giovedì 8 giugno 2023
Circolo unione verbali
Il primo verbale che siamo in grado di riscontrare risale al 28 marzo 1920. Ha per oggetto: «ammissione a soci effettivi dei signori Farrauto Francesco, Farrauto Giuseppe e Nicolò Vinci fu Mario ». L’assenso è plebiscitario. Ne fanno fede il presidente G. Grillo, il Segretario E. Tulumello ed i soci Cavallaro e F. Mattina.
Nel 1921, nominato un comitato per le feste al circolo ed ammesso il socio provvisorio avv. Carmelo Burruano, si procede con una profetica scelta di campo a sottoscrivere l’abbonamento al “giornale Popolo d’Italia”. Non tutti invero sono d’accordo, ma la maggioranza a fiuto fino. Il meritevole abbonamento viene deliberato con conferma e sottoscrizione del presidente Bartolotta, del segretario G. Sciascia e dei soci G. Grillo e S. Messana. Lo storico verbale porta il numero 4 ed è datato 16 gennaio 1921: più previdenti e tempestivi di così, non si poteva essere; la maggioranza dei nobili racalmutesi è fascista anzitempo e si abbevera subito alla eclatante prosa del futuro astro, dell’uomo della provvidenza, insomma, di Benito Mussolini.
Personaggi famosi saranno i neo soci studenti ammessi con delibera 18 aprile 1920. Il dott. Baldassare poté dominare durante il fascismo e continuare ad essere uomo di potere anche nell’immediato dopo guerra. Venne nominato assessore come uomo della laica, destrorsa e con nomea massonica Democrazia del Lavoro, subito dopo l’uccisione di Baldassare Tinebra, quello della “Congiura dei loquaci” di Gaetano Savatteri.
Il secondo dei nuovi soci studenti del 1920, Tulumello Giuseppe fu Giovanni, è rimarchevole per essere il fratello di quel Vincenzo Tulumello di cui parla il Messana, cioè di quel « giovane ardente dalla parola suasiva e convincente, il quale però, a guerra scoppiata, fece di tutto per non andarvi e la voce popolare vuole che anche sia morto perché si provocò il diabete.» ( ). Fu comunque un ottimate di Racalmuto, anche se non poté svettare come l’alto lignaggio del suo casato avrebbe imposto.
Accede al sodalizio in quell’anno il dott. Salvatore Petroni, immortalato, poi, da Leonardo Sciascia nel suo “Porte aperte” e per taluni tratti nell’altro suo libro “una storia semplice”. Quanto all’ultimo, al dott. Salvatore Burruano, il personaggio lo incontriamo nella storia del fascismo racalmutese, riscuote la sua brava dose di cattiveria dal Messana , finisce ufficiale dei carabinieri, crede in Mori, lo segue. Entra in rotta di collisione con Cucco. L’arma – o per l’una o per l’altra ragione o per tutte e due – non glielo perdona, lo congela, subisce l’ostracismo sino all’entrata degli americani. Dopo, ha un qualche riconoscimento Si congeda e tutti l’abbiamo chiamato: il colonnello Burruano. Ma da una certa data in poi pretese – ed ottenne – il titolo di generale. Fu brillante ed amorevole. Al circolo tenne testa specie come responsabile dei balli protocollari. Ebbe incarichi sociali tra il 1922 ed il 1924, tornò ad essere eletto “deputato” nel 1948 con 38 voti e nel 1949 con 47 voti.
Il 25 aprile 1921 viene ammesso a “socio provvisorio con dimora precaria” il dottor Achille Vinci, figura di spicco nella professione medica, nella vita politica e, con particolare caratterizzazione, nell’evolversi della realtà sociale del circolo. Autore di tremende e velenosissime poesie in vernacolo, si può dire che solo Totò Marchese l’eguaglia, quando addirittura non lo supera. Quelle di Fofò Scimè sono letterariamente sublimi e, per fortuna, non attingono al fiele della cattiveria. Si dice che la lunga composizione “nngaglià la parrinedda” che Eugenio Napoleone Messana pubblica nella XXVII appendice del suo testo storico sia dovuta alla penna del dott. Vinci. Il velo dell’anonimato disperde ormai il senso della solforica stroncatura di tanti personaggi bene in vista all’epoca. Oggi, solo i vecchi del Circolo Unione sanno decriptare, con aggiunta di sapidi particolari, le terribili rime. Tra breve, anche questa pagina di storia locale verrà cestinata per indecifrabilità dei sottintesi.
Il due gennaio 1921 accede al circolo don Gaetano Savatteri, personalità molto contraddittoria, nato ricchissimo e morto nell’indigenza per la rapacità di un’antagonista grande famiglia. Il 10 settembre del 1923 alle dodici e mezza, don Gaetano incappava in una accesa discussione con Oreste Cavallaro – una lite tra parenti, ci pare di poter dire – e subiva l’umiliazione di essere pubblicamente schiaffeggiato. In altri tempi, ciò avrebbe comportato ferri incrociati e duelli in rigida etichetta: ora il mondo dei civili sembra cambiato. O don Gaetano non era più in grado di rispettare l’antico codice d’onore. Si è accontentato dei tre mesi di sospensione che la rituale assemblea del 16 settembre inflisse al Cavallaro (a semplice maggioranza) in “applicazione dell’articolo 128” del minuzioso regolamento sociale.
Carmelo Burruano, il celebre avvocato tra gli anni Venti ed i Sessanta, l’altro figlio di don Cicco, viene accettato all’unanimitù come “socio provvisorio” il 16 gennaio 1921 ed il successivo giorno 30 è la volta di Messana Everardo, Giancani Giuseppe e Martorana Nicolò, tutti e tre con la qualifica di “socio studente”. Per la cronaca, ora l’ammissione non è all’unanimità ma “a maggioranza dei voti”. Comincia l’infiltrazione della piccola borghesia in un circolo d’origini borboniche e propenso ad atteggiamenti esclusivi. Entra nel circolo “ maggioranza dei voti” pure Federico Giancani di Luigi, il sette luglio di quel medesimo anno. Indi scatta una bella epurazione. Sono tredici soci morosi che subiscono la “radiazione”. Molti, avvocati e dottori, faranno ritorno, come pecorelle smarrite e pentite.
Non staremo però qui a fare l’elenco dei nuovi soci: chi vuole saperne di più in proposito, basta che consulti l’allegato lungo elenco, ove vita, cariche e, qualche volta, morte trovano annotazione elettronica.
