actos et apocas solutionis in compotorum dittarum dotium per eum factas manu quorumvis notariorum et ultra dixit et confitetur habuisse et recepisse a prefato De Leto stipulanti infrascripta jugalia aurea. V.L.
Item una catina di oro astratto di piso di unzi deci per unzi quaranta dui 42 -
Item uno frontale di oro in pezi 13 parti con soi petri et parti con li perni per 8 -
Item uno maro (?) di manigli d’oro per 10 -
Item una gioia seu Agnus Dei per 5 -
Item paro di pendagli d’oro con soi petri et smalti di piso di undici tarpisi per 2 - 6 -
Item et uno gigitali di oro per 0 - 20 -
quae in totum summam capiunt unciarum 67 et tarenorum viginti sex juxta estimationem fattam per magistrum Vincentium Cuchiara artificem comuniter electum cognitum etc. presentem etc. quam estimationem laudaverunt et laudant approbant et plenissime confirmaverunt et confirmant renuncians etc. et sunt in compotum unciarum centum dotatarum in jugalibus pro ut supra renuncians etc.
Et ultra dictus don Thomas vi presentis consignavit et consignat ditto Baldassari stipulanti dotes et raubas infrascriptas V.L. In primis
Item tri matarazi v.l. dui pinti et uno bianco chino di lana per 14 -
Item una tavola di nuci per 1 -
Item una trabacca per 6 -
Item 4 seggi di nuci grandi et una picciola per 4 -
Item una cultra aperta di Tripuli per 12 -
Item uno specchio grande per 1 - 12 -
Item un’altra cultra di tila per 10 -
Item uno mongili rosato a fundo di oro per 24 -
Item una tovaglia di Landa laurata di sita carmixina alli capi con soi catinelli
et frinzuni 4 - 15 -
Item uno paviiglone di tila di casa infardato di gruppo largo alla balla alli parti
et allu capello et in fardi 13 et meza con priso lo capello et in canni 16 con soi
frinzi di filo 24 - 25 -
Item uno paro di linzola di tila di casa novi et suttili infardati alla guglia et guarnati
di pizitelli a Chiaramunti et alla balla in farda sei et canni setti et palmi 4 per 5 -
Item un’altro paro di lenzola di tila di casa novi semplici in fardati alla guglia in
canni cinque et palmi quattro et infardi 5 4 -
Item uno torniatori di tila di casa suttili novo infardato di gruppo et con so gruppo
allo capo in fardi otto et in canna una et palmi quattro 1 - 6 -
Item una tovaglia di tavola allo torneci con finzuni alli capi in canna una et palmi setti 1 - 12 -
Item un’altra tuvaglia simili di simili prezo 1 - 12 -
Item un’alyto paro di lenzola di tila di casa novi infardati alla guglia guarnuti di
fenzetta ciò cum circa in fardi quattro et in canni setti et palmi 4 per 4 -
Item una cultra allu pinto listiato in tocco in canni dui et palmi sei per 4 -
Item una tuvaglia di tila di Landa tagliata alli capi con soi continelli et frinza in palmi 6 2 - 15 -
Item un’altra tuvaglia di tila di Landa laurata alli capi di sita carmixina semplici senza
guarnicioni in palmi setti per 1 - 15 -
Item una tuvaglia di tavula di fiandani in canna una per 2 -
Item uno paro di cuxini di tila di Landa infardati di gruppo alla Balla novi vacanti per 2 - 15 -
Item uno cullarichio di tila di Landa guarnuto di gruppo alla balla et sfilata con so
gruppo largo alla balla in palmi 4 1 -
Item uno paro di maxxillari di tila di Landa guarnuti di gruppo in palmi sei 0 - 16 -
Item una tovaglia di tila Lixandrina intagliata alli capi con soi continelli et guarnuta
di frinzetta bianca et torchina in palmi 7 1 -
Item una tuvaglia di tila di Landa intagliata alli capi rusata in canni unu et palmi 2 0 - 24 -
Item canni 4 et palmi 6 di tuvaglia di tavola in toccho semplici per unzi 2 -
Item dui gippuni imbuttiti l’uno di sita carmixino et oro et l’altro di sita virdi et oro per 5 -
Item canna una et palmi setti di tila Lixandrina per 1 -
Item uno paro di cuxina tramizati di tila di argento et villuto carmixino per 8 -
Item una tovaglia di Cambrai eon soi gruppi alli capi in palmi setti per 1 - 6 -
Item una tovaglia di tavola allo tornici con suoi cordinelli alli capi in canna una et palmi 4 1 -
Item una tovaglia di tavola allo tornici in canni dui et palmi quattro 1 - 18 -
Item dui caxi di nuci per 6 -
Item uno scrignetto di pilo per 1 -
Item una caxetta di Lapizo per 1 - 18 -
Item una caxa di ramo per 1 - 24 -
Item uno coxino di velluto carmixino con soi frappi di giallo per 2 -
Item uno guarnimento di cuatro di sita intilarato dilla prisintatione dilli tri Re per 1 -
Item una frazata una nova per 2 - 18 -
Item uno scrittorio di nuci per 10 -
