sabato 23 agosto 2014

minime de proximo iudicandum

MAI DARE PERLE AI PORCI.....
  • Lillo Taverna La locuzione latina margaritas ante porcos (lett. perle ai porci) è tratta dal Vangelo secondo Matteo (7, 6).

    La frase s'inserisce in un lungo elenco di raccomandazioni ed esortazioni che Cristo fa ai suoi discepoli dopo il celebre discorso della mont
    agna. A loro dice: "Nolite dare sanctum canibus, neque mittatis margaritas vestras ante porcos, ne forte conculcent eas pedibus suis, et conversi dirumpant vos", ossia: "Non date ciò che è santo ai cani e non gettate le vostre perle ai porci, perché non le calpestino e, rivoltandosi, vi sbranino".

    L'invito è quello di non sprecare le cose di valore, materiali o no, dandole a chi non è in grado di apprezzarle.

    Questo loghion apparteneva in origine a quella fazione giudaizzante (evolutasi negli ebioniti) che nella proto-comunità cristiana considerava il messaggio evangelico come riservato ai soli ebrei, di nascita o per conversione. Nel linguaggio politico del I secolo, infatti, "cani" e "porci" sono i pagani, entrambi gli animali essendo considerati come particolarmente impuri dalla traduzione giudaica. Ovviamente, l'invito a non dare ciò che è sacro (le perle della Torah) ai pagani impuri, che non saprebbero cosa farne e si limiterebbero a insudiciarlo, ha una forte valenza polemica, ed è palesemente in netto contrasto con le tesi della fazione "paolina", cioè quella che avrebbe rapidamente prevalso dopo la distruzione del Tempio (70 d.C.).
  • Lillo Taverna Incominciamo col dire che Matteo era stato banchiere come anch'io in fin dei conti sono stato. Quindi non aveva voglia di sprecare i risparmi, gli investimenti in beni di rifugio e le perle se vere anche oggi sono beni di rifugio. Ma mi piace leggere ad alta voce l'intero passo dell'ex esattore Matteo: Minime de proximo iudicandum [e già qui per le donne si mette male anche se visionarie mariane]. Nolite iudicare , ut non iudicemini. In quo enim iudicio iudicaveritis, iudicabimini: et in qua mensura mensi fueritis, remetietur vobis. Quid autem vides festucam in oculo fratris tui: et trabem in oculo tuo non vides? Aut quomodo dicis fratri tuo: Sine eiiciam festucam de oculo tuo, et ecce trabs est in oculo tuo? Hypocrita, eiice primum traben de oculo tuo, et nunc videbis eiicere festucam de oculo fratris tui. Nolite dare sanctum canibus; neque mittatis margaritas vestras ante porcos, ne forte conculcent eas pedibus suis, et conversi dirumpant vos.

venerdì 22 agosto 2014

Signor sindaco, ovvio a Lei non interessa un fico secco se un suo amministrato resta senza carta di identità del Conune cui appartiene dal sette gennaio 2014 previo esborso di oneri vari per il cospicuo importo di euro cinquecento, e se di conseguenza non riesce a farsi assegnare dalla ASL di Canicattì il medico di base e può anche crepare se d'improvviso ha bisogno di medicine costose che per le grami pensioni che pure si era scontate non si può permettere. E sa? subisco anche dal suo ufficio vaghe minacce. Mi viene detto che la debbo smettere perché al Comune mi sto creando tante inimicizie. Dunque chiedo e pago al suo ufficio per avere la carta d'identità del mio nuovo comune di residenza e quelli, ex vigili compresi, vorrebbero altri euro perchè previa autorizzazione del Comune di Roma in cui sono stato cancellato dal 7 gennaio di quest'anno si sarebbero indotti a darmi un duplicato della tessera romana. Scusi sindaco, che cazzo me ne faccio del duplicato romano? Le scrivo e lei manco mi legge, io protesto e lei manco sente, io sto rappresentandole minacce sia pure vaghe ricevute e lei discendente di mastro Alberto Messana si gira d'altra parte. E dall'altra parte pare che si giri la locale caserma dei carabinieri, la questura, l'ASL di Canicattì, la prefettura, la Regione e figurarsi 'Ngilino Alfano. Ha da passa' a nuttata!!

Signor sindaco, ovvio a Lei non interessa un fico secco se un suo amministrato resta senza carta di identità del Conune cui appartiene dal sette gennaio 2014 previo esborso di oneri vari per il cospicuo importo di euro cinquecento, e se di conseguenza non riesce a farsi assegnare dalla ASL di Canicattì il medico di base e può anche crepare se d'improvviso ha bisogno di medicine costose che per le grami pensioni che pure si era scontate non si può permettere. E sa? subisco anche dal suo ufficio vaghe minacce. Mi viene detto che la debbo smettere perché al Comune mi sto creando tante inimicizie. Dunque chiedo e pago al suo ufficio per avere la carta d'identità del mio nuovo comune di residenza e quelli, ex vigili compresi, vorrebbero altri euro perchè previa autorizzazione del Comune di Roma in cui sono stato cancellato dal 7 gennaio di quest'anno si sarebbero indotti a darmi un duplicato della tessera romana. Scusi sindaco, che cazzo me ne faccio del duplicato romano? Le scrivo e lei manco mi legge, io protesto e lei manco sente, io sto rappresentandole minacce sia pure vaghe ricevute e lei discendente di mastro Alberto Messana si gira d'altra parte. E dall'altra parte pare che si giri la locale caserma dei carabinieri, la questura, l'ASL di Canicattì, la prefettura, la Regione e figurarsi 'Ngilino Alfano. Ha da passa' a nuttata!!

Questa del 1822 è l'ultima numerazione delle anime di Racalmuto. Dieci sono i nuclei familiari dei MESSANA. La nostra triade di cugini Messana, la triade d'eccellenza ( Don Luigino, Elettra e il questore ETTORE MESSANA discende da don Calogero Messana, figlio di mastro Luigi Messana. L'attuale sindaco non è parente neppure alla lontana dei Messana membri della crestomazia racalmutese. Discenderebbe da mastro Salvatore Messana figlio di Alberto. Non so se Salvo Messana approva.

Questa del 1822 è l'ultima numerazione delle anime di Racalmuto. Dieci sono i nuclei familiari dei MESSANA. La nostra triade di cugini Messana, la triade d'eccellenza  ( Don Luigino, Elettra e il questore ETTORE MESSANA discende da don Calogero Messana, figlio di mastro Luigi Messana. L'attuale sindaco non è parente neppure alla lontana dei Messana membri della crestomazia racalmutese. Discenderebbe da mastro Salvatore Messana figlio di Alberto. Non so se Salvo Messana approva.

Ora mi spiego perché don Luigino Messana avesse in gran dispitto Eugenio Napoleone Messana, che designava con un nomignolo non proprio elegante, ed era tiepido con don Emilio; personaggio sciasciano  d'eccellenza, sia come figura emblematica del Circolo Unione (o Concordia che dir si voglia sia come emblema paesano di Occhio di Capra).


G.M.G. 1822     
 Libro di Numerazione d'anime di quista      
 PARROCCHIA DI RACALMUTO     
 fatta nel mese di maggio 1822: dal Rev. Benef.to      
 D. CALOGERO SALVO CAMPANELLA ECONOMO;     
 E DA' 21:MAGGIO 1822: SOTTO LA CURA DEL     
 REV. MO ARCIPRETE D. ANTONINO M.A GRILLO RACALMUTESE,      
 eletto da S: R:M: (D.G:) a 12:febbraro 1822: e che ne h'acquistato il possesso da detto giorno di 21: d.       
      