Davvero trascurabile la delibera del “salario ai camerieri”: la forniamo lo stesso. Nel 1921 il cameriere Angelo Collura guadagnava 155 lire al mese ed il suo sabalterno, Vincenzo Vella, 130 lire mensili, entrambi dopo un aumento di 30 lire mensili
I verbali del circolo ci forniscono l’elenco della prima deputazione di cui si abbia completa conoscenza. Eletta all’unanimità per 1922 questa risulta essere la storica amministrazione:
1921 27 dicembre 1921 Bartolotta dott. Comm. Giuseppe Presidente
1921 27 dicembre 1921 Sciascia Giuseppe Segretario
1921 27 dicembre 1921 Falletti Nestore fu Luigi Cassiere
1921 27 dicembre 1921 Grillo Angelo Deputato
1921 27 dicembre 1921 Vinci Ettore prof. deputato
1921 27 dicembre 1921 Messana Luigi Emilio deputato
Sul commendatore Bartolotta c’è da dilungarsi molto; oltre che il vero capo dell’amministrazione comunale, è anche la massima autorità al circolo. Su lui si diffonde E N. Messana. Anche Sciascia, pur con molta circospezione, ha frecce al suo arco letterario e tante vicende elottarali, amministrative e sociali della Racalmuto prefascista sussurrate dallo Scrittore hanno sullo sfondo appunto il nostro commendatore. Per faccende cui noi ci riferiamo pudicamente, si leggano, se proprio se ne ha voglia, alcune nostre pagine sull’affermazione fascista nel nostro paese.
Falletti Nestore è il nonno di Nestorino e ciò basta per quelli della mia generazione. La figura di Grillo Angelo fu Angelo torna scialba al vostro cronista. Bisogna rivolgersi a Guglielmo Schillaci o a Lillo Savatteri per averne ragguagli e giudizi amorevoli ma disincantati. Il prof. Ettore Vinci me lo ricordo come mio esaminatore agli esami di ammissioni: correva l’anno del Signore 1945. Luigi Messana di Emilio è il celeberrimo “don Luigino”: facciamo riferimento alla foto dell’ineffabile personaggio accanto a Sciascia con l’eterna sigaretta accesa (foto chee trovasi esposta alla Fondazione Sciascia) per ritenerci assolti dall’obbligo di rapporto. Abbiamo incontrato questa primavera (2001) un suo simpaticissimo nipote acquisito che ci ha dispensato un ammaliato bozzetto di famiglia. Per gli aspetti goliardici, spingere il migliore Guglielmo nelle sue inimitabili rievocazioni. Su Francesco Mattina fu Raffaele non sappiamo aggiungere nulla, ma è colpa della nostra personale disinformazione: al circolo c’è ancora qualcuno che sa bene evidenziarne il ruolo sociale ed il posto nella grintosa realtà racalmutese. Giuseppe Sciascia di Giuseppe, austero ed arcigno signore tipico di un paese come il nostro, può considerarsi il prototipo di segretario discreto e prudente che crea uno stile peculiare al Circolo. Stringato e preciso nella sua prosa, i suoi verbali sono ammirevoli. Personalmente, avremmo gradito qualche pettegolezzo in più, qualche nota maggiormente vivace, qualche squarcio sincero. Sotto questo aspetto, il buio più assoluto: disperazione per lo storico, rammarico per il ricercatore di piccoli fatti del vivere paesano.
Il tre dicembre 1922 è tempo per cambiare Statuto. I tanti avvocati, giuristi ed amministrativisti del Circolo riescono a mettere insieme ben 153 articoli. Non siamo certo al profluvio legislativo di cui parla Sciascia, «ai 400 articoli .. ed al lungo preambolo» testimoniati dal barone Lascuda (il Tulumello?) ma ci siamo vicini. Sciascia ironizza sul «capolavoro di cultura letteraria e giuridica [quale] vive soltanto nei ricordi dei vecchi: quando il circolo diventò dopolavoro fascista le copie dello statuto andarono disperse». E’ propenso a credere alla idoneità di “tale capolavoro” a preservare “davvero la concordia” (o l”Unione” che dir si voglia) ed avitare che «le zuffe e gli incidenti che frequentemente accadono non portano mai a scissioni o pronunciamento.»
Noi che una qualche pazienza certosina abbiamo dovuto praticarla per consultare un paio di centinaia di quei verbali non abbiamo trovato molti ricorsi ai pletorici articoli regolamentari (una sola volta per rissa – quella del Savatteri e talune altre per vicende meramente amministrative. Solo nel dopo guerra l’avv. Pillitteri si incarognì sull’art. 13 per impedire facili ammissioni. Si aspettava allora che il burbero legale fosse assente per inventare plebiscitarie votazioni di consenso).
Il lungo statuto esordiva ribadendo il nome: «Il luogo di convegno dei soci dicesi Circolo Unione». Lo scopo? «mira a procurare ai Signori soci svaghi leciti ed onesti, tendenti alla ricreazione dello spirito, della mente ed al reciproco rafforzamento dei vincoli di rispetto e di amicizia.»
I locali dovevano reperirsi «in punto centrale del paese». «Sculture, pitture, figure … possono esistere» purché «non offendano la pubblica morale e non cozzino con il ragionevole concetto dell’ordine e della disciplina nella famiglia, nella società e nella Patria». «Non deve esistere nel circolo quanto possa essere interpretato come manifestazione di partito intendendo l’associazione, nel modo più assoluto, conservare il carattere apolitico.»
Si sorride ancora sull’articolo 9 per cui «il socio deve essere … di regolare intelligenza». Per l’art. 14, po, «non può essere ammesso né consercato socio chi abbia esercitato ed eserciti mestieri ed impieghi servili o abietti o disonoranti o chi abbia subito una condanna a pena infamante.»