Item uno pavigluni di tila di casa suttili in fardato di frinzetta con suo in taglio alli porti
et allo capello in fardi quindici et meza et in canni quindici compriso lo ditto cappello et usato 6 -
carmixina quidem rubae in toto fuerunt et sunt et summam capint unciarum centum et ottuaginta quatuor et tarenorum quatordecim pond. gentile. juxta estimacionem fattam per presbiterum Andream Calì estimatorem comuniter electum cognitum mihi notario presente etc. cum additu terciae partis pluris juxta formam consuetudinis Agrigentinae quam fidem estimationem ditti contrahentes ratificaverunt et ratificant et approbant et plenissime confermarunt et confirmant quasi et quos unc. 184 - 14. in rauba salvo semper errore calculi dittus de lo Gindusio dixit et confitetur habuisse et recepisse a dicto dotante De Leto stipulante pro bonis etc. de peccio in peccio prout superius sunt annotata renuncians etc. et sunt in computum unaciarum ducentarum in rauba sibi dotatans pro ut superius dictum est renuncians etc. carmixina omnia sun sub hipoteca etc. cum refectione etc. et viaticanum (?) commissarij agozirij et procuratoris etc. et fiat ritus et executio in personis et bonispartis contravenientis liceat variare etc. adversus quem prius etc. et pignora vendant ad discursum etc. renunciando etc. et specialiter Cum juramento privilegijs fori eorum beneficio moratoriae quodatici (?) supercessoriæ quinquennalis dictus De leto capitulo idoardus (‘) privilegijs censibus etc. quibus etc. et predicta attendere etc. Iuravit etc. unde etc.
Testes Clericus Joseph lo Valvo et Thomas et Hieronimus Gallo
Ex actis meisPhilippi Latona Agrigentini (.....)
Nos Jurati magnificæ civitatis Agrigenti de regnio Siciliæ universis et singulis personis tam huius Siciliæ Regni quam totius mundi parte fidem publicam facimus quatenus præsens copia fuit extratta ex actis notarij Philippi Latona huius civitatis publici notarii et extratta esty de sua propria manu (...) (...) ad et adhibenda est indubitata fides in judiciis et extra, cuius rei testimonium has nostras testimonialies literas fieri subscrimus nostris proprijs subscriptionibus subscriptas et sigillo dictæ (... .... ... ) utimur in pede munitas et sigillatas (... .... )
Agrigenti X augusti X ind. 1599-
+ don Vicenso Ficarra J.
+ Joseph Milus J.
^^^^
Copia contractus Matrimonialis
Pro
Don Thomasum de Leto et
D. Jacobus Menga de Girgenti
die 28 aug.ti 1599
|
Baldassare lo Gindusio
cum
eius sponsa
Instantia pro monit. ad ph. comparendum
seu liberis pro capiens judiciis
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
Che il Vescovo si vale, et favorisce
grandemente a canonici della cathedrale
un jacomo Menga, et Tomaso di
Lecto de quali uno è fiscale, et l’
altro capo notaro della sua corte;
con scandalo grandissimo della Città
per la sua mala vita.
Costoro stanno in continuo con-
cubinato publicamente et se le
tengono in casa propria de quali
hanno havuto et hanno figli et figliole
et li hanno maritate, come appare
dall’incluso instrumento di contratto.
Maritano ancora le concubine
e poi ne pigliano delle moderne
Per mantinere costoro procurano
dal vicario .. in Diocese dove
fanno assaissime estorsioni, et
... per ogni bagatella, pigliandosi
40 tarì il giorno, di pron.e
L’Arcivescovo et Vicario non c’hanno
mai provisto, anzi li favoriscono,
et si dà occasione a clero
et Laici di esclamare .
suppl.ne pere prov.ne non potendosi
più supportare tali aggravij
(richiesto)
mandano un contratto di
matrimonio seguito una figlia
di D. Tomaso di Letto Ca.co
di Giurgento e Baldassaro
Lo Ginduso con la sua dotazione.
|
Alla Ill.ma et Sacra Congregatione
sopra Vescovi
Giorgento
Per
Don Francesco Navarra Canonico
di Giurgento
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Giorgento
Sommario del Processo che ha esibito il Vescovo di Giurgento delli aggravi ricevuti da diversi Baronie prima expone che il principe l’odia perché non ha volutodetto Vescovo condannare indebitamente il clerico Calcerano Serravilla creditore di esso conte di molte migliaia di scudi che il procuratore di detto principe Alfonso havea levati di casa della sorella del detto clerico con violenza come appare per una lettera viceregia deleg.ria nel principio del processo IN C. 1. vI è ancora copia della sentenza metropolitana confirmante quanto esso vescovo havea fatto nella supradetta causa i in favordel clerco Calcerano a c. 3.