 NUMERAZIONE D'ANIME DELLA PARROCCHIA DEL COMUNE DI RACALMUTO FATTA DAL R. ECONOMO SAC.TE BENEF.TO D. CALOGERO SALVO CAMPANELLA IN MAGGIO     
 DEL 1822:      
      
 QUARTIERE DI D. GIAMBATTISTA ALFERI     
 1224 MESSANA FRANCESCO   MASTRO 1
 1225 MESSANA CROCIFISSA MOGLIE  
 1226 MESSANA CARMINE F.O 20 
 1227 MESSANA GIUSEPPA F.A 14 
 1228 MESSANA SARA F.A 5 
 1229 MESSANA CAROLINA F.A 3 
      
      
      
 QUARTIERE E STRADA DI CARANFU'     
3680 MESSANA STEFANA VEDOVA    2
      
 QUARTIERE SOPRA S. GIOVANNI DI DIO SOPRA SCIBETTA = STRADA AD ANDARE ALLA SANTICELLA     
3705 MESSANA ALBERTO     3
3706 MESSANA ANTONINA MOGLIE   
 QUARTIE STRADA DRITTA DEL CARMINE A SALIRE     
3809 MESSANA MADDALENA MOGLIE  DIVISA  4
      
 QUARTIERE CALVARIO, STRADA SOPRA IL Dr. CAN.CO MANTIONE     
4158 MESSANA GRAZIA VEDOVA    5
      
      
 QUARTIERE S. ANNA; E STRADA DI M. LUIGI ALFERI     
4292 MESSANA CALOGERO   Dn.  6
4293 MESSANA LUCIA MOGLIE  D. 
4294 MESSANA BIAGIO F.O 10  
 QUARTIERE S. ANNA; E STRADA DI M. LUIGI ALFERI     
4295 MESSANA LUIGI F.O 8  
4296 MESSANA GIUSEPPE F.O 6  
4297 MESSANA SERAFINO F.O 4  
4298 MESSANA M. ANGELA F.A 2  
4299  GIACHINA FAMOLA   
      
 QUARTIERE DEL MONTE DIETRO IL CAPPELLONE     
5590 MESSANA GIUSEPPA VEDOVA    7
      
      
 QUARTIERE DELLA MADRICE COLLATERALE D'OCCIDENTE     
5999 MESSANA SALVADORE D'ALBERTO   MASTRO  8
6000 MESSANA ANGELA MOGLIE   
6001  CALOGERA FAMOLA   
      
      
 QUARTIERE S. GREGORIO     
6141 MESSANA GAETANO   MASTRO  9
6142 MESSANA STEFANA MOGLIE   
6143 MESSANA M. CARMELA F.A 8  
6144 MESSANA CAROLINA F.A 3  
      
      
 QUARTIERE S. NICOLO' DI BARI     
6350 MESSANA LUIGI   MASTRO  10
6351 MESSANA PIETRA MOGLIE 

Un modulo di richiesta all'ACS di Roma per una interessante relazione sulla Montedoro dell'Ottocento. Il Messana di là che mi rimprovera scivolate storiche conosce questa ampia relazione di un docente dell'epoca

Un modulo di richiesta all'ACS di Roma per una interessante relazione sulla Montedoro dell'Ottocento. Il Messana di là che mi rimprovera scivolate storiche conosce questa ampia relazione di un docente dell'epoca

 

La famiglia racalmutese del questore Messana nel 1810

 NUMERAZIONE ANIME del 1810  
 CENSIMENTO DEL  1809-10   
   
   
   
N.ro COGNOME C.FAMIGLIA NOMI NOTA ANNI ANNOTAZIONI
   
243 MISSANA FRANCESCO  27
  CROCIFISSA M. 22
  CARMELO  7
  MARIANTONA F. 4
  GIUSEPPE  2
   
   
846 MISSANA ALBERTO  54
  ANTONINA M 46
  ANNA F 20
   
   
852 MISSANA STEFANA  60 VID.
  CONCETTA F 36 VID.
  SALVADORE F 18
   
   
953 MISSANA GRAZIA  60 VID
   
   
1256 MISSANA NATALA  25 LIB.
   
   
1393 MISSANA GAETANO  30 MASTRO
  STEFANA M 31
   
   
1613 MISSANA LUIGI  49 MASTRO
  PETRA M 40
  CALOGERO D: F 23
   
   
   
   
108 MISSANA SALVADORE  40
  ANGELA M. 26
  MARIA F. 2
Nella successiva numerazione delle anime del 1810 i nuclei familiari dei Messana  diventano sette. Luigi Messana  viene ora indicato come MASTRO, meglio che semplice plebeo ma ben lungi dall'essere un "galantuomo" da Circolo Unione o della Conversazione che dir si voglia e manco del  contestatore Circolellto. Ma il figlio di Mastro Luigi viene già contraddistinto con una D che vuol dire "DON". Non è ancora sposato. Peraltro notiamo due Salvatore: questo che abbiamo ripetuto sopra è colui che abbiamo incontrato nella numerazione delle anime del 1795: ora ha 40 anni, è sposato con Angela di anni 26 ed ha per il momento una sola figlia, Maria di anni due. Credo però che il Salvatore che interessa Salvo Messana sia l'altro Salvatore, il figlio della vedova Stefana di anni 18. Don Luigino Messana, Elettra Messana e il questore Messana discendono, come si sa, da questo don Calogero Messana figlio di un semplice mastro, mastro Luigi Messana che nel 1810 ha 49 anni.

giovedì 21 agosto 2014

L'ultimo nucleo che incontriamo nella Numerazione del 1795 è il più importante: è quello di LUIGI MESSANA. Da qui i tre grandi e famosi cugini di primo grado: Don Luigino Messana, Elettra Messana e il questore Messana. Luigi Messana è il capo famiglia ; Petra la moglie. I figli: Gaetano di anni 12; Calogero di anni 9 e Rosalia di anni 6

Ma è al foglio 74 che troviamo il nucleo più importante: quello di Luigi Messana. In tale numerazione del 1795 troviamo dunque il capostipite del nucleo più importante dei Messana, quello da cui poi si diparte il trio tanto celebre a Racalmuto: Elettra Messana, Don Luigino Messana e il questore Ettore Messana.  Dunque abbiamo LUIGI MISSANA  (comunicato) Petrra moglie; GAETA
NO figlio di anni 12; Calogero figlio di anni 9 e Rosalia figlia di anni 6.

L'ultimo nucleo che incontriamo nella Numerazione del 1795 è il più importante: è quello di LUIGI MESSANA. Da qui i tre grandi e famosi cugini di primo grado: Don Luigino Messana, Elettra Messana e il questore Messana. Luigi Messana è il capo famiglia ; Petra la moglie. I figli: Gaetano di anni 12; Calogero di anni 9 e Rosalia di anni 6

L'ultimo nucleo che incontriamo nella Numerazione del 1795 è il più importante: è quello di LUIGI MESSANA. Da qui i tre grandi e famosi cugini di primo grado: Don Luigino  Messana, Elettra Messana e il questore Messana. Luigi Messana è il capo famiglia ; Petra la moglie. I figli: Gaetano di anni 12;  Calogero di anni 9 e Rosalia di anni 6
 
 

Al foglio 69 della detta Numerazione del 1795 abbiamo Francesca Messana vedova che fa nucleo comune con Pietro Ristivo libero

Al foglio 69 della detta Numerazione del 1795 abbiamo Francesca Messana vedova che fa nucleo comune con Pietro Ristivo libero

Il secondo nucleo dei Messana nel 1795 attiene a VINCENZO MISSANA , Grazia moglie; Francesco figlio di anni 18.