Il circolo è apicale; svetta il presidente: per l’art. 37 «la persona del Presidente è inviolata, è rispettata al massima grado .. », negli auspici almeno, ma crediamo anche nella realtà. Il rosario presidenziale che graniamo qui di seguito non lascia dubbi in proposito:
anno data cognome nome carica
1921 2 gennaio 1921 BARTOLOTTA Presidente
1921 4 aprile 1921 BARTOLOTTA Giuseppe commendatore dottore presidente
1921 27 dicembre 1921 BARTOLOTTA dott. Comm. Giuseppe Presidente
1922 3 dicembre 1922 TULUMELLO dr. Baldassare Presidente
1923 19 agosto 1923 SCIMÈ cav. Uff. d. Nicolò presidente
1923 16 dicembre 1923 SCIMÈ cav. Dott. Nicolò Presidente
1924 14 dicembre 1924 SCIMÈ cav. Dr. Nicolò Presidente
1925 13 dicembre 1925 FALLETTI cav. Alfredo Presidente
1930 14 dicembre 1930 MENDOLA cav. Michele Presidente
1931 13 dicembre 1931 MENDOLA cav. Dott. Michele Presidente
1932 19 dicembre 1932 MENDOLA cav. Dott. Michele Presidente
1933 14 febbraio 1933 MENDOLA Cav. Dr. Michele Presidente
1934 19 gennaio 1934 MENDOLA Cav. Dr. Michele Presidente
1935 7 gennaio 1935 MENDOLA Cav. Dr. Michele Presidente
1936 7 dicembre 1936 VINCI dott. Achille Presidente
1941 1 settembre 1941 VINCI dott. Achille Presidente
1946 14 giugno 1946 BATTIATI Alfonso Presidente
1948 4 gennaio 1948 BATTIATI Alfonso Presidente
1948 30 marzo 1948 VINCI dott. Camillo Presidente
1948 1 aprile 1948 VINCI dott. Camillo Presidente
1948 19 dicembre 1948 MESSANA Luigi di Emilio Presidente
1948 27 dicembre 1948 GIANCANI prof. Salvatore Presidente
1949 1 gennaio 1949 GIANCANI prof. Salvatore Presidente
1949 21 dicembre 1949 GIANCANI prof. Salvatore Presidente
1950 12 febbraio 1950 SCIASCIA Giuseppe Presidente
1951 23 dicembre 1951 SCIASCIA Giuseppe Presidente
1952 2 dicembre 1952 SCIASCIA Giuseppe Presidente
1954 3 gennaio 1954 BATTIATI Alfonso Presidente
1955 31 luglio 1955 BATTIATI Alfonso Presidente
1956 15 gennaio 1956 ROMANO dott. Giuseppe Presidente
1961 5 agosto 1961 BARTOLOTTA p.a. Nicolò Presidente
1962 30 dicembre 1962 BARTOLOTTA p.a. Nicolò presidente
1965 2 gennaio 1965 BARTOLOTTA p.a. Nicolò Presidente
1968 28 dicembre 1968 BARTOLOTTA p.a. Nicolò Presidente
1970 3 gennaio 1970 BATTIATI cav. Alfonso Presidente
1970 26 dicembre 1970 BATTIATI cav. Alfonso Presidente
1971 30 dicembre 1971 VINCI ins. Paolo Presidente
1972 30 dicembre 1972 VINCI Paolo Presidente
1973 30 dicembre 1973 VINCI Paolo Presidente
1974 31 dicembre 1974 VINCI Paolo Presidente
1975 31 dicembre 1975 VINCI Paolo Presidente
1977 16 gennaio 1977 VINCI Paolo Presidente
1977 30 dicembre 1977 VINCI Paolo Presidente
1978 31 dicembre 1978 MORREALE dott. Angelo Presidente
1981 18 aprile 1981 MORREALE dott. Angelo Presidente
1084 30 dicembre 1984 VINCI Paolo Presidente
Tutti, davvero, galantuomini i presidenti che si sono succeduti al circolo Unione; apprezzati e rispettati persino dagli avversari politici, e ci riferiamo a quei pochi che hanno svolto attività politica. L’attuale presidente – che non figura nell’elenco perché subentrante dopo il 1084 – non sappiamo da quanti anni riveste la carica. L’ing. Francesco Marchese è uomo di tutto rispetto, riservato, probo, magari accentuatamente religioso, può considerarsi l’anima e la sopravvivenza del Circolo. Se non fosse stato per lui, il sodalizio sarebbe già morto e sepolto come diagnosticato nei verbali degli anni Ottanta. Noi – che gli siamo molto amici – in questo gli vogliamo male: auspichiamo una sua Presidenza sine die. Senza Cicciu Marchisi il circolo finirebbe negli annali dei ricordi cittadini e nulla più.
Gli articoli 68-70 esigevano e disciplinavano il socio “porta-bandiera”. Andava nominato fra i più giovani, doveva calzare guanti bianchi ed indossare l’abito nero. Costume ovviamente desueto. Oggi, di soci “giovani” che dispongono di guanti bianchi ed abito nero non se ne trovano al Circolo. In un domani – speriamo prossimo – chissà.
Dall’art. 70 all’art. 85, il Regolamento si occupa dei “serventi”. Beh, qui siamo nel Medioevo. Attualmente, il più tardivo dei soci è spesso chiamato ad un’azione vicaria: spetta a lui chiudere la porta.
Ogni legge che si rispetta deve avere la sua coda penale. Il regolamento dedica gli articoli 117-120 alle “colpe” che possono essere «gravi, ordinarie e leggere». Sono colpe gravi: «lo spergiuro, la complicità sia pure involontaria o la cooperazione al reato da parte dei camerieri, che manchino di esiggere (sic) le tasse da giuoco, la contrazione di debiti di gioco non soddidfatto nelle 24 ore [vi incappò il socio Giuseppe Grillo nel marzo del 1923], le offese rivolte comunque ai soci ed ai camerieri, la reazione scorretta contro l’autorità della Deputazione e dei singoli membri della Deputazione, la infedeltà di gestione negli affari finanziari, le disfide tra i soci, per qualsiasi fatto avvenuto nel circolo, il danneggio volontario o la sottrazione di un qualsiasi genere appartenente al Circolo, il barare la giuoco.»
Colpe ordinarie, invece, «le dicerie che in qualunque modo compromettano la dignità di uno o più soci, la formazione di complotti tendenti ad inceppare la libertà di voto o a produrre la disunione o la discordia tra i soci, la disubbidienza ai regolamenti, il rifiuto pertinace agli obblighi propri, le piccole risse e le animosità tra i soci.»
Tra le colpe leggere andavano annoverati «le indecenze, i sussurri ed i disturbi che si commettano nel circolo, le discussioni a voce troppo alta, l’abuso delle proprie qualità per influire od imporsi nelle deliberazioni, le dosattenzioni che mettano i soci nella impossibilità di servirsi dei mezzi del Circolo, messi a loro disposizione, il vestire poco decente.»