2° D. Bartolomeo Tagliavia ha impedito che il vicario procedesse contro suoi soldati per concubinato anzi per disturbare fece prendere clerico Matteo Cotauro ? sotto pretesto che havesse la notte seguente sparata una scopetta di più essendo andati molti ministri ecclesiastici per per intimar le censure a chi havesse torturato il detto chierico preso venne d. Bartholomeo e afferrò il petto del capo delli erarij e diedelo in potere dei suoi soldati che li maltrattarono e di più ingiuriò il procuratore fiscale che l’ammoniva. Questo si prova per 9 testimonii a c. 5.
Di più don Bartolomeo fece sonar tamburo et attorniare il vicario nella casa sua da soldati, havendo serraye le porte della Città e prohibendo a Sacerdoti che non potessero ricorrere da lui ne anche per essere esaminati. Si prova per 11 testimonii.
Di più s’è rimesso a carcerare Clerici, a minacciar chi promulgava scomuniche. Entrato con archibugeri a minacciar li detti clerici, anzi sino in Sacristia. Si prova per 4 testimonij; per coprire li torti fatti a clerici ha fatto esaminare tre testimonii falsi contro: a c. 6.E’ stato scomunicato et ha presentato oltre l’anno nella scomunica a c. 6.
Mostra una fede come fu carcerato detto d. Bartolomeo in Palermo per questi eccessi dal Vicerè a c. 7.
£°. Don Gastone Lo Porto venne a visitar mons. Vescovo e per causa della decima che esso Lo Porto impediva ad Antonio Perez V.G. del Vescovo vedendo che Monsignore non voleva far a modo suo li mise a insurtarlo dicendo che musica era della parola sua e altre parole impertinenti e le metteva quasi le mani in faccia bavando e dicendo che con la bocca dicea una cosa poi ne faceva un altra e sprezandolo si fussi: questo lo depongono 3 testimonij de audito et visu.
Di più don Petro Lo Porto disse al giudice deputato su Monsignore sopra la cognotio della decima che non se n’impedisse se non li sarebbe nemico. Lo depongono 3 testimonii de auditu.
Havendo don Pietro Lo Porto in casa una adultera accusata al vescovo dal marito, esso vescovo mandò a ricercarla a a detto lo Porto che gliela desse ... il quale gliela diede con queste parole cioè va via donna che staria meglio in casa di detto vescovo. Poi disse al sangue di Dio che come la romperò la romperò con spendere la vita e la roba per l’horor suo e disse di più che quella donna presa potria essere che Monsignore perdessi lo vescovado: lo depongono questo 4 testimonij de visu.
4° La duchessa di Bivona era sdegnata contro il Vescovo perché ha fatto procedere alle censure contro don Pietro Cardona suo Capitano il quale diede in mano dei suoi soldati e menò carcerato il clerico don Petro de Putuletto ? perché contrattava con un officiale di detta duchessa che li volse dar un pugno e gridando esso clerico che la corte secolare non haveva a far con lui d. Capitano Cardona disse menatelo dunque carcerato a nome del Vescovo e così fu menato nelle prigioni secolari: questo lo provano 9 testimonii de visu a c. 23.
5° Il Marchese di Giuliana era sdegnato contro il Vescovo perché il Benefatto di Chiusa suo capitano prese di notte il sudiacono Vincenzo Cansonieri (?) con la speda e dicendo esso clerico che lo menassero dal vicario suo giudice gridava il capitano che Vicario che Vicario e diceva menatelo e strattetelo nelle carceri onde lo legarono per le mani e strascinarono pigliandolo per li piedi e mani di peso anzi senza beretta e ferito in testa con molto sangue era un’ingiusto di detto capitano il fatto suo d. Francesco Benfatto sinchè il clerico con ferri ai piedi e mussoli dal capitano fi carcerato. Questo fatto consta per 12 testimonii.
Onde perché il consultori ordinario del Vescovo procedette alla carceratione e scomunicha contro d.° Benfatto che fu poi assoluto il Vescovo odiato da detto marchese. Il quale di più fece condurre clerico Vespasiano Mancusi dalla terra di Giuliana in Girgenti al Vicario il qual clerico lo fece porre sopra un mulo in groppa sopra uno bardo e condurre senza beretta per la terra con scorno accumpagnato da soldati. Si prova per 3 testimonii c. 31.
