L’osanna dell’orrido – la notte rosa ci aspetta
– Il comune triplica le tasse per non licenziare i poveri CO.CO.CO – Dice di
non avere soldi – In cambio di una intervista addomesticata i soldi per una
notte al profumo di rosa si riesce a trovarli.
Denis MacK Smith – anglicano miscredente ma amico di Sciascia
– scrive nella sua storia della Sicilia medievale e moderna (vol. !
pag.258 s,) «Un’altra infezione giunse a Palermo nel 1624
su navi che portavano schiavi cristiani riscattati da Tunisi. La vita della
città giunse ad un arresto completo. Le reliquie di s. Cristina e s. Ninfa
venivano portate ininterrottamente in processione per le strade diffondendo
così l’infezione. Molti morirono, compreso il viceré, e Van DycK , che gli
stava facendo il ritratto, fuggì all’estero. Il cardinale Doria condannò a
morte un medico greco accusato di avere deliberatamente diffuso la peste per
ottenere onorari supplementari, ma si scoprì che un rimedio più empirico
consisteva nel bruciare gli oggetti infetti. Fallito ogni altro tentativo,
furono rinvenute miracolosamente le ossa di s. Rosalia in una grotta vicino
Palermo; sembra che il cardinale arcivescovo fosse a tutta prima dubbioso, ma
l’opinione pubblica premeva e dopo sei mesi
di caute deliberazioni da parte di dottori e teologi, egli accettò di
retrocedere di grado le sue rivali e di nominare s. Rosalia principale patrona
della città. Palermo fu liberata dalla peste, e d’allora in poi le elaborate
feste di s. Rosalia divennero ogni anno la grande ricorrenza sociale di
Palermo.»
Dopo
tale lettura e dopo i miei riscontri nel Cascini e presso i padri bollandisti
cercai di spingere il mio amicissimo padre Puma a fare avanzare di grado Santa
Rosalia a Racalmuto (a dire il vero a farle riconoscere il grado che aveva dal
1626) e soffiare i festeggiamenti a padre Mattina. L’ho già scritto: fallii.
Padre Puma era uomo saggio e mica un vacuo misticheggiante. Ma, una piccola
vittoria l’ottenni: padre Puma riuscì a trasformare la melanconica deserta
messa che ogni 4 settembre il maestro Pino Mattina faceva celebrare in una
dignitosa celebrazione.
Dopo
il Cascini – un gesuita del seicento che al servizio del Doria cardinale riuscì
a mettere assieme oltre seicento pagine di una santa di perduta memoria, anche
se di discreta devozione – a Racalmuto era stato l’arciprete Genco (tutt’altro
che ignoto come vorrebbe un conclamato storico locale) ad andare a Palermo,
consultare quel polveroso grosso volume e farne una sintesi manoscritta,
peraltro in bella calligrafia. Ma a ben vedere il Tinebra Martorana ancora a
fine Ottocento non sapeva nulla di Santa Rosalia, dopo il nefando mercimonio
tra il canonico Mantione e il nobile Grillo sacerdote dei baroni Grillo, a fine
Settecento. Ma un gesuita – sempre loro – predicava nella chiesa di San
Giuseppe che sicuramente S. Rosalia era nata a Racalmuto. Fonte? Padre Cipolla:
documento? Un diploma infiorato custodito in matrice.
Padre
Puma ebbe a mostrarmelo svariati decenni fa. Cercai di tradurlo. Per uno
scettico come me vedere un vicario generale del Doria (don Franciscus De La
Riba) vendere a caro prezzo due frammentini di ossa di chissà quale cadavere
per sante reliquie di Santa Rosalia a dei citrulli racalmutesi mandati dalla
fedifraga vedova Del Carretto, faceva specie. E.N. Messana ci casca e giù la
fandonia di un nobile Savatteri (nome
spagnolo per dire ciabattino) figlio di un tal Scipione del medesimo
casato che impavido va a Palermo tra gli appestati e porta a Racalmuto i
frammenti mortuari salvifici: In premio: la figlia del conte e feudi al
Serrone.
Da
panzana in panzana arriviamo all’altra sera a solennizzare un sgorbio sol
perché qualcuno ebbe a scrivere “oggi un’antica immagine di Santa Rosalia,
dipinta ad olio su legno, è visibile, nel Corso Garibaldi, in una edicola sul
prospetto dell’abitazione della Famiglia Cutaia.”
In
quell’aureo trattato c’è posto per me? Sì come mero traduttore peraltro
maldestro, visto che le notorie disattenzioni dattilografiche lì appaiono mie
deprecabili topiche, mentre i meriti sono di chi manco una riga dell’originale
stentava a decifrare. Se do del
falsario, se do del plagiario non ho qualche ragione?
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