Il secondo nucleo dei Messana nel 1795 attiene a VINCENZO MISSANA, Grazia moglie; Francesco figlio di anni 18.
 
 

Questo è il primo nucleo familiare dei Messana che incontriamo al foglio 48 della Numerazione del 1795. Il capo famiglia è ALBERO MESSANA (C = comunicato) Lucia (moglie) Salvatore figlio anni 20; Angela f. anni 12; Maria Maddalena f. anni 6 Caterina Incognita anni3 (era una trovatella che era stata presa per l'allattamento a pagamento; Rosalia incognita idem c.s.

Questo è il primo nucleo familiare dei Messana che incontriamo al foglio 48 della Numerazione del 1795. Il capo famiglia è ALBERTO MESSANA (C = comunicato) Lucia (moglie) Salvatore figlio anni 20; Angela f. anni 12; Maria Maddalena f. anni 6 Caterina Incognita anni3 (era una trovatella che era stata presa per l'allattamento a pagamento; Rosalia incognita idem c.s.
 
 

Nella numerazione delle anime del 1795 i Messana ricorrono solo quattro volte. Abbiamo tre nuclei familiari maschili ed una signora che pare legata ad un Pietro Restivo "libero".

Nella numerazione delle anime del 1795 i Messana ricorrono solo quattro volte. Abbiamo tre nuclei familiari maschili ed una signora che pare  legata ad un Pietro Restivo "libero".

La Cernigoi e a dire il vero anche il professore Casarrubea si scatenano contro il questore Messana facendolo o volendolo un agente dell'OVRA, un fascista ante litteram, un amico del Vizzini capomafia di Sicilia. Compare pertanto del capo della Polizia Gueli. Ecco qui invece un Gueli che non si fa frastornare da un pretenzioso vescovo notino. Riceve una indegna segnalazione episcopale e passa l'istanza redentrice al prefetto di Caltanissetta. Ne avrà picche ma tanto basterò per lasciare il Vizzini dove stava e vi starà fino all'arrivo degli Americani, liberatori sì ma di mafiosi. Volete fare storia goriziane titine e discepoli del impalpabile Danilo Dolci? Sì,. fatela, ma fatela come Dio comanda!

La Cernigoi e a dire il vero anche il professore Casarrubea si scatenano contro il questore Messana facendolo o volendolo un agente dell'OVRA, un fascista ante litteram, un amico del Vizzini capomafia di Sicilia. Compare pertanto del capo della Polizia Gueli. Ecco qui invece un Gueli che non si fa frastornare da un pretenzioso vescovo netino. Riceve una indegna segnalazione episcopale e passa l'istanza redentrice al prefetto di Caltanissetta. Ne avrà picche ma tanto basterò per lasciare il Vizzini dove stava e vi starà fino all'arrivo degli Americani, liberatori sì ma di mafiosi. Volete fare storia goriziane titine e discepoli del impalpabile Danilo Dolci? Sì,. fatela, ma fatela come Dio comanda!

ter per un sindaco che finge di non sentire

Signor Sindaco, so bene che qui   lei mi fa orecchie da mercante. Ma tentar non nuoce. I suoi uffici mi negano ancora la carta di identità del comune IN CUI SONO RESIDENTE DAL 7 gennaio 2014 previo balzello di 500 euro stillatomi. Ho chiesto la carta di identità del mio comune di RESIDENZA cui ho pieno diritto dal 7 gennaio 2014. Vado una mattinata a d un suo ufficio competente dove trovo una sola gentilissima e competente signora. Esplica tutti gli adempimenti burocratici del caso. Alla fine mi invita ad andare a versare euro 5,70 alle poste. dicendomi che al ritorno con la ricevuta in mano mi avrebbe dato la carta di identità già pronta. All'ufficio di Racalmuto ho dovuto perdere un'ora e quarantacinque minuti anche perché là non c'è lo scontrino di attesa. Ritorno all'ufficio Tessere. Trovo ora un'altra signora che si mette a oppormi ostacoli ingiustificati. Il risultato non ho la tessera per andare a Canicattì e ottenere il medico di base. Danni incalcolabili giacché ad 80 anni ho bisogno di cure e di ricette usufruendo dell'assistenza sanitaria che io invero mi sono guadagnata con 50 anni di contributi. Pensavo che lei e il capoufficio aveste risolto il problema. Niente invece. A Racalmuto puoi essere Calogero Taverna, puoi scrivere dove ti pare , avrai  anche la sapida scrittura che vuoi, una impiegatuccia comunale se ne frega e invece di darti il documento in quanto residente a Racalmuto imposta la pratica come richiesta di un duplicato della tessera che avevo quando ero cittadino e residente romano. A Roma mi hanno cancellato dall'anagrafe il 7 gennaio c.a. a richiesta di questo Comune che mi scritto nel proprio stato civiile. Il comune di Racalmuto mi vuole rilasciare di grazia il documento di identità di competenza?. No? Me lo metta per iscritto. Pensa di non fare neppure questo ATTO DOVUTO. Ricorrerò a tutti i tribunali internazionali, nazionali penali civili ed amministrativi. Vorrò vedere se anche a Racalmuto non deve vigere il civile obbligo del pubblico rispetto dei diritti dei cittadini!!. Vuole questo, signor sindaco? l'avrà!!!

Signor Macaluso, io invece so e tanto altro di più


 
Contra Omnia Racalmuto

...per mestiere spiego bene agli altri quello che per me non comprendo.

giovedì 21 agosto 2014
  
Signor Macaluso: ne ultra crepidam
 

Signor Macaluso, di professione giornalista (cioè uno di quelli che spiegano bene agli altri - e spesso però non ci riescono - quello che per loro non hanno compreso) lei va oltre il suo collega Tano Savatteri che mi accredita come uno che cerca di scrivere una controstoria, e neppure così riduttivamente mi qualifica; incidenter tantum sarei persino un ignorante in materia di storia locale.
Lei, nel prefazionare un testo storico-narrativo del mio carissimo amico (et de amicis nihil nisi bonum) Giovanni Di Falco azzarda questo giudizio temerario sull'ignoranza storica altrui in accordo con la sua.
 
"Sentite qua: la cappella di D'Asaro si trova

[ometto il richiamo in latino ecclesiale perché scorretto con un nominativo al posto del genitivo femminile e con un "Frontespizio" con una orripilante "zeta", ma basterebbe consultare l'appositio Rollo che persino Nalbone osò studiare, per non incappare in topiche disdicevoli]
"a sinistra di fronte al fonte battesimale
[ma Giovanni si era guardato bene dal tradurre il genitivo "fontis magni" come "del fonte battesimale"; se dovessi fare le pulci al mio amico Giovanni andrei a consultare il Rollo e mi toglierei lo sfizio di apparire certosino archivista] ...
 E allora? Lei, saccentemente ci interpella: " lo sapevate?"
 e si risponde: "no! Appunto!"
 