Seguitano due ptoteste del clerico d. Vespasiano Mancuso fatte al Vicario che dovesse provvedere al torto fattoli altrimenti haveria ricorso al vescovo di Giurgento futuro et anche al Vicerè come monarcha del regno a c. 33.
Mostra per due lettere del decano a c. 37 e 39 che il detto Marchese pose alla tortura un clerico dicendo esser esso giudice competente e lo bandì onde uscendo detto clerico in campagna ci fu levata la testa come a bandito. Ne ha bandito un altro.
6° A c. 41 si vede per una scrittura che il Conte di Recalmuto ha procurato di levar il spoglio dell’arciprete di Recalmuto che tocca di rigore al vescovo in pregiudizio della invistitura ecclesiastica; anzi detto Conte fece venire una lettera della giustitia per levare il spoglio a d. Vescovo c. 43, se bene il regitore di Sicilia conoscendo le ragioni del Vescovo comandò che li fossero ristituiti li beni del Arciprete a c. 45.
Si veggano le fedi delli giurati di Giurgento come la spoglia del d. Arciprete tocca al Vescovo di Giorgento a c. 47 per insino a c. 56.
Mostra come detto Conte odia il Vescovo perché vuol essere superiore allo prelato con tener egli carcerati clerici per la seguenti fede e testimoni che sono ... a c. 52. Anzi perché il Vicario del vescovo impedìa d. Geronimo Russo, genero d’esso Conte e governatore di Rachalmuto che non torturasse il detto clerico come suole e periò procedette a monitorij e scomunicha il detto Conte lo volse far chiamare in consiglio dal regitore.
7° Don Cesare lo Carretto, parente del suddetto Conte, fece scappare dalle prigioni del castello due preti prigioni del Vescovo per haver rubato in campagna: questo si prova per 7 testimonij de quali parte de visu - c. 69 per questo odia il Vescovo d. Cesare Carretto ma s.e perché fu proseguito a informatione contro li complici della fuga procurata e anche perché non volse il vescovo restar di non procedere al castigo del Clerico Petro Canzoneri, imputato di nefando crimine per don Gio: Villaraut nemico di d. d. Cesare non ostante che il detto clerico havesse ricorso alla Monarchia come consta a c. 81.
8° Il Barone di Raffadali odia a morte detto Monsignore perché pretendendo il iuspatronato della chiesa maggior di Giurgenti pretende seder con li suoi figli e parenti sopra il Capitolo con indegnità dell’ordine ecclesiastico come risulta per 4 scritture e memoriali presentati dal Barone al vescovo a c 83. sino a c. 99. Onde havendo il Vescovo rimediato all’inegnità ecclesiastica e procurato che li canonici restassero in posseso del luogo loro il detto Barone se lo fece nemico e tanto che li giurati della città turbassero la giurisditione che haveva ab antiquo il Capitolo su una fiera di S. Giurlando al quale intieramente non ha potuto possedere. Questo consta per le scritture esibite dalli canonici a c. 92 in sino a c. 103.
Mostra una copia di una supplica per la quale detto Bartolomeo Tagliavia parlando impertinentemente del Vescovo ricorre alli Inquisitioni come persona del foro loro Questa supplica sta a c. 103.
Mostra anchora un altra supplica con la quale detto supplicante ricorre al Arcivescovo di Palermo a c. 103.
Mostra un bando delli giurati dove proibiscono che nessuna persona sia di che stato e conditione si voglia non si intrometta nel governo della città di Giorgento contro li quali fece il Vescovo un altro manifesto per difesa della jurisditione ecclesiastica per le quali cose è malvoluto da tutti onde non è maraviglia se viene imputato da tutti di calunnie delle quali esibisce giustificaficarsi con l’agiuto della S. Congregatione, la qual supplica voglia provedere a tanti scandali in pregiudizio della immunità della Chiesa.
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Ill.mi r Rev.mi ss. ri oss.mi
Il Vescovo di Girgento dice alle ss. vv. Ill.me e Revv.me che essendosi degnati commettere la causa sua e delli canonici D. Raimondo Vitali e don Francesco Navarra all’ill.mo sig. Cardinale Burghesio, voglino anco restar servite far che si trasmettano tutte le scritture, affinchè, intese le ragioni di ciascheduno possi quell’Ill.mo farli compimento di giustitia.
