venerdì 20 settembre 2013

Ma visto che qui l'autostrada è lontana e solo si tratta di semplice raccordo Agro-nissa, che dissolve stationes romane e sprofonda in bacini acquiferi e che dissemina fondi cui credo di contribuire con i miei massacranti rilievi fiscali (che non mi sembra si eguaglino con quelli che hanno potere di allargare e stringere nelle laiche commemorazioni scrittorie), allora mi auguro che la 640 abbia due poppe una per il locupletante romano Camilleri e l'altra per il negletto nisseno Rosso di San Secondo

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  • Calogero Taverna A Castello Chiaramontano Racalmuto piace questo elemento..

    Gaspare Agnello Senza Antonio Russello la strada è assolutamente monca. Favra è il cuore dela strada degli scrittori. Quindi Racalmuto-Favara-Agrigento-Porto Empedocle con deviazioni a Ciancia
    na e Sambuca di Sicilia dove sono nati Alessio Di Giovanni e Navarro della Miraglia. Così i conti tornano alla perfezione.

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    Roberto Salvo Più che una strada mi sembra un groviglio sempre più complicato.

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    Gaspare Agnello No. si tratta di un'autostrada dritta che parte da RACALMUTO, ATTRAVERSA FAVARA-AGRIGENTO E ARRIVA A PORTO EMPEDOCLE. LA 640 DIVENTA VERAMENNTE LA VIA DEI GRANDISSIMI SCRITTORI ITALIANI ED EUROPEI. POI NON VOGLIAMO DIMENTICARE ALESSIO DI GIOVANNI E NAVARRO DELLA MIRAGLIA CHE IMPREZIOSISCONO LA NOSTRA GRANDE PROVINCIA.

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    Calogero Taverna E intanto ci si scorda di Rosso di San Secondo che gli ignari credono persino relitto fascista. Sì, fu fascistissimo purtroppo; svetta, però, su tutti anche su Pirandello. Ma che ne vogliono capire i Nocini nostrani?

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    Gaspare Agnello Parlavamo di scrittori agrigentini. Se ci allarghiamo possaiamo fare tante autostrade con i grandi scrittori siciliani.

    37 minuti fa · Mi piace..

    Calogero Taverna Ma visto che qui l'autostrada è lontana e solo si tratta di semplice raccordo Agro-nissa, che dissolve stationes romane e sprofonda in bacini acquiferi e che dissemina fondi cui credo di contribuire con i miei massacranti rilievi fiscali (che non mi sembra si eguaglino con quelli che hanno potere di allargare e stringere nelle laiche commemorazioni scrittorie), allora mi auguro che la 640 abbia due poppe una per il locupletante romano Camilleri e l'altra per il negletto nisseno Rosso di San Secondo
  • Calogero Taverna sabato 9 marzo 2013

    Viva Rosso di San Secondo

    Lettera aperta a Tano Savatteri:


    paga il tuo fio, collabora con me per il recupero di Pier Maria Rosso di San Secondo a Caltanissetta, al teatro Regina Margherita di Racalmuto.

    Se, quando deceduto, trovassero qualche mio scritto, celiante la tua famiglia, cosa diresti?
    Se lo facessi tu con me, mi incazzerei di brutto. Io inizierei con un prete squinternato da Sciascia, l’arrendatario don Savatteri e Brutto. E magari ci metterei la tua stazza fisica, richiamando qualche episodio di nonni maneschi. E ovviamente sarei lieve e quasi giocoso.
    Tu, metteresti in berlina la mia statura non eccelsa. Ma noi siamo uomini d’onore, disdegniamo entrambi i fanciulli discoli di una evanescente Regalpetra e passeremmo oltre. Non così fece un certo Orio Vergani che a babbo morto , nel 1956 (Rosso di San Secondo o era morto o stava per morire nel novembre del 1956) si mise a scorticare vivo il letterariamente già defunto suo vecchio direttore Rosso. Tu, caro Tano, nel 2005, quasi mezzo secolo dopo gli vai dietro e risillabi: piccolo, olivastro, il colletto duro stretto attorno al pomo di Adamo … con certi astratti furori, sguardi straniti, dolori cupi, e una specie di nera solitudine: Aggettivi a iosa insomma. “Aveva conosciuto il dolore: un fratello morto suicida”. E non parli di Sciascia, ma di Rosso di San Secondo . Ancor oggi mi chiedo: chi scrisse per la tomba del diletto fratello quegli strazianti versi latini? Sciascia o la prof.ssa Andronico?

    Ma noi non facciamo erudizione, vero Tano?

    Ma emendiamoci. Quanto a Rosso di San Secondo io vetero comunista mi porto dentro l’infamia rossa di un seppellimento di un grande genio siciliano sol perché fu un grande fascistone. Ma sempre genio resta, ad onta dell’estetica desunta da Gramsci ad onta del realismo lukacsiano, ma tu caro Tano pecchi in prima persona. Redimiamoci. Portiamo nel teatrino (che ormai così angusto niente altro è) col suo desueto nome monarchico “Regina Margherita” (così vollero i racalmutesi) la rivisitazione di tanto grandissimo autore. Facciamo un’operazione culturale. Facciamo recitare a qualche giovane promessa del teatro, con ascendenze racalmutesi, passi sparsi della enorme produzione teatrale del Nisseno; costruiamo una sorta di antologia sulla gracilità dell’esser donna secondo Pier Maria nella Sicilia dell’inizio del secolo scorso. Penso ad eroine strambe, vaghe, ingenue e peccatrici quali ad esempio la LOTTE del Segno Verde. Ho conosciuto ieri una catanese produttrice cinematografica e teatrale NELLA CONDORELLI che per pochi denari ben si presterebbe a iniziative del genere. A Catania c’e quel nume nascente che ti voleva fare questa estate Podestà di Racalmuto in taluni suoi spunti sul Foglio. Fascista lui, fascista Rosso di San Secondo … io non ho prevenzioni. Un teatrino come quello di Racalmuto a questo è deputato .. ad operazioni culturali senza ritorno economico. E’ il suo vanto, è il mio orgoglio.

    Una attrice che scende piumata tra suoni e proiezioni allucinate, ricche di cromatiche sublimità quali ad esempio il mio amico Agato Bruno saprebbe ben dipingere, sempreché il nostro grande Nicolò Rizzo non voglia collaborare, e adeguatamente inquadrata da una scena estrapolata dal testo e magari recitata da una filodrammatica quale io ravviso in quella diretta da Turiddu Bellavia di Grotte , avrebbe l’estro di diffondere ambigue domande quali “Chi mi cullava? Faceva il lago dondolare il battello? O c’era altro?" come dire la gioia dell’amore. Il dolore della vita.

    Racalmuto fa riscoprire Pier Maria Rosso di San Secondo, emulo di Pirandello, grande “nella sua linea fantastica” … che si proietta e ci proietta “ nell’avventura colorata, nella dimensione onirico-metafisica, quella del delirio, quella del mito” echeggiando lo scritto incisivo e sagace di Andrea Bisicchia. Altro che Orio Vergani e, permettimi, altro che il SICILIANO ad uso di Gaetano Savatteri.

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