Per la morte di un socio, «il circolo … prenderà il lutto per tre giorni consecutivi, durante i quali saranno affisse alle porte, che resteranno semiaperte, fasce nere, con la scritta: Per la morte di un socio; non sarà permessa alcuna festa nei locali del Circolo, né il suono del pinoforte» (art. 146).
Il grintoso regolamento non ebbe poi seria applicazione nei suoi aspetti punitivi. Subì sanzioni il 10 febbraio 1923 il socio Federico Picataggi, reo di «calunnia contro il socio Diego Farrauto». Ad accusarlo, l’avv. Agostino Puma. (Il Picataggi, “eliminato dal circolo”, fu riammesso il 22 di luglio 1923 a richiesta di n. 30 soci per i quali la delibera di espulsione era “da considerare come non avvenuta e quindi annullata per vizio di forma). Del caso Grillo, si è già detto. Il socio si dimise (ma il 26 dicembre 1923 ritorna nel sodalizio). Più grave la faccenda del Savatteri, di cui abbiamo già detto. Troppo poco dunque per dare ascolto a Sciascia che parla di chissà quali risse e contrasti. Dopo la guerra del 1940-43, sia pure con altro statuto, non si è più verificato alcun incidente fra soci, per cui la Deputazione abbia dovuto prendere provvedimenti. Non tutti santi e remissivi – si badi bene. Solo che, giustamente, presidente e depuati lasciano che si soci se la sbrighino tra loro ed in privato.
Non abbiamo capito perché nel 1923 (in pieno agosto) il prof. Nicolò Farrauto si sia dimesso, con lettere formali, da segretario appena eletto della Deputazione: gli subentra Egidio Tulumello. Non passano molti mesi ed ecco il Farrauto tornare segretario a pieno titolo:
1923 16 dicembre 1923 SCIMÈ cav. Dott. Nicolò Presidente
1923 16 dicembre 1923 FARRAUTO prof. Nicolò segretario
1923 16 dicembre 1923 RESTIVO Antonio cassiere
1923 16 dicembre 1923 TULUMELLO Egidio deputato
1923 16 dicembre 1923 VINCI prof. Ettore deputato
1923 16 dicembre 1923 BURRUANO avv. Salvatore deputato
1923 16 dicembre 1923 CAVALLARO avv. Luigi deputato
Il 10 febbraio 1924 si modifica il Regolamento: gli articoli diventano 58. Non sappiamo se soppianta integralmente quello che vigeva prima o è integrativo. Questione giuridica di nessun valore ai nostri giorni e quindi l’abbandoniamo seduta stante. Immutato l’art. 1, all’articolo 2 le pretese classiste del Circolo montano: «possono essere soci tutti coloro che appartengono alla classe dei civili, e coloro che per educazione ed istruzione godono il prestigio di civili». C’è da domandarsi chi sono quelli che non hanno siffatti requisiti, gli “incivili” insomma. Per converso sparisce ogni accenno all’intelligenza … e meno male! La persona del Presidente cessa perde la sua inviolabilità. Il portabandiera però deve restare come prima, con guanti bianchi ed abito nero. Permane il bravo titolo per i “serventi”. Un bel “maestro delle cerimonie” ci sta sempre bene: disciplinerà le feste sociali (art. 21) e la sua nomina “è devoluta alla Deputazione”. I lettori di buon senso ci obietteranno che al di là dello svolazzo sui civili il nuovo regolamento era più essenziale e funzionale, più moderno insomma: forse hanno ragione.
Siamo al 1925, i mutamenti politici ci sono stati e si fanno sentire. Una nuova deputazione viene sfornata: sono tutti uomini nuovi o non compromessi con la politica. Certo il prof. Enrico Baeri che tanto conservatore non dovette essere si becca nove voti in meno rispetto agli altri cui vanno o 38 voti (al presidente Falletti ed ai deputati Felice Cavallaro e Diego Farrauto) o 39 (per il segretario Angelo Grillo, per il Cassiere Carmelo Rosina Bartolotta e per il giovanissimo deputato geom. Saverio Vinci). Da notare che i votanti erano 39, dunque tre signori votarono per loro stessi. Cosa succedeva al circolo? A distanza di decenni e senza verbalizzazioni sincere nulla più trapela. Sparivano dall’amministrazione personaggi autorevoli quali il cav. Uff. Dr. Nicolò Scimè, il prof. Nicolò Farrauto, Egidio Tulumello, Antonio Restivo (questi invero tornerà nel 1931) e l’avv. Salvatore Burruano. Col il 1926 incipit novus ordo al Circolo. I malevoli però ci avvertono di andare cauti: al Circolo Unione, finché prevalsero i “civili” l’area che si respirava era di sapore massonico: prima, durante e dopo il fascismo. Sarà vero?
Strano, il registro dei verbali segna, con il 1926, una nuova numerazione progressiva che però si ferma al n.° 2, dopo i verbali diventano ballerini: quelli che noi abbiamo potuto consultare passano al 13 dicembre 1929, non hanno più numerazione, e portano ora una timbratura succinta ma efficace “circolo unone - Racalmuto”. Si deve sloggiare: «il presidente propone all’assemblea l’affitto del nuovo locale e precisamente quello di proprietà del sig. Nicolò Castiglione, attualmente in locazione al sig. Alfano Giuseppe. Lo stabile si compone di tre vani a pianterreno, e uno di questi è sul corso. L’affitto annuo convenuto è di L. 1.000.» L’assemblea approva ad unanimità. Presidente è sempre il Falletti..
!931: nuovo ed ancora più radicale assetto sociale. Il fascismo ormai impera ed anche al circolo bisogna tenerne conto. Il Falletti, che fascista comunque lo è, fa queste significative comunicazioni. Certe vanno interpretate ma non è fcile. Ci limitiamo quindi a registrarle per come le abbiamo rintracciate:
«Il presidente fa notare che nel compilare la scheda della nuova Deputazione quella uscente si è proposta di scegliere elementi che, per la libertà concessa dalle loro occupazioni e notorietà in fatto di serietà ed energia dassero (sic) il migliore affidamento. Tale scelta è caduta su i sigg. Dott. Mendola cav. Michele Presidente- Antonio Restivo cassiere – Angelo Grillo segretario; Luigi Tulumello Muratori, Diego Tulumello, prof. Nicolò Martorana, Giuseppe Tulumello deputati. I quali consci del diciamolo difficile mandato sapranno adoprarsi, meglio degli uscenti, perché il Circolo oltre a mantenere la tradizionale signorilità, sia avviato ad una esistenza meno stiracchiata di come dovette vivere fino ad ora per un complesso di circostanze a tutti note.»