Supplica anco le Ss. VV. Ill.me che havendo cominciato il decano di Girgento la repetitione de testimonij nella causa di dettoi Canonici per ordine di questa Sacra Congregatione e procurando detti Canonici di tirare a lungo il negotio, con appellare e dare per sospetto detto Decano, già che conoscono facendosi la giustitia venire condannati, voglino ordinare che si proceda conforme all’ordine dato non obstante detta appellatione, è che detto di Navarra sia astretto à presentarsi innanti il Vescovo sudetto con securtà conveniente alli delitti ed eccessi da lui commessi, affinchè si levino le occasioni de tanti scandali, tanto più che quel che informa detto Navarra la Sacra Congregatione con dire che il Decano l’ha fatto ingiustitia servendosi de officiali ad esso sospetti per essere Ministri de la Corte di esso Vescovo, non è come asserisce, poichè tutti li officiali l’ha eletti detto Decano d’espresso gusto e contento di essi Canonici, come per fedi authentiche qui incluse si mostra, e solamente uno di essi Giuseppe de Marco è officiale dela Corte Vescovile, e fu espressamente eletto come homo virrtuoso e non sospetto, non havendo stato officiale nel tempo che si presero le informationi contro detto Navarra.
Ed il tutto si riceverò a gratia e prega per le ss. VV. Ill.me quas Deus.
Dati Agrigenti die 27 ottobris XIIJ Ind. 1599.
Informationes p.tti et examinati per me don Hieronimum Zanghi decanus canonicalis Ecclesiaæ Agrigentinæ in diem, delegatus in causisi .. ad informationis Sacræ Congregationis ill. et rev. d. Cardinal. supra episcopis ...
T.tio Marci Cullolla cursoris offitii don Hieronimi Zanghi .... talis est qualiter: « al 14 dello presenti misi di ottobro essendo esso Testimonmi in casa del medico Pietro Capizi dove erano ancora detto Decano, il dottor Vincenzo Lauricella, il dottor Anibale Capizzi e li canonici don Raimundo Vitali et don Francisco Navarra et si travano di fare eletioni di mastro notario in li causi di li detti canonici, lo ditto Anibali disse a detto testimonio che andasse a chiamare un notario publico. Volimo faro lo atto di la eletione di mastro notaro in persona di Joseppi di Marco per li causi di detti canonici li quali erano illà contenti quando esso testimonio ebbe detti ordini et havendo andato vindi appresso di esso testimone lo niputi di ditto di Navarra a sollecitari che non tardassi a venire con detto notaro et havendo retrovato a Gerlando di Mazara quello portaro di casa di detto di Capizi, dove retrovaro a tutti li presenti congregati insiemi. Isso testimomio lassao al detto nataro et sini andao per fatti soi declarando esso testimonio che di poi intisi diri che ditto notaro Gerlando, per ordini del detto Decano, in presentia di li ditti Canonici Vitali et navarra et di li dottori Lauricella loro avocato et Anibale capizzi et Pietro Capizoi medico, habbia fatto lo atto di la eletione di notaro in presenza di ditto di Marco» Et hæc est eius relatio fatta ..
Ex actis officii Dottoris Don Hieronimi Zanghi decani et judicis in causa extrattta est præsens copia . Coll. Salva - Joseph de Marco Mag. Notar.
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Relatio Marci Collella - Cursorii.-
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Relatio mei notarij Gerlandi de mazara de Agrigento qualiter cum die 14 præsentis mensis octobris fuerim vocatus per Marcum Collella ad ordinem don Ieronimi Zanghi sacræ Theologiæ u.j.d. decani agrigentini qui reperiebatun in domo Petri de Capizi A.v. m.di et sic accessi in dittam domum dicti de capizio ubi inveni istum decanum, dictum Petrum et anibalem de Capitio patrem et filium, Vincentium Lauricella doctores et vidi et erat don Raimundus de Vitali canonicus agrigentinus qui stabant sedentes congregati in ditta domo. Ibidem dittus don Ieronimus Zanghi tamquam deputatus elettus per incaricum generalem diocesis agrigentinæ dixit mihi: Facite actum eletionis m.ri notarij in personam Joseph de marco in causis don raimundi Vitali et don Francisci Navarra et sic isse decanus respondit predittis prænominatis sedentibus ... de Vitali et de Navarra essent consensientes ad confetionem ditti actus et dictus de Lauricella vel dittus petrus de Capitio dixit unus ipsorum non est necessarium quod ponantur et consentiant ipsi de Vitali et de Navarra in dicto acto et siv dittus decanus fecit mihi publicare dittum attum et sic publicavi et feci issum attum in presentia dittorum don Raimundi dottoris ditti de Lauricella dottoris et ditti Petri et Anibali de Capitio in ditta domo et etiam erat dittus don Franciscus de Navarra prout audivi ab alijs astantibus quia ego invigilabam confetioni actus et non et non videndum qui ibi aderant qui quidem attus fuit est tenoris sequentis v.l.:
Die 14 ottobris XIIJ ind.nis don geronimus Zanghi u.j.d. regius cappellanus et decanus huius Cathedralis Ecclesiæ agrigentinæ mihi notaruio cognitus coram nobis elettus et deputatus, don Antonij Perez u.j.d. diocesis agrigentinæ virtute attus eletionis fatti in curia episcopali eiusdem civitatis Agrigenti die præsentis mensis in causis vertentibus in ditta curia contra don raimundum Vitali et don Franciscum Navarra canonicos agrigentinos sponte elegit et eligit ac fecit et facit magistrum notarium in dittis causis Ioseph de Marco cum oneribus adittum officium spettantibus et pertinentibus unde etc. Testes Petrus de Capitio Ar:m:d: et Anibal u.i.d. pater et filius et hoc est mea relatio fatta cum iuramento et de ordine don Ieronimi Zanghi s.t. u.i.d. decani agrigentini deputatus ut supra. Hodie die 23 mensis ottobris xiij ind.nis 1599 unde etc.