Lei ignora, ma tantissimi a Racalmuto, no e qualcno ne sa ancora molto di più dello stesso Giovanni (non si offenda) perchè per quarant'anni ci si è cimentato.

Lei (per piaggeria verso Pilppo Di Falco?) si abbandona a sottovalutazioni dei tantissimi meritevoli suoi compaesani che, anche se non arrivati sulle vette del giornalismo, hanno ben altri titoli e competenze.
A prescindere da quanto snocciolato in testi pubblicati quali "La Signoria Racalmutese dei Del Carretto" e "Racalmuto nei Millenni" e un profluvio di altre pubblicazioni seppellite nella locale biblioteca, ebbi non più tardi di un mese fa a scrivere quel che segue. Lei non si cura di me e fa bene ma io le contesto il diritto di darmi dell'ignorante in materia di microstoria racalmutese.
 
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Certezze dunque mai più, ma ragionate ipotesi tante e queste indicano che il luogo di sepoltura era in Santa Maria di Giesù fracassato negli ultimi anni del millennio scorso da improvvidi restauri.
Lillo Taverna Lascia stare; non accodarti alle stupidaggini pseudo giornalistiche del tuo paese. La tormba di Pietro D'Asaro non la potrà rinvenire CON CERTEZZA nessuno. Due i testi che ci potevano dare contezza del luogo della sepoltura di Pietro D'Asaro: IL LIBER in quo adnotata reperiuntur nomina plurorum etc. e il registro parrocchiale dei morti di quel periodo ove si era soliti indicare il luogo della sepoltura. Che Pietro D'Asaro possa essere stato seppellito in quel di Palermo è cervellotica congettura (smentita peraltro dal "liber") anche perché l'11 giugno del 1647, data certa della sua morte, il D'Asaro era "commodo" come amava scrivere padre Alessi sulla scia di un suo religioso compaesano, un settecentesco frate sanbiagese, e siccome era anzi molto "commodo" aggiungo io si sarebbe preordinata una tomba molto lussuosa con tanto di lapide segnaletica. Ma questo non l'ha fatto perché la bella tomba se l'era già comprata un trentennio prima dall'arciconfraternita di Santa Maria deorsum. Quindi è pressoché sicuro che là fu sepolto il giorno dell'11 giugno 1647 " gratis cum clero" perché era "clericus coniugatus" come da diplomi vescovili di cui naturalmente ho copia. Se davvero vi fu sepolto là non abbiamno né potremo mai avere certezza perché già il "liber" in cui si annota il giorno della sua morte l'abbiamo cercato per giorni con il solerte mons. Martorana e di esso non vi è più traccia. (Questo si spiega perché l'arciprete Puma è morto in piene funzioni arcipretili e quindi non ha lasciato inventario e il suo "spoglio" risulta sempre più disperso per l'incuria della CURIA arcivescovile cui automaticamente accede quel lascito parrocchaile e per indolenza dei BENI CULTURALI che tanti soldi pubblici ha sperperato per la vana salvaguardia dell'eccezionale archivio storico della Matrice di Racalmuto). Inoltre il registro dei morti del periodo non si rinviene da tanto tempo. Io penso che sia stato l'abate Acquista, alla stregua di quel che fece per l'atto di battesimo dell'altro benemerito e celebre medico del Seicento, Marco Antonio Alaymo, ad asportarlo. Certezze dunque mai più, ma ragionate ipotesi tante e queste indicano che il luogo di sepoltura era in Santa Maria di Giesù fracassato negli ultimi anni del millennio scorso da improvvidi restauri.

Eravamo tre amici al bar

 

 
 
 
ERAVAMO TRE "AMICI" AL BAR .. veramente a Piazza Castello dinanzi il Mutuo Soccorso. Abbiamo parlato di circolo e di tradizioni. Il vecchio non disse nulla. Almeno io non ricordo. Tre "amici" stellarmente lontani.
 
 Il vecchio oggi morto, seppellito e penso decomposto, girava in cerca di elogi e di riconoscimenti. E pare che li avesse.
 
IL GIOVANE oggi è brizzolato- Polemizza ma sempre cicero pro domo sua. Se si mettesse qualche volta a stigmatizzare i torti che spesso fanno agli altri forse sarebbe più simpatico. Ma non si chiamerebbe Pierino Carbone- Lui è fatto così e molti lo stimiamo nonostante non parli mai bene di noi.
 
Quello di mezza età, oggi è molto vecchio anche di mente e di lingua. Diceva oggi alla moglie: Marì, io ho sempre odiato la vita. Dovetti essere ubbidiente ai genitori in modo esemplare, quasi quasi mi facevan prete destinato ad essere vescovo perché ero esemplare. Persino in Banca d'Italia sono stato costretto ad essere esemplare- E poi al SECIT di Reviglio, o come dirigente generale della Mediterranea o come consulente bancario e finanziario dell'AIMA dovetti essere esemplare. Persino nel PCI fui esemplare.
Tanto mi ha fatto odiare la vita.
Un triennio fa, uscendo da una profonda depressione sono riuscito ad amare la vita.
Oggi amo la vita.
E la voglio amare sconfinatamente, sconsidetaramente, inconculcabilmente. E guai a chi mi contraddice. La vita è mia e la voglio tutta.
Mia moglie però non mi domandò per quanto tempo-
Ho paura per poco!!!

Signor Macaluso: ne ultra crepidam

 
Signor Macaluso, di professione giornalista (cioè uno di quelli che spiegano bene agli altri - e spesso però non ci riescono - quello che per loro non hanno compreso) va oltre il suo collega Tano Savatteri che mi accredita come uno che cerca di scrivere una controstoria, e neppure così riduttivamente mi qualifica; incidenter tantum sarei persino un ignorante in materia di storia locale.
 