Nel mese di febbraio prende la parola in assemblea il sig, Achille Vinci fu Mario «il quale prospetta .. che non è il caso di fare acquisto di un chiliofono, poiché il Circolo andrebbe incontro, per come egli immagina, ad una spesa continuativa per l’acquisto di dischi, onere che potrebbe divenire in seguito gravoso alle finanze del Circolo stesso, quindi sarebbe conveniente che si acquisti il solo apparecchio radio.» Stefano Messana lo rintuzza ed ha la meglio. Chi conosce Achille Vinci dirà che l’uomo non si smentisce.
I giornali che ora gravitano sulle casse del circolo sono il Giornale di Sicilia, L’ora, il Popolo d’Italia, l’Illustrazione italiana, la Lega navale, il Popolo di Roma, la Milizia fascista, l’Aquila, la Gioventù fascista e la Domenica dell’agricoltore.
Sui soci onorari ammessi il 26 giugno del 1932 si è già detto: fu l’unica volta in cui si dovette accedere a simili munificenza. Un’altra volta in verità ci fu: siamo nel 1968 (28 dicembre) ed il socio dott. Luigi Caponcello propone che si dichiarino soci onorari «coloro i quali hanno raggiunto quaranta anni di socio e settanta anni di età». La proposta venne apprezzata ma non sappiamo che fine abbia fatto. Crediamo che non se ne sia fatto nulla.
Altra data notevole nei processi di normalizzazione fascista del circolo è il 1933. I soci del circolo imperterriti avevano nominato i propri amministratori con liberi elezioni, non avevano imbrattato la loro antica denominazione con improbabili dizioni del tipo “dopolavoro 3 gennaio” (per come ci fa sapere Sciascia, o Dopolavoro 23 marzo come risulta a noi), ed ostestantamente – almeno sino al 1938 – datavano i loro verbali senza i numeri ordinali dell’era fascista. I nodi ora però cominciano a giungere al pettine: Analizziamo la delibera n. 2 del 30 gennaio 1933. All0ordine del giorno abbiamo: «inquadramento del Circolo all’O. N. D. (che se non sbagliamo significa Opera Nazione del Dopolavoro). Nuovo Statuto». Il presidente spiega che «in relazione all’adesione fatta, con deliberazione del 14 dicembre 1930 all’O.N.D., si è obbligati» a rispettare il nuovo Stato. Ne dà lettura. La discussione si anima: ma c’è poco da dire. Il circolo ha scelto (ha dovuto scegliere, pena la soppressione, diciamo noi) di far parte «di una delle geniali Organizzazioni del Partito, che inquadra l’azione dello stesso [circolo] nel campo dell’educazione spirituale del popolo.» Chi l’avrebbe mai detto che il Circolo Unione, il circolo dei galantuomini, dei “civili” insomma, si sarebbe andato ad impelagare nell’«educazione spirituale del popolo» e che per di più fosse “popolo”. Col fascismo, o così o la morte.
I soci credono, allora, di fare i furbi, fanno verbalizzare: «lo statuto [quello fascista, imposto dal fascismo] viene approvato, conservando integro in quanto non in contrasto, il regolamento del circolo.»
La furbata viene subito disillusa: il 14 febbraio del 1933 la deputazione deve portare in assemblea «cordiali saluti fascisti». Si pensi, è l’unica volta in cui quel termine fa capolino negli arcigni verbali del circolo. La Deputazione fa presente che «Il cav. Dr. Michele Mendola viene nominato Presidente con la seguente lettera del Segretario Federale di Agrigento con la motivazione “ Mi è gradito significarle che la S.V., a norma della facoltà concessami dall’art. 9 dello statuto sociale, in data odierna, è stata nominata Presidente». Colpisce quel “lei” al posto del doveroso “Voi”. Ad ogni modo, il presidente del circolo non è più di nomina assembleare ma per approvazione del segretario federale Presidente del Dopolavoro, in quel epoca il prof. Dr. A. Gaetani.
Un confronto tra il comportamento del Circolo Unione e quello del locale Mutuo Soccorso la dice lunga sulle resistenze “antifasciste” del nostro sodalizio. Al Mutuo soccorso già da quattro anni ci si era allineati diligentemente. A proposito dei verbali di quest’ultimo abbiamo scritto:
« I verbali dell'anno 1929 esordiscono con una novità. La data è ora agghindata con l'indicazione dell'anno della volgente era fascista. La seduta del 26 gennaio cade nel VII anno del fascismo. E riguarda la nomina di una commissione per le feste di carnevale. Il 28 maggio 1929 si paga una nota a Collura Alfonso per la fornitura di “2 mobilucci in mogano con specchi e lastre di marmo”. Si ha la forza per rifiutare l'abbonamento al giornale L'Aquila, nonostante la richiesta promani dalla casa dei Balilla di Agrigento (5 novembre 1929). Ma per il matrimonio del principe di Piemonte, “ad unanimità il consiglio stanzia la somma di lire trecento” (2 gennaio 1930). Il 10 maggio 1930 (anno VIII) “il presidente mette a voti segreti col sistema delle fagiole, per il prelevamento della somma per pagare le tessere agli iscritti del circolo all'O.N.D. oppure pagare personalmente l'iscritto. Visto il risultato ad unanimità di voti, approva il prelevamento della somma dal fondo di cassa e l'iscrizione a corpo.” L'omologazione fascista si è dunque consumata. Presidente è Salvatore Mattina fu Gaetano. Segretario: Collura Alfonso. Era arrivata una circolare mandata dal Podestà, con cui si esigeva l'iscrizione del circolo all'Opera nazionale Dopolavoro. I tempi della libertà di associazione erano definitivamente tramontati. L'assenso era d'obbligo. Nel luglio successivo il circolo può, per compenso, venire incontro ai soci che tanto desiderano una radio. Ad unanimità si decide di 'acquistarla incondizionatamente'. In quel torno di tempo, il vice presidente è Carmelo Schillaci Ventura, degna persona, che ricordiamo con affetto. Per far parte del circolo, la tassa di entrata sale ora a L.50. Col nuovo anno, occorre una commissione per 'manovrare la radio'. L'audizione è limitata da mezzogiorno alle 13,30 e al tardo pomeriggio fino alle 22,30. Qualche segno di vivacità rrequieta lo dà il solito Angelo Collura che, sebbene