Ego not. Gerlandus de Mazara confirmo ut supra.
Nos Jurati magnificæ civitatis Agrigenti universis usi notario .. quam Siciliæ quam totius mundi parte fidem indubiam facimus quatenus subscriptio in pede supra scripturæ ... fuit et est de propria manu notarii Gerlandi de Mazara huius civitatis Agrigenti notarij ... Relatio preditta adheberique adhebenda est indubitata fide in judicijs et extra rei testimonium has nostras testimoniales literas fieri subscrimus nostris proprijs subscriptionibus in pede munitas et sigillatas .
Agrigenti 23 ottobre XIII ind. 1599- Ubertinus de Belguardo J - Joseph de Fide J.
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All’Ill.mi e Rev.mi ss.ri Card.li de la Congregazione sopra Vescovi
Per il Vescovo di Girgento
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Ill.mi et Rev.mi ss.ri
Fu dalle Ss.rie VV.e Ill.me ert Rev.me questi giorni provisto, noi instantimene supplicandole per zelo dell’honor di Dio, e della verità, s’havesse da una persona non suspetta esaminata, e determinata la causa nostra con l’herario di Mons.ri di Girgenti e datoci il Decano per giudice, il quale non trattandola secondo la mente delle SS.rie VV.e Ill.me et Rev.me si come per una supplica fatta vi vedranno le suspettioni, e le cause pronti di provarci tutte; supplicano perciò le delle SS.rie VV.e Ill.me et Rev.me poichè li rispetti et li potencie delli adversarij adombrano la verità, et ci opprimono non possendo forza alcuna cederci, voglamo dimostrare segno della giusta e santa mente delle delle SS.rie VV.e Ill.me et Rev.me per honor di Dio: Certificando le delle SS.rie VV.e Ill.me et Rev.me in queste parti non vi serà persona che non sarà sempre da costoro tratta alle vogle loro. Onde di novo supplicano le delle SS.rie VV.e Ill.me et Rev.me non potendo mancare di provedere per altri negotij questa Chiesa di persona grande et intiera, voglano degnarsi deputarci anco questa causa et che l’habbia a trattare con secretezza e basciando humilmente le sacratissime mani delle delle SS.rie VV.e Ill.me et Rev.me
In Girgenti il dì 20 di ottobre 1599
Ill.mi et Rev.mi SS.ri, devotissimi oratori delle delle SS.rie VV.e Ill.me et Rev.me
Don Ramondo Vitali
Don Francesco Navarra Canonici di Girgenti.
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Ill.mo e rev.mo Decano di questa chiesa Cathedrale.
Don Rajmondo Vitali et don Francisco Navarra Canonici della Chiesa di Girgenti dicono che hieri che foro li 18 del presente mese di ottobre supplicaro a V.S. del tenor seguente:
Ill. et molto Reverendo Sig. Decano di questa Chiesa Cathedrale, Don Raimondo Vitali et don Francesco Navarra dicono che Giovedì che foro li 17 del mese di ottobre fecero una supplicatione del tenor seguente
Ill. et molto Reverendo Sig. Decano di questa Chiesa Cathedrale, Don Raimondo Vitali et don Francesco Navarra diceno che essendo stati remessi le cause loro in persona di V.S. con potestà di potere determinare finire et decidere tutti li imputationi contra essi pretesi con facultà di potere prendere tutti i processi et scripture fattae contra li esponenti nella corte episcopale li quali ci si intende esser stati prese et essere in potere di V.S. pertanto supplicano li qui presenti che conforme all’ordine dato à 23. della Sacra Congregatione debbia procedere in dette cause et acciò si veddano le calunnie dell’adversario et la justitia delli opponenti et per chiarezza della verità tuttu quelli testimonij prodotti contra essi exponenti essendo stati presi per la Corte Episcopale et ministri di quella suspettationi delli opponenti si si habbiano a pigliare tutti per extensum et supra tutto fatto conforme alli Capitoli delRegno et intero quindi minutamente di loco et tempore acciò si scopriscano li trattati fatti injustamente contra li opponenti ... la quale supplicaitione fin oggi ch’sono li 18 con tutto che si havesse più volte con grande instantia dimandata non si ha potuto obtenere ne con provvista ne senza il che è stato et è contra l’ordine et forma di tutti magistrati, ecclesiastici et seculari che presentando li parti supplicatione subito che sono decretati si restituiscano alli parti acciò che quelli a suo modo possino usare come che è negotio che spetta à loro et ...