Lei, nel prefazionare un testo storico-narrativo del mio carissimo amico (et de amicis nihil nisi bonum) Giovanni Di Falco azarda questo giudizio temerario sull'ignoranza storica altrui in accordo con la sua.
"Sentite qua: la cappella di D'Asaro si trova
[ometto il richiamo in latino ecclesiale perché scorretto con un nominativo al posto del genitivo femminile e con un "Frontespizio" con una orripilante "zeta", ma basterebbe consultare l'appositio Rollo che presino Nalbone osò studiare per non incappare in topiche disdicevoli]
a sinistra di fronte al fonte battesimale
[ma Giovanni si era guardato bene dal tradurre il genitivo "fontis magni" come "del fonte battesimale"; se dovessi fare le pulci al mio amico Giovanni andrei a consultare il Rollo e mi toglierei lo sfizio di apparire certosino archivista] ...
E allora? Lei, saccentemente ci interpella: " lo sapevate?"
e si risponde: "no! Appunto!"
Lei ignora, ma tantissimi a Racalmuto, no e qualcno ne sa ancora molto doi più dello stesso Giovanni (non si offenda) perchè per quarant'anni ci si è cimentato.
Lei (per piaggeria verso Pilppo Di Falco?) si abbandona a sottovalutazioni dei tantissimi meritevoli suoi compaesani che, anche se non arrivati sulle vette del giornalismo, hanno ben altri titoli e competeneze.
A prescindere da quanto snocciolato in testi pubblicati quali "La Signoria Racalmutese dei Del Carretto" e "Racalmuto nei Millenni" e un profluvio di altre pubblicazioni seppellite nella locale biblioteca, ebbi non più tardi di un mese fa a scrivere quel che segue. Lei non si cura di me e fa bene ma io le contesto il diritto di darmi dell'ignorante in materia di microstoria racalmutese.
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Lillo Taverna Lascia stare; non accodarti alle stupidaggini pseudo giornalistiche del tuo paesae. La tormba di Pietro D'Asaro non la potrà rinvenire CON CERTEZZA nessuno. Due i testi che ci potevano dare contezza del luogo della sepoltura di Pietro D'Asaro: IL LIBER in quo adonotata reperiuntur nomina plurorum etc. e il registro parrocchiale dei morti di quel periodo ove si era soliti indicare il luogo della sepoltura. Che Pietro D'Asaro possa essere stato seppellito in quel di Palermo è cervellotica congettura (smentita peraltro dal "liber") anche perché l'11 giugno del 1647, data certa della sua morte il D'Asaro era "commodo" come amava scrivere padre Alessi sulla scia di un suo religioso compaesano, un settecentesco frate sanbiagese, e siccome era anzi molto "commodo" aggiungo io si sarebbe preordinata una tomba molto lussuosa con tanto di lapide segnaletica. Ma questo non l'ha fatto perché la bella tomba se l'era già comprata un trentennio prima dall'arciconfraternita di Santa Maria deorsum. Quindi è pressoché sicuro che là fu sepolto il giorno dell'11 giugno 1647 " gratis cum clero" perché era "clericus coniugatus" come da diplomi vescovili di cui naturalmente ho copia. Se davvero vi fu sepolto là non abbiamno né potremo mai avere certezza perché già il "liber" in cui si annota il giorno della sua morte l'abbiamo cercato per giorni con il solerte mons. Martorana e di essio non vi è più traccia. (Questo si spiega perché l'arciprete Puma è morto in piene funzioni arcipretili e quindi non ha lasciato inventario e il suo "spoglio" risulta sempre più disperso per l'incuria della CURIA arcivescivile cui automaticamente accede quel lascito parrocchaile e per indolenza dei BENI CULTURALI che tanti soldi pubblici ha sperperato per la salvaguardia dell'eccezionale archivio storico della Matrice di Racalmuto). Inoltre il registro dei morti del periodo non si rinviene da tanto tempo. Io penso che sia stato l'abate Acquista, alla stregua di quel che fece per l'atto di battesimo dell'altro benerito e celebre medico del Seicento, Marco Antonio Alaymo ad asportarlo. Certezze dunque mai più, ma ragionate ipotesi tante e queste indicano che il luogo di sepoltura era in Santa Maria di Giesù fracassato negli ultimi anni del millennio scorso da improvvidi restauri.

mercoledì 20 agosto 2014

A chi ha orecchie .....

 [scrivevo molto tempo fa ... a futura memoria, visto che secondo me il futuro ha sempre più fervida memoria e i falsari e i plagiari del passato finisce con lo sbeffeggiarli]  Quanto a Santa Rosalia preciso che: - a mantenere sia pure al lumicino la fiaccola della devozione a Santa ROSALIA, la vera PATRONA di Racalmuto (dato che la sagra della Madonna del Monte è stata sempre  un accavallarsi di mercemoni e di furberie fallaci anche da parte dell'altissimo clero agrigentino) è stato il maestro don Pino Mattina, seguito a dire la verità da Dino Casuccio che ogni anno il 4 settembre faceva celebrare a sue spese una santa messa; - che dopo gli impiastricciamenti di Genio  il primo ad volere la riabilitazione della Santuzza di Palermo è stato il sottoscritto, tanto da venire sbeffeggiato in un foglietto dattiloscritto affisso in Piazzetta e dintorni; . che a sensibilizzare l'arciprete Puma con carte documenti corrette letture di diplomi e testi manoscritti (questi dell'arciprete Genco) è stato il dottore Calogero Taverna, prima che prendessero canso a Racalmuto i vari Nalbone e coreuti; - che la superfetazione di TICCHITI'  è appunto una buffa superfetazione come traspare in questo mio scritto di tanti anni fa.  ----------- 
L’osanna dell’orrido – la notte rosa ci aspetta – Il comune triplica le tasse per non licenziare i poveri CO.CO.CO – Dice di non avere soldi – In cambio di una intervista addomesticata i soldi per una notte al profumo di rosa si riesce a trovarli.


 
Denis MacK Smith – anglicano miscredente ma amico di Sciascia – scrive nella sua storia della Sicilia medievale e moderna (vol. 1° pag.258 s,) «Un’altra infezione giunse a Palermo nel 1624 su due navi che portavano schiavi cristiani riscattati da Tunisi. La vita della città giunse ad un arresto completo. Le reliquie di s. Cristina e s. Ninfa venivano portate ininterrottamente in processione per le strade diffondendo così l’infezione. Molti morirono, compreso il viceré, e Van DycK, che gli stava facendo il ritratto, fuggì all’esero. Il cardinale Doria condannò a morte un medico greco accusato di avere deliberatamente diffuso la peste per ottenere onorari supplementari, ma si scoprì che un rimedio più empirico consisteva nel bruciare gli oggetti infetti. Fallito ogni altro tentativo, furono rinvenute miracolosamente le ossa di s. Rosalia in una grotta vicino Palermo; sembra che il cardinale arcivescovo fosse a tutta prima dubbioso, ma l’opinione pubblica premeva e dopo sei mesi di caute deliberazioni da parte di dottori e teologi, egli accettò di retrocedere di grado le sue rivali e di nominare s. Rosalia principale patrona della città. Palermo fu liberata dalla peste, e d’allora in poi le elaborate feste di s. Rosalia divennero ogni anno la grande ricorrenza sociale di Palermo.»

Dopo tale lettura e dopo i miei riscontri nel Cascini e presso i padri bollandisti cercai di spingere il mio amicissimo padre Puma a fare avanzare di grado Santa Rosalia a Racalmuto (a dire il vero a farle riconoscere il grado che aveva dal 1626) e soffiare i festeggiamenti a padre Mattina. L’ho già scritto: fallii. Padre Puma era uomo saggio e mica un vacuo misticheggiante. Ma, una piccola vittoria l’ottenni: padre Puma riuscì a trasformare la melanconica deserta messa che ogni 4 settembre il maestro Pino Mattina faceva celebrare in una dignitosa celebrazione.

Dopo il Cascini – un gesuita del seicento che a servizio del Doria cardinale riuscì a mettere assieme oltre seicento pagine di una santa di perduta memoria, anche se di discreta devozione – a Racalmuto era stato l’arciprete Genco (tutt’altro che ignoto come vorrebbe un conclamato storico locale) ad andare a Palermo, consultare quel polveroso grosso volume e farne una sintesi manoscritta, peraltro in bella calligrafia. Ma a ben vedere il Tinebra Martorana ancora a fine Ottocento non sapeva nulla di Santa Rosalia, dopo il nefando mercimonio tra il canonico Mantione e il nobile Grillo sacerdote dei baroni Grillo, a fine Settecento. Ma un gesuita – sempre loro –predicava nella chiesa di San Giuseppe che sicuramente S. Rosalia era nata a Racalmuto. Fonte? Padre Cipolla: documento? Un diploma infiorato custodito in matrice.