vice presidente (o forse appunto per questo), “la sera del 25/26 (dicembre 1931) si presentava nell'abitazione del cameriere per prelevare la chiave del circolo; la quale, si tratteneva con persone per divertimento. Il presidente (Calogero Mattina) mette a votazione segreta circa il provvedimento se doveva stabilire la punizione il Consiglio oppure l'assemblea generale dei soci”. Si propende per la competenza del Consiglio. Il Collura subisce un mese di allontanamento. Due giorni di mancata paga vengono inflitti, pure, all'incolpevole cameriere. Non doveva eseguire gli ordine del Vice Presidente. Una pretesa eccessiva, ci pare. Raffaele Morreale, portabandiera, non ha voglia di portare il vessillo del circolo “in occasione della venuta delle truppe militari”. Il 4 agosto 1932, gli viene tolta la carica.Carmelo Guarnieri è il suo sostituto. Le cariche sociali cessano di essere affidate a libere elezioni. “Ritenuto che la nuova amministrazione – viene verbalizzato, con contorta prosa, il 9 dicembre 1932 – sarà approvata prima della fine del c.m. per ordine del Commissario Comunale dell'O.N.D. sig. Mattina prof. Giuseppe, ed in esito alla circolare n. 8 dell'8 c.m.” al consiglio non rimane altro che procedere ad una commissione consultiva, incaricata di segnalare nominativi graditi. Il fascismo che in Racalmuto aveva visto i suoi albori per opera di Agostino Puma e dei suoi congiunti Burruano (in ispecie l'avv. Salvatore e suo fratello Carmelo), era passato poi sotto l'egida del farmacista Enrico Macaluso. Al Ministero degli Interni figurava, nel 1926, il seguente stato maggior (cfr. A.C.S. - MI - PS - 1926, b. 107):
- segretario politico: MACALUSO dott. Enrico;
- segretario amministrativo: MATTINA prof. Giuseppe;
- presidente assemblea: MENDOLA cav. dott. Michele;
membri:
- BRUCCULERI LUCA Giuseppe;
- CAVALLARO avv. Baldassare;
- CAVALLARO Oreste;
- ROSINA FILI' Carmelo;
- VINCI dott. Achille;
- MARTORANA prof. Placido;
- SCIASCIA Giuseppe.
«Altri dati: risulta una scheda sulla costituzione della Sezione del Fascio di Racalmuto. Essa venne costituita il 29 novembre 1925 con il titolo 'SEZIONE FASCISTA RACALMUTO'. Enrico Macaluso assurgerà alla carica di podestà Lo ritroviamo in tale veste in una controversia relativa alla miniera di Gibillini che si ebbe a dirimere il 7 gennaio 1928. Gli echi giungono a Roma, per il tramite del prefetto di Agrigento (cfr. A.C.S. - MI - 1928 b. 170). Enrico Macaluso sarà un protettore, tra gli altri, del Mutuo Soccorso. A lui si deve se il circolo poté usufruire dei locali tradizionali che il proprietario Iacono voleva liberi ad ogni costo. »
«Alla presidenza del circolo, il 18 febbraio 1933, troviamo Luigi Casuccio. Presiede in effetti, come dice un timbro sovrapposto, una sezione O.N.D. Il 16 giugno 1933 il circolo si sobbarca ad una richiesta dell'opera balilla del paese ed offre un 'moschetto modello ridotto 91'. Viene intitolato ad un caduto in guerra ed offerto al figlio “del camerata Restivo Pantalone Giuseppe”. Credo che si trattasse di un aggeggio in legno, quasi un giocattolo. Il 6 giugno di quell'anno i verbali cominciano a chiudersi “con un devoto saluto al re e al Duce”. Il 29 novembre del 1935 il “rev. arc. Giovanni Casuccio” chiede ed ottiene di far parte della “Società Mutuo Soccorso Sezione O.N.D. – Racalmuto”: è questa ora la denominazione del circolo, come recita il timbro tondo apposto in calce ad ogni verbale. Alla fine del 1935 si era dismesso il saluto fascista. A cominciare dal 1936, con l'amministrazione nuova diretta da Giovanni Tinebra, si riprende il saluto fascista alla fine dei verbali. La forma è quella rituale voluta dall'ineffabile Starace. Esaurito l'ordine del giorno, il presidente “ordina il saluto al DUCE, il consiglio risponde un clamoroso A NOI”. Il 17 dicembre del 1936 v'è una domanda a socio di tutto rispetto. Trattasi del Camerata AGRO' Giovanni di Nicolò. Naturalmente viene accettata ad unanimità. Il Consiglio si onora di inviare una lettera all'interessato per dare la lieta novella. Il 15 novembre 1938, l'arciprete Casuccio si dimette da socio: se era entrato con intenti missionari, aveva dovuto ricredersi. Era peraltro vice presidente un suo fratello: Nicolò Casuccio. Nel timbro del circolo era apparso l'emblema del fascio. Il verbale del 29 gennaio 1939 ha notevole importanza per la svolta definitivamente fascista del circolo. “Il presidente [Giuseppe Sicurella] insedia il nuovo direttorio rivolgendo il cordiale saluto fascista. Il Segretario dà lettura del nuovo statuto, rimesso dal Dopolavoro Provinciale..” »
Uniformità e difformità appaiono palesi ed eloquenti nel confronto dei due tipi di verbali dei due diversi circoli: aristocratico e distaccato il Circolo Unione; remissivo ed accondiscendente nella forma; irrequieto nella sostanza, il Mutuo Soccorso. Ma il Dopolavoro Provinciale incombe su entrambi, autoritario, indiscutibile. I potenti soci fascisti del Circolo Unione salvano la faccia; vi è più diplomazia.
I verbali del circolo unione sono ora ancor più guardinghi, si limitano all’ammissione di nuovi soci ed ai bilanci. Per il povero cronista non ‘è trippa. Sfugge un XVI per il 1937 ma subito dopo, nel verbalizzare quelle che ora si chiamano “adunanze”, ci si scorda di quel fausto scorrere dell’era fascista. Giungiamo al verbale n. 32, il primo settembre del 1941 “XIX” «il presidente riferisce che il socio sig. Matrona Michele sin dalla entrata è stato incaricato di svolgere le pratiche amministrative del Circolo per cui ha creduto opportuno dispensarlo dal pagamento delle quote mensili. Pertanto invita il Consiglio [si noti: non più Deputazione] a notificare il provvedimento che entra ad assicurare al Circolo la continuità del funzionamento di tutto il servizio amministrativo necessario.» Al contempo il Matrona assume la carica di segretario.
