Mi permetterà l'amico e sensibile Gianni di dissentir da lui quanto diciamo al volgare eloquio, non tanto quello concettuale che può trovarmi consenziente ma che per me si estende alla ostentata incultura dei benpensanti, ma proprio quello del dire chiaro schetto vivace esplosivo esplicito del volgo, il popolino, le prostitute, i bardassi, l'lare umanità dei bassifondi, del trivio: insomma il cololorito apostrofare dell'angiporto.
Non è la prima volta che nel sofisticato tiaso della mia adorata Ornella difendo ed esalto il tronfio parlar scortese di una Cuncittina napolitana, sfottendo magari l'agghindato conte Polli o come diavolo si chiama.
Il nobil lignaggio col suo affettato torbido alludere mi spinge ad una sorta di ironico compatimento.
Preferisco il Dante che scrive 'e col suo cul facea trombetta,' o 'Taide la puttan che si accoscia'. E non so se appartiene all'Aretino l'aforisma eplicito del tipo: il cul è per la persona colta, per il villan fottuto c'è la potta.
Grazioso il dire del capo ufficio di Contabilità della ormai chiusa filiale banca d'Italia di Messina, che andando oltre il suo nobile casato, i Majorana, ogni pie' sospinto sbuffava volgarmente 'nun mi rumpiti u salsicciottu'.
Certo non gradisco il dire delle fanciulline romane che sul bus hanno da gridare solo 'non mi rompere le palle' e 'vai a fare in culo'; eppure meglio degli azzimati coetani, dai tinti capelli e dal viso glabo che nulla san più essere, schiacciati da questa novella femminilità da nuovo millennio.
Una signora che esircita la più antica professione del mondo dal bel parlare fiorito consono al suo gradevole mercimonio non mi scandaleiza, anzi mi suscita pur alla mia decrepita età un certo antico prurito.
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