Padre Puma ebbe a mostrarmelo svariati decenni fa. Cercai di tradurlo. Per uno scettico come me vedere un vicario generale del Doria (don Franciscus De La Riba) vendere a caro prezzo due frammentini di ossa di chissà quale cadavere per sante reliquie di Santa Rosalia a dei citrulli racalmutesi mandati dalla fedifraga vedova Del Carretto, faceva specie. E.N. Messana ci casca e giù una fandonia di un nobile Savatteri (nome spagnolo per dire ciabattino) figlio di un tal Scipione del medesimo casato che impavido va a Palermo tra gli appestati e porta a Racalmuto i frammenti mortuari salvifici: In premio: la figlia del conte e feudi al Serrone.

Da panzana in panzana arriviamo all’altra sera a solennizzare uno sgorbio sol perché qualcuno ebbe a scrivere "oggi un’antica immagine di Santa Rosalia, dipinta ad olio su legno, è visibile, nel Corso Garibaldi, in una edicola sul prospetto dell’abitazione della Famiglia Cutaia."

In quell’aureo trattato c’è posto per me? Sì come mero traduttore peraltro maldestro, visto che le notorie disattenzioni dattilografiche lì appaiono mie deprecabili topiche, mentre i meriti sono di chi manco una riga dell’originale stentava a decifrare. Se do del falsario, se do del plagiario non ho qualche ragione?


Io ringrazio il signor sindaco, l'avvocato Emilio Messana il solerte capo ufficio del comune di Racalmuto che non solo si sono adoperati per appianare l'incidente occorsomi circa la mia carta di identità ma si non premurati in persona e per telefono di darmi notizia del superamento del caso. Risolto dunque il problema mio personale, una preoccupazione mi resta: se non ero Calogero Taverna. che diversamente da quanto scrive Tano Savatteri su Malgrado Tutto, sono autore di una magistrale storia racalmutese e non di una "controstoria", se non avessi avuto queste diaboliche armi informatiche e diciamolo questa mia capacità scrittoria che un certo Manuel romano vorrebe obnubilare a protezione del suo genitore, la mia TESSERA andava a finire cestinata a Roma ed io non avrei avuto alcun documento comunale e non sarei stato in grado di usufruire delle prestazioni del mio medico di base che nel caso è il grande medico (anche se non altrettanto grande come politico) il compagno dottore Salvatore Sardo. C'è da meditare, gente, sì meditate gente racalmutese che spesso vi mettete a votare a vanvera.

Io ringrazio il signor sindaco, l'avvocato Emilio Messana  il solerte capo ufficio del comune di Racalmuto che non solo si sono adoperati per appianare l'incidente occorsomi circa la mia carta di identità ma si non premurati in persona e per telefono di darmi notizia del superamento del caso. Risolto dunque il problema mio personale, una preoccupazione mi resta: se non ero Calogero Taverna. che diversamente da quanto scrive Tano Savatteri su Malgrado Tutto, sono autore di una magistrale storia racalmutese e non di una "controstoria", se non avessi avuto queste diaboliche armi informatiche e diciamolo questa mia capacità scrittoria che un certo Manuel romano vorrebe obnubilare a protezione del suo genitore, la mia TESSERA andava a finire cestinata a Roma ed io non avrei avuto alcun  documento comunale  e non sarei stato in grado di usufruire delle prestazioni del mio medico di base che nel caso è il grande medico (anche se non altrettanto grande  come politico) il compagno dottore Salvatore Sardo. C'è da meditare, gente, sì meditate gente racalmutese che spesso vi mettete a votare a vanvera.

Un quadro di Santa Rosalia di Pietro D'Asaro a Delia.

Foto: Questo preteso quadro di Santa Rosalia della Quisquina viene attribuito al pennello del nostro Pietro d'Asaro e persino datato nel 1600. Certo la non eccelsa perizia nel raffigurare il volto della Santa  giustifica in qualche modo l'attribuzione. Nel scrive padre Adamo nel suo brillante racconto storico della vicina Delia. Delia fu legata a Racalmuto in quanto per volontà del pio benefattore  deliano, l'arciprete di colà doveva essere scelto dal vescovo in una triade di preti racalmutesi. E tanti sono stati arciprete di Delia provenendo dalla vicina Racalmuto. Anche un padre Macaluso, ma vi stette poco per una certa vicenda boccaccesca. Questo quadro passò inosservato nella mostra svoltasi a Racalmuto sotto l'egida del grande Sciascia. E dire che potrebbe essere la copia di quel dipinto di cui parla il padre Cascini nel  'SEICENTO. Comunque sia, pensiamo che averlo trascurato fu una grossa svista culturale. Anche i grandi e i grandissimi dunque possono commettere delle incompiutezze. Figurarsi poi i piccoli che diventano storici, letterari e qualche volta poetici rievocatori delle locali tradizioni.
 
 
 
 
 
Questo  quadro di Santa Rosalia della Quisquina viene attribuito al pennello del nostro Pietro d'Asaro e persino datato nel 1600. Certo la non eccelsa perizia nel raffigurare il volto della Santa giustifica in qualche modo l'attribu...zione. Nel scrive padre Adamo nel suo brillante racconto storico della vicina Delia. Delia fu legata a Racalmuto in quanto per volontà del pio benefattore deliano, l'arciprete di colà doveva essere scelto dal vescovo in una triade di preti racalmutesi. E tanti sono stati arciprete di Delia provenendo dalla vicina Racalmuto. Anche un padre Macaluso, ma vi stette poco per una certa vicenda boccaccesca. Questo quadro passò inosservato nella mostra svoltasi a Racalmuto sotto l'egida del grande Sciascia. E dire che potrebbe essere la copia di quel dipinto di cui parla il padre Cascini nel 'SEICENTO. Comunque sia, pensiamo che averlo trascurato fu una grossa svista culturale. Anche i grandi e i grandissimi dunque possono commettere delle incompiutezze. Figurarsi poi i piccoli che diventano storici, letterari e qualche volta poetici rievocatori delle locali tradizioni. Altro...

Battesimi eccellenti di Racalmuto qualche anno dopo la Rivoluzione Francese

Santa Romana Chiesa a Racalmuto non può dirsi sia stata sempre democratica (ammesso che oggi lo sia)- Guardate con quanti ghirigori si registravano i battesimi eccellenti. Per i plebei invece grafia quasi illeggibile che mi fa perdere la vista come a suo tempo fece perdere esattezza storica su fra Diego a Leonardo Sciascia. Ma questo è significativo. Quando qualche preso in testa racalmutese mi viene per vantare i nobili lombi ho possibilità documentale di gridargli: tu popolinu comu ammia sì, anche se ora magari facendo il carnezziere sei divenuto il più ricco del paese.

bis per il silenzioso sindaco di Racalmuto.