Con il verbale n. 45 del 22 luglio 1942 XX cessano i documenti dell’era fascista. Disponibile è poi il “registro delle Deliberazioni del Circolo Unione Racalmuto – Racalmuto lì aprile 1946.»
Ma prezioso è l’ultimo documento fascista disponibile. Il segretario Matrona, in bella calligrafia, annota «che sono state presentate domande per assunzione a soci studenti. Il primo della lista è «il sig. Sciascia Leonardo». L’ammissione avviene «ad unanimità di voti». Certo anche senza quell’ammissione lo scrittore Sciascia ci sarebbe stato lo stesso, ma con quell’ingresso nasceva l’apologo del Circolo della Concordia con la galleria dei suoi ineffabili personaggi.
La svolta del 1944
Il circolo si scrolla di dosso quel suo passato di imposizioni: quelle fasciste (con l’umiliante inquadramento tra i volgari circoli del dopolavoro che “geniale istituzione” a noi francamente non pare) e quelle dell’immediato dopo guerra promananti da risvegliate manie massoniche e da uomini dell’AMGOT non proprio indenni da sospetti mafiosi.
Il 10 febbraio del 1944 si redige il verbale n. 1 della nuova realtà associativa: “dietro invito personale dei 46 aderenti al Partito Democratico sociale, si sono riuniti in prima convocazione nella sala delle adunanze n. 27 soci, i quali invitati a scegliere il Presidente hanno eletto a scrutinio segreto – con 25 voti su 27 – il dott. Achille Vinci, incaricandolo della riorganizzazione.” Due sole sottoscrizione e di due soli soci: dott. Gaetano Falletta e Baldassare Tinebra.
Chi erano codesti soci alquanto politicizzati ed ovviamente con simpatie di destra. La prima nuova deputazione ci da i primi nomi eccellenti:
1944 10 febbraio 1944 Vinci dott. Achille Presidente
1944 12 febbraio 1944 Capitano Cav. Prof. Luigi deputato
1944 12 febbraio 1944 Caponcello dott. Beniamino deputato
1944 12 febbraio 1944 Mustica prof. Guido deputato
1944 12 febbraio 1944 Vinci sig. Achille deputato
1944 12 febbraio 1944 Falletta sig. Nestore cassiere
1944 12 febbraio 1944 Cavallaro prof. Emanuele segretario
1944 12 febbraio 1944 Cavallaro cav. Avv. Baldassare deputato onorario
1944 12 febbraio 1944 Picone cav. Avv. Salvatore deputato onorario
Il giorno 20 del mese di dicembre 1944 il dott. Achille Vinci deve dare le consegne al subentrante nuovo presidente, il sig. Amedeo Messana, tetragona figura di militare, sia pure in pensione, dovrà sostenere una irriducibile contesa con il farmacista Argento.
Il farmacista (Calogero Argento fu Michelangelo, abitante in via Rapisardi 35 di Racalmuto) ha buoni motivi per fare notificare al presidente Messana «un atto di protesta e diffida». L’atto stragiudiziale risulta discusso nell’assemblea del 4 gennaio 1945. Vi si legge «premesso che l’istante è socio effettivo del circolo unione da oltre 50 anni ; che il 10 luglio 1943, per effetto dello stato di emergenza i locali del circolo furono chiusi, come quelli di tutti gli altri circoli della Sicilia, senza che essi fossero sciolti; che nei primi del 1944, concessa la libertà politica alla Sicilia, i circoli furono tutti riaperti e restituiti ai soci che ne avevano diritto, senza restrizioni di sorta ed essi ripresero la loro attività con le norme statutarie preesistenti; che solo a Racalmuto una sparuta minoranza di soci effettivi del circolo unione, unitamente ad un numero sparuto di soci provvisori, erano riusciti ad impadronirsi dei locali del circolo, del suo mobilio e dei suoi documenti, facendo pervenire ai soci (classificandoli ex soci) un foglio apocrifo con l’invito a poter frequentare le sale del circolo a condizione di aderire al Partito Democratico sociale, spogliando così di loro diritti precostituiti i soci assenti, anche per servizio militare e quelli che non ritenevano opportuno di aderire a tale imposizione; che il 10 febbraio stesso anno, senza avere convocato l’assemblea generale dei soci effettivi, soli aventi diritto a deliberare, lo stesso gruppo (28 individui, tra soci effettivi, provvisori e non soci) modificando lo statuto nominò il presidente ed una deputazione, trasformando così un’antica associazione apolitica in sezione del Partito Democratico sociale, divenuto dopo Democrazia del Lavoro, - poiché quanto sopra costituisce atto di violenza ed arbitrio contrario anche alle norme di diritto civile» il bravo farmacista, tramite l’usciere di Pretura Palermo, protestava “nelle forme e per ogni effetto di legge, impugnava di nullità le deliberazioni, diffidava il sig. Messana Amedeo chiedendogli la restituzione “del sodalizio al sig. Cav. Alfredo Falletti, ultimo presidente legalmente nominato e in carica al 10 luglio 1943. Aggiungeva che lo riteneva «personalmente responsabile sia in linea civile che penale delle trasgressioni che avesse permesso si commettano in contrasto con le norme statutarie del circolo unione.» Il Messana se l’è presa sul piano personale e forse avrà avuto le sue bravi ragioni. A noi pare che il farmacista avesse ragione, tant’è che già il 30 dicembre 1944 era stata dichiarata l’apoliticità del circolo; per lo svincolo politico si erano dichiarati il notaio cav. Aurelio Alaimo, il dott. Camillo Vinci ed il dott. Luigi Cavallaro; per il mantenimento del carattere politico, il dott. Achille Vinci, ma avevano vinto gli “apolitici” riportando “24 voti favorevoli su 46 votanti”. La contesa Messana-Argento ha degli strascichi, ma ci appare troppo personalistica per rappresentarla. Non è un caso che appena ritornati alla vecchia maniera, al tradizionale circolo unione subito chiese l’iscrizione la nuova intellighenzia (al contempo, jeunesse dorée) Francesco Burruano, Totino Di Gesù, Clemente Casuccio, Michele Alaimo e Peppino Nalbone. Vedasi il verbale n. 20 del 4 gennaio 1945. Ma il circolo riprende i suoi antichi connotati solo il 16 gennaio successivo: una frotta di vecchi soci, per niente simpatizzanti della Democrazia del Lavoro o perché d’ispirazione cattolica o perché nostalgici del regime dissolto nel luglio del 1943, torna a sedersi nelle abituali poltrone del circolo. A scorrere quei nomi abbiamo la stratigrafia della nuova colorazione partitica (dovendovi naturalmente includere i soci del 1944 che crediamo battessero il trentatré massonico).