Tratenersi la ragione la detta supplica perciò li exponenti dicono che voglia ordinare che ci sia data la detta sup: ne acciò possino sapere la loro strada et ita supplicano et altissimus... li quali fin hoggi non li hanno potuto exeguire essi exponenti contra la forma et stilo di tutte corte per il che si conosce la justitia denegata non potendo havere li soi originali presentati a V.S. Anzi questa matina si trovano li exponenti citati a presentare supplicatione ad instantia del Fisco al quale volendo essi rxponenti respondere andaro da Jseph di Marco m:ro notaro eletto per V.S. per la copia; il quale disse non havere detta supplicatione ma che l’haveva V.S. . Per il che si vede chiarissimamente l’aggravio grande che si fa alli exponenti per non si potere defendere dalli calunnij delli inimici li quali vanno offuscando la verità per l’interesse et con tutto che per procedersi juridicamente havessero li exponenti requesto à V.S. che si pigliasse un consultore non suspetto alle parti et di bona vita, havendoci preposto molti et fra li altri al dott. Jo: Ph/o Testaij di Palermo ed anco giudice della Gran Corte per sua Maestà molti altri personaggi et vicerregi se ni hanno servito del detto Jo: Ph.o Testij come al presente sua Eccellentia l’ha mandato in questa Città contra il Baron di Siculiana per una causa di gran qualità et oltre per l’integrità del detto sua Eccellentia questi giorni passati ci mandò la provisione del repartimento di Sindicato di questa Città di Girgenti; il quale per essere homo prattico della Gran Corte è vecchio, et perché non ha stato à gusto delli emuli delli exponenti ( con li quali V.S. s’ha bordonato [?]) ha recusato anzi poichè con il consiglio e parere del dottor Baldassar le Chiave giudice et asessore del Vescovo et hoggi del Vicario in casa del quale et molti lochi per agiutarsi con quello continuamente contra la sua reputatione V. S. ci va di notte et di giorno per strade inusitate cioè alli 10 del presente che fu Domenica la sera si radunao à Santa Maria delli Greci in casa di don Francesco Zanghi suo fratello dove ci erano don Pietro la Seta et lo frati di don Jacopo Menga fiscale del Vescovo et altri et il detto don Pietro la Seta disse non displacantur Amici, et altri volti ha fatto il simile et specialmente Domenica la sera che foro li 17. del presente mese di ottobre . Tante altre volte di conducio in casa di detto suo fratello con don Thomasi di Leto che fu mastro notaro del Vescovo nella captura delle Informationidelli exponenti con il dottor Baldassaro Le Chiave assessore del Vescovo. Hieri mattina che foro li 18. con die hieri di matino andao alla casa di ditto dottor Baldassare le Chiave et hiersera per una strada inusitatissima coperta per la porta di pannitteri andao in casa di ditto dottor Baldassar et anco questa mattina che sono li 19. andao in casa del dottor don Baldassar il quale più volte et solo et con altri inimici delli exponenti hanno venuto et venino in casa di V.S. soprattutto per concertare contra li agnelli mansueti ad instantia delli lupi rapaci li quali tuttavia vanno cercando di offuscare la justitia di essi exponenti anzi che intender come s’intendiva inanti li superiori a cui spetta tanto le cose antecedenti come quello che segue che contra la forma delli mandati di superiori. V.S. in questa causa ha processo et procede per quel che s’intende et si procura che tutte le scritture delli exponenti, carte publice dell’Archiep., del Vascovato di questa città come anco quelli che ci furono presentati dalla Sacra Congrega.ne da detto don Francisco contra ogni dovere et justitia con aggravare li exponenti con tutto che ci siano stati mandati con gran segretezza per chiarezza della verità V.S. have quelli portati a dottor Baldassar li Chiavij, consultore et judice del Vescovo il quale nè esso per soi ministri nè per mezzo di altra persona dirette vel indirette si possano intromettere in dette cause le quali non obstante essi sonno le parte et judici perché non diceno nè propongono cosa le exponente che V.S. non li comunica con li ditti ministri et fa tutto quello che vogliono ditti genti di Monsignore sotto potestà e secondo che s’intende di haverse Monsignore portato in processo contra V.S. in Roma. Per questo timore hanno procurato et procurano detti genti haverli inteso da V.S. come l’hanno havuto e poichè l’exponenti vedono