Contra Omnia Racalmuto
...per mestiere spiego bene agli altri quello che per me non comprendo.
giovedì 21 agosto 2014
Signor Macaluso: ne ultra crepidam
Signor Macaluso, di professione giornalista (cioè uno di quelli che spiegano bene agli altri - e spesso però non ci riescono - quello che per loro non hanno compreso) lei va oltre il suo collega Tano Savatteri che mi accredita come uno che cerca di scrivere una controstoria, e neppure così riduttivamente mi qualifica; incidenter tantum sarei persino un ignorante in materia di storia locale.
Lei, nel prefazionare un testo storico-narrativo del mio carissimo amico (et de amicis nihil nisi bonum) Giovanni Di Falco azzarda questo giudizio temerario sull'ignoranza storica altrui in accordo con la sua.
"Sentite qua: la cappella di D'Asaro si trova
[ometto il richiamo in latino ecclesiale perché scorretto con un nominativo al posto del genitivo femminile e con un "Frontespizio" con una orripilante "zeta", ma basterebbe consultare l'appositio Rollo che persino Nalbone osò studiare, per non incappare in topiche disdicevoli]
"a sinistra di fronte al fonte battesimale
[ma Giovanni si era guardato bene dal tradurre il genitivo "fontis magni" come "del fonte battesimale"; se dovessi fare le pulci al mio amico Giovanni andrei a consultare il Rollo e mi toglierei lo sfizio di apparire certosino archivista] ...
E allora? Lei, saccentemente ci interpella: " lo sapevate?"
e si risponde: "no! Appunto!"
Lei ignora, ma tantissimi a Racalmuto, no e qualcno ne sa ancora molto di più dello stesso Giovanni (non si offenda) perchè per quarant'anni ci si è cimentato.
Lei (per piaggeria verso Pilppo Di Falco?) si abbandona a sottovalutazioni dei tantissimi meritevoli suoi compaesani che, anche se non arrivati sulle vette del giornalismo, hanno ben altri titoli e competenze.
A prescindere da quanto snocciolato in testi pubblicati quali "La Signoria Racalmutese dei Del Carretto" e "Racalmuto nei Millenni" e un profluvio di altre pubblicazioni seppellite nella locale biblioteca, ebbi non più tardi di un mese fa a scrivere quel che segue. Lei non si cura di me e fa bene ma io le contesto il diritto di darmi dell'ignorante in materia di microstoria racalmutese.
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Certezze dunque mai più, ma ragionate ipotesi tante e queste indicano che il luogo di sepoltura era in Santa Maria di Giesù fracassato negli ultimi anni del millennio scorso da improvvidi restauri.
Lillo Taverna Lascia stare; non accodarti alle stupidaggini pseudo giornalistiche del tuo paese. La tormba di Pietro D'Asaro non la potrà rinvenire CON CERTEZZA nessuno. Due i testi che ci potevano dare contezza del luogo della sepoltura di Pietro D'Asaro: IL LIBER in quo adnotata reperiuntur nomina plurorum etc. e il registro parrocchiale dei morti di quel periodo ove si era soliti indicare il luogo della sepoltura. Che Pietro D'Asaro possa essere stato seppellito in quel di Palermo è cervellotica congettura (smentita peraltro dal "liber") anche perché l'11 giugno del 1647, data certa della sua morte, il D'Asaro era "commodo" come amava scrivere padre Alessi sulla scia di un suo religioso compaesano, un settecentesco frate sanbiagese, e siccome era anzi molto "commodo" aggiungo io si sarebbe preordinata una tomba molto lussuosa con tanto di lapide segnaletica. Ma questo non l'ha fatto perché la bella tomba se l'era già comprata un trentennio prima dall'arciconfraternita di Santa Maria deorsum. Quindi è pressoché sicuro che là fu sepolto il giorno dell'11 giugno 1647 " gratis cum clero" perché era "clericus coniugatus" come da diplomi vescovili di cui naturalmente ho copia. Se davvero vi fu sepolto là non abbiamno né potremo mai avere certezza perché già il "liber" in cui si annota il giorno della sua morte l'abbiamo cercato per giorni con il solerte mons. Martorana e di esso non vi è più traccia. (Questo si spiega perché l'arciprete Puma è morto in piene funzioni arcipretili e quindi non ha lasciato inventario e il suo "spoglio" risulta sempre più disperso per l'incuria della CURIA arcivescovile cui automaticamente accede quel lascito parrocchaile e per indolenza dei BENI CULTURALI che tanti soldi pubblici ha sperperato per la vana salvaguardia dell'eccezionale archivio storico della Matrice di Racalmuto). Inoltre il registro dei morti del periodo non si rinviene da tanto tempo. Io penso che sia stato l'abate Acquista, alla stregua di quel che fece per l'atto di battesimo dell'altro benemerito e celebre medico del Seicento, Marco Antonio Alaymo, ad asportarlo. Certezze dunque mai più, ma ragionate ipotesi tante e queste indicano che il luogo di sepoltura era in Santa Maria di Giesù fracassato negli ultimi anni del millennio scorso da improvvidi restauri.
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