martedì 27 ottobre 2015
tesori bizantini
" 59 pezzi di 34 emissioni (tutti in rame) si estendono cronologicamente dall´imperatore Giustino (518-527) (nr. 2 di vetrina) fino ai cosiddetti folleis anonimi (classi B e C) che furono coniati a Costantinopoli fra il 1030 e il 1050 (nr. 34/1-6). La collezione oltrepassa quindi i limiti cronologici della dominazione bizantina in Sicilia dal 535 (v. le monete di Giustiniano I, nr. 3-6) e – nella ...zona di San Marco – fino all´inizio del X secolo (v. in proposito introduzione storica e, dal punto di vista numismatico, i tre folleis di Leone VI, 886-912, nr. 32-33). Ciò documenta l´inserimento della Sicilia nella rete commerciale bizantina del Mediterraneo anche al di fuori dei confini dell´impero. Se è da prestar fede all´affermazione della direzione del Museo, che cioè le monete esposte sono reperti locali (benché a tutt´oggi ne manchino le prove), se ne può concludere che la localitá fu ininterrottamente abitata e d ebbe rilevanza economica continua dal VI all XI secolo. " Altro...
L’ARCHEOLOGIA DI …. REGALPETRA
Sull’archeologia di Racalmuto (l’archeologia di Regalpetra) tanto ormai si è scritto, tanti vincoli sono stati apposti (magari in località sbagliate, magari invertendo le particelle catastali interessate), frettolose ricoperture (ma non tanto da evitare le spoliazioni dei tombaroli) di affioramenti di arcosoli (confusamente designati come databili nel periodo “greco-romano-bizantino” – come dire in mille e cento anni con in mezzo la nascita di Cristo) si sono impunemente potute perpetrare, e così via di seguito in un cahier de doléances chissà quanto lungo.
Ma il desolante risultato è quello di una Racalmuto archeologica ignota alla scienza e solo appiglio a locali eruditi (compreso chi parla) per congetture le più sballate e le più cervellotiche che si possano immaginare: e dire che questo centro dell’omonimo altipiano può considerarsi un archivio del vivere dei sicani (molto di più della vicina e reclamizzata Milena), uno scrigno di testimonianze micenee, greche, romane, bizantine ed proto arabe. Ora l’ing. Cutaia dimostra inconfutabilmente che la ceramica araba normanna era di casa a Garamoli. Il sottoscritto è certo della presenza di ceramica protoaraba sotto le torri del Castello Chiaramontano. Il padre Cipolla - su cui ci intratterrà per la prima volta in modo serio lo scrittore compaesano Pierino Carbone – ha rinvenuto nell’atrio del Castello un sorcofago romano del IV secolo dopo Cristo ed un coperchio bizantino di un sarcofago coevo evidentemente ancora non rinvenuto.: segni evidenti di un continuum cimiteriale romano-bizantino nei prati poi edificati da Giovanni III del Carretto ultimo barone di Racalmuto (ante 1560).
Sempre, chi parla, per la sua passionaccia per l’antico Racalmuto, ha scoperto una necropoli bizantina al confine tra Vircico ed il Ferraro. Una strana tomba, a mezzo tra la tomba sicana tipo Fra Ddecu e quella a tholos d’influenza micenea, resta negletta in contrada Ciaula: zona quest’ultima di discarica comunale pur annoverando nel raggio di 500 metri questa testimonianza pre-micenea, vecchie miniere di zolfo abbandonate ove si rinvennero nell’Ottocento quelle Tabulae o Tegulae sulphuris che non diedero gloria al rinvenitore avv. Picone (ma al già illustre Mommsen, sì) e un magnifico esemplare di mulino ad acqua, operante già nel 1576, capolavoro di ingegneria idrualica.
Le tombe a tholos disseminate alla Noce sono state fagocitate dalle casine dei nuovi ricchi o dei nuovi portenti letterari; i ruderi romani della Menta e di Culmitella volatilizzati; i manufatti arabi di Musciarà (contrada Culmitella) deperiscono ignoti e maltrattati; le varie necropoli sicane del Castelluccio, del Serrone, del Saraceno, della Scorrimento Veloce sparite (c’è chi dice perché dopo i bulldozer arrivano camion targati RM e partono – si sussurra - per ripostigli di primari ultra locupletatisi); una razzia postbellica di reperti funerari di Grotticelle, Judì, Casaliviecchi, Ruviettu, Sirruni servirono ad una indebita assoluzione di sequestratori di persone, data la passione per le antichità di un piccolo giudice aliunde, poi, osannato; apposto un vincolo archeologico di primo grado alle Grotte di Fra Ddecu, invece di segnare per il vincolo le particelle catastali a valle (ove il sig. Palumbo reputa vi sia una frequentazione umana sicana, quindi sicano-micenea, quindi greca, e poi romana, bizantina ed araba), si vanno a segnare quelle a monte, archeologicamente neutre, danneggiando gente e terre sterili di reperti ma valide per l’agricoltura; una fontana araba dell’anno Mille al Vozzaro si è potuta salvare solo per la intrusione del meritevole Giacomino Lombardo, ma dopo rapaci coltivatori diretti stanno rastremando l’area circostante per improbabili coltivazioni agrarie – ma la Cee ci crede; le colture d’alabastro stanno tutte sparendo perché al contempo occorre dimostrare aree sconfinate produttive all’ex AIMA; chi autorizza lo spietramento non sa che autorizza il non archeologicamente sterili ma perché si tratta delle zone nobili del paese (il comunismo sarà crollato, ma lo sfruttamento delle classi ingenue continua e l’eccezione per chi è di riguardo pure); in cambio i BB.CC di Agrigento ci tengono vincolata la contrada di Pietralonga (che non sta a Racalmuto ma a Castrofilippo; e così godiamo di libertà edilizia noi ed i castrufilippisi).
Ma abbiamo da lamentarci soprattutto perché ancora una lira dello sperperatissimo denaro pubblico deve essere erogata per la ricerca archeologica a Racalmuto. Se l’ENEL, che costruisce ad onta del diniego della Commissione edilizia racalmutese addirittura allato delle Grotticelle che Biagio Pace considerava un ipogeo cristiano, mette a nudo tesori dell’era bizantina e qualche incauto fa la debita denuncia, il risultato è stato che l’incauto si è vista bloccata la sua costruzione, e i ruderi – molto residui, sono stati risotterrati con la speciosa argomentazione che non vi sono fondi (leggere per credere l’intervista della Fiorentini a Malgradotutto).
Quando la giovane e valentissima e molto proba nuova Vice Soprindentente, dott. Musumeci, sensibilizzata da più parti, ebbe ad includere per la prima volta (sottolineiamo: prima volta) Racalmuto nel piano delle località in cui iniziare scavi ufficiali, ebbene l’assessore regionale di A.N. Granata ha denegato i miserelli cento milioni per incapienza di fondi (ma bastava una piccola scrostatina alle miliardarie erogazioni ai comuni amici) e per ritardo nei termini di presentazione (ammazza dove arriva il potere dei burocrati!)
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