in questo principio non haver potuto obtenere provista alcuna delle doi supplicationi sopraditte presentateli nè tampoco haver copia del memoriale ad instantia del fisco portato a V.S. non esendo mai successo in Corte alcuna nè spirituale nè temporale come ha successo nella corte di V.S. che sono stati citati li exponenti ad instantia del fisco à presentarsi supplicationi la quale non è anco presentata per non essere in potere del mastro notaro a cui si doveva detta supplica consegnare et poi seguire la citatione. Al che si vede chiarissimamente lo principio ma lo si comprende il fine pessimo per il che essi exponenti diceno et dissero à V.S. nelle cause loro annexi et connexi emergenti et dipendenti et di tutti soi patri, matri et genti suspetto et suspettissimo et che non si ci voglia impedire più nè procedere ad ulteriora et si ni agravaro et agravano alli superiori dicendo tutti atti fatti et da fare nulli, nullissimi, come fatti da giudice suspettissimo contra la forma di dette lettere della Sacra Congregatione, legge, constitutione, sacri canoni et stilo di Corte et di tutti atti fatti et da fare per V.S. ne hanno appellato et appellano ad superioris ad quos spectat onera appellationis gravaminis implicis querelæ et recursus ac omni alio meliori modo pettente et offerentes et domandando di più li exponenti con grande instantia che S.S. voglia un’altra volta restituirci lo piego delli scripturi ch’ have consignato a V.S. ditto don Francisco Navarra con la giuliana in potere di Joseph di Marco mastro notaro clauso et sigillato acciochè possi quello un’altra volta portarlo alla Sacra Congregatione et acciocchè appara per l’advenire fatta et presentata la presente supplicatione goggi adì 19. di ottobre ad horas 20 in circa della xiij ind. 1599.-
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Supp.to
Pro Don Raimondo Vitali S.T. Dr. don Franciscus Navarra U.J.D. canonicis agrigentis.
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Giorgento Decanus
“0 ottobre 1599 et dat.
D. Raimondo Vitali et d. Francesco Navarra Canonici fanno sapere che havendo la S. Congregatione deputato per giudice delle cause loro il decano di girgento massime nelle cause che hanno con l’erario del vescovo, esso Decano non ha trattato secondo commesso dalla Sacra Congregatione per le cause che si contengono nell’inclusa suplica e perché havendo essi canonici suplicato al decano che tenendo li processi et le scritture in mano sua voglisi procedere nello loro cause afinchè si [perseguano] le calunnie delli aversarij con repeter li testimoni examinati .. dui ministri episcopali suspetti, non hanno mai potuto ottenerlo, tuttochè habbiano fatto grande instantia nè meno che li fossero restituite le suplicationi decretate come è usanza di farsi in tutti li tribunali onde si conosce la giustitia denegata. Non potendo haver suoi tribunali presentati al decano anzi dovendo rispondere al fisco che ci citò a produrre la suplica non poterono nè dal Notaro nè da lui ottenerla, ne manco da lui.
2° Non ha voluto il Decano pigliare il Consultore non sospetto che è dottore ... perché non è stato di gusto delli emuli di essi supplicanti, anzi con essi emuli adversarij esso decano si è congiunto procedendo con il consiglio del dottor Baldassaro Le Chiavi giudice et assessore del vescovo in casa del quale va di notte e per strade inusitate il giorno : con questo continuamente esso decano con li aversarii ...anzi li suplicanti si oferiscono a provare che esso decano habbia portato tutte le scritture loro al dottor Baldassare le Chiave consultore del Vescovo contro ogni giustitia il quale non si può intrometttere in dette cause ... fa tutto quello vogliono li ministri del Vescovo perché s’intende che detto Vescovo ha portato un processo contro esso decano in Roma e per questo timore fa ogni cosa a compiacenza di detti ministri che sono suspetti dalli suplicanti onde non possono li due canonici suplicanti ottenere cosa alcuna dal detto decano per expeditione loro.
Per la qual cosa li 2 canonici suplicanti lo allegano per suspettosissimo et protestano che non s’impedisca più nelle cause loro e commetter la cognitione della causa a persona che le occorrerà mandare costì di più necessità e gravezze per altri negotii di quella chiesa acciò tratti quelli anchora con ...
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