Così il 25 marzo del 1945 abbiamo quest’altra deputazione, composta da personalità nuove o sicuramente distaccate dagli orientamenti associativi dei due precedenti deputati onorari:
1945 25 marzo 1945 Mendola cav. Michele Presidente
1945 25 marzo 1945 Giancani prof. Salvatore deputato
1945 25 marzo 1945 Vinci geom. Saverio deputato
1945 25 marzo 1945 Padovani Lorenzo deputato
1945 25 marzo 1945 Di Gesù dott. Salvatore deputato
1945 25 marzo 1945 Falletti geom. Luigi deputato
1945 25 marzo 1945 Grillo prof. Angelo deputato
Ma dura lo spazio di un mattino; c’è un subbuglio assembleare e già l’8 aprile il circolo cambia deputazione, sia pure con votazioni risicate:
8 aprile 1945 Vinci geom. Saverio Presidente 15 voti
8 aprile 1945 Abate Giuseppe Segretario 15 voti
8 aprile 1945 Cavallaro prof. Emanuele Cassiere 15 voti
8 aprile 1945 Tulumello Muratori Luigi deputato 16 voti
8 aprile 1945 Tulumello Giuseppe deputato 15 voti
8 aprile 1945 Di Gesù dott. Salvatore deputato 15 voti
8 aprile 1945 Burruano Francesco deputato 26 voti
Un preludio di revanscismo si ha il 7 aprile 1945: ben tre rispettabilissimi postulanti vengono impallinati e così «i suddetti sigg. non avendo riportato i 2/3 favorevoli (come prescrive il vigente regolamento) non sono ammessi.
Il socio dott. Giuseppe Romano di Ignazio invia una lettera (di cui si ignora il contenuto) ed uno spiacevole inconveniente si considera “chiarito”. Nel corso delle votazioni si era dovuto lamentare che qualcuno aveva combinato «lo scherzo di spegnere la luce nelle sale del circolo, quando ancora vi erano dei soci.»
La fase del dopo 1946
Baldassare Tulumello è il primo firmatario della commissione istituita per rivedere lo statuto sociale. Il nuovo statuto reca la data del 20 marzo 1945, è composto di soli diciannove scheletrici articoli ed ha un taglio molto sobrio e signorile. Torna il vecchio nome: Circolo Unione, si mandano al macero le incrostazioni politiche trattandosi ora solo di «libera associazione apolitica, con sede in Racalmuto [che] ha scopi ricreativi e culturali.» (Art. 1) Per essere soci occorrono «ineccepibili requisiti morali e civili» (art. 2). Purtroppo torna il pallino dell’intelligenza: i soci devono possedere «una intelligenza ed istruzione sufficienti» (Art. 2). Si inserisce il famigerato art. 13 – futuro cavallo di battaglia del polemicissimo avv. Pillitteri – che testualmente recita: «Le adunanze sono presiedute dal Presidente o da chi ne fa le veci e sono convocate mediante avviso personale ai soci effettivi e con affissione dell’avviso in una sala del Circolo, almeno cinque giorni prima dell’adunanza. L’invito indicherà l’ordine del giorno da discutersi. – Nelle adunanze si delibera solo sulle questioni poste all’ordine del giorno, e per qualunque oggetto la votazione sarà fatta in forma segreta per iscritto. Le deliberazioni sono approvate a maggioranza assoluta e nel caso di parità di voti la proposta si intende respinta. – Le adunanze saranno legali quando vi intervengano la metà più uno dei soci effettivi iscritti. In seconda convocazione saranno valide, qualunque sia il numero dei soci presenti, salvo quanto appresso.» Fin qui dunque nulla di trascendente, ma è in quel “salvo quanto appresso” il caudatario veleno.
Si passa, dunque, all’art. 14 che vuole: «Per la modifica dello Statuto e regolamento e per scioglimento del Circolo è necessaria la presenza di due terzi dei soci effettivi iscritti, sia nella prima che nella seconda convocazione dell’assemblea e riportare favorevoli i voti della metà più uno degli effettivi iscritti. Per l’ammissione od espulsione dei soci occorre sempre la presenza della metà più uno dei soci effettivi iscritti e che la proposta riporti, per l’approvazione, i due terzi dei voti favorevoli.» Cero la norma era più blanda della precorsa, ma è singolare che per sciogliere il Circolo bastava la metà più uno dei soci presenti; per fare entrare un nuovo socio occorrevano i due terzi di voti favorevoli.» Disposizione abnorme, alquanto malefica … e si vedranno poi i drammatici effetti. Sciascia ironizza: «Raccoglieva proprietari terrieri, professionisti, funzionari dello Stato, maestri delle scuole elementari; e vi si entrava se approvati, per votazione a palle nere e bianche, dai due terzi dei soci. La non approvazione - piuttosto frequente - era un fatto mortificante e non privo di conseguenze morali, sociali. Una macchia.» Ma in questo dopoguerra la faccenda fu seria. Esclusioni piene di puntiglio, impallinamenti colmi di vendetta personale, dileggi animarono la vita del cIrcolo in tre o quattro occasioni. Noi non possiamo fare i nomi e cognomi: se non querela, avremmo addosso ire funeste di carissimi amici. Uno di questi – oggi assiduo frequentatore delle poltrone del Circolo - ha dovuto sobbarcarsi nell’arco di tempo di vent’anni a quattro votazioni, tra rifiuti, annullamenti, rinvii e finalmente accettazione. Il massimo responsabile di tale rosario di umiliazioni, il combinato disposto degli articoli 13 e 14 e – ma solo per taluni versi – la ripiccata inflessibilità del defunto avvocato Pillitteri.
I verbali ora si succedono monotoni, steriotipatici, redatti con la solita grafia del solito segretario Abate. Addirittura sino al 18 gennaio del 1948. Breve interruzione in quest’anno per i fatti che si richiameranno e poi di nuovo gli elaborati del prof, Abate sino al verbale n. 116 del primo febbraio 1950.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento