mercoledì 2 agosto 2017




Da: Calogero taverna <calogerotaverna@LIVE.IT>
Inviato: lunedì 8 agosto 2016 10.42
A: studiomarcangeli@hotmail.com
Oggetto: all'attenzione di Picchio
 

Le infiltrazioni longobarde fra gli EQUI
di Calogero Taverna
Le mie scorribande storiche avevano fatto soffermare su una mia vecchia visita al Museo Pigorini.

In una sala stava una ricostruzione di un avello che veniva detto essere la tomba di un guerriero longobardo,  rinvenuta in quel di Val dei Varri.

Mi aveva molto incuriosito il fatto che i longobardi si fossero infiltrati guerrescamente sino a questa landa del Cicolano, sotto Pescorocchiano.

Recenti lavori di restauro della principale chiesa di quel paesotto abbarbicato al costone di uno dei tanti picchi montani di quella enclave,  che dicono un tempo essere stata dominata dall'Ofente cantato da Virgilio nell'Eneide, avevano consentito di rinvenire un fregio litico decisamente longobardo.

Dunque i Longobardi furono molto presenti fra quegli aspri monti. E questo non lo trovavo molto esplicato nella storiografia longobarda che pure è tanto puntiale e rievocativa.

Pensavo ad un oscuramento, quando da qualche tempo vengo assillato da briciole storiche su quel popolo  dalla lunga barba o alabarda all'interno dei monti Cicolani. E non solo lì. Ecco cosa leggo in Wikipedia a proposito della finitima Carsoli.

"La caduta dell'Impero Romano d'occidente porta Carseoli, con tutta l'area della Valeria, sotto il controllo dei Longobardi: le loro continue incursioni, anche qui, provocano devastazioni e distruzioni. Nonostante ciò ancora nel VII secoloPaolo Diacono nell'opera Historia Langobardorum, parla del paese di "Carseoli" come di una delle città principali della provincia Valeria, zona annessa al Ducato di Spoleto.[10].
La successiva comparsa dei Franchi sul di territorio italiano causò una forte riduzione dei possedimenti dei Longobardi; in particolare il Ducato di Spoleto fu notevolmente ridimensionato. Si costituì così la Contea dei Marsi, tra la fine del IX e l'inizio del X secolo. Tra il X e l'XI secolo Carseoli venne indicata anche con il nome di "Sala", per concessione fatta dalla allora potente abbazia Sublacense di Subiaco.
Nel 993 quando il conte dei Marsi Rainaldo scelse di risiedere a Carseoli, con il figlio Berardo ed il fratello Gualtiero, costui donò al monastero di Subiaco notevoli territori carseolani fra cui la chiesa di S.Maria, più tardi detta "in Cellis".
Molto probabilmente è al Conte dei Marsi che si deve un rafforzamento ed un più forte impulso alla costruzione del castello di S. Angelo, che domina il colle sopra l'attuale Carsoli. Il toponimo Cellis, rimasto solo alla chiesa di Santa Maria, nella forma di Celle Carsolarum o più semplicemente, Celle, è riportato dai documenti più antichi che riguardano l'aggregato urbano che si andava formando sulle pendici di Colle Sant'Angelo intorno al castello-recinto. Il colle più tardi avrebbe definitivamente preso il nome di Carsoli.
I successori di Berardo e Odorisio si spartiranno il territorio, abitando uno nel castello di Oricola, un altro a Colli di Monte Bove, il terzo nel castello di S.Angelo alle Celle. Pian piano molte terre verranno donate, dagli stessi conti, ai principali monasteri del centro-Italia, in particolare FarfaSubiaco e Montecassino. I monaci si sostituiranno così ai legittimi feudatari, almeno fino all'epoca sveva, quando, sotto il Barbarossa, Celle venne assediata e di nuovo occupata militarmente. Nel XII secolo Carsoli, secondo una tradizione del luogo, ospitò San Francesco[11]."

E non finisce qui.

Stamani leggendo un articolo di un tal Carducci rinvengo che presenze longobarde sono documentate in quel di Castelmenardo e propriamente  non sarebbe dubbio che "nel 591, con l'avvento del secondo duca di Spoleto Ariulfo, viene delimitata la zona ove sarà costruita l'attuale chiesa di Santa Croce. Il dislivello roccioso del sito fu scalpellato e squadrato, mentre la parte opposta fu chiusa da un muro in modo da ricavare un'area recintata da adibire a ricovero per gli animali; in special modo per costruire i cavalli delle truppe e mantenerle separate da quelle del nobile, che erano ricavate sotto l'ara di corte."

Codesti singolari aspetti vengono invero rimarcati dal Lugini (Domenico Lugini, , Memorie storiche della regione equicola ora Cicolano) che diffusamente parla di interventi e donazioni cicolane dei vari duchi di Spoleto  spigolando fra i Regesti Farfensi.

Da ultimo la professoressa Elvira Migliario in un suo pregevole contributo ai Quaderni del Silvi di Alzano sapidamente ci informa che vi fu GISULFO duca di Spoleto che nel 761 aveva donato metà di terre  in quella parte di Fiumata, ora sommersa dalle acque del lago artificiale, ove pure sorgeva una chiesa titolata 'ad Sanctum Angelum in flumine' che mi ha piacevolmente mostrata in una vecchia foto il gestore del bel bar di Fiumata appunto.

Addirittura una tesi di dottorato trovasi alla Sapienza che va rispolverata e pubblicata tanto doviziosa di ghiotte notizie storiche  risulta nel suo nutrito indice.

Questo ed altro ed altro ancora è materia di grosso interesse storico e culturale. Materia per ineludibili incontri  tra studiosi raccolti in convegni sotto il patrocinio di importanti associazioni culturali carseolani e di Borgorose e soprattutto del Comune di Pescorocchiano. Questo il mio auspicio.

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