REITERO LA MIA LEETTERA AL SINDACO- MI ASPETTAVO ALMENO UN CENNO DI RICEZIONE. NULLA. SO BENE CHE LA TABELLA DI MARCIA DELL'ATTUALE AMMINISTRAZIONE , MINORANZA COMPRESA, ANZI MINORANZA SOPRATTUTTO, E': TACERE BISOGNAVA E ANDARE ... INDIETRO. UN CITTADINO VIENE LESO NEI SUOI DIRITTI FONDAMENTALI. ACQUISITA, A PAGAMENTO, LA RESIDENZA NEL SUO PAESE IN FASE DI GROSSO DECLINO ANAGRAFICO. PASSANO OTTO MESI ED ANCORA NON RIESCE A SCEGLIERSI IL MEDICO PER LA SUA ASSISTENZA SANITARIA. L'ASL DI CANICATTI' NON ACCORDA LA SCELTA MEDICA PERCGHE' ESIGE UNA DOCUMENTAZIONE SCRITTA A FIRMA DEL COMUNE DI RACALMUTO: CARTA DI IDDENTITA' O ATTESTAZIONE COMUNLE. VADO AL COMUNEE L'UFFICIO TESSERE PRIMA APPRONTA IL DOCUMENTO E DOPO, INTERVENENDO UN'ASSENTE FUNZIONARIA, LA NEGA CON L'ESILARANTE PRETESA DI AVERE PRIMA L'AUTORIZZAZIONE "SIC" DI ROMA, LA MIA VECCHIA CITTA' DI RESIDENZA, CHE ISTANTENEAMENTE MI HA CANCELLATO SU SEGNALAZIONE DEL COMUNE DI RACALMUTO ALL'ATTO DELLA CONCESSIONE DEL  L'ISCRIZIONE A QUEST'ALBO ANAGRAFICO. TENGO A PORECISARE CHE GIA' MI E' STATA RILASCIATA LA CARTA ELETTORALE.  MI SI DICE DI ANDARE ALL SOTTOSTANTE UFFICIO ANAGRAFICO PER IL RILASCIO DI UN ATTESTATO DI RESIDENZA. CI VADO. UNA SPAURITA IMPIEGATA (FORSE LSU) MI DICE CHE ORMAI NON SI RILASCIANO PIU' A RACALMUTO CERTIFICATI DI RESIDENZA. IN CAMBIO MI DA' UN MODULO PER L'AUTOCERTIFICAZIONE CHE PERO' L'ASL DI CANICATTI' NON MI AVEVA ACCETTATO. CON LA CODA IN MEZZO ALLE GAMBE ME NE VADO VIA SENZA NULLA IN MANO SALVO AVERE LE ORECCHIE STORDITE DALLE GRIDA DI GUAGLIANO CHE  NOIN SO PERCHE' GRIDASSE NEI CORRIDOI DEL COMUNE.

aro sindaco, stamani sono rimasto vittima di una arrogante inefficienza del tuo Ufficio TESSERE- Questo è posto al primo piano e cos si costringono i poveri vecchi come me o peggio gli handkappati a farsi tre  rampe di scale. Alle 10,45 mi presento in quell'ufficio per  avere rilasciata la carta di identità e così finalmente ottenere da Canicattì l'assegnazione del medico di cui all'attuale normativa di settore. Una signora di una gentilezza estrema svolge encomiabilmente il suo dovere di ufficio. Mi invia alle Poste per il pagamento di quanto dovuto. Mi assento per l'adempimento de quo. Ritorno e trovo una signora attempata e piuttosto robustella che prende ora lei la pratica in mano  (prima non c'era. Dov'era? Assente? giustificata?) e mi soleva tutta una serie di obiezioni senza  capo né coda. Risultato il rilascio della tessera già pronta non mi viene concesso. A me le parole non bastano. Dille che mi metta per iscritto le ragioni del diniego. Vi sono altri aspetti esasperanti. Non voglio qui renderli palesi. Al momento opportuno e ove occorra. La macchina amministrativa così non parte. Tu naturalmente non c'eri. Il segretario è araba felice. Ho visto solo agitarsi Guagliano. A che titolo? ma questo come vive? e con quali deleghe fa il supersindaco? Comunque l'ufficio tessere ha impiegati a singhiozzo e si permette dinieghi che già mi hanno procurato danni non indifferenti.

Ettore Messana ebbe salde radici racalmutesi.



Incautamente sono andato ad imbarcaemi in una didiatriba con il fratello dl Sindaco, il prof. Salvo Messana in materia dei genealogia messaniana, appunto. Andando ad arare in campo non mio sto venendo frustato varie volte dall'acuto ed intelligente Salvo che ha il vantaggio di giovare in casa e quindi comprensibile se a suo dire "sballo". Non credo di svelare segreti di Stato pubblicando il serotino cimento di questo dì agostiano.-Chiudo rappresentando i miei veri ed unici interessi culturali o storici se si preferisce, lasciasndo alla famiglia Messana tutto il merito della intangibile salvaguardia delle loro complesse e variegate agnazioni. (Calogero Taverna).

salve

se si trova a racalmuto

passi dal cimitero e visiti la tomba di elettra messana

a proposito del giovane ettore suicida

Se non mi dai del tu non farò un cazzo!!!. Tu sei quello dalla bella voce lirica, quello che ammazzava ogni anno un porco per gozzovigliare e cantare gratis. tu sei quelo (o no?) che si era scordato di pagare una marca da bollo e dovette rinviare ad ottobre la laurea. (Mi hanno raccontato al Circolo Unione l'altra sera)- Ti si dà per un genio!!

ahahaha

ecce homo

ti manca la mantellina rossa e la canna

esatto

quindi lo si chiamó ettore in onore del fratello del padre, altrimenti sarebbe stato l'ennesimo luigi

Don Luigino Messana (il Trupia di Sciascia,) Ettore Messana n. 1888, Elettra Messana n. nel 1889 furono tre cugini nipoti di Calogero Messana, il figlio medico dello speziale Luigi e il nipote dell'esattore Luigi. [in effetti questa parte è errata n.d,r.] Abbiamo visto che il padre di Ettore si chiamava Clemente e il padre di Elettra Adriano. Ma non so come si chiamasse il padre di don Luigino in arte il barone Trupia. Dimmi o ripetimi da figlio in padre la tua ascendenza caro Salvo. Salvo Messana figlio di Calogero, nipote di Emilio che a sua volta era figlio di ?? e nipote di ?? e pronipote di ???- E la recente defunta Dina Messana come risale indietro?

é sballata la sua genealogia

calogero aromataro genera Luigi, biagio, giuseppe, serafino, mariangela

luigi genera : Adriano, emilio, clemente, adriano

ed ettore, morto suicida

emilio genera: luigi (trupia) e francesca, detta ciccina

adriano genera elettra

clemente genera ettore, elena e un'altra signorina di cui non ricordo il nome [qui chiamo l'amica Giovanna che in materia , a proposito di queste tremende zie, non la batte nessuno. n.d.r.]

Non vedo dove sta lo sballo. Le donne a me non interessano, salvo Elettra per una triade di ragioni (storiche).

Li hai posti come nipoti di calogero

Lo sono di luigi

E. N. Messana chiama "speziale" quello che tu chiami aromatario.

Nei documenti passa per aromatario

Speziale lo fu il figlio serafino con la laurea

Comunque tal calogero fu molto aiutato dalla parte materna

Erano amato

"Don Calogero Messana era stato fatto speziale dal padre Luigi --- " E. N. Messana pag- 202. Ora siccome tra Luigi Calogero e Luigi II° etc. in effetti io mi perdo, essendo un estraneo alla famiglia e volendo tale restare, allora mi fermo al questore Messana che è l'unico che mi interessa per le mie ricerche e dico: Ettore Messana era figlio di Clemente Messana. Clemente Messana era figlio del medico Luigi Messana. Il medico Luigi Messana era figlio di Calogero Messana, speziale a dire di Eugenio Napoleone Messana. Lo speziale Calogero Messana era figlio di mastro Luigi Messana, pirriaturi, campieri e arrendatario che dir si voglia. E siamo a metà del '700. Indietro non vado. Qualche sbarramento lo trovo nelle mie carte dell'archivio parrocchiale della Matrice. Essendo puntiglioso ci riuscirò. Ma questa genealogia a me serve per dimostrare che l'Ispettore Generale di P-S. gr. uff. comm. dei santi Lazzaro e Maurizio può dichiararsi di consolidate radici racalmutesi anche se è nato in quel di Gela (che non so se a quel tempo si chiamasse Terranova).

martedì 19 agosto 2014

Antenati e parenti del questore Messana da Racalmuto.





