Mio stimatissimo sagace dottore oculista curante, e come
posso dimenticare? Superato il piccolo scoglio di questo nome che mi risulta
difforme ma spero di avere subito qui il chiarimento, dico che quello fu un
momento topico del salto dall’imbroglio ultra foraggiato dell’inganno storico
alla luce offuscante della genuina vicenda umana, sofferta, agguerrita,
petulante, incoercibile, beffarda ma saggia, cosciente,meritevole, con preti da
vidirici la missaa e subbitu stuccarici li rini, della verace RACALMUTO.
Padre Puma non era un santo, ma questo grandissimo amico
mio, sapeva vivere, fingere di salvare le anime ma salvaguardandone il corpo;
non sapeva che farsene di prediche stucchevoli di falsi mistici per bambinelli
dagli occhi sonnolenti. Padre Puma amava vivere, amava la vita, amava gioire e
se un piacere l’aveva creato Dio era dunque cosa buona e giusta, e se una donna
era peccatrice ma avvenente aveva diritto all’assoluzione pur senza
confessione. E se una bigotta, due bigotte, tre bigotte gli rompevano le
scatole ( e gliele rompevano. Varie volte assistetti) sapeva sorridere, sornione,
da buon uomo di mondo. Sapeva che rimanere per tutta la vita virgines in
capillis era stimolo alla farnicazione .. in mancanza di fornicazione. Una
volta ne abbiamo riso insieme. Non dileggio il grande amico mio Alfonso Puma
Pagliarello. Ora c’è al suo posto il nuovo santo: se io fossi foco come lo
brucerei. Si permette persino di seppellire una seconda volta il grande Mons. Alfonso a piè di terra
di una porta laterale in modo che nessuno se ne accorga. Come si fa a non
essere anticlericali? Ma ‘sto Vescovo che ci sta a fare?
Torniamo a noi: la scienza del dottor Piparo non accetta che
il male oculare in quel brutto e illeggibile dipinto che tutti hanno decretato essere
di Pietro D‘Asaro non può che essere male congenito o simile. Allora la mia
indubitabile conoscenza del diritto canonico all’epoca neo-conciliare tridentina
dice che quel quadro non raffigura nessun Pietro D’Asaro perché non sarebbe
entrato in seminario con il suo coetaneo Marco Antonio Alajmo e dopo non poteva
divenire chierico sia pure ammogliato.
Salta un altro domma paesano targato Sciascia. Impossibile. Oggi
non c’è più il Santo Ufficio a Racalmuto ma la scherani degli amici della noce
hanno il potere storico. Anche le più evidente minchiate sciasciane sono
intoccabili: fra Diego La Matina è martire e tenace concetto racalmutese. Ma padre
Puma mi ha consentito di appurare che non è vero. E chi è padre Puma di fonte
al nume della Noce? Di falso in falso,
ora debbo credere che i castelli sono svevi. Perché svevi? Perché fa comodo a qualcuno.
Quel momento topico delle felici ricerche del dottor Piparo
io a mie spese l’ho traslato in un aureo libretto. Ma allora come ieri come
oggi e pare anche per un anno e mezzo ancora il comune, la cultura, la storia è
in mano di gente volpina. Riesce a salir di grado persino con Petrotto, per
meriti affini pare, sta sodale con Petralia, le triadi di diomede, paese al
tramonto e calata di nobili de romana gente. Poveretto me: nulla mi si deve per
socializzare i miei risultati storici sul paese. Ma neanche ora che ho
scandagliato il buco nero delle Favole della Dittatura di Sciascia, avallate
nel 1951 dal gronchiano Pasolini posso avere
accesso nel miliardario castello chiaramontano in mano degli amici degli
efebici scultorelli dell’alabastrino. E il mio grande amico preside pittore un
nome nella pittura da mezzo secolo, può avere asilo nei palazzi dello spreco
racalmutese per esporre ai racalmutesi le sue luminose riletture pittoriche di
quelle favole datati editore baldi, 1950.
Ha da passa’ a
nuttata!
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