Don Luigino Messana (il Trupia di Sciascia,) Ettore Messana n. 1888, Elettra Messana n. nel 1889 furono tre cugini nipoti di Calogero Messana, il figlio medico dello speziale Luigi e il nipote dell'esattore Luigi. Abbiamo visto che il padre di Ettore si chiamava Clemente e il padre di Elettra Adriano. Ma non so come si chiamasse il padre di don Luigino in arte il barone Trupia. Dimmi o ripetimi da figlio in padre la tua ascendenza caro Salvo. Salvo Messana Salvo figlio di Calogero, nipote di Emilio che a sua volta era figlio di ?? e nipote di ?? e pronipote di ???- E la recente defunta Dina Messana come risale indietro?

Ora maldestramente e disperdendo fondi comunitari hanno deciso di sbriciolare la vinuta di la Beddra Matri di lu Munti. Quel datare nel 1543 l'esposizione della statua di Massa che dicono di improbabile scuola gaginesaca la duce lunga sulla dissennatezza racalmutese. Ho chiesto le delucidazioni del caso ad Emilio: campa cavallo...

 

Ora maldestramente e disperdendo fondi comunitari hanno deciso di sbriciolare la vinuta di la Beddra Matri di lu Munti. Quel datare nel 1543 l'esposizione della statua di Massa che dicono di improbabile scuola gaginesaca la duce lunga sulla dissennatezza racalmutese.  Ho chiesto le delucidazioni del caso ad Emilio: campa cavallo...
 
...per mestiere spiego bene agli altri quello che per me non comprendo.


sabato 28 dicembre 2013

 

Castronovo, Racalmuto, Madonna del Monte, Sciascia e Grotte

 
 
 
 


Il noto giornalista racalmutese Gaetano Savatteri ha modo di annotare: "sarà ... Eugenio Napoleone Messana, nel 1978, a rimettere mano al dramma storico del Caroselli, riadattandolo dalla lingua un po' troppo forbita del padre Bonaventura...": Moderno modo "forbito" per stroncare la prosa del padre francescano Bonaventura Caruselli della siciliana LUCCA SICULA. Si è detto invece che a noi il padre Carosello piace per come scrive, un ulteriore motivo per essere ancora una volta semplicemente "contra" (CONTRA OMNIA RACALMUTO). E il dramma non ci piace né nella versione vernacola del Messana, forse magari perché parente del Savatteri, né in quella di Macaluso-Carbone. Dopo che l'ingegnere Angelo Taverna - e nessun altro ingegnere - ha trovato la copia delle belle e magari forbite coroncine, in un dialetto che è quasi una lingua, del Catalanotto, forse bene sarebbe musicare quelle fonti genuine della Venuta della Madonna del Monte e recitarle a mo' di sacro balletto.

La festa del Monte, diciamolo francamente, è scesa di empito religioso. Sarà per penuria di mezzi finanziari, sarà per la sempre più tediosa nostra accidia, si trascina spesso tra vuoti di spettacolo che nulla hanno più a che vedere con quanto Sciascia sublimava: "festa rissosa... fiesta finalmente per tutti, rossa fiesta, urlante grappolo di gioia". Sarà - dirà qualcuno - che ormai in una Racalmuto viminalmente e duplicemente marchiata come terra d'infiltrai, di gioire non c'è voglia e la bella immagine del grappolo gaudente si è persino spenta nella memoria collettiva di questo gran paese.

A me invece vien voglia di gridare: reinventiamoci la bella festa del Monte, la nostra "pampilonia" sciasciana. Facciamone con un simbolo di resurrezione civile morale ed anche economica.

Sappiamo pur tutti che nessuna Vergine Maria volle in un pomeriggio di maggio propendere per una Racalmuto, pia e decova quanto si vuole, ad una Castronovo che altrettanto pia e devota era: Dice bene Sciascia: "è inquietante la considerazione sulla scelta della Madonna [che] tra i regalpetresi (= racalmutesi) ha voluto fermarsi, la popolazione di Castronovo essendo in egual misura fatta di uomini onesti e di delinquenti, di intelligenti e di imbecilli".

Dalle mi ricerche emerge che se una statua si comprava a Palermo e a Racalmuto si voleva portare, la via obbligata era via mare. Non posso escludere che altrettanto avvenisse per le statue marmoree che i Barresi avessero voluto portare a Castronovo. Da Palermo a Portoempedocle e da qui a Racalmuto, Grotte, Passo Fonduto e Castronovo era il più agevole e sicuro percorso per quei tempi. Se una Madonna dovette passare per Racalmuto, nulla esclude che più che i futuri conti del Carretto, fosse il terribile domicellus Chiaramonte a fissarne la dimora in Racalmuto, casalis ora cum castro molto più redditizio della decaduta Castronovo. Ma se vogliamo datare l'evento sotto i Del Carretto, molto mi aiuta nella mia congettura il racalmutese "signor Vinci" che penso qualche anno prima del 1856 ebbe a scrivere: " impegnati i bovi, e dando la caccia per trasportare detto Simulacro, li due d'innanzi si inginocchiarono, e li quattro di dietro per parte d'andare verso li Grotte, per poi portarsi a Passo Fonduto, si portarono indietro, ed il carro colla suddetta Immagine si sprofondò, quanto non poterono più sollevarlo con tutte le forze umane".
Noi non è' che abbiamo capito bene la dinamica del portento, ma ci va di pensare che per il buon signor Vinci, forse laico e massone, il miracolo si riduceva ad un affossamento della barozza, direbbe Sciascia, affossamento che mi va di pensare essere avvenuto a Passo Fonduto, a mezza stratda tra Racalmuto e Castronovo. Res derelicta? non proprio ma poté essere facile gioco al violento signor barone Ercole del Carretto sequestrare la statua magari facendo un doveroso rimborso spese.

Se così, o magari se così congetturabile, allora ricostruiamo l'evento arricchendolo di elementi rappacificatori tra noi racalmutesi pentiti dell'imbroglio e i castronovesi che avrebbero diritto a qualcosa di più di un rimborso spese erogato per giunta agli svaniti lor signori della famiglia Barresi.

A fine maggio ridiscendiamo la Madonna da quel troppo alto e monarchico altare, mettiamoci la bella copia della statua, e portiamo la Madonna a Castronovo per quaranta giorni. Quindi riportiamola a Racalmuto facendola anche passare per Grotte e così riparare alle insolenze di Sciascia che non volle farvi fare sosta a un re Borbone con la scusa che "a li grutti ci su li lupi", o a quell'onta mussoliniana che manco volle fermarsi un istante alla stazione ferroviaria di Grotte tanta era la voglia di venire di gran prescia a farsi osannare presso la nostra più graziosa stazione.

I due percorsi, andare e venire per e da Castronovo, facendo magari un tratto in treno, da Aragona a Racalmuto. con sindaci in fascia tricolore, vescovi, canonici, monsignori e persino diaconi coniugati, bande e coroncine cantate, quale evento folkloristico sarebbe, quale richiamo turistico, e per chi ci crede quale